Don Tonino Bello, o l’accoglienza fatta vescovo (Corona d’Avvento dei Testimoni 2015 #2)



Don Tonino fra gli extracomunitari della sua diocesi (fonte)



Chi è?

Antonio Giuseppe Mario Bello nacque ad Alessano in provincia di Lecce il 18 marzo 1935, figlio di Tommaso e Maria Imperato. Terminate le elementari, fu avviato a proseguire gli studi nel seminario diocesano di Ugento, perché la madre aveva intuito in lui una probabile vocazione al sacerdozio. Completò poi la sua formazione nel Pontificio seminario regionale Pio XI di Molfetta. Dal settembre 1953 fu a Bologna, presso l’Istituto Santa Cristina per la formazione dei cappellani del lavoro, e seguì i corsi di teologia nel seminario della stessa città. Ricevette gli ordini minori il 30 novembre 1955, il suddiaconato il 22 dicembre 1956 e il diaconato il 7 luglio 1957. Fu ordinato sacerdote l’8 dicembre 1957.
Dopo aver svolto numerosi incarichi come docente in seminario e a livello diocesano, accettò la nomina a vescovo di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi (cui poi verrà annessa la diocesi di Ruvo di Puglia), compiendo il suo ingresso ufficiale il 21 novembre 1982 e accettando come unico appellativo “don Tonino, vescovo”. Da subito iniziò ad impegnarsi per la pace, per il sostegno agli operai e ai profughi.
Dopo aver scoperto, il 29 agosto 1991, di avere un tumore allo stomaco, volle ugualmente accompagnare cinquecento pacifisti nella Sarajevo sconvolta dalla guerra e presiedere la Marcia per la Pace promossa da Pax Christi, organismo alla cui guida era dal 1985. Morì nel palazzo vescovile di Molfetta il 20 aprile 1993. La fase diocesana del suo processo di beatificazione si è aperta a Molfetta il 30 aprile 2010 e si è conclusa il 30 novembre 2013. La sua tomba si trova ad Alessano.

Cosa c’entra con me?

Ammetto di non essere particolarmente legata alla figura di don Tonino, come posso essere per tante altre, più o meno recenti e magari ritenute sorpassate o ammuffite da parecchi fedeli. Eppure, voglio provare ugualmente a ritornare a quel poco che so di lui, a come l’ho scoperto e a come mi rapporto col suo messaggio.
Il mio primo approccio è avvenuto, mi pare, quando ho letto che aveva riadattato, interpretandolo da credente, un aforisma di Luciano De Crescenzo, quello per cui gli uomini sono angeli con un’ala soltanto e, quindi, possono volare solo restando abbracciati a un altro. C’è anche un canto, Per volare, che riprende quella sua meditazione (qui gli accordi, ma non so come faccia). Sfogliando qualche rivista, poi, credo di aver visto più volte che si parlava di lui, ma non mi ero soffermata molto.
Ho compiuto un passo in più nell’approfondimento acquistando un piccolo libro che lo riguardava. Da allora è diventato per me simbolo della disponibilità verso i più disperati, tanto da trovarmi a esclamare che, se tutti i vescovi, almeno in Italia, facessero come lui (magari accogliendo in episcopio una famiglia), forse il nostro Paese potrebbe davvero tentare una via nuova per l’accoglienza di profughi e migranti, come ha affermato il cardinal Scola nell’ultimo Discorso alla Città in vista della festa di Sant’Ambrogio.
A proposito del Discorso, il 31 ottobre ho partecipato al convegno «A Sud l’orizzonte si è schiarito. Don Tonino Bello precursore di papa Francesco», dove ho appreso che nel 1989 fu invitato a parlare, con monsignor Antonio Rimoldi vescovo di Acerra, proprio in quella circostanza. Superato un piccolo problema formale grazie al cardinal Martini e alle suore addette alla sua persona, poté quindi intervenire sul tema «Per una città e un’Europa accoglienti».
Mentre ascoltavo i relatori, mi sono trovata a pensare che, se don Tonino voleva davvero bene ai giovani, forse potrebbe fare qualcosa anche per me. Perché ciò avvenga, però, sento di dover superare alcune resistenze che lui non aveva, dato che nutriva una speciale predilezione per gli scartati e gli esclusi e concepiva il lavoro come un mezzo per rendere l’uomo pienamente tale.
A volte, poi, mi viene un po’ da innervosirmi perché alcune sue espressioni paiono entrate decisamente nell’ecclesialese e poco nella vita ecclesiale. Una fra tutte, quella della “Chiesa del grembiule”, l’unico paramento, ha detto, che viene menzionato nei Vangeli. Penso che sorriderebbe se sapesse che oggi uno dei regali più gettonati per un prete novello, per un diacono o per un anniversario significativo di consacrazione o professione religiosa è proprio un grembiule, magari ricamato con una scritta tipo «Don NOME, servo del Signore» (ci sono cascata anch’io, lo ammetto!).

Il suo Vangelo

Il caso di oggi è uno di quelli dove le frasi interessanti sono veramente difficili da scegliere. Dato che l’ho scelto per la Corona d’Avvento dei Testimoni di quest’anno, ho pensato di limitarmi a pensieri sul Natale o sull’Avvento. Dato che, tuttavia, i suoi “auguri scomodi” sono diventati loro malgrado risaputi, pur non perdendo la loro carica se analizzati con meno superficialità, e che il suo invito ad andare fino a Betlemme come i pastori è altrettanto famoso, ho provato a cercare nel secondo tema.
Ho trovato, grazie a Dio, una citazione sicuramente sua sul rapporto tra il futurum, ossia la continuità del tempo della Storia, e l’adventus, continuità dello Spirito. Ha dichiarato, col suo abituale modo di esprimersi moderno e poetico al tempo stesso:
È il totalmente nuovo, il futuro che viene come mutamento imprevedibile, il sopraggiungere gaudioso e repentino di ciò che non si aveva neppure il coraggio di attendere. In un canto che viene eseguito nelle nostre chiese e che è tratto dai salmi si dice: “Grandi cose ha fatto il Signore per noi: ha fatto germogliare i fiori tra le rocce!”. Ecco, adventus è questo germogliare dei fiori carichi di rugiada tra le rocce del deserto battute dal sole meridiano. Promuovere l’avvento, allora, è optare per l’inedito, accogliere la diversità come gemma di un fiore nuovo, come primizia di un tempo nuovo. Cantare, accennandolo appena, il ritornello di una canzone che non è stata ancora scritta, ma che si sa rimarrà per sempre in testa all’hit parade della storia.
Stando a quello che ho sentito e letto di lui, davvero ha promosso l’accoglienza del diverso e del nuovo, ma per dichiararlo ufficialmente santo credo converrà pazientare ancora.

Concludo con un avviso ai lettori: dato che sto cercando di portare avanti il ciclo di post per l’Avvento, non mi sono ancora occupata del Giubileo della Misericordia, ma lo farò. Ho un paio di progetti da iniziare e che spero, con l’aiuto di voi che immagino mi seguiate, di portare a compimento.

Per saperne di più

Claudio Ragaini, Don Tonino fratello vescovo, Paoline 2012, pp. 240, € 23,00.
Nuova edizione della prima biografia completa, aggiornata dopo l’inizio del processo di beatificazione.

Domenico Amato, Tonino Bello. Una biografia dell’anima, Città Nuova 2013, pp. 240, € 16,00.
Un altro testo biografico, scritto dal vicepostulatore della sua Causa.

Valentino Salvoldi, Don Tonino Bello. Profeta, sacerdote, re, Velar – Elledici 2006, pp. 48, € 3,50.
Più che una biografia, un’analisi di come don Tonino abbia vissuto il Battesimo e gli impegni che esso comporta.

Vito Angiuli, Don Tonino visto da vicino, Edizioni San Paolo 2014, pp.144, € 12,00.
Il vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca raccoglie alcuni testi propri pronunciati in varie occasioni dedicate a don Tonino.

Don Tonino Bello, Cirenei della gioia - Esercizi spirituali predicati a Lourdes, Edizioni San Paolo 1995, pp. 144, € 10,50.
I testi di don Tonino sono numerosissimi, tra scritti, trascrizioni, raccolte di pensieri (in questo mi pare abbia un destino editoriale simile a quello del cardinal Martini). Il mio don dell’oratorio, che per lui ha una venerazione che non si ferma alle parole, mi ha suggerito di consigliare questo: è la trascrizione degli Esercizi spirituali tenuti a un gruppo di sacerdoti ammalati e anziani, tenuti poco prima che lui stesso scoprisse di avere un tumore.

Su Internet

Sito ufficiale della Fondazione Don Tonino Bello
Don Tonino,vescovo, rivista web d’informazione religiosa per la promozione del suo ministero episcopale
Sito ufficiale della sua causa di beatificazione

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