Madre Luisa Margherita e me #2: Diario Intimo
Secondo
appuntamento con la mia lettura degli scritti della Venerabile Luisa Margherita
Claret de la Touche, originariamente pubblicato sulle pagine di Betania – Ut sint unum di marzo-aprile 2015. Lo riprendo oggi perché è il giorno anniversario della sua morte,
avvenuta nel 1915. Le suore di Betania del Sacro Cuore hanno solennizzato la
ricorrenza con la Messa presieduta dal cardinal Bertone, ma non ho potuto
esserci per via di altri impegni. Come al solito, leggete se vi va, altrimenti
passate oltre.
*
* *
Proseguendo
il mio viaggio attraverso gli scritti di madre Luisa Margherita, in occasione
del primo centenario della sua morte, ho seguito il consiglio delle suore di
Betania. Dopo l’Autobiografia, era quindi naturale che mi confrontassi col Diario Intimo, per continuare a
riconoscere cosa potessi avere in comune con la sua autrice.
In
tutta sincerità, ammetto che non è stata una lettura facile, forse per la
natura frammentaria del libro, composto da tre fonti diverse, o per i
cambiamenti nello stile, che passa da un’iniziale riflessione su testi di
spiritualità fino ad essere espressione di un messaggio genuino, riferito da
nostro Signore stesso. Eppure, non mi sono fermata, volendo comprendere fino in
fondo quanto Lui aveva da dire alla Sua sposa e, attraverso di lei, a tutti i
sacerdoti.
Nelle
Note stese dal 1890 al 1892 ho ritrovato quanto avevo già letto
nell’autobiografia: la giovane Margherita aveva un continuo desiderio di
perfezionarsi, di mettersi alla scuola del Maestro che aveva iniziato ad
attrarla. In particolare, ho trovato molto curiosa la pagina in cui lei
rinuncia per sempre ai gioielli con cui amava adornarsi, dimenticando – sono
parole sue – il Creatore per piacere alle creature. Evidentemente, la sua era
una reazione di rigetto verso il mondo che non l’attirava più, dopo aver
riscoperto il nucleo della fede che, sino ad allora, viveva in maniera
abitudinaria.
Il suo
grido finale, «Che ne ho fatto delle primizie della mia giovinezza?», risuona
spesso anche in me. Ho a volte l’impressione di non essermi spesa a sufficienza
per i grandi ideali che il Santo Padre indica ripetutamente ai giovani,
trincerandomi dietro un tentativo annacquato di praticare le virtù cristiane.
Spero di avere ancora tempo per riprendere con uno slancio maggiore.
Uno
strumento che reputo fondamentale per verificare i miei progressi, ma anche gli
intoppi, nel cammino della vita è il diario spirituale, che tengo da quando
avevo quindici anni. Dopo aver esaurito il primo quaderno, dono dell’educatrice
del gruppo adolescenti della mia parrocchia d’origine, ho proseguito con altri
venti, uno dei quali è quasi integralmente dedicato alla mia autobiografia
dalla nascita fino ai vent’anni. Anch’io ho delle note sparse, prese su
foglietti ricevuti in qualche incontro di preghiera: ogni tanto, scherzando,
ammetto che dovrei raccoglierle per facilitare il lavoro di chi, un giorno,
volesse pubblicare i miei scritti!
Ci sono
pagine che torno a rileggere, a svariati anni di distanza. Spesso riscontro una
certa ingenuità nel guardare agli eventi, oppure mi rammarico per non essermi
accorta prima della sofferenza di chi mi stava attorno. Se sono quella che
sono, comunque, lo devo grazie agli incontri, alle parole buone e a quelle meno
buone, ma anche alle piccole luci che Dio ha suscitato dentro di me. Beninteso,
non ho mai sentito voci soprannaturali, però credo che, in piccola parte, mi
sia accaduto quello che la Madre ha registrato nelle sue note.
Condivido
con lei la necessità di ribadire, anzitutto a me stessa, che voglio credere a
tutto quello che la Chiesa insegna. Dal “voglio”, però, come mi ha detto tempo
fa una religiosa missionaria di un’altra Congregazione, bisogna passare a quel
che Dio vuole: penso che, pian piano, madre Luisa Margherita ne abbia capito il
peso, particolarmente negli anni dell’esilio.
Sono
rimasta inoltre ammirata dal fatto che, nonostante stesse ricevendo sempre
maggiori istruzioni sul messaggio di cui doveva farsi portavoce, si sentisse
costantemente parte della Visitazione di Santa Maria, figlia spirituale di san
Francesco di Sales e di santa Giovanna Francesca di Chantal. Anch’io nutro una
particolare gratitudine verso quelle monache, che conoscevo di fama, ma che ho
incontrato direttamente nel monastero che hanno nella mia città, approfittando
dell’Adorazione Eucaristica aperta al popolo nei primi venerdì del mese.
Procedendo
lungo le pagine dove la missione di annunciare ai sacerdoti le grandezze
dell’Amore Infinito si fa man mano più chiara, ho ricordato come ho compreso,
nella mia vita, la necessità d’impegnarmi per loro. Avevo da poco partecipato
alla terza Messa di un novello sacerdote, nel giugno 2007, e stavo conversando
con le suore che avevano ospitato la celebrazione, quando mi sono tornate alla
mente le parole che il giovane assistente del mio oratorio (a Milano colui che
si occupa della Pastorale Giovanile nelle parrocchie si chiama così) mi aveva
rivolto tempo addietro, dopo che l’avevo inseguito per chiedergli di
confessarmi: «Tu mi ricordi che io sono un prete!». Di lì a poco, non si sentì
più tale e lasciò la parrocchia. Nel ricordare quell’espressione, ho preso un
solenne impegno: avrei fatto il possibile perché ogni sacerdote,
particolarmente quelli che avrei incontrato, non dimenticasse mai la propria
missione fondamentale.
I mezzi
che ho impiegato sono stati spesso fraintesi, perfino quando, per chiedere di
pregare per me, lasciavo al malcapitato prete incontrato in libreria o in
qualche altra circostanza un’immaginetta di madre Luisa Margherita o del Gesù
Misericordioso da lei dipinto, garantendone l’approvazione ecclesiastica. Altre
volte sono stata messa in guardia dall’esternare questo mio trasporto, perché
non tutti avrebbero compreso le mie buone intenzioni. Così è stato quando mi è
stato fatto presente che l’affetto – che sento tuttora – verso i presbiteri
recentemente ordinati e i seminaristi si stava trasformando in un attaccamento
dannoso per me e per loro. Ciò nonostante, sento davvero di non doverlo
cancellare, perché per me, come lasciò scritto la nostra Venerabile, è un dono
dell’Amore Infinito.
In
conclusione, penso che consiglierei la lettura del Diario Intimo soprattutto ai giovani sacerdoti più che ai loro
coetanei laici, perché comprendano cosa possa accadere in un’anima che si senta
investita del compito di pregare e operare per loro.
Louise Marguerite Claret de la Touche, Diario Intimo, Gribaudi 1988, fuori
catalogo (ma richiedibile ai recapiti di Betania del Sacro Cuore).
Commenti
Posta un commento