Sei Suore delle Poverelle: un dono di carità

Chi sono?

Le fotografie delle sei suore,
 poste ai piedi del Crocifisso appartenuto al loro Fondatore
 e conservato in Casa madre
Suor Floralba (all’anagrafe Celeste) Rondi, suor Clarangela (Alessandra) Ghilardi, suor Danielangela (Anna) Sorti, suor Dinarosa (Teresa Santa) Belleri, suor Annelvira (Luigia Rosina) Ossoli e suor Vitarosa (Maria Rosa) Zorza, religiose della congregazione delle Suore delle Poverelle di Bergamo, erano da diversi anni missionarie nello Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), quando, verso la Pasqua del 1995, si manifestarono strane forme di una malattia non ancora riconosciuta, che causarono numerosi morti.
Suor Floralba fu la prima a caderne vittima, il 25 aprile 1995. La seguì suor Clarangela, il 6 maggio successivo: solo dopo la sua morte fu chiaro che si trattava del virus Ebola. Fu quindi il turno di suor Danielangela, l’11 maggio e, tre giorni dopo, di suor Dinarosa. La Superiora provinciale, suor Annelvira, seguì con attenzione il decorso della malattia, fino a venire contagiata lei stessa: morì il 23 maggio. L’ultima fu suor Vitarosa, che volle a ogni costo raggiungere Kikwit, dove le altre suore erano in isolamento: lasciò questo mondo il 28 maggio.
La loro vicenda di estrema dedizione ai più poveri e di fedeltà agli insegnamenti di don Luigi Maria Palazzolo, fondatore della congregazione (Beato dal 1963), ebbe subito un ampio risalto sulla stampa e in televisione e non cadde nell’oblio. Per questo motivo, dopo aver ottenuto nel 2013 il Nulla osta da parte della Santa Sede, sono state aperte presso la diocesi di Kikwit le sei inchieste diocesane per l’accertamento delle virtù eroiche da parte di suor Floralba e delle altre religiose.
Le inchieste diocesane a Kikwit si sono svolte dal 28 aprile 2013 al 23 febbraio 2014 e sono state integrate dalle rispettive inchieste rogatoriali nella diocesi di Bergamo (nella quale le suore erano vissute prima dell’invio in missione), dall’8 giugno 2013 al gennaio 2014. Attualmente le sei cause procedono nella fase romana.
La tomba delle sei suore si trova presso la Cattedrale di Kikwit.

Cosa c’entrano con me?

Nella primavera del 2014, mio cognato mi riferì che c’era bisogno di una sostituzione per fare la scrutatrice al seggio speciale dell’Istituto Palazzolo della mia città. Ho accettato la proposta, ma per evitare di perdere la Messa festiva sono andata a quella prefestiva in parrocchia, il sabato precedente.
A muovermi, però, non fu solo la prospettiva di guadagnare qualche soldo, ma anche quella di ottenere qualche immaginetta sia del Beato Luigi Maria Palazzolo, sia delle sei suore “dell’Ebola”, come sono comunemente definite. Da qualche tempo, infatti, avevo sentito parlare di loro, ma non ricordo con esattezza né dove, né quando. Forse era successo qualche mese prima, in occasione dell’apertura della fase diocesana della loro causa. Oppure, più probabilmente, per via di una nuova epidemia del virus, insorta quell’anno.
Sono andata al seggio, ma penso di averci trascorso veramente pochissimo tempo: non veniva quasi nessuno. Così, verso le 11, ho chiesto il permesso di allontanarmi e ho finito col partecipare alla Messa domenicale, in quella che non mi sembrava una “cappellina”, ma una chiesa bella grossa. Rammento che in un angolo vicino all’altare c’era un crocifisso con i ritratti delle sei suore posati per terra.
Tornata al mio posto, ho visto arrivare alcune delle religiose che avevo notato in chiesa. Ho pensato bene che fosse l’occasione giusta per chiedere il materiale che mi occorreva: me lo portarono nel giro di pochissimo. Non solo: m’invitarono a tornare in chiesa per il Rosario e i Vespri, se avessi avuto la possibilità. Insomma, ho trascorso più tempo a pregare che a registrare i votanti!
Dopo qualche giorno, ho cominciato a leggere i libri, a partire da quello del fondatore. Ammetto che non mi lasciò un’impressione particolare, a parte un’affermazione sul «non aspettare gli gnocchi dalla luna», metafora colorita per invitare le prime figlie spirituali a vivere con fede, ma senza stare inerti. Invece, quello sulle suore mi fece in più di un punto rabbrividire: la descrizione dei sintomi del virus Ebola, infatti, lasciava ben poco all’immaginazione. Provai una gran pena per loro, mitigata in parte dal fatto che avessero scelto di non andarsene per restare fedeli a quello che avevano appreso negli anni giovanili.
A luglio scorso, la promulgazione del motu proprio Maiorem hac dilectionem mi fece tornare in mente la loro vicenda: avevano deliberatamente affrontato le conseguenze di una morte prematura offrendola per i fratelli africani, quindi mi pareva che quelle nuove normative avrebbero potuto riguardare altri casi analoghi. Mi restava però il dubbio se la loro causa fosse per l’accertamento del martirio (“martirio di carità”, per così dire) o per la verifica delle virtù eroiche.
Ho guardato se ci fossero già le loro schede su santiebeati, ma ho riscontrato che c’erano solo tre delle singole religiose, più quella che riguardava tutte e sei in generale. Inoltre, ho scoperto che per la fondatrice, madre Teresa Gabrieli, non c’era una pagina a lei dedicata su quel sito: la causa di beatificazione, intanto, era da qualche anno nella fase romana e procedeva speditamente. Quanto alla scheda del Beato Palazzolo, era veramente esigua e piena di refusi grammaticali.
Così ho ripreso in mano i miei libri e ho telefonato alle Suore delle Poverelle a Bergamo, chiedendo di essere messa in contatto con la loro Postulatrice generale. Suor Linadele, la suora in questione, mi rispose e chiarì il mio dubbio: non era una causa “di gruppo”, come quelle di certi martiri, ma sei cause distinte e separate, che però hanno avuto la stessa data d’inizio e la stessa conclusione, per quel che riguarda il processo diocesano.
Inoltre, si disse ben felice di mandarmi altri santini e le pubblicazioni più aggiornate sulle consorelle. Il problema era che a breve sarei dovuta partire per le vacanze estive a Portici e temevo che il plico avrebbe intasato la mia cassetta delle lettere. La Postulatrice, quindi, mi mandò libri e santini con la posta accelerata: in neanche tre giorni mi arrivò tutto.
Prima di partire con le suore, mi diedi da fare col Fondatore, scoprendo che era un personaggio molto più interessante di quello che mi era sembrato alla prima lettura. Dato che il post non è dedicato espressamente a lui, mi accontento di dire che ho fatto proprio bene: è grazie ai suoi insegnamenti che suor Annelvira e le altre capirono lo spirito giusto con cui affrontare la malattia, ovvero condividere in tutto (don Palazzolo usava il verbo “avvolgersi”) le sofferenze dei poveri.
Mentre ero in vacanza, tra un bagno al mare e una gita culturale, ho iniziato la stesura delle schede. Più andavo avanti, più sapevo di dover descrivere non tanto gli spasimi della febbre emorragica, quanto l’ardore che le aveva colte sin dall’inizio della loro vocazione.
Nessuna di loro mi sembrò una fotocopia l’una dell’altra: c’era chi era entrata dalle Suore di Maria Bambina, ma si sentiva chiamata dalla campana della Casa madre delle Poverelle che era proprio di fianco (suor Floralba); chi, nel manifestare la propria scelta al padre, si prese un ceffone potentissimo e ci rimise un dente (suor Annelvira); chi aveva provato a mettere Dio fuori dal proprio orizzonte, a causa di gravi lutti familiari, ma poi si sentì attratta da Lui (suor Danielangela); chi faceva economia per avere i soldi necessari alla dote da suora (suor Dinarosa); chi fece l’esperienza del fidanzamento, accantonata per seguire un Amore più grande (suor Vitarosa); chi aveva imparato in famiglia come vivere accanto ai malati (suor Clarangela).
Anche nella vita in missione erano tanto simili quanto differenti: qualcuna aveva un’indole più contemplativa, mentre qualcun’altra era tanto dinamica da farsi comprare un motorino per correre subito da chi avesse bisogno. Le accomunava, invece, non solo l’abito e l’appartenenza alla medesima congregazione, ma anche l’affetto che provavano l’una per l’altra e che riversavano in abbondanza su donne incinte, malati gravi, bambini abbandonati.
Così, grazie all’insostituibile apporto di suor Linadele, ho potuto completare le schede di tutte e sei e quella di gruppo, scrivere quella di madre Gabrieli e rifare quella di don Palazzolo.
Nel corso delle mie ricerche mi sono imbattuta in questo filmato tratto da Nel cuore dei giorni di TV 2000: una delle suore superstiti e la già citata suor Linadele portano la loro testimonianza sugli eventi del 1995.

Il loro Vangelo

Lavorare sulle loro storie, benché raccontate in maniera assai più egregia nei libri che segnalo più sotto, rispetto a quanto abbia cercato di fare io, mi è servito proprio per ricordare che ogni vita, e ogni vita esemplare, è una storia particolare: il compito di chi le racconta, anche se dilettante come me, è far risaltare la loro personale scelta del Vangelo.
Stavolta, quindi, faccio eccezione: non riporto una sola frase per tutte e sei, ma una per ciascuna. Come tessere di un mosaico (l’immagine non è delle più originali, ma mi sembra azzeccata), contribuiscono a far vedere l’insieme del loro servizio di carità, nell’attesa che tutte le loro virtù vengano riconosciute come esercitate in grado eroico.
Suor Floralba: è secondario essere in un posto piuttosto che in un altro... quello che conta è fare con gioia la volontà di Dio, sempre anche quando costa, quando fa soffrire, anche quando è dura.
Suor Clarangela: Sono contenta di essere qui a Kikwit in questa comunità e di compiere così la volontà del Signore, giorno per giorno, accettando le pene e difficoltà dovute a questi tempi critici, lottando per aiutare i poveri.
Suor Danielangela: Mi sembra di rendermi conto sempre di più che occorre saper morire per dare la vita. Occorre una super dose di pazienza, di comprensione e soprattutto di amore. Forse il Signore mi voleva qui per insegnarmi meglio a obbedire e servire.
Suor Dinarosa: Io sono qui a servire i poveri, il Padre eterno mi aiuterà... La mia missione è quella di servire i poveri... Che cosa ha fatto il mio Fondatore? Sono qui per seguire le sue orme.
Suor Annelvira: è Gesù che deve essere al centro della nostra vita e del nostro apostolato. Allora faremo tutto con amore, trovando e scoprendo, e facendo conoscere, Chi e per Chi siamo a servizio.
Suor Vitarosa: Più mi riconosco di avere tanti limiti e di essere tanto povera, più sento che Dio mi ama. Sì, perché Dio ama i piccoli!

Per saperne di più

Paolo Aresi, L’ultimo dono – Le sei suore delle Poverelle morte per l’epidemia di Ebola nel 1995, Queriniana 20132, pp. 144, € 12,50.
Un secondo testo, utile soprattutto perché riporta le lettere delle suore, le testimonianze delle sopravvissute e i fax che collegavano il Congo alla Casa madre di Bergamo.

Don Arturo Bellini, La forza dell’amore, Centro Studi – Suore delle Poverelle 20153, pp. 100, € 6,00.
L’opera più recente, aggiornata in base ai dati emersi durante il processo diocesano, che presenta in breve le storie di ciascuna religiosa.

Tutte le opere, come anche l’immagine con la preghiera per chiedere l’intercessione delle sei suore, si possono richiedere alla Casa madre delle Suore delle Poverelle, ai contatti presenti sul loro sito ufficiale.

Su Internet

Scheda generale sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni
Scheda biografica di suor Floralba Rondi  sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni
Scheda biografica di suor Annelvira Ossoli sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni
Scheda biografica di suor Clarangela Ghilardi sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni
Scheda biografica di suor Danielangela Sorti  sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni
Scheda biografica di suor Dinarosa Belleri  sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni
Scheda biografica di suor Vitarosa Zorza  sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni

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