Bertilla Antoniazzi: la malattia è vocazione e lavoro




Bertilla Antoniazzi
nel particolare di una fotografia
risalente al 1960.

Chi è?

Bertilla Antoniazzi nacque a San Pietro Mussolino, in provincia di Vicenza, il 10 novembre 1944, penultima dei nove figli di Antonio Antoniazzi e Luigia Grandi. Trascorse i suoi primi anni aiutando come poteva nella fattoria di famiglia, mentre la sua vita di preghiera era pressoché abitudinaria e svogliata.
Nel dicembre 1952 ebbe l’influenza e un’infezione intestinale, a cui si aggiunsero in seguito alcuni dolori articolari. Erano i primi segni di una grave malattia, che l’anno dopo le venne diagnosticata come endocardite reumatica. Negli anni tra il 1954 e il 1957 Bertilla ebbe vari ricoveri in cliniche e ospedali del Vicentino, ma nei brevi momenti trascorsi a casa non poteva comunque uscire.
A tredici anni maturò la consapevolezza che non doveva considerare inutile la sua condizione: prese quindi ad annotare, su alcuni quaderni, le intenzioni speciali per cui l’offriva. Aderì inoltre all’Azione Cattolica, all’Unitalsi e al Centro Volontari della Sofferenza. Pellegrina a Lourdes nell’autunno 1963, non chiese la grazia di guarire, ma di santificarsi con l’aiuto della Madonna.
Morì nell’Ospedale Civile di Vicenza il 22 ottobre 1964, a vent’anni non ancora compiuti. La fase diocesana del suo processo di beatificazione si è svolta nella diocesi di Vicenza dall’8 febbraio 2014 a oggi, 25 marzo 2015.

Cosa c’entra con me?

La storia del mio legame con Bertilla Antoniazzi dimostra, una volta di più, come sia facile per me appassionarmi a qualche vicenda esemplare, tanto da giungere a ritenerla interessante per le poche persone che mi seguono e apprezzano.
Un anno fa, precisamente il 4 marzo 2014, il webmaster di santiebeati.it mi aveva segnalato che stava per essere avviato il processo di beatificazione per questa ragazza. Ho quindi proceduto a iniziare qualche ricerca in Rete, ma i risultati erano veramente scarsi: un articolo sul sito della diocesi di Vicenza e, molto più utile ai miei scopi, un’intervista a suor Pialuigia, sorella della ragazza e religiosa delle suore Terziarie Francescane Elisabettine di Padova (le stesse a cui appartiene suor Lucia Corradin, che ho incontrato in una tappa del mio pellegrinaggio in Terra Santa). Fu proprio da quelle pagine che ho ricavato alcune informazioni utili: la parrocchia cui appartenne, sant’Agostino a Vicenza, l’esistenza di un’associazione che evidentemente si era resa attore della causa* e la probabile residenza della sorella suora, Crotone; l’intervista era del 2011, per cui non ero sicura che lei fosse ancora dov’era scritto.
Il giorno dopo, il 5 marzo, ho quindi cercato l’indirizzo di posta elettronica della parrocchia di Sant’Agostino. Per avere una seconda possibilità, ho rintracciato anche quello della comunità di Crotone delle Elisabettine; non essendo però sicura che fosse ancora attivo, ho telefonato loro, ricevendo conferma.
Non ricordo con esattezza quanto tempo sia trascorso, ma presumo fossero pochi giorni; di sicuro, ricordo che era sera ed ero sul tram. Mi ero da poco seduta, quando sullo schermo del mio telefono è comparso un numero che non avevo in memoria. Credendo che fosse qualche telefonata per propormi un lavoro, ho risposto: non era quello che aspettavo, bensì suor Pialuigia. Con tono entusiasta, si disse molto disponibile a inviarmi tutto il materiale di cui avevo bisogno, allo scopo di far conoscere sua sorella, o meglio, quello che Dio aveva prodotto in lei. Il 27 marzo, quindi, mi è arrivato un pacchetto, contenente la seconda biografia di Bertilla, ormai fuori catalogo, un libretto più recente, un DVD con un opuscolo e, soprattutto, una bella scorta di santini freschi di stampa.
A causa della Quaresima e dell’accumulo di altri impegni, oltre alla ricerca del lavoro, ho accantonato per un po’ questa faccenda, tornando ad occuparmene tra aprile e maggio. Il 2 maggio ho quindi scritto al Postulatore della causa, don Giandomenico Tamiozzo, e alla presidente dell’associazione “Amici di Bertilla”, Romana Rigotto, della quale mi erano stati forniti i contatti, per far leggere loro la prima bozza del profilo biografico che volevo inviare a santiebeati. Ovviamente, ho scritto anche a suor Pialuigia, o meglio, alle sue consorelle più pratiche di uso del computer.
Non avendo ricevuto risposta per più di venti giorni da parte di don Giandomenico, gli ho telefonato al recapito che avevo visto sui santini. Il 26 maggio, via e-mail, mi ha fatto sapere che il mio articolo andava bene e che, per una maggior correttezza, l’avrebbe girato al signor Luigi Grandi, cugino della Serva di Dio. Quest’ultimo è stato pure lui molto felice del mio interesse e mi ha aiutata a risolvere alcuni dubbi che mi erano sorti confrontando alcuni dati presenti nelle due biografie. La signora Romana mi ha invece risposto il 3 giugno.
Dieci giorni dopo ho inviato a tutti i miei referenti la versione definitiva dell’articolo, ricevendo in poco tempo l’approvazione finale. Dal 9 luglio è presente a questo indirizzo, anche se in seguito, sulla stessa pagina, è comparsa anche una sintesi a firma di un altro autore.
Un mesetto fa, a sorpresa, mi ha telefonato suor Pialuigia, per riferirmi della chiusura del processo diocesano. Mi è dispiaciuto non poter fare come lo scorso anno per fra’ Jean Thierry Ebogo, ma ho pensato di compensare con questo nuovo articolo.

Il suo Vangelo

Sarebbe facile, in casi come quello di Bertilla, rimpiangere il fatto che abbia tanto sofferto, pur essendo così giovane. Per andare oltre questo pur umano senso di compassione, basta vedere come lei stessa definiva il proprio stato di vita e di salute.
A diciannove anni, un giorno, venne a trovarla il parroco di Sant’Agostino, don Antonio Rizzi. Conoscendo la sua attrattiva per la vita consacrata femminile, le domandò se, una volta guarita, si sarebbe fatta suora come una zia e la già citata sorella, oppure come le suore dell’ospedale di Vicenza. La risposta della ragazza è ormai comunemente accettata come la cifra interpretativa di tutta la sua vicenda:
Non mi sono mai preoccupata di chiedermi se ho la vocazione di farmi suora, perché la mia vocazione è quella di fare l’ammalata e non ho tempo di pensare ad altre cose!
Altrove, nella sua vasta corrispondenza, più che di vocazione parla di “lavoro dell’ammalata”, fatto di preghiera e piccoli aiuti concreti, come la confezione di oggetti per le missioni o il sostegno, con una piccola somma annuale, ai seminaristi poveri della sua Diocesi.
Per questo motivo, ritengo che la sua piccola storia debba essere conosciuta ancora di più: perché gli ammalati comprendano che le loro non sono esistenze di scarto e perché chi li assiste li aiuti a considerare che la loro è ancora vita e lo sarà sempre, fino al momento naturale della sua conclusione.

* L’istruzione Sanctorum Mater (2007), parte I, titolo III, definisce attore di una causa di beatificazione chi promuove la causa stessa e se ne assume le responsabilità morali ed economiche. Può trattarsi di una persona fisica, ad esempio il vescovo della Diocesi nella quale è morto il candidato agli altari, oppure una persona giuridica (parrocchie, Istituti di Vita Consacrata o Società di Vita Apostolica, o Associazioni di fedeli clericali e/o laicali ammesse dall'autorità ecclesiastica). Sapevatelo!

Per saperne di più

Barbara Sartori, Bertilla Antoniazzi. Il miracolo dell’amore, Il Nuovo Giornale – Nuova Editrice Berti 2014, pp. 64, € 5,00.
L’unica biografia attualmente in commercio, che presenta in breve la vicenda di Bertilla.

“Un cuore che parla” – Bertilla Antoniazzi, Linkvideo 2011, 38’ 05, € 6,00.
Un DVD che presenta le immagini dei luoghi dove la ragazza visse e la lettura di alcuni brani delle sue lettere.
Si può richiedere al seguente indirizzo:
Associazione «Amici di Bertilla»
c/o Parrocchia Sant’Agostino
Vialetto Federico Maria Mistrorigo 8
36100 Vicenza (VI)
Se preferite la posta elettronica, scrivetemi all’indirizzo che trovate nella colonnina a destra, mettendo nell’oggetto “DVD Bertilla Antoniazzi”; mi occuperò personalmente di girare il vostro messaggio alla presidente dell’Associazione.

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