Tanti auguri a me!





Ebbene sì, adesso ho trent’anni! Proprio oggi, infatti, ma nel 1984, mia madre Antonietta mi dava alla luce presso la clinica Mangiagalli di Milano. Sono venuta otto anni dopo Lucia, mia sorella maggiore, che mentre mi aspettava pregava fortissimo che nascessi sana: fu quindi felicissima di sentire al telefono i miei primi vagiti.

Forse il periodo in cui sono nata non era il più felice per i miei familiari: Gennaro, mio padre, lavorava alla FIAT di Arese e, in quel momento, era in cassa integrazione. Quando l’ho saputo, mi sono quasi pentita di essere diventata una bocca in più da sfamare, ma i miei mi hanno rassicurata che se la sono cavata più che bene.
Per questo motivo, tenuta conto anche della mia passione agiografica, spesso mi è venuto da fantasticare su come sarebbe stato vivere nei primi tempi della Chiesa apostolica, oppure negli anni del post-Vaticano II, o addirittura con sant’Ambrogio come vescovo. Come mi ha suggerito il mio direttore spirituale, però, se Dio mi ha messa al mondo in quella precisa epoca, non devo arrabbiarmi, bensì rendere grazie, e nemmeno idealizzare certi momenti storici non privi di disagi (ma quali non ne hanno?).
Non ho molti rimpianti della mia vita passata, tranne forse uno: non essermi impegnata, negli anni universitari, a cercare un lavoretto regolare e retribuito. Il mio CV sarebbe forse più ricco ora, ma la mia media, non eccelsa di per sé, sarebbe stata ancora più bassa. Quanto alla sfera sentimentale, non sono mai stata fidanzata, innamorata sì, anche se mai corrisposta.
Nella vita di fede, che però non va separata dalla vita “normale”, non ho avuto grossi ostacoli o problemi. L’unica volta in cui ho avuto da ridire con le autorità competenti è successo quando il predecessore del mio attuale Arcivescovo ha affermato che il mio gruppo musicale preferito non era un vero esempio di Vangelo vissuto. Sono arrivata perfino a scrivergli, prima di partire per la GMG di Colonia, ma poi ho capito che, sotto sotto, aveva ragione.
Ho avuto anch’io le mie stagioni critiche, ma riconosco di esserne sempre uscita rafforzata, grazie al grande mistero della Comunione dei Santi, che, come diceva il Papa in un’udienza generale, consiste anche nel saper chiedere aiuto ai nostri fratelli nella fede che sono ancora vivi e camminano con noi.
Col Signore provo e sto provando a fare sul serio, ribadendoGli ogni giorno la mia disponibilità a seguirLo dove Lui vorrà mandarmi. Per cominciare, ho accettato il trasferimento (quando uso questa parola, i miei interlocutori mi domandano se sia una laica consacrata!) dal quartiere milanese di Porta Romana a quello di Gratosoglio, dove ho incontrato nuovi amici e un parroco un po’ particolare, ma ricco di umanità.
Ho scoperto, nel corso del tempo, il gran dono della maternità spirituale – sì, “maternità”, anche se ho trent’anni e sono nubile – per i sacerdoti e i seminaristi, specie quelli della mia Diocesi, ma devo ancora capire bene se devo esercitarlo in un modo speciale e, comunque, devo correggermi da rigidità o libertà eccessive. L’unica maniera per verificarlo è trovare lavoro, uno qualunque, per cominciare.
Non ho affatto idea di cosa mi riservi il futuro, nemmeno se si svolgerà il pellegrinaggio in Terra Santa che da tempo è stato organizzato per il Gruppo Shekinah, un’altra realtà che mi è servita tantissimo per allargare il mio sensus Ecclesiae ben oltre l’ombra del campanile della mia parrocchia. Mi sto preparando a dovere, anche se il timore che tutto vada in fumo non mi passa.
Ho anche un’altra preoccupazione: che, se effettivamente partirò, per me si realizzi quello che il cardinal Martini auspicava per sé, ovvero di morire là dove Gesù è passato beneficando. Se così fosse, ve ne prego: non dite che ero una brava ragazza, degna di essere presa a modello dai giovani di oggi. Sono solo una donna, ormai uscita dall’età giovanile, che cerca di concretizzare nel corso della sua vita quello che le è stato trasmesso a partire dal 29 luglio 1984, giorno in cui ho ricevuto la grazia di essere figlia di Dio mediante il Battesimo e di essere, come dice un canto reso celebre anche dai miei cari ParRock (qui testo e accordi), “preziosa ai Suoi occhi”. 

Commenti

  1. Ehi!!
    Punto primo AUGURONI!!!
    Punto secondo: non sapevo che tua sorella si chiamasse Lucia! :-D O meglio, adesso che l'ho letto mi sovviene che forse una volta che l'avevi detto, ma evidentemente me l'ero dimenticato... beh, mi compiaccio per l'omonimia :-P

    Sai che è interessante, questo post autobiografico? Mi sono ritrovata molto in due osservazioni che fai: una, su dove saresti e cosa avresti fatto se fossi nata in un'altra epoca. Me lo sono chiesto spesso anch'io e mi sono risposta che se fossi nata in un'altra epoca (ma anche solo una cinquantina d'anni fa), con ogni probabilità non sarei qui dove sono adesso - cioè, probabilmente sarei in convento.
    E invece sono profondamente convinta che, in questo mondo del presente, il Signore mi abbia chiesto di impiegare la mia in altro modo (cercando di crescere una famiglia cattolica), e quando ci ripenso mi stupisco sempre un po'... è proprio vero che ogni epoca storica è diversa dalle precedenti e che probabilmente c'è una ragione per cui Dio ci ha voluti al mondo qui e ora, e non in un'altra epoca e in un'altra zona geografica.

    E poi, l'altra cosa che convido tanto è il vero e proprio TERRORE di morire prematuramente per un qualche incidente e di essere conseguentemente additata come santa. Lo odierei. Ogni tanto mi capita di vedere funerali di Bravi Ragazzi Cattolici morti prematuramente, che, subito dopo la morte, vengono presentati al mondo come se fossero (già?) stati praticamente canonizzati. Magari anche a ragione, eh, ma io lo odierei.
    Infatti una volta ho preso da parte mia mamma e le ho detto chiaro e tondo che se, in caso di mia morte prematura, qualcuno, sull'onda dell'emotività del momento, prova a riservarmi un trattamento del genere, io... ehm... non so bene cosa potrei fare, essendo a quel punto già morta, ma quantomeno mi industrierei a tornare come in terra come fantasma a perseguitare i malcapitati sferragliando catenacci vicino al loro letto in piena notte ;-) ;-)

    Qualche tempo fa avevo visto in un negozio una maglietta favolosa con la scritta "SONO UNA BLOGGER, NON SONO UNA SANTA!" (che, nelle intenzioni della ditta, doveva essere ovviamente allusiva: sono una blogger birichina)... io ero morta dal ridere perché invece rispondeva perfettamente ai miei sentimenti (ho l'impressione che, tante volte, la gente che legge il mio blog mi idealizzi un po' troppo), e, giuro, quasi quasi volevo comprarmela, poi ho desistito... :-P

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    Risposte
    1. Anzitutto, grazie mille per gli auguri!

      Non posso che darti ragione circa i casi di Bravi Ragazzi Cattolici morti: ogni volta che ne scrivo, qui o su santiebeati, vengo presa dal dubbio di stare anticipando il giudizio ufficiale ecclesiastico su di loro (sempre se non sono già beatificati o canonizzati, s'intende). Quando poi ne sento parlare da altri mi viene un nervoso pazzesco: chi può essere sicuro dell'eterna salvezza di qualcuno, giovane o no, appena se n'è andato?

      Quanto a me, anch'io ho avvisato ripetutamente i miei di non raccontare, in caso di mia dipartita prematura, quanto fossi pia, brava, obbediente, bensì che ero incoerente, rompiscatole e disobbediente specie nei loro riguardi.

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