Io c’ero #5 – GMG 2013: a Caravaggio, quasi come a Rio


 
A neanche sette ore dal ritorno a casa, eccomi pronta a raccontare quanto ho vissuto nella sera di ieri e nella mattina di oggi, presso il Santuario di Santa Maria del Fonte in Caravaggio (BG), tradizionale luogo di ritrovo per i giovani lombardi che non hanno potuto partecipare alle GMG troppo lontane dall’Italia. Le fotografie a corredo del testo sono tutte opera mia.

Sabato 27 luglio, ore 17:00

Il mio viaggio è iniziato nel migliore dei modi possibili: alla stazione di Milano Lambrate ho adocchiato due ragazze, che avevano tutta l’aria di essere dirette verso la mia stessa meta. Insieme a loro, ho pregato i misteri luminosi del Rosario, dato che erano intenzionate a meditare quelli gaudiosi una volta giunte a destinazione.

Ore 17:50

Una volta che le mie compagne di viaggio sono state raggiunte da un’amica, che doveva consegnare loro i pass d’ingresso, sono rimasta da sola. Stavolta il Gruppo Shekinah non ha dovuto prestare servizio canoro, per cui alcuni membri del coro hanno organizzato un’iscrizione cumulativa per chi di noi avesse avuto ugualmente il desiderio di esserci. L’appuntamento era per le 19:30, quindi, mentre aspettavo gli altri, mi sono messa a guardare in giro per ingannare l’attesa.
C’erano gruppi numerosi, giunti sul luogo coi mezzi più disparati: pullman più o meno grandi, automobili personali, se non addirittura biciclette. In cielo sventolavano le immancabili bandiere, mentre i solerti incaricati delle varie segreterie di Pastorale Giovanile delle diocesi lombarde s’impegnavano a distribuire il materiale legato all’iscrizione.

Ore 19:30



Arrivati i miei compagni del coro, insieme ad altri ragazzi provenienti da Cantù, abbiamo varcato i cancelli d’ingresso del santuario. Personalmente, non venivo lì dal maggio 2009, per la chiusura a livello regionale dell’Agorà dei Giovani Italiani, ma ci ero già stata spesso coi miei vecchi parrocchiani, in occasione del mese mariano.
Grazie all’aiuto di un amico che figurava tra i volontari, abbiamo trovato posto non lontano dal palco dove si sarebbero svolti i momenti di festa e di preghiera. Lo stesso ragazzo, poco dopo, ci ha fatto sapere che qualcuno di noi avrebbe potuto sedersi proprio di fronte al palco, per seguire da molto vicino l’animazione serale.

Ore 20:30



La serata di festa ha avuto diverse anime: da quella caratterizzata dalla musica e dalla danza, a quella più riflessiva, marcata dalla testimonianza di Jessica Gatti e William Grandi, giovani di Moglia, il paese fra Emilia e Lombardia che, a un anno dal terremoto, manca ancora della propria chiesa.
A segnarmi particolarmente, però, è stata una frase pronunciata da una suora Adoratrice dell’Eucaristia, consorella di quelle che operano presso il santuario. A chi le domandava dove un giovane può trovare le “periferie” di cui tanto parla il Papa, ha risposto grosso modo così: «Periferia è, ad esempio, aiutare il tuo don a fare un servizio anche se preferiresti stare a riposare».
Poi l’arrivo della croce, sul modello di quella che viene ospitata nella diocesi che organizza la GMG a livello internazionale, accompagnata da quell’Emmanuel ormai entrato nel repertorio di tantissimi oratori e gruppi giovanili. L’arrivo di quel segno ha marcato lo stacco dal clima festaiolo a quello più raccolto, iniziato con la preghiera comune, guidata da monsignor Francesco Beschi, Vescovo di Bergamo e delegato della Conferenza episcopale lombarda per la Pastorale giovanile.

Ore 0:00



All’inizio del collegamento con Rio, molti giovani erano già nei loro sacchi a pelo, altri si sono messi d’impegno per seguire l’incontro con papa Francesco e udire le sue parole d’incoraggiamento. Dato che non avevo affatto sonno, ho potuto udire quanto aveva da dirci. In breve, anche stavolta, come a Colonia e Madrid per bocca del suo predecessore, ho colto qualche parola buona per me e per il mio futuro.
In particolare, quando il Pontefice ha affidato ai giovani le immagini del campo come luogo da coltivare, come spazio di allenamento e come cantiere, da una parte ho pensato al fatto che la mia Diocesi, l’anno prossimo, sarà chiamata a interrogarsi sulle “vie da percorrere incontro all’umano” nel campo che è il mondo, dall’altro ho riconosciuto che dovevo chiedere al Signore il dono di avere un campo d’allenamento, fuor di metafora un lavoro, per prepararmi ad accogliere seriamente la missione che mi pare d’intuire già da tempo.

Ore 2:00

Nel momento in cui a Rio veniva solennemente portato in processione il Santissimo Sacramento, anche a Caravaggio veniva iniziata l’Adorazione Eucaristica. Venivano aperte anche altre aree per la meditazione e l’incontro personale col Signore, come un angolo di testimonianze sulle passate GMG con la possibilità di lasciare, su foglietti adesivi, un segnale del nostro passaggio, oppure un luogo dove udire la lettura continua degli Atti degli Apostoli.

Ore 3:20

Dopo aver sostato in Basilica per adorare il Signore realmente presente nel Sacramento dell’altare e avergli chiesto la grazia di cui già scrivevo, mi sono avvicinata all’area di Giovani e Riconciliazione. Aiutata da un giovane volontario, un vero e proprio preparatore dell’anima, ho meditato sul brano guida dell’incontro di quest’anno, riconoscendo che l’atteggiamento di fede e dubbio degli Undici spesso è anche il mio.

Ore 3:40

Terminata quella fase, mi sono messa in fila fra i peccatori bisognosi di perdono. Ero disposta a far sì che lo Spirito scegliesse per me il confessore più adatto, ma, quando mi sono trovata davanti un sacerdote che portava un certo anello e una croce pettorale, ho supposto di avere a che fare con un Vescovo. Precisamente, al termine della confessione, ho appurato che si trattava di monsignor Oscar Cantoni, vescovo di Crema. Da lui ho ricevuto l’invito a non desistere dalla missione che mi è stata affidata e di scegliere con cura lo stile in cui viverla.
Così, dopo aver ricevuto l’assoluzione, ho potuto addormentarmi tranquillizzata.


Domenica 28 luglio, ore 5:50



E dopo il «BUENOSSS DIASS!» che a Madrid mi aveva riscossa dal sonno, ecco un concerto improvvisato per tamburi e tamburelli a destare me e compagni. Se le percussioni non fossero bastate, ecco un improvviso rovescio d’acqua, che ha costretto tutti a ripararsi sotto i portici del Santuario. Grazie a Dio, è durato poco, così da poterci risistemare sul prato in tempo per le Lodi mattutine.

Ore 8:20 circa

L’omelia del cardinal Angelo Scola, Arcivescovo di Milano e Metropolita della Lombardia, è stata incentrata su alcuni di quelli che io definisco i suoi “santi chiodi fissi”: la relazione costitutiva tra noi e Dio, che Gesù c’insegna a chiamare “Padre”; l’impegno da parte dei giovani a essere il presente, più che il futuro, della Chiesa e della società; la ricerca del senso, inteso come significato e direzione, dell’esistenza. Il tutto nella più ampia cornice della liturgia del giorno, le cui letture per il Rito Romano invitavano a pregare con sincerità, esponendo a Dio le vere richieste del nostro cuore, anche con un po’ di quella “perseveranza audace”, per dirla con Scola, che fu del patriarca Abramo.
Ho provato, quindi, a presentare le mie suppliche più sincere a Gesù che avevo appena ricevuto nell’Eucaristia, ma mi sono lasciata distrarre dai percussionisti di cui sopra, che accompagnavano a modo loro nientemeno che l’Ave verum corpus di Mozart.
Già alterata per quello, la mia pazienza ha avuto un crollo quando, nel suo abituale saluto precedente la benedizione solenne, l’Arcivescovo ha invitato i presenti a cogliere l’occasione della GMG per impegnarsi a imparare a lavorare per sostenere sé e i propri cari, ma anche a farsi aiutare a capire cosa significa amare davvero, preludio a qualsiasi scelta di vita, persino alla consacrazione religiosa. Io mi sto facendo aiutare, ma il tempo della scelta definitiva mi viene continuamente differito.
Allora, credo che abbia avuto ragione il Cardinale, nel dichiarare, sempre prima della benedizione, che l’esperienza vissuta oggi (ma vale anche per quelle passate, nel mio caso, a Colonia e Madrid) può e deve continuare nell’appartenenza a una comunità visibile; nel mio caso, la mia nuova parrocchia. Sarà quello il luogo concreto dove capire la mia vera missione, insieme al campo di lavoro che prima o poi conto di trovare.
Insomma, non penso di aver sprecato il mio tempo. Spero solo che il frutto di quanto ho provato a chiedere con la mia esigua fede, anche recandomi, prima della partenza, nel Sacro Speco dove la Madonna apparve alla contadina Giannetta, non tardi a manifestarsi.

P. S. Tra gli incontri che ho avuto mi dimenticavo di segnalare quello con Luciano Piscaglia, di TV 2000. Purtroppo l’ho  scambiato per Andrea Tornielli, vaticanista de La Stampa e firma di Vatican Insider. Armandomi di una buona dose di faccia tosta, l’ho fermato sulla porta di un bar attiguo al Santuario, prima di entrarvi, e gli ho presentato un biglietto promozionale con l’indirizzo di questo blog. Chissà se mi leggerà, prima o poi.

PPS. (17/12/2013): mi sa tanto che non era Tornielli, bensì uno che gli somiglia. Che figuraccia!

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