Flora De Santis, la “madre” dei devoti al Volto Santo di Napoli


Chi è? 

Florinda Romano nacque a Napoli nel 1899. Dopo aver trascorso l’infanzia e l’adolescenza in povertà, venne presa in moglie dal commendator Ernesto De Santis e si trasferì a Meta di Sorrento. Il 10 febbraio 1932, Mercoledì delle Ceneri, improvvisamente vide illuminarsi un’immagine del volto di Gesù, che le era arrivata in casa e che il marito aveva messo in cornice. Da quell’immagine le parve inoltre di udire un invito alla riparazione, per far conoscere ed amare il Signore. Da quel momento, Florinda scelse uno stile di vita umile e dimesso e s’impegnò a diffondere il culto al Volto Santo di Gesù, riprodotto in quell’immagine.
Trasferitasi prima a Casoria, poi a Napoli, vide raccogliersi intorno a sé numerosi fedeli, che, ricorrendo ai suoi consigli, presero a chiamarla “Madre Flora”. Ubbidì prontamente alle autorità ecclesiastiche che vigilavano sulla sua persona e sulla sua opera caritativa, che comprendeva alcuni orfanotrofi.
Morì nella sua casa nel quartiere napoletano Ponti Rossi, vicino Capodimonte, il 31 maggio 1969. Nel suo testamento destinò il suo patrimonio personale all’Arcivescovo di Napoli e, in caso di rinuncia, alle suore Piccole Ancelle di Cristo Re, che gestivano gli orfanotrofi da lei fondati. Le sue spoglie riposano presso il santuario da lei sognato, la Casa del Volto Santo, nello stesso punto dove sorgeva la stanza in cui accoglieva quanti chiedevano il suo aiuto. 

Cosa c’entra con me? 

L’immagine del Volto Santo di Gesù venerato ai Ponti Rossi ha fatto parte della mia vita sin dai primi anni. A casa di una mia zia, che mi ospita tuttora durante le vacanze a Portici (NA), un quadro che la riproduce troneggia sopra la testiera del letto matrimoniale. Inoltre, mi accadeva di vederla comparire quasi dovunque, sia sui vetri delle automobili, sia su piccoli altarini situati nei negozi, sia in edicole edificate qua e là dalla devozione popolare. Molto spesso, accanto a quel Volto, notavo la figura di un’anziana signora, con i capelli raccolti, un abito nero su cui spiccava una croce di metallo e un’espressione severa. Non sapevo altro di lei, se non che si chiamava Madre Flora, come leggevo sugli adesivi da automobile con la sua foto. I miei familiari, inoltre, non mi avevano mai raccontato la vicenda che ho provato a sintetizzare sopra, forse perché essi stessi non ne erano a conoscenza.
Non ricordo quando, ma probabilmente fu a ridosso della mia Prima Comunione, ho visitato per la prima volta la Casa del Volto Santo. All’epoca, la venerata immagine era ancora collocata in una chiesetta-prefabbricato, eretta dopo che la primitiva cappella, ossia la stanza adibita a quell’uso da Madre Flora, era andata distrutta durante il terremoto del 1980. Non ci sono più tornata, privilegiando altri luoghi di preghiera durante le mie vacanze napoletane, almeno fino a circa cinque anni fa. Allora ho potuto ammirare la costruzione della nuova chiesa, inaugurata nel 1996, e sostare in preghiera presso la tomba della Madre, la cui figura m’incuriosiva sempre di più.
Grazie al sito Santi, Beati e Testimoni ho appreso alcune prime informazioni, ma non mi bastavano. Nelle mie successive visite al Volto Santo non ho potuto sapere molto di più, almeno finché, visitando il Centro Bibliotecario delle Piccole Ancelle di Cristo Re a Portici, non ho scovato una biografia uscita nel 1971, probabile fonte dell’articolo che ho citato. 
Cercando altre notizie, ho appreso che, pochi mesi fa, è uscita una nuova opera sulla Madre, che si prefiggeva di riportare alla luce, con rigore scientifico, alcuni suoi aspetti poco noti. Nella festa della Trasfigurazione del Signore dello scorso anno (insieme al 10 febbraio, è la data privilegiata dai devoti per onorare il Volto Santo), sono riuscita a procurarmi quel testo. L’ho letto d’un fiato, trovando aspetti comuni fra me e la sua protagonista.
Il primo elemento che me la rende affine è la tenacia, che nel suo caso venne esercitata nel perseguire l’obiettivo che lei riteneva di aver ricevuto dal Signore e, allo stesso tempo, di farne riconoscere la validità dalle competenti autorità ecclesiastiche. Il secondo, del quale mai prima d’ora avevo sentito parlare nel suo caso, è il richiamo, rivolto ai sacerdoti e ai formatori dei seminari, mediante colloqui interpersonali o scambi epistolari, alla missione fondamentale a cui è chiamato chi sale l’altare, rifuggendo ogni forma di carrierismo ecclesiastico. Il terzo è lo spirito di apostolato gratuito, con cui distribuiva a piene mani riproduzioni del suo quadretto, certa che avrebbero spinto le persone ad accrescere la loro fede.
Devo però imparare ancora qualcosa da lei: la virtù dell’umiltà, che le faceva riferire al Volto Santo tutte le grazie ottenute mediante la sua preghiera, oppure che, quando viveva ancora a Casoria, la spinse a nascondersi fisicamente agli occhi dei fedeli che la festeggiavano, perché temeva che Gesù venisse onorato di meno per causa sua.
In ultima analisi, il quadro del Volto Santo è uno dei mezzi con cui sento che il Signore si è fatto vicino alla mia esistenza. Ogni volta che mi capita di incrociarne lo sguardo, mi sento spinta a mia volta a ricambiare l’amore che da esso promana e incoraggiata a proseguire nel mio percorso. Penso proprio che Madre Flora stessa si sentisse così, ogni volta che lo guardava e invitava gli altri a farlo.
Tra l’altro, ho recentemente appreso che una copia del dipinto è conservata nella cappella ospedaliera dei SS. Innocenti presso la Clinica Mangiagalli di Milano; forse sarà stata portata lì da qualche devoto napoletano.

Il suo Vangelo

Indubbiamente, il Vangelo incarnato da Madre Flora è quello della contemplazione che si traduce in azione. Si può dire che la prima miracolata del Volto Santo sia ella stessa: non era completamente lontana dalla fede e dalla pratica religiosa, ma, da quel 10 febbraio 1932, le visse con un’intensità rinnovata. Aiutata da suo marito, finché lui visse, poi da alcune seguaci, fece uso dei beni terreni senza lasciarsi contaminare da essi, destinandoli a far sorgere iniziative di carità per i tanti bisogni della sua terra, aumentati a causa del secondo conflitto mondiale.
Così poteva scrivere serenamente:
Io cammino sulle orme del mio Signore.
Povero…..disprezzato…calunniato…messo in croce.
Non raccoglierò rose sulle vie aspre del Calvario, non ne posso averne ne son sicura, se non l’ha avute Gesù!
A me basta che Lui sia contento.
Spero proprio che i devoti del Volto Santo, che continuano ad affluire a Napoli a tanti anni di distanza dalla morte della Madre, apprendano da lei questo messaggio.

Per saperne di più

Ulderico Parente, Madre Flora, una vita per il Volto Santo (1899-1969), Edizioni Digigraf, 2012.
La più recente, documentata, accurata biografia. Chi fosse interessato a riceverla può rivolgersi alla Casa del Volto Santo.

Su Internet


POSTILLA [16/11/2022]: per anni mi sono chiesta perché, come scrivevo sopra, il Volto Santo di Capodimonte sia particolarmente venerato il 6 agosto, festa della Trasfigurazione, oltre che il 10 febbraio, giorno della manifestazione a madre Flora. Mi sono chiesta anche perché, da Napoli in giù, chi si chiama Salvatore festeggia lonomastico il 6 agosto. 
Dopo avere posto la domanda durante un incontro online, ho trovato la risposta. La spiega con chiarezza Luigi Accattoli in questo post del suo blog.


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