La morte ma non peccati – Anna Kolesárová e Teresa Bracco (Cammini di santità #24)


Fonte, che è anche il punto di partenza da cui il direttore mi ha chiesto di sviluppare il mio articolo

L’articolo per il numero di giugno di Sacro Cuore VIVERE è un po’ diverso dagli altri. Il direttore mi ha infatti chiesto un confronto tra le Beate Anna Kolesárová e Teresa Bracco, accomunate dalle circostanze della loro morte, ma anche da un altro elemento: l’ispirazione, più o meno diretta, ad alcune parole del giovane allievo di san Giovanni Bosco, san Domenico Savio.
Sostanzialmente, mi aveva chiesto una riflessione sul martirio in difesa della castità del corpo, partendo dalla testimonianza di quelle due Beate. Una sfida non da poco, che temevo di non affrontare adeguatamente, perché non possiedo una gran formazione teologica.
Mi è venuto però in mente che qualcuno poteva aiutarmi, anzi, che l’aveva già fatto. Intervistando la dottoressa Lodovica Maria Zanet, le avevo rivolto anche delle domande sulle martiri comunemente dette della castità, spinta da alcune frasi che avevo letto in un suo libro. Col suo permesso, le ho citate nell’articolo, a sostegno della mia tesi.

* * *
Il 22 novembre 1944 il villaggio di Vysoká nad Uhom, nei pressi del confine tra Slovacchia e Ucraina, è sconvolto dalle razzie dell’Armata Rossa. Un soldato irrompe nell’abitazione della famiglia Kolesár, minaccioso e ubriaco. Invano la famiglia si è nascosta in cantina.
Nella cantina c’è anche Anna, una ragazza di sedici anni e mezzo. Il soldato cerca di tirarla a sé, gridandole di concedersi a lui, o l’ucciderà. Il padre di Anna le suggerisce di preparare da mangiare all’uomo, per cercare di placarlo la sua, però, non è fame di cibo. Anna si libera dalla sua stretta e torna in cantina. A quel punto, il soldato le intima: «Saluta tuo padre!» e si prepara a fare fuoco su di lei. La ragazza sa che la sua morte è imminente ed è certa di averla preferita alla violazione della sua persona. «Addio, papà! Gesù, Maria, Giuseppe!», saluta e prega allo stesso tempo. Due spari, diretti alla testa e al petto, la fanno crollare a terra, sotto gli occhi sgomenti del padre e del fratello.
Il parroco del villaggio annota accanto al nome di Anna Kolesárová, sul registro parrocchiale: «Hostia sanctae castitatis», «Vittima per la santa castità». Sulla sua tomba, invece, la lapide riporta le parole del proposito di san Domenico Savio, il giovanissimo allievo di don Bosco: «La morte ma non peccati».

Il martirio di Teresa Bracco

Un’altra ragazza, all’incirca coetanea di Anna, ha scelto quel santo come speciale amico in Cielo: Teresa Bracco. In casa sua arriva ogni mese il «Bollettino Salesiano»: sulla copertina del numero di luglio 1933 compare proprio Domenico Savio, appena dichiarato Venerabile. L’immagine scelta lo ritrae seduto accanto a una statuetta della Madonna, con in mano un foglietto con la frase sopra citata. Teresa chiede il permesso di ritagliare la copertina e, da allora, la tiene appesa in camera propria.
Anche il suo paese, Santa Giulia, frazione di Dego (in provincia di Savona e diocesi di Acqui), è segnato dalla guerra: dopo l’armistizio dell’8 settembre 1944, subisce ripetuti rastrellamenti da parte delle truppe tedesche, a caccia di partigiani. Il 27 agosto, Teresa, mentre va ai Vespri con l’amica Irma Facello, interrompe le considerazioni che l’altra sta facendo circa il comportamento dei tedeschi verso le donne: «Ti giuro che piuttosto che cedere mi faccio ammazzare». L’indomani, durante un nuovo rastrellamento, Teresa viene prelevata da un soldato. Dopo altri due giorni viene trovato il suo cadavere.
Anna Kolesárová e Teresa Bracco sono solo due delle dieci ragazze e giovani donne (oltre a Santa Maria Goretti) che la Chiesa ha dichiarato martiri “per la difesa della castità”; l’una è stata beatificata il 1° novembre 2018, l’altra il 24 maggio 1998.

La scelta della castità

La scelta della castità da parte di queste giovani è dovuta anzitutto alla consapevolezza del fatto che il corpo è il primo dono che Dio ci fa, insieme con quello della vita. Senza di esso non potremmo entrare in relazione con gli altri, con la natura e con lo stesso Signore, perché anche l’apporto del corpo è importante nella preghiera. Come insegna san Paolo apostolo nella seconda lettera ai Corinzi, «Noi siamo il tempio del Dio vivente». Una persona che prende coscienza di questo, indipendentemente dal fatto che si consacri a Dio con i voti o meno, custodisce il proprio corpo come un dono prezioso e ricco, lo difende dall’egoismo proprio e altrui perché possa diventare dono al momento del Matrimonio. Non è una rinuncia ma è custodia di un dono ricevuto. Per quello che sappiamo di loro, Teresa non pensava alla vocazione religiosa, e neppure Anna: volevano semplicemente vivere il cristianesimo nella sua integralità. Si erano già allenate a restare fedeli nel poco, come dice il Vangelo, ossia nella loro quotidianità: pregando, frequentando la loro parrocchia, accostandosi ai Sacramenti. Così, quando è stato chiesto loro molto, vale a dire la vita, sono state pronte al dono totale.
Questo non vuol dire, però, che non amassero la vita: tutti i martiri, infatti, «la amano, in grado altissimo. Ma non contrabbandano la sopravvivenza fisica con uno svuotamento della coscienza e un sovvertimento dei valori fondamentali», scrive la studiosa Lodovica Maria Zanet nel suo saggio «Martirio – Scandalo, profezia e comunione» (EDB 2017). Nel caso delle nostre due Beate, in gioco c’era il valore della propria integrità fisica, ma non solo.

Educazione al rispetto

Un aspetto che viene spesso trascurato, anche in riferimento alle cosiddette martiri della castità, è il comportamento dell’aggressore. Anche lui ha un corpo, ma lo usa per fare del male, rovinandosi per primo. Ciascuna delle nostre due martiri ha trovato la forza di contrapporsi e, in questo modo, ha imposto «un limite che vale per sé, ma anche per l’altro: preservando la propria purezza (e “puro” non vuol dire asettico, ma anzitutto limpido, bello, integro), tenta – per quanto da lei dipenda – di preservare l’integrità stessa del persecutore», scrive ancora la dottoressa Zanet. I casi che abbiamo esaminato vedono, dalla parte del persecutore, due soldati in tempo di guerra. Altri martirii per la castità hanno avuto, come esecutori materiali, uomini o giovani che da tempo nutrivano desideri distorti verso le loro vittime.

Difendere la castità è segno di fede

«La capacità di vivere la propria sessualità in maniera corretta, cioè secondo una misura ragionevole che la incanali nel dono di sé e non la lasci debordare, come forza cieca e selvaggia, nell’ambito dell’arbitrarietà e della libidine, non nasce a caso, né tanto meno come conseguenza di piccole o grandi deviazioni ed errori commessi a partire dall’adolescenza, quando cioè le pulsioni sessuali cominciano a farsi sentire. Essa deve essere educata coscientemente e coraggiosamente» (C. M. Martini).
I parenti di Anna, sotto i loro occhi, hanno visto la ragazza opporsi con tutte le forze alla violenza da parte del soldato. I segni sul cadavere di Teresa, invece, hanno fatto capire che anche lei si è difesa: la mano sinistra era attraversata da una pallottola.
L’opposizione che entrambe hanno posto indica come, in realtà, la difesa della castità sia la forma estrema con cui hanno testimoniato la propria fede. Non hanno acconsentito al male, alla sua forma più degradante, a costo di pagare personalmente. Una donna che si oppone a un tentativo di stupro e viene uccisa è sempre eroica agli occhi nostri e a quelli di Dio, ma non è necessariamente una martire della castità nel senso che la Comunità cristiana attribuisce a questo termine.
La differenza sta proprio nel retroterra di fede che si nota in quelle vicende autenticamente martiriali, come dimostrano le deposizioni giurate dei testimoni durante le inchieste diocesane delle cause di beatificazione.
Il martirio per la castità diventa quindi, come afferma la dottoressa Zanet, «l’unica forma di martirio in cui il martire s’interessa in qualche modo anche al proprio corpo […]. È il martirio dell’estrema concretezza, lì per ricordare l’ineliminabile valore della persona “in corpo e anima” e per ammonire che il cristianesimo non propone una spiritualità disincarnata, bensì annuncia la risurrezione della carne».
A queste parole fa eco il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, nell’omelia della Messa per la beatificazione di Anna: «Il martirio della verginità continua a testimoniare la forza dell’amore di Dio e per Dio, amore che prevale sempre sulla cattiveria dell’uomo».

Originariamente pubblicato su «Sacro Cuore VIVERE» 4 (giugno 2019), pp. 16-17 (visualizzabile qui)
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Appendice: la Santa e le Beate martiri della castità e della dignità della donna [aggiornamento 02/12/2022]

Avevo pensato di riprendere questo articolo nel giorno della memoria liturgica e della nascita al Cielo di santa Maria Goretti. Di fatto, per quello che so, lei è la prima martire elevata agli onori degli altari perché ha testimoniato la fede difendendo l’integrità del proprio corpo.
Nell’articolo c’è però un errore: al tempo della pubblicazione, compresa Maria, non lei esclusa, le “martiri della castità” riconosciute erano dieci, il doppio esatto delle vergini prudenti della parabola in Matteo. Altre bambine, ragazze e giovani donne, invece, sono ancora Serve di Dio, quindi il loro martirio è tutto da dimostrare.
Ecco quindi, elencate in ordine cronologico per data di morte, Maria Goretti e le altre Beate. Al nome corrisponde la relativa scheda biografica del sito Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni.

+ 6 luglio 1902, 11 anni
beatificata il 27 aprile 1947
canonizzata il 24 giugno 1950

+ 18 novembre 1914, 17 anni
beatificata il 10 giugno 1987

+ 15 giugno 1931, 12 anni
beatificata il 20 ottobre 2007

Antonia Mesina
+ 17 maggio 1935, 15 anni
beatificata il 4 ottobre 1987

+ 24 ottobre 1941, 13 anni
beatificata il 24 ottobre 2022

+ 28 agosto 1944, 20 anni
beatificata il 24 maggio 1998

+ 22 novembre 1944, 16 anni
beatificata il 1° novembre 2018

+ dal 20 febbraio all11 maggio 1945
beatificate l’11 giugno 2022
Per correttezza, devo indicare che non tutte sono morte da vergini, oltre che da martiri, ma hanno comunque cercato di difendere anche lintegrità fisica di altre ragazze e donne, oltre alla propria. Per questo credo sia giusto menzionarle come gruppo.

+ 6 aprile 1957, 26 anni
beatificata il 4 ottobre 1987

+ 1° settembre 1982, 20 anni
beatificata il 10 dicembre 2022

+ 24 agosto 1958, 22 anni
beatificata il 20 settembre 2018

Suor Maria Clementina (Alphonsine Anuarite Nengapeta), Suora della Sacra Famiglia (Jamaa Takatifu)
+ 1° dicembre 1964, 25 anni
beatificata il 15 agosto 1985

Suor Lindalva Justo de Oliveira, Figlia della Carità di San Vincenzo De Paoli
+ 9 aprile 1993, 49 anni
beatificata il 25 novembre 2007

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