Io c’ero #17: a Monza con papa Francesco, per sentirmi parte di un popolo
Ebbene sì, è davvero lui (foto di Fabio Stragiotto)! |
Interrompo la mia pausa quaresimale perché
non ho intenzione di “bucare”, come si dice in gergo giornalistico, il mio
personale racconto della visita, avvenuta ormai sabato scorso, di papa Francesco
a Milano e alle terre ambrosiane, formulazione generale per indicare che non
sarebbe stato solo a Milano città, ma anche in una zona vicina come il parco di
Monza.
Come di consueto, preciso che le fotografie
sono opera mia, tranne dove altrimenti indicato. Gli orari sono perlopiù in
tempo reale, visto che ho preso degli appunti; altrimenti, sono ricavati dal
momento in cui ho scattato le foto.
Antefatto 1
Una
promessa che si compie
Lo ammetto: quando ho saputo che la visita,
già preannunciata per il maggio 2016, sarebbe stata annullata, ho iniziato a
pensare al peggio. Mi sono lasciata trascinare dalle dicerie che vedevano contrapposti
il Papa e il mio Arcivescovo e che, quindi, la visita mancata sarebbe stata
un’offesa bella e buona. Mi domandavo, però, perché dovessimo andarci di mezzo
noi fedeli: non solo gli ambrosiani, ma anche i genovesi, che pure aspettavano
una visita analoga per il Congresso Eucaristico nazionale.
Quando sono stata a Roma, lo scorso
settembre, mi ero perfino messa in testa di scrivere al Pontefice per invitarlo
a mettere da parte quel contrasto (ammesso che ci fosse) e ricordargli che
anche a Milano c’erano tanti poveri ad aspettarlo. Alla fine, però, la mia
compagna di stanza non mi ha lasciato la calma necessaria, per cui ho
desistito. Meno male, dato che a ottobre la visita è stata confermata per il 25
marzo.
Antefatto
2
La dura
legge del Rol
Fissata la data, è stata lanciata la campagna
di reclutamento dei volontari, ma anche di coloro che, nel migliaio di
parrocchie sparse sul territorio, dovevano occuparsi non solo di segnare chi
volesse partecipare alla Messa, ma anche di convincerli con solide motivazioni,
al di là del passare una giornata in compagnia e di vedere il Papa da una
distanza più o meno ravvicinata. Questa figura, come già per la celebrazione
conclusiva dell’Incontro Mondiale delle Famiglie, è stata denominata Rol, sigla
ecclesialese per “Responsabile Organizzativo Locale”.
Il mio gruppo verso il parco |
Ricordo bene il piglio di cui era dotato
l’uomo che, nella mia parrocchia d’origine, aveva rivestito tale ruolo in
quell’occasione e mi sono chiesta se, dove vivo ora, ci fosse qualcuno del
genere. Ho quindi domandato al parroco chi fosse stato il Rol dell’epoca e me
lo ha indicato, precisando però che, ora, lui sta badando alla sua anziana
madre. Tanto valeva, quindi, che mi assumessi l’incarico in prima persona.
La raccolta delle adesioni, da me, è iniziata
circa un mese fa, troppo tardi forse. Ogni volta che aggiungevo un nome mi
sentivo sempre più felice di avere compiuto in pieno la consegna di far venire
quanta più gente possibile, ribadita anche all’incontro per i Rol, lo scorso 11
febbraio, sia dagli organizzatori, sia dal cardinal Scola.
Tuttavia, a una settimana dall’evento, le
disdette hanno cominciato a fioccare: chi affermava di non sentirsi in grado di
stare tutto un giorno fuori casa per l’età o perché ha figli piccoli; chi si è
ammalato; chi ancora, dopo aver sentito a che ora erano stati fissati la
partenza e il ritorno, lamentandosi perché non avevamo deciso di andare in
pullman come altre parrocchie. Insomma: degli oltre 150 iscritti, ne sono
rimasti tra gli 80 e i 90.
Io stessa, proprio la mattina di ieri, ho
iniziato a non sentirmi tanto bene, per lo stesso motivo che, quando è venuto
papa Benedetto XVI, mi ha costretta a rilassare la schiena su un grosso pallone
da pilates nel bel mezzo della
Presentazione dei Doni. Almeno io, però, non dovevo né potevo venire meno,
quindi, considerando che in fondo non stavo ancora male, mi sono avviata.
Sabato
25 marzo
Ore 7.30
– Ci siamo tutti?
Come mia abitudine, sono arrivata con
parecchio anticipo alla fermata del tram dov’era fissato il ritrovo per i miei
comparrocchiani. Tuttavia, alle 7.30, i presenti erano meno della metà degli
iscritti. Ho iniziato a tempestare di telefonate chi mancava e ho scoperto, tra
l’altro, che un paio di persone si erano iscritte in due parrocchie
contemporaneamente, la mia e una vicina (che però non ha gli stessi sacerdoti),
scegliendo poi l’altra perché aveva una partenza più comoda.
Mentre cercavo faticosamente di dominarmi,
gli altri capigruppo hanno deciso di salire sul tram successivo e non me la
sono sentita di oppormi. Alle 7.45, quindi, eccoci sul mezzo, che ci ha poi
portati in metropolitana, la quale ci ha condotti alla stazione di Porta
Garibaldi.
Ore 8.10
– Quel treno per Monza
Appena arrivata alla fermata della metro di
Garibaldi M2, ho rischiato di perdermi: al nostro gruppo si era affiancata
un’altra nutrita schiera di pellegrini. Una di essi, però, ha notato che avevo
addosso un nastrino che contraddistingueva quelli delle mie due parrocchie e mi
ha fatto presente che i miei compagni erano andati in superficie.
Li ho trovati subito e mi hanno riferito che
non dovevamo salire sul treno delle 8.44, ma su quello precedente. Stavo per
far presente il mio ruolo di responsabile, ma sono stata subito interrotta da
chi mi ha indicato che gli stessi addetti di Trenord avevano stabilito così e
mi sono adeguata.
Il viaggio è stato tranquillo e tanto rapido
da impedirmi perfino di sonnecchiare come mi accade spesso. Abbiamo quindi
iniziato la nostra marcia verso l’area della Messa: anche questa è stata più
rapida di quel che pensassi, a parte le soste tecniche per chi doveva proprio
andare in bagno. Personalmente, avrei tanto voluto fermarmi un attimo nel Duomo
di Monza, ma ho deciso di rimandare per non perdermi di nuovo.
Ore
10.30 – Parco di Monza, verde e marrone...
Ho preso una taglia piccola, sennò mi andava enorme. |
L’accoglienza dei volontari è stata molto
calorosa, ma non ci sono stati i controlli di sicurezza che mi aspettavo:
appena entrati, infatti, ci hanno semplicemente detto di tenere gli zaini
davanti a noi.
Insomma, siamo arrivati proprio all’ora
giusta. In cielo iniziava a splendere il sole, mentre il Papa, intanto, era
arrivato in Duomo. I maxischermi hanno trasmesso le immagini dell’incontro con
i consacrati, che ho provato a seguire, almeno finché non ho pensato che fosse
giusto fare a mia volta una capatina ai bagni chimici.
Nel frattempo, mi ero accorta di aver sudato
un po’: quale miglior occasione per rimpinguare la mia collezione di magliette
paolotte con una di quelle realizzate dal produttore ufficiale di gadget commemorativi? Ho scelto quella
con la frase più ironica, ma anche quella con la scritta Rivestitevi di sentimenti di misericordia non era male.
È stato trasmesso anche l’Angelus dal sagrato
del Duomo, effettivamente brevissimo. Una mia amica, timorosa per gli
attentati, non è voluta andare nemmeno lì; pazienza.
Ore
12.20 – Debunking mancato
All’ora di pranzo, prima che iniziasse il momento
distensivo sponsorizzato da RadioItalia, ho tirato fuori dallo zaino il mio
panino. Tuttavia, una conversazione tra alcuni miei compagni mi ha fatto andare
di traverso più di un boccone.
Una signora, infatti, ha allungato a una sua
amica il cellulare, con un messaggio WhatsApp che riportava – parole sue – «il
messaggio che papa Francesco ha detto oggi sulla felicità». Anche a me era
arrivato in uno dei gruppi in cui sono inserita, con corredo di cuoricini e
melensaggini varie.
Bastava cercare un attimo su Internet per
scoprire che si trattava dell’ennesimo caso di discorso falsamente attribuito a
lui. Mi domando perché, nonostante ci siano il sito della Santa Sede e quelli
delle testate cattoliche, certa gente si beva questa fuffa invece di controllare
le fonti dirette. Per la cronaca, qui ecco tutti i testi realmente pronunciati dal Papa nel
corso della sua visita.
Poco dopo, mentre i cantanti iniziavano a
esibirsi, ho deciso di provare a dormire un po’, o almeno, di stendermi per
affrontare a dovere la Messa. In pratica, era come alla GMG: ci mancava solo
l’ombrellino “Milano Colosseo” ed era proprio uguale!
Mi sono alzata in tempo per provare i canti,
ascoltando con amarezza i commenti dei miei vicini di posto: per loro erano
troppo solenni e poco festosi. Francamente, credo che non sia stato un compito
facile mediare tra la scelta di brani seri e altri più “da panca”, ossia
popolari. Per quel che mi riguarda, alcuni li sapevo, ma solo perché li ho
ascoltati e cantati più di una volta nelle celebrazioni in Duomo. Ennesimo caso
in cui mi sono sentita meno normale dei fedeli medi...
Ore
14.45 – Tu es Petrus
Per noi tutti resterà sempre "il signor Zaccheo" |
Dovevo quindi dispormi ad aspettare l’arrivo
del Papa. Mentre molti si avvicinavano alle transenne, ho preferito restare al
mio posto. Ho fatto bene: la papamobile è passata molto vicino a dov’ero. Fino
a un attimo prima, ero composta e seria, ma quando l’ho vista avvicinarsi mi è
venuta qualche lacrimuccia, lo ammetto.
La Messa è effettivamente iniziata alle
15.25, ma molti si sono preoccupati per questo. Io, invece, ero abbastanza
tranquilla: capita spesso, nei viaggi apostolici, che il Papa ci metta del
tempo per riprendersi, indossare i paramenti e prepararsi al rito.
Ha suscitato l’ilarità di molti vedere un
signore arrampicarsi su una delle piante vicine alla corsia transennata dove si
supponeva sarebbe passata la papamobile; un po’ meno divertente è stato notare
la sua evidente delusione, dopo tutta quella fatica.
Ore
15.45 – Parole che lasciano il segno
Stavolta, niente palloni di gomma per
stiracchiarmi, solo una mantella di plastica che avevo portato per l’occasione,
così da sedermi e, in quel momento, prendere qualche appunto dell’omelia.
Prendendo le mosse dal fatto che gli annunci
della nascita di Giovanni Battista e di Gesù si susseguono, nel Vangelo secondo
Luca, papa Francesco ha fatto presente come il primo si svolga a Gerusalemme,
nella grande città, mentre la folla sta fuori ad aspettare; il secondo, invece,
avviene a Nazareth, piccolo villaggio dotato di una fama non buona. Il
contrasto non è di poco conto: l’incontro con Dio avviene dove meno ce lo si
aspetterebbe, nella quotidianità di una ragazza apparentemente comune.
In seguito, rispondendo all’interrogativo che
potrebbe prendere anche noi, su come sia possibile vivere qui e ora la gioia
del Vangelo nelle nostre città, il Pontefice ha presentato tre chiavi utili per
affrontare quest’impegnativa missione, contenute nelle parole dell’arcangelo
Gabriele:
Evocare
la memoria
– Come Maria è figlia dell’alleanza stabilita da Dio col popolo ebraico, anche
noi non dobbiamo dimenticare da dove veniamo, compresi i sacrifici dei nostri
avi. Ho pensato a mio padre, approdato a Milano da Napoli, preso in giro dai
suoi colleghi in fabbrica, che arrivarono a scrivere la parola “Colera” sul suo
armadietto.
Appartenenza
al popolo di Dio
– «Milanesi, sì, ambrosiani, certo, ma parte del grande popolo di Dio», ha opportunamente
fatto notare papa Bergoglio. A chi ci vede da fuori, infatti, capita di pensare
che Milano, ecclesialmente parlando, faccia un tutt’uno a sé: abbiamo un rito
differente da quello della maggior parte della Chiesa universale; i nostri
vescovi hanno più volte segnato la storia d’Italia; la nostra organizzazione
degli oratori spesso ha finito col fare scuola. Per questo il Papa ha fatto
bene a ricordarcelo, così da mettere da parte la spocchia che a volte ci prende
e da essere pronti ad accogliere, integrandole, le differenze.
La
possibilità dell’impossibile – Ce la dimostrano tanti carismi, tanti
missionari e, aggiungo io, tanti esempi di virtù. Mi piace ricordare gli ultimi
due ufficialmente riconosciuti, entrambi Cappuccini, a un passo dagli altari: padre
Daniele da Samarate, cappuccino e missionario in Brasile fino a contrarre la
lebbra, ora Venerabile, e il suo confratello padre Arsenio da Trigolo (per
onestà, milanese “di passaggio”, che qui ha trovato il luogo del suo eterno
riposo), che sarà beatificato il prossimo 7 ottobre.
Ieri come oggi, quindi, Dio cerca cuori
immacolati come quello di Maria, ossia pronti a compiere la sua volontà di bene
anche nel nostro mondo. Io spero di riuscirci, così da vivere pienamente la
missione che, una volta di più, mi sono sentita confermata a compiere.
Ore 17.00
– Come lasciarsi rovinare la festa
Appena terminata la Messa, il mio umore è
rapidamente precipitato, per tutta una serie di fattori: non ultimo, il fatto
che il signore che si era allontanato per andare in bagno non fosse più tornato,
nemmeno durante la celebrazione. Avevo come l’impressione di aver sbagliato
tutto, diventando più inaffidabile dei capigruppo che, invece, hanno svolto
egregiamente il loro compito. I miei compagni hanno provato a consolarmi e, in
effetti, ci sono riusciti.
Peraltro, sentivo risuonarmi in testa le
critiche dei giorni precedenti, volte a dissuadermi a partecipare anche per i
costi eccessivi dell’evento. Il solo motivo per cui ero a Monza, sabato, era
per dimostrare la mia fedeltà all’unico Vicario di Cristo in terra: sarebbe stato
ben più grave, come scrivevo a un anno dall’elezione di papa Francesco, se la
Chiesa fosse rimasta priva di un capo visibile. Quanto alle spese, per quanto
mi riguarda, ho sborsato solo € 4,00 per il viaggio in treno.
Ore
19.00 – Ritorno sotto la pioggia
«La folla che osannava se n'è andata...». |
Arrivati in stazione, abbiamo poi preso un
bus-navetta che ci ha condotti alla stazione della metropolitana di Sesto FS. I
controllori hanno chiuso più di un occhio al veder arrivare frotte di gente, di
certo priva del biglietto integrativo che serve per arrivare a Milano.
Cambiando poi a Loreto per prendere la linea verde, sono arrivata a casa poco
prima delle 22.30.
E il signor Antonio, vi domanderete? Non
l’avevano preso in ostaggio gli scoiattoli del parco di Monza: semplicemente,
dato che non ci trovava più, ha deciso autonomamente di tornare in stazione,
ma, essendo sprovvisto del biglietto, è rimasto ad attenderci finché i
capigruppo non l’hanno prelevato per portarlo in metropolitana.
Concludendo...
In tutti i suoi interventi pubblici di questi
giorni, il cardinal Scola ha ribadito che il Papa veniva a confermare nella
fede gli abitanti delle nostre terre. Per quanto mi riguarda, mi ha resa più
salda nella convinzione di far parte di un popolo ancora più grande di quello,
già vasto di suo, della mia diocesi.
Credo sia questo il messaggio valido per
tutti, al di là delle adunate oceaniche, dei discorsi ad effetto, delle
promesse che chissà quanti, tra i ragazzi che riempivano San Siro, ricorderanno
una volta cresciuti.
Grazie del tuo racconto bello e utile, per i rimandi, per i chiarimenti su cosa é circolato in questi giorni. C'ero anch'io, settore 29, sotto la torre n. 18. Non mi è pesata l'attesa, ero nel treno prima del vostro. Mi ero pesato il ritorno perche trenord incredibilmente non ha datto trovare i treni pronti. Ho preso tutta l'acqua che è venuta ed ho ancora la tosse. Sul cuore della giornata, dico solo che la frase milanesi si, ambrosiani certo, ma parte del popolo di Dio... Sarà il titolone del mio prossimo sancarlino. Bellissima omelia, che conserverò scritta e registrata. Grazie ancora Emilia del tuo impegno. Continua così.
RispondiEliminaGrazie a te!
EliminaPubblicare dopo tre giorni ha pagato moto in termini di visualizzazioni, però non volevo lasciar passare ancora altro tempo.
Spero comunque che, al di là della fatica (chi ha fatto almeno una GMG sa che ci sono circostanze ancora più complesse, quando si tratta di grandi eventi), qualcosa rimanga.