Io c’ero #10: GMG 2016, verso Cracovia

 
Il giardino della parrocchia di Gdów  
Sono tornata sana e salva dalla GMG 2016: mai come stavolta è il caso di dirlo. Inizio quindi a ripercorrere le tappe del mio pellegrinaggio e a raccontarle qui, dato che non volevo consumare troppo sia i gigabyte del mio telefono, sia la carica della batteria dello stesso.
Le foto che vedrete, sia qui sia nei prossimi post, sono tutte mie, salvo precisazioni diverse.

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Lunedì 25 luglio – Inizia il viaggio

Alle 7.10 di lunedì 25 luglio è partito il pullman che avrebbe condotto me e compagni della parrocchia di San Barnaba in Gratosoglio alla GMG.  Una tappa in piazza del Rosario per caricare i giovani di altri tre oratori (Santa Maria del Rosario, Santa Maria Segreta e San Francesco d’Assisi al Fopponino) e il viaggio verso Cracovia ha avuto inizio.
Del mio gruppo eravamo 16, quasi tutti sui vent’anni; io ero la più anziana. Con noi hanno viaggiato i tre sacerdoti responsabili degli oratori di cui sopra, una suora e un seminarista africano sconosciuto a tutti. Mi è venuto spontaneo pensare che avrei potuto fare amicizia con lui, sperando che nessuno fraintendesse, né che io diventassi una distrazione nei suoi confronti.
Qualche mio compagno parlava di dormire, qualcun altro d’iniziare una partita a carte. Io ho ceduto al sonno, ma l’inizio di una partita a briscola mi ha svegliata dopo un’ora circa, mentre il nostro pullman viaggiava attraverso la campagna veneta.
Mi sono messa quindi a sfogliare il diario del pellegrino, fornito col kit degli italiani. Tra citazioni di autori spirituali di ogni genere, per non scontentare nessuno, ho visto che c’erano anche molti spazi per appuntare pensieri e riflessioni, insieme a un piccolo glossario di termini in polacco. Dato che la mia conoscenza della lingua del Paese che si apprestava a ospitarmi si limitava a «Abba Ojcze» (il titolo dell’inno della GMG 1991 a Czestochowa, cioè «Abbà, Padre») e «Jezu ufam tobie» («Gesù, confido in te»), ho pensato che mi convenisse imparare almeno qualche vocabolo, pazienza se la pronuncia non sarebbe stata esattissima.
Vienna distava ancora tre ore e la pesantezza del viaggio ha cominciato a farsi sentire. Gli incontri in autogrill sono cominciati, soprattutto con vecchie conoscenze, come il predecessore dell’attuale don del mio oratorio. Il fatto è che l’avevo incrociato alla prima tappa, senza riconoscerlo!
I miei compagni del Gruppo Shekinah, invece, il giorno prima hanno animato la Messa domenicale nella parrocchia di Rybnik, dov’erano ospitati, e hanno pure fatto una comparsata in una televisione locale, TVP Katowice. Apprendendo via WhatsApp queste notizie, ho preso l’impegno di vincere la tentazione di pensare che con loro sarebbe andata meglio: ho scelto così, mi ripetevo, e affido il mio cammino al Signore.
Qualcuno mi ha chiesto cosa mi aspettassi dalla GMG. Lo stesso interrogativo compariva tra le pagine del diario del pellegrino, con alcune parole suggerite. Io ho barrato le caselle vicino ai termini “misericordia”, “rinsaldare legami”, “nuovi progetti”. Ho iniziato a viverle durante il viaggio, conversando coi miei vicini di posto e cimentandomi in giochi di società, dei quali, lo ammetto, capivo poco le regole.
Quanto a quello che speravo di non trovare, credo di riassumerlo in tre parole: niente Messe pasticciate o abusate, almeno nei nostri gruppetti. Non concepisco l’idea che la celebrazione dell’Eucaristia, ovvero del dono supremo di Gesù ai discepoli, quindi anche ai giovani, venga svilita ad uso di un’assemblea speciale. Altrimenti, non si fa più “comunione” col resto della Chiesa, ma “quello che ci pare e piace”.

A Vienna, in cerca di armonia

La Porta Santa della cattedrale
di Santo Stefano a Vienna
Grazie a Dio, la Messa che abbiamo celebrato nella cappella dello studentato salesiano dove avremmo pernottato non è stata troppo strapazzata. Nella sua brevissima omelia, il sacerdote che presiedeva, don Matteo, ci ha invitati a pensare bene a ciò che volevamo chiedere in quella GMG: non pretese di dominio, come quelle della madre di san Giacomo, del quale cadeva la memoria liturgica in quel giorno, ma grazie di servizio, per raggiungere l’armonia con cui papa Francesco voleva che vivessimo i nostri giorni polacchi.
La serata a Vienna è stata libera, ma ci siamo mossi in gruppi parrocchiali. Ci siamo sorpresi nel vedere che la cattedrale di Santo Stefano e altre chiese erano aperte anche di sera. La Porta Santa, contornata da luci arcobaleno, a prima vista appariva di dubbio gusto, come anche le raffigurazioni di san Pio da Pietrelcina e dell’ormai prossima santa Teresa di Calcutta all’interno (però ammetto di averne viste di peggiori altrove).
Il passaggio al Palazzo imperiale dello Hofburg ha spinto don Giovanni, del mio oratorio, a una riflessione su come noi consideriamo oggi l’impero asburgico, proseguita su una riflessione sul modo in cui, un giorno, potrebbero essere visti gli attentati degli ultimi tempi; il tutto mentre soffiava un forte vento e tutti eravamo a stomaco vuoto. Alla fine abbiamo trovato un locale e siamo rientrati in albergo trascorsa la mezzanotte.

Martedì 26 luglio – Arrivo in Polonia, scegliendo di non aver paura

La parrocchia di Gdów
Niente da stupirsi se, durante il viaggio verso la Polonia, ho recuperato dormendo dalle 7 alle 10.45, mentre i miei compagni ingannavano il tempo come al solito. La colazione era stata ricchissima, tuttavia, ricordandomi dell’infelice esperienza con quelle cibarie in Germania mentre viaggiavo alla volta di Colonia, mi sono fermata a due fette di pane nero con marmellata, accompagnate da una tazza di tè verde. Pranzo veloce nell’ennesimo autogrill e poi ripartenza alla volta di Gdów, nostra casa per i giorni seguenti.
Ogni tanto mantenevo i contatti con parenti e amici a casa, ma una mia amica, più che augurarmi buon viaggio, ha iniziato a diramarmi un bollettino di “guerra a pezzi”, per citare il Papa, salvo aggiungere, sul finale del messaggio, che lei e suo marito erano con noi con lo spirito.
Dopo veri tentativi andati a vuoto, è stato scelto di proiettare un film, il fantascientifico «After Earth», ma mi è di nuovo venuto sonno. Appena mi sono risvegliata, ho sentito una frase nel film che sembrava proprio fare al caso mio:
«Ricordati che la paura non è reale. È il prodotto dei pensieri che tu crei. Non fraintendermi. Il pericolo è reale. Ma la paura è una scelta».
Purtroppo non abbiamo partecipato alla Messa d’inaugurazione: non siamo rientrati nei tempi. In compenso, l’accoglienza a Gdów è stata molto buona: l’apposito comitato parrocchiale ha preparato acqua, frutta e zuppa con patate e wurstel. Un breve acquazzone ci ha fatto rifugiare sotto un tendone, dove abbiamo aspettato il capogruppo del nostro Decanato.
Dato che non si vedeva ancora, ho cercato di familiarizzare con padre Marco, Barnabita, accompagnatore di un gruppo di Rio de Janeiro, se ho ben capito. Alla fine il nostro capogruppo è arrivato verso le 17, così abbiamo potuto procedere alla nostra registrazione. Alla consegna degli zainetti che contenevano il kit del pellegrino polacco, molti di noi hanno avuto un disguido: il libro delle preghiere, la guida storica della Polonia e un volumetto sulla spiritualità della Divina Misericordia erano in lingua spagnola, o tutti e tre o almeno uno.

Così il sole è calato sulla nostra prima giornata in Polonia. Ci aspettava ancora la Messa per il nostro gruppo, la cena e un po’ di riposo, prima di ascoltare, l’indomani, la prima delle catechesi dei vescovi e di partecipare alla Messa e alla Festa degli Italiani, entrambe al Santuario della Divina Misericordia a Cracovia-Łagiewniki. 

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