Io c’ero #8: infiltrata speciale alla Missione Vocazionale (di nuovo)
Il volantino realizzato per invitare gli universitari |
Contrariamente ai miei buoni propositi, ho
partecipato anche all’ultima giornata della Missione Vocazionale organizzata
dal Seminario nel Decanato Città Studi di Milano. È stata per me l’occasione di
ripensare ai miei trascorsi universitari, di scambiare qualche parola in più con
alcuni dei seminaristi che conosco e di rafforzare, una volta di più, l’affetto
che sento per loro. Giornalisti più capaci di me hanno provveduto a trarre un primo bilancio e a raccogliere le sensazioni dei protagonisti: questo è,
semplicemente, il mio modo di raccontare ciò che ho visto.
Un invito
inatteso
Come scrivevo l’altro ieri, avevo deciso di
accantonare l’idea di partecipare all’incontro intitolato Quando la laurea non basta per non essere un’ulteriore fonte di distrazione
per gli inquilini di Venegono: loro erano lì per i giovani di quel Decanato,
inclusi gli universitari, non per una rompiscatole par mio. Anzi, avevo pensato
di uscire solo per andare in Duomo a sentire la testimonianza offerta dal cardinal Séan Patrick O’ Malley, Arcivescovo di Boston, nell’ambito di alcuni
inviti speciali rivolti dal cardinal Scola a importanti personalità ecclesiali
distintesi per particolari modalità evangelizzatrici nelle grandi città. Mi era perciò venuta l’idea di consultare il blog di quel vescovo cappuccino, ben più seguito di questo, così da
aver qualcosa da dirgli semmai mi fosse accaduto di averlo di fronte.
Stavo leggendo uno degli ultimi post, quando mi
è giunto un messaggio privato via Facebook,
da parte del seminarista Beniamino (IV Teologia), con cui avevo familiarizzato
lo scorso anno al Rito d’istituzione degli Accoliti. Diceva di avermi vista al
concerto di domenica sera, ma di non essere riuscito a salutarmi, per cui m’invitava
a venire all’appuntamento per gli universitari. Dopo aver tentennato
brevemente, ho accettato di dargli ascolto, muovendomi per tempo in modo da
riuscire a fare almeno un’ora di Adorazione Eucaristica.
Imparare in
ginocchio come stare vicino alla gente
Copertina del sussidio distribuito fuori dalla chiesa (complimenti al grafico per non aver usato Comic Sans!) |
Appena uscita dalla stazione della
metropolitana di Piola, vicina al Politecnico di Milano, mi sono guardata
intorno casomai scorgessi qualche faccia nota. L’unico seminarista che
presidiava l’uscita e che non conoscevo era in attesa che qualcuno gli si
accostasse, così ho pensato di farlo sentire utile domandandogli l’indicazione
per la chiesa di San Pio X, dove si svolgeva l’Adorazione.
Al termine di un brevissimo tragitto,
eccomi arrivata, accolta dai saluti e dai sorrisi di altri “missionari” anche
di mia conoscenza. Ho preso uno dei sussidi predisposti per l’occasione e ho
fatto il mio ingresso, inginocchiandomi più o meno a metà chiesa.
La mia preghiera è stata principalmente d’intercessione:
per gli amici in Seminario, per le persone e le famiglie che hanno accostato in
questi giorni, per gli universitari che, come me, erano lì a meditare. Il
sussidio di cui accennavo prima presentava sette brani di Vangelo, affiancati ad
altrettanti testi di papa Francesco, tratti dalle meditazioni quotidiane in
Santa Marta o dagli Angelus.
Concentrandomi sul brano della chiamata degli apostoli in Luca (Lc 6, 12-19),
ho ripassato mentalmente i nomi dei probabili futuri preti (e di quelli che lo
sono da meno di dieci anni) con cui ho incrociato il cammino. Ho invocato Gesù
realmente presente nell’Ostia consacrata affinché li renda, come Lui, capaci di
stare con la gente nel modo più giusto, corretto e rispettoso.
Sono stata interrotta da due piacevoli disturbatori:
don Giuseppe, il mio vecchio prete d’oratorio, che sotto sotto penso fosse
contento della mia presenza in una delle sue parrocchie di destinazione, ed
Emmanuel (di V Teologia), che mi ha consegnato un foglietto adesivo su cui
avrei dovuto segnare una frase con cui sintetizzare il mio ringraziamento per
quei giorni speciali. Avevo iniziato bene, ma poi mi sono accorta che il mio
pensiero non aveva molto i toni del rendimento di grazie, quindi ho provato a
rimettermi in tema. Per via della fretta con cui ho formulato l’intenzione, ho
commesso un terribile errore di sintassi, io che di solito, anche quando
produco preghiere spontanee, do molta attenzione alla forma. Meno male che non
mi sono firmata!
Ricordando tempi
non molto andati
Uscita di chiesa, mi sono diretta verso il
teatro Leonardo, sede di Quando la laurea
non basta. Lì ho ritrovato Beniamino e il suo compagno di una classe più
indietro Gianmaria, che avevo conosciuto nella medesima occasione in cui mi era
stato presentato lui. Penso di averli lasciati di stucco nel riferire loro che
provenivo da tutt’altra zona di Milano, ma la cosa sembrava non dare loro
fastidio, anzi: mi hanno perfino chiesto di sedermi accanto a loro.
Studenti all’uscita del teatro (foto mia) |
Il teatro è andato pian piano riempiendosi,
mentre i relatori dell’incontro prendevano posto sul palcoscenico. Giovanni,
studente di Architettura, ha spiegato come, mediante gli amici di Comunione e
Liberazione, abbia incontrato «gente che desiderava il mio bene gratis e che ha
fatto di tutto perché io sia me stesso», per usare le sue medesime parole. Anch’io,
nei miei anni in Statale, ho incontrato gente così: non parlo solo di don Pigi e dei suoi compagni del medesimo Movimento cui appartiene Giovanni, ma
anche dei tanti giovani di AC o semplicemente impegnati in parrocchia,
conosciuti nella Cappellania Universitaria.
Non è stato di parere discorde il
seminarista Michele, che ora frequenta la V Teologia e si sente ancora uno
studente “fuori sede”, essendo pugliese d’origine: tra le mille scadenze, gli
esami, le incombenze che per lui hanno comportato anche un trasferimento all’estero,
si è sempre sentito accompagnato. È ciò che, a Dio piacendo, vorrebbe compiere
una volta consacrato sacerdote, in modo da «affrontare la realtà in maniera
determinata», non scappando, come molti tuttora pensano a riguardo dei ministri
sacri.
Il breve dibattito seguito ha fatto
risaltare la stima verso chi affronta cristianamente lo studio e, da un altro
verso, gli interrogativi sorti da una realtà che sembra privilegiare un certo status sociale e identificare la
chiamata con ciò che si sceglie di fare nella vita. Don Michele Di Tolve, che fino al
nuovo servizio come Rettore si occupava della Pastorale Scolastica diocesana,
ha ricordato come, a suo parere, gli studenti non debbano accontentarsi di “sapere”
e “saper fare”: da loro deve emergere la richiesta di “essere” e “saper essere”.
Le conclusioni di Sua Eccellenza monsignor
Pierantonio Tremolada, Vicario episcopale, hanno invitato i presenti a guardare
a tutta la vita e allo studio come un’occasione per fare del bene, ma non solo:
deve far sì che gli altri, quando sono con noi che abbiamo vissuto in pienezza
il mistero di Dio, possano trovare le proprie doti migliori.
Un giro di
domande
Finito l’incontro, era il momento di
mettere qualcosa sotto i denti. Il lauto buffet
organizzato nell’oratorio di San Pio X - non all’aperto come da programma, dato che pioveva - si è volatilizzato nel giro di pochi
minuti: il tempo di spiegare al mio amico Luca (lui sì di Città Studi) che ero
intenzionata a sentire O’ Malley e quindi non potevo cantare alla Messa conclusiva
della Missione, che non ho potuto prendere l’ultima porzione d’insalata di
farro rimasta.
Sperando che dalle cucine potesse saltar
fuori qualcos’altro, ho pensato che fosse il caso di domandare a qualcuno dei
miei conoscenti come avesse vissuto i giorni della Missione. Marco, ormai all’ultimo
anno prima del diaconato, si è dichiarato stanco, ma disposto a ricominciare
subito se ne avesse avuto la possibilità; invece Gilbert, alla seconda
esperienza, ha ascoltato pazientemente le mie considerazioni riguardo all’operato
suo e degli altri.
Riuscita a recuperare un pezzettino di
lasagna, ho avuto il piacere di conoscere Giovanni, neo-bassista dei ParRock,
col quale ho intavolato una proficua discussione circa la necessità di saper
trovare un groove trascinante, nella
musica ma anche nella relazione con Dio. Al momento del dolce, invece, ho
cercato Filippo, il ragazzo che al concerto di domenica mi aveva fornito il
braccialetto luminoso che contraddistingueva i presenti, per dargli uno dei
biglietti con cui sto promuovendo in ogni occasione possibile questo mio spazio
sul web. Christian, che era accanto a lui, ha commentato che gli sembra che io
scriva bene: adesso la mia responsabilità aumenta!
Già che c’ero, ho dato un
bigliettino anche al Rettore, che ha prelevato i due giovani per condurli con
sé: doveva inaugurare la sua nuova rubrica su Radio Mater, La vita come
vocazione, e voleva che presentassero le loro storie. Se quella puntata
verrà caricata sul sito di quell’emittente, spero di riuscire a incorporarla su
questa pagina [EDIT 21/08/2015: non è mai stata pubblicata e nemmeno l’ho registrata, purtroppo].
Aspetto di sapere dai media diocesani com’è andata la Messa, poiché, per lasciare i miei
amici più liberi di salutare le persone con cui hanno condiviso gli ultimi
giorni, avevo stabilito di andare in Duomo. Per non andare fuori tema, mi
limito ad annotare che ho dato un biglietto promozionale perfino al nostro
ospite speciale.
In ultima analisi, continuerò ad
accompagnare i seminaristi. Gli altri potranno pure ritenere che io sia
asfissiante, ma non mi arrenderò, anche se ammetto di dover imparare ad
essere ancora più discreta.
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