Don Carlo San Martino: prevenire è come educare

Ritratto di don Carlo San Martino alla scrivania, di Achille Campestrini, olio su tela (fonte)
Chi è?

Carlo San Martino nacque a Milano il 17 marzo 1844, figlio di Antonio San Martino e Teresa Colombo. A dodici anni, il giorno della sua Prima Comunione, riferì alla madre di voler diventare sacerdote. Completò gli studi presso il collegio dei Barnabiti a Monza, guidato dal fondatore padre Luigi Villoresi, dove rimase fino al liceo. Studiò quindi nel Seminario Maggiore della diocesi di Milano.
Dopo l’ordinazione sacerdotale, fu inviato all’Opera Pia Marchiondi Spagliardi di Parabiago, un riformatorio dove si trovavano anche bambini e ragazzi che non avevano commesso reati. Decise quindi che avrebbe dedicato tutta la vita a salvare quei minori, che venivano confusi con quelli che all’epoca erano chiamati “discoli”.
Nel febbraio 1873 divenne viceparroco o coadiutore della parrocchia dei Santi Apostoli e Nazaro Maggiore, dove istituì un doposcuola per i ragazzi delle medie e il Circolo Alessandro Manzoni per i giovani. Fu in quel luogo che, il 22 dicembre 1884, annunciò il suo nuovo progetto: il Pio Istituto pei Figli della Provvidenza, destinato a ricevere i bambini lasciati a sé stessi ed esposti al rischio di delinquere.
Aiutato da Emilia Pirinoli e da moltissimi collaboratori laici, ma anche da numerosi benefattori, portò avanti i suoi principi educativi, basati sulla protezione dei più piccoli e sulla necessità di fornire loro gli strumenti adatti per affrontare la vita.
Morì a Milano il 14 novembre 1919. La sua tomba si trova nell’emiciclo della basilica dei SS. Apostoli e Nazaro Maggiore, sotto la pala dell’Ultima Cena di Bernardino Lanino.

Cosa c’entra con me?

La storia di don Carlo è stata per me un’autentica sorpresa. Benché nel corso degli anni mi sia appassionata a molte figure della mia Chiesa locale, la sua mi era davvero sconosciuta, fino al 17 febbraio scorso. Quel giorno ho letto, sul settimanale Milano Sette, che sarebbe stato presentato un docufilm su di lui, Nell’ingranaggio del mondo. L’iniziativa mi attraeva, ma alla stessa ora c’era un altro evento sul Venerabile Enrico Mauri, a cui scelsi di partecipare.
Alcuni mesi più tardi ho appreso dell’uscita di una biografia di don Carlo. L’ho messa nella mia lista ideale di libri da comprare, oppure da richiedere a chi di dovere, tanto più che il Pio Istituto ha la sua sede legale a Milano.
Lo scorso maggio, di nuovo su Milano Sette, ho visto la notizia di un convegno su di lui. Ancora una volta, i miei impegni m’impedivano di prendervi parte. All’ultimo minuto, però, mi sono liberata e sono corsa all’Università Cattolica, la sede designata non a caso: don Carlo fu tra i primi benefattori dell’ateneo, convinto com’era della necessità di un luogo dove potessero formarsi i cattolici del futuro.
Al convegno sono riuscita finalmente ad avere una copia della biografia. Prima ancora di leggerla, grazie ai relatori, ho capito che anche lui, al pari di personaggi più noti (come il Beato Carlo Gnocchi, di cui ho appena trattato), poteva essere considerato uno degli educatori le cui intuizioni si sono diffuse, già mentre era in vita, ben oltre il territorio ambrosiano.
Ho poi scoperto, da un volantino allegato al materiale per i convegnisti, che potevo avere almeno un paio di occasioni per parlarne. Il 9 ottobre, ad esempio, era fissata l’udienza con papa Francesco: in realtà, corrispondeva all’Udienza Generale del mercoledì. L’altra data significativa era quella di oggi.
Nel frattempo, avevo letto la biografia, che mi aveva conquistata definitivamente. Senza saperlo, avevo incrociato i miei passi con quelli di don Carlo, se non altro perché, negli anni universitari, avevo visitato spesso la chiesa di San Nazaro. Ero pure passata più volte di fronte alla sua tomba, ignorandola completamente. Del resto, neanche alcuni dei sacerdoti lì residenti, a cui ricorrevo come “guardia medica spirituale” a causa degli impegni del mio confessore fisso, mi avevano mai parlato di lui.
Per riparare a quella che sentivo come un’offesa alla sua memoria, sono andata sulla sua tomba, un mese fa. Oggi sono tornata, per partecipare alla Messa che concludeva l’anno in preparazione al centenario della sua morte, presieduta dall’arcivescovo monsignor Mario Delpini.
Le letture previste per il giovedì dell'ultima settimana dell'anno liturgico per l'anno C secondo il Rito Ambrosiano mi hanno fatto pensare a come il Pio Istituto sia stato «tenda di Dio con gli uomini», mezzo con cui sono state asciugate le lacrime di tanti innocenti, luogo da chiamare casa come lo fu Gerusalemme per gli ebrei che vi salivano intonando i Salmi delle ascensioni, opportunità per moltissimi di scoprire e far fruttare talenti che altrimenti sarebbero rimasti nascosti.
Non dovevo però fermarmi al passato. Me lo hanno ricordato le parole dell’arcivescovo, ma soprattutto le persone presenti in chiesa: i bambini che riempivano la navata centrale, i loro insegnanti, gli ex-allievi e le Ancelle della Provvidenza (le suore nate a partire dalle maestre che avevano scelto di consacrarsi a Dio servendo i fanciulli abbandonati). Tutti, nelle tre scuole che oggi compongono il Pio Istituto, continuano a provare a vivere i suoi insegnamenti.

Il suo Vangelo

Il Vangelo incarnato da don Carlo è stato principalmente un annuncio di bene: non a caso, aveva dato il titolo «Il Bene» al periodico con cui aggiornava i benefattori e gli amici del Pio Istituto circa le iniziative di carità che esso portava avanti, insieme a tante altre.
Le esperienze dei primi tempi del ministero l’avevano convinto che fossero necessarie opere educative sia per i giovani delle classi agiate, sia per quelli che non avevano mezzi e che rischiavano di essere presi dalla delinquenza. “Prevenire” era la sua parola d’ordine, negli stessi anni in cui san Giovanni Bosco a Torino applicava il “metodo preventivo” e il Beato Luigi Biraghi parlava di “metodo benedetto” alle sue Suore Marcelline.
Ancora prima che il Pio Istituto fosse realtà, in un discorso ai membri del Circolo Alessandro Manzoni tenuto il 15 dicembre 1883, diede la propria personale definizione di educazione:
Sviluppare e perfezionare tutte le potenze dell’uomo, tanto fisiche quanto intellettuali e morali, rafforzare il suo organismo con gli esercizi, illuminare la sua mente con la verità, eccitare la sua immaginazione con il bello, rinvigorire la sua volontà con l’amore del bene, ingentilire i suoi affetti, nobiliare i suoi sentimenti, infrenare le sue passioni, prepararlo a soffrire e a lottare sulla terra, emanciparlo da ogni schiavitù, aprirgli il cuore alla speranza di una vita futura, perché la presente non si abbia a considerare come una perfidia e un insulto, renderlo operoso, istruito, onesto, forte nell’avversità, modesto nella prosperità, compassionevole verso chi soffre, largo di consigli e di aiuti verso chi ne abbisogna: ecco che cosa significa educare l’uomo.
Concetti concretissimi, che cento e più anni dopo sono portati avanti dalla sua opera e non solo.

Per saperne di più

Luisa Bove, Don Carlo San Martino e la sfida educativa, Paoline Editoriale Libri 2019, pp. 320, € 18,00.
La biografia uscita per l’anno centenario a lui dedicato.

Luisa Bove – Bruno Dolif, Le avventure di don Carlo San Martino, € 10,00.
Fumetto per bambini, le cui prime pagine si possono visualizzare qui. È possibile richiederlo direttamente al Pio Istituto.

Su Internet

Sito del Pio Istituto pei Figli della Provvidenza

Commenti

Post più popolari