Lucia Tononi: oltre il dolore, amando i fratelli

 

Lucia nella foto scelta
per la copertina della riedizione
 della sua prima biografia
(per gentile concessione
della famiglia Tononi)

Chi è?

Lucia Tononi nacque a Gazzane, frazione di Preseglie, in provincia e diocesi di Brescia, il 10 agosto 1967, prima dei cinque figli (due dei quali morti in tenera età) di Giambattista Tononi e Rita Bonati.

A poco meno di tre anni iniziò a lamentarsi per dolori al braccio sinistro: gli esami e gli interventi chirurgici, compresi alcuni all’ospedale “Rizzoli” di Bologna, non aiutarono la guarigione, ma consentirono di capire che la bambina aveva una malattia grave e molto rara alle ossa. Crescendo, Lucia divenne consapevole di non essere come tutte le altre ragazze, ma cercava di essere allegra e di dare un senso alla propria sofferenza.

A diciassette anni, apprese dalla madre che uno zio, don Renato Tononi, era dispiaciuto perché due ragazze che conosceva avevano rifiutato un mese di volontariato alla Piccola Casa della Divina Provvidenza, il “Cottolengo” di Torino: subito si offrì di andare, ma i genitori le concessero di assentarsi solo per quindici giorni. Tornò nel dicembre 1984, ma appena rientrata a casa scrisse al padre per avere il permesso di rimanere al Cottolengo per un anno intero.

Ripeté più volte e per periodi sempre più lunghi il suo servizio tra i ragazzi colpiti da malattie gravi, ma anche lei non smetteva di avere problemi di salute: nonostante questo, incoraggiava le altre volontarie e invocava il Signore affinché le facesse capire la sua strada. A circa vent’anni cominciò ad accusare forti mal di testa, ma continuò a compiere pellegrinaggi e a tornare a Torino.

Il 6 giugno 1989 fu operata agli Spedali Civili di Brescia, in quanto le era stata riscontrata una tumefazione osteocartilaginea all’osso sfenoide, ma finì col perdere l’uso dell’occhio destro. Non potendo più andare a Torino, s’impegnò in altri servizi, come alla Comunità di Siloe a Clusane d’Iseo, e partecipò agli incontri dei Giovani per un Mondo Unito, del Movimento dei Focolari.

Tra l’aprile e il maggio 1990 si aggravò tanto da non riuscire più a reggersi in piedi: il tumore si era nuovamente espanso. I medici di Brescia consigliarono di rivolgersi al professor Vinko Dolenc, dell’University Medical Centre di Lubiana, in Slovenia. Prima di partire, come già prima dell’operazione del 1989, Lucia volle confessarsi e ricevere l’Unzione degli Infermi, questa volta dallo zio sacerdote.

Alcuni giorni dopo l’operazione, svolta il 12 giugno, Lucia perse la vista anche dall’occhio rimasto sano. Il 18 giugno, dopo aver salutato la madre e la zia Adele, entrò in coma. Morì quindi alle 18.45 del 5 luglio 1990, nella sua camera d’ospedale a Lubiana; le mancava meno di un mese pe compiere ventitrè anni. La sua tomba si trova nel cimitero di Gazzane di Preseglie.

 

Cosa c’entra con me?

Il 22 agosto 2024, poco dopo aver pubblicato su Instagram l’immagine con cui lanciavo il post su Davide Fiorillo, ho visto che l’account @allsaintsillustrations aveva messo un cuoricino proprio a quella pubblicazione e aveva iniziato a seguirmi.

Ho ricambiato e, tra i primi post che avevo visto, c’era un’illustrazione coloratissima che mi ricordava un po’ il film Coco: raffigurava Lucia in preghiera con sua nonna. Il post era collegato a un altro account, @lucialuce1990: lì ho trovato il titolo della prima biografia (o meglio, della riedizione), così da risalire ad altri dati su di lei.

Purtroppo, però, ho trovato pochissimo; lo stesso libro mi sembrava irreperibile, ma ho pensato di ordinarlo comunque alla libreria Ancora di Milano: mi è arrivato il 27 agosto, ma l’ho comprato il 2 settembre. Solo il 29 novembre, però, ho iniziato a leggerlo: avevo infatti pensato di pubblicare il post su Lucia nella domenica più vicina al 13 dicembre, collocandolo nella “Corona d’Avvento dei Testimoni”, vale a dire la rassegna di post su personaggi che mi sembra abbiano vissuto con intensità i misteri dell’Incarnazione e del Natale.

Prima anche solo di abbozzare il post, però, ho scritto all’indirizzo di posta elettronica presente nei contatti dell’account Instagram, sperando di avere una risposta in tempo. Non riuscendoci, ho mandato un messaggio in Direct: lì mi ha risposto Carla, la sorella di Lucia, scrivendomi che voleva che solo quella presenza sui social e il libro dovessero bastare a farla conoscere. Di conseguenza, ho desistito.

Lo scorso giugno, però, ho appreso che erano in uscita ben due nuove pubblicazioni: una biografia più piccola della precedente e un testo illustrato. Pensando che l’occasione potesse essere ancora migliore, sono tornata alla carica con sua sorella, promettendole che, prima della pubblicazione dei miei contributi, glieli avrei sottoposti.

Già dalla lettura della prima biografia ho capito che valeva la pena di raccontare di Lucia e che, a trentacinque anni dalla sua “partenza per il Cielo”, ciò che Dio aveva operato in lei potesse avere un riconoscimento maggiore, pazienza se questo blog è seguito da pochissime persone.

Ho osservato come, col passare degli anni, la piccola Lucia che aveva sviluppato un vero terrore per i camici bianchi si fosse trasformata in una ragazza con tanti sogni, che, pur consapevole di non poterli realizzare tutti (per esempio, capì che, a causa delle terapie, non avrebbe potuto generare figli), cercava di essere allegra e d’incoraggiare le sue amiche a esserlo a loro volta.

Ho poi riconosciuto la sua tenacia nel voler restare il più possibile accanto agli ospiti del Cottolengo, motivata dal fatto che proprio grazie a loro aveva capito di non doversi compiangere di continuo e di non ritenersi, come un tempo (sono parole tratte da una lettera del febbraio 1983 all’amica Anna), «la ragazza più sfortunata del mondo».

Anche per lei il primo impatto con quel mondo non fu per nulla facile: la prima esperienza fu nel reparto per persone anziane non autosufficienti, mentre dalla seconda in poi fu assegnata al reparto intitolato a don Francesco Paleari. Mi sembra di capire che lei abbia imparato molto meglio di me, che pure sento di avere un legame con quel sacerdote cottolenghino, ora Beato, cosa lui intendesse quando invitava a farsi furbi perché il tempo è limitato, mentre il Paradiso è eterno.

Ho anche ammirato la sua capacità di entrare in relazione con chiunque, dalla suora incaricata di seguire le volontarie al ragazzo di poco più giovane di lei ma capace di esprimersi solo con suoni disarticolati, dai giovani volontari ai medici che l’avevano in cura, fino ai Giovani per un Mondo Unito di cui, seppur saltuariamente, fece parte.

La riedizione della prima biografia è stata presentata in una serata svolta a Gazzane di Preseglie cinque anni fa, di cui ripropongo qui sotto la registrazione.

 

 

Ha testimoniato la speranza perché…

Sia la biografia principale, sia quelle appena uscite, non costituiscono un elenco di date e di disgrazie, ma sottolineano principalmente come Lucia si difendesse dall’angoscia che la prendeva, soprattutto quando era ancora adolescente.

Gli strumenti con cui alimentava la sua speranza erano la preghiera, imparata letteralmente sulle ginocchia delle nonne, e l’ironia, che non l’abbandonò neanche quando perse l’uso dell’occhio destro. Infatti, quando l’amico Flavio, dei Giovani per un Mondo Unito, venne a trovarla poco dopo l’operazione, le venne naturale chiedergli: «Possiamo fare un discorso a tre occhi?».

 

Il suo Vangelo

Mi sembra che Lucia abbia annunciato, come altri, il Vangelo in mezzo a tante sofferenze, ma la sua caratteristica speciale risiede nel fatto che si è lasciata toccare, anzi, sconvolgere dalla vita dei “bambini” del Cottolengo. Stando in mezzo a loro, ha lasciato perdere le inquietudini dell’adolescenza, acuite dalle sue condizioni di salute, imparando ad amare la sua croce per quello che era, anzi, ad amare sé stessa amando il prossimo.

Naturalmente non sono mancati i momenti difficili, come quello in cui capì che non sarebbe più tornata a Torino, ma quando si sentiva scoraggiata correva dal Signore, spesso intuendo nel profondo di sé che non era mai abbandonata da Lui.

Voleva che tante altre persone la sostenessero in quel cammino di dedizione verso gli ospiti da cui era attesa ogni volta, a cominciare da suo padre. Tornata a casa per le vacanze di Natale 1984, aveva già annunciato che sarebbe ripartita poco dopo, per un anno intero di volontariato, ma il padre fu decisamente contrario: del resto, lei aveva promesso senza interpellare lui e la madre.

In una notte insonne, Lucia riempì sette pagine fitte, in cui esprimeva al padre le proprie ragioni. Il cuore di quello scritto è rappresentato da queste parole:

Io in quei bambini vedo Dio. Le cose che faccio a quei bambini le faccio a Dio. È per questo che a me piace andar là e sono felice. Tu, papà, non saresti felice di lavorare per Dio?

In questo trentacinquesimo anniversario, spero proprio che l’esperienza di Lucia convinca tanti altri a vivere e lavorare per Dio e per i fratelli, superando le proprie fragilità umane. Un frutto significativo mi sembra essere l’esperienza di Luci (plurale di “luce”, ma anche soprannome di Lucia), un quartetto vocale basato a Lumezzane, che accompagna soprattutto le celebrazioni delle esequie, ma che non manca mai nelle ricorrenze legate a lei.

 

Per saperne di più

Luigi Bresciani, Lucia portatrice di luce – Sulle orme di Lucia Tononi (1967-1990), Ancora 2020, pp. 144, € 15,00.

Riedizione della prima biografia Un fiore appeso alla Croce, con un capitolo aggiuntivo che dimostra come Lucia sia ancora ricordata e amata da chi l’ha conosciuta.

 

Arcangelo Campagna, Lucia Tononi – Signore sia fatta la tua volontà, Velar 2025, pp. 96, € 10,00.

La vita di Lucia riproposta in un testo che contiene anche testimonianze recentissime e perfino attestazioni di presunte grazie a lei attribuite.

 

Carla Tononi (con illustrazioni di Chiara Nicosia), Lucia Tononi, Velar 2025, pp. 32, € 5,00.

Un testo dedicato soprattutto ai bambini e alle persone con disabilità.

 

Su Internet

Rimando nuovamente all’account Instagram Lucia Luce 1990 

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