Un post infuocato e avvelenato (ma non troppo)



Marc Chagall, Il profeta Geremia, 1968,
olio su tela 115 x 146,3 cm, Centre Georges Pompidou - Parigi
(fonte)
Come promesso, oggi è l’unico giorno, insieme al 25 marzo, in cui pubblicherò qualcosa durante questa Quaresima. Avrei un sacco di cose da raccontare: il mio rapporto con san Giuseppe, ad esempio, oppure potrei unirmi all’esultanza di moltissimi fedeli per l’ormai imminente canonizzazione dei coniugi Martin.  Mi è anche venuto in mente d’imbastire un elenco di canti che abbiano come tema la misericordia divina, in vista del Giubileo straordinario indetto dal Papa. Tutte queste idee, però, si sono scontrate con la dura realtà.
Se mi metto a scrivere per il blog, per santiebeati o per il quotidiano La Croce, infatti, non dedico abbastanza tempo alla ricerca del lavoro. Gli anni passano per tutti, anche per me: devo quindi impiegare le mie doti per trovare qualcosa di retribuito e lasciar stare per sempre i miei impegni gratuiti in parrocchia e in Diocesi. Devo anche accantonare santi e testimoni vari, in particolare i giovani seminaristi scomparsi a un passo dall’altare e che tanto mi colpiscono, per i motivi che immagino sappiate se mi leggete da un po’ di tempo.
Così, almeno, mi viene da pensare, seguendo tra l’altro i consigli di qualche amico. Però non è nel mio modo di fare essere così rinunciataria, l’ho ripetuto più volte. Due forme di comunicazione mi hanno dato nuovo coraggio: una dalle parole degli uomini, l’altra dalla Parola divinamente ispirata.
Ieri sera, proprio nel momento in cui ero più abbattuta, ho sentito cantare a The Voice il rapper Maurizio Musumeci, con una sua personalissima versione de L’avvelenata di Francesco Guccini. Mi è venuto da cercarne il testo, perché sapevo che era un brano famoso, ma non lo conoscevo bene. Il tono polemico del cantautore, anche se con qualche espressione scurrile (e anche poco gentile nei confronti dei preti, va detto), combaciava decisamente con le sensazioni che avvertivo:
E quindi vado avanti e non mi svesto
dei panni che son solito portare
ho tante cose ancora da raccontare, per chi vuole ascoltare…
Un’altra voce, quella della Sacra Scrittura, si accompagnava alle frasi del cantante bolognese. Sentivo infatti risuonare in me la cosiddetta confessione del profeta Geremia (Ger 20, 7-9):
Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre;
mi hai fatto violenza e hai prevalso.
Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno;
ognuno si beffa di me.
Quando parlo, devo gridare,
devo urlare: «Violenza! Oppressione!».
Così la parola del Signore è diventata per me
causa di vergogna e di scherno tutto il giorno.
Mi dicevo: «Non penserò più a lui,
non parlerò più nel suo nome!».
Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente,
trattenuto nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo,
ma non potevo.
Nel raccontare le vite di tanti uomini e donne, differenti per età e scelte di vita, io avverto la necessità di far emergere quello che di buono Dio ha seminato in loro e che è poi cresciuto e maturato, a volte con risultati sorprendenti. Quando qualcuno me lo impedisce, affermando che io non ho nulla a che fare con loro – proprio per ribattere a questa gente, la parte più grossa dei miei post risponde alla domanda Cosa c’entra con me? – mi sento veramente malissimo.
Lo so, lo so che la ricerca di un vero lavoro deve occupare la maggior parte delle mie giornate, ma sono stanca di consultare annunci che sanno di truffa e di scartabellare pagine e pagine di proposte, quasi tutte indirizzate a persone con un’esperienza minima biennale. È pur vero che mi ci vuole più grinta, mi ha detto recentemente il mio parroco, quella stessa che ho espresso in questo pezzo.
Se vi state preoccupando, vi tranquillizzo subito: Testimoniando non chiude, né smetterò di produrre profili biografici per l’altro sito (sto per pubblicare il duecentesimo!). Dedicherò a queste attività il tempo libero dalla ricerca lavorativa, perché il fuoco che mi arde nelle ossa venga trasmesso, almeno in minima parte, a chi capiterà su queste pagine.
Un ragazzo che conosco mi ha fatto notare il web è pieno di gente che scrive frivolezze, di fashion blogger che lo riempiono di foto con abiti all’ultima moda, d’improvvisati intellettuali che si pronunciano su qualsiasi argomento. Il mio compito, invece, è di altra natura: lasciare una traccia di bene e coinvolgere i miei lettori a credere di più e con maggiore intensità, pazienza se non diventerò famosa e non organizzerò cenoni con i miei lettori, venuti da ogni parte d’Italia apposta per incontrarmi.
A quei consigli aggiungo quelli che ho trovato in una recente intervista a un altro scrittore del www che apprezzo tantissimo per il modo con cui racconta di tutt’altri argomenti rispetto a quelli di cui mi occupo, ma che fanno parte dei miei interessi maggiormente simili a quelli dei miei coetanei:
Fai di testa tua, scrivi quello che vuoi scrivere perché ti diverte farlo, fregatene del resto. Basta solo avere tanta costanza, una sana dose di pazienza (non fosse altro per gli inevitabili rompiballe che l’Internet ti precipiterà addosso…) e qualcosa da dire. Una volta una persona molto saggia mi disse che se hai qualcosa di interessante da dire, e lo rendi pubblico, prima o poi verrà fuori. Penso avesse ragione da vendere.
Un’ultima cosa: per quanto possibile, proverò ad aprire meglio i miei occhi e a cercare qualche Testimone di oggi, vivente, non necessariamente sacerdote o religioso/religiosa e proveniente dalla diocesi di Milano. Che dite, ce la posso fare?

Commenti

  1. Certo che ce la puoi fare.
    E ce la farai, presto o tardi, anche ad organizzare un incontro con i tuoi lettori.

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    Risposte
    1. Grazie per la fiducia, Denise!
      Quanto al raduno, a questo punto meglio aspettare i cinque anni dal primo post.

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