Squarci di testimonianze #8: il “di più” di Daniela Lerma
Ero letteralmente a corto d’idee per
un post sulla Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. O meglio, dato
che non volevo rifilarvi qualcosa di pesante come temo sia stato l’articolo sui
preti con dispensa speciale, stavo cercando un altro buon argomento, magari
agganciandolo al tema di quest’anno, È bello con Te. Una testimonianza imprevista, cui ho partecipato alcuni
giorni fa durante l’abituale incontro del Gruppo Giovani, mi ha dato
l’ispirazione per presentare, finalmente, qualcuno di vivo e in salute: Daniela
Lerma, laica consacrata.
Quando la vedi, quasi non fai caso
alla medaglietta e alla piccola croce dorata che porta al collo. Minuta, di
carnagione abbronzata, una cascata di riccioli neri che le scendono sulle
spalle, Daniela Lerma si trova da tre anni a Milano, ma non per motivi di
studio o lavoro. Ha lasciato il Messico per inseguire qualcosa di molto più
grande di quel che si aspettava e ora si ritrova a Milano, di fronte a una
ventina di giovani, a raccontare di sé e di Chi le ha preso il cuore.
Terzogenita di una famiglia credente,
da tempo frequentava un gruppo per ragazzi nella sua parrocchia di nascita,
guidato da alcuni membri del Movimento Regnum Christi. A quindici anni, durante
uno di questi incontri, le accadde di estraniarsi e di non riuscire a seguire
il discorso. Una sorta di voce interiore aveva preso a parlarle, dicendole tre
semplici parole («tre in italiano, due in spagnolo», ha precisato): «Dammi di
più!». Chiunque, al sentirla, si sarebbe spaventato: non diversamente è andata
a lei, che al termine dell’incontro si è nascosta a piangere in bagno.
Quasi per paura di udire nuovamente
quella richiesta, Daniela smise di frequentare la parrocchia e perfino di
pregare. Dentro di lei, però, capiva di dover chiedere aiuto a qualcuno. Così,
un giorno, andò a confessarsi da un prete che non conosceva, proprio per sapere
cosa fosse quel “di più” che tanto la preoccupava. A darle pensiero era anche
una sorta di preconcetto verso la vita consacrata: conosceva delle suore,
quelle da cui era andata a scuola, ma le sembravano tutte anziane e fatte con
lo stampino; per questo motivo, si sentiva molto più incline a una
consacrazione laicale. Il sacerdote le suggerì di attendere la conclusione
degli studi superiori; nel frattempo, avrebbe dovuto trovare una guida
spirituale, che lei identificò in una consacrata del Regnum Christi.
Alcuni anni dopo, mentre si trovava in
aeroporto facendo scalo negli Stati Uniti, prima di tornare a casa, fece un
incontro sconcertante. Un uomo, accompagnato da sua moglie, le si avvicinò e le
chiese: «Hai la vocazione?». Riecco quella parola terribile! «Perché?», domandò
lei. «Si vede dai tuoi occhi», ribatté l’altro, che, dopo essersi allontanato,
tornò con un libro in mano, intitolato Quattro del pomeriggio. Nel
viaggio di ritorno, Daniela non dormì, intenta com’era a leggere quelle pagine.
Per comprendere meglio la vita delle
consacrate del suo Movimento, accettò di partecipare a un campo estivo per
ragazze a Roma, prolungando la sua permanenza per un mese in più rispetto a
quanto aveva previsto: era già lì, infatti, per accompagnare i genitori nella
loro seconda luna di miele. Dal campo passò, in breve tempo, a seguire invece
la stessa vita di alcune ragazze in fase di discernimento.
La strada sembrava delinearsi, ma
rimaneva il problema dello studio. Lei voleva diventare medico, ma gli anni di
università in Messico, per quella facoltà, erano troppo lunghi. Aveva anche
preso a frequentare un ragazzo, ma aveva paura di rivelargli che probabilmente
avrebbero smesso di vedersi. «Quell’esperienza mi è servita per capire che le
persone sono un dono», ha chiarito: «Spesso ci sembra che Dio sia lontano da
noi, ma c’è sempre un amico, un genitore, una persona fidata accanto a noi».
Il momento decisivo avvenne durante un
pellegrinaggio a Siena, visitando la chiesa di San Francesco, dove sono
conservate le “Sacre Particole” rimaste fresche e incorrotte dopo un furto
sacrilego. Di fronte a quel segno così straordinario, la ragazza riconobbe che
in tutti quegli anni il Signore aveva avuto una pazienza senza limiti nei
riguardi di lei, che invece ne possedeva ben poca. A quel punto, non restava
che dirgli di sì.
La reazione del suo fidanzato la
sorprese positivamente. Per prima cosa, promise che avrebbe pregato per lei,
poi aggiunse: «Se devi fare la consacrata, sii la miglior consacrata possibile:
sarà un segno che io per primo avevo scelto bene!». Ammirevole, rispetto a
storie diverse finite sui giornali non molto tempo fa.
Nel 2008, quindi, Daniela ha
pronunciato i primi voti. Pochissimo tempo dopo la celebrazione, tutto il
movimento e il suo ramo sacerdotale, i Legionari di Cristo, furono spiazzati da
una scoperta terribile: il fondatore, padre Marcial Maciel Degollado, morto il
30 gennaio di quell’anno, aveva una doppia vita. Quando sua madre lo seppe, le
telefonò, ma la notizia era già arrivata, come prevedibile. Il suo consiglio fu
di continuare: Dio avrebbe fatto uscire qualcosa di meglio da quella situazione
difficile.
Dopo quattro anni di studio e
formazione a Madrid, Daniela è stata destinata a Milano. Attualmente risiede
presso la parrocchia di san Gottardo al Corso, dove collaborano a tempo pieno
anche alcuni Legionari di Cristo, insieme ad altre tre consacrate. Si occupa
prevalentemente della pastorale giovanile, mentre le altre seguono l’oratorio e
varie attività.
Decisamente, la sua visione della vita
consacrata è cambiata rispetto ai suoi preconcetti adolescenziali, ma solo
perché l’ha vista dal di dentro. Ora sa che le suore non sono tutte brutte e
vecchie e, allo stesso tempo, che stare nel mondo in spirito di apostolato è un
segno grande, per annunciare agli uomini che vivere alla presenza del Signore è
davvero qualcosa che appaga.
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