Don Giustino Russolillo, il parroco che mirava alla santità (sua e degli altri)

Fonte

Chi è?

Giustino Russolillo nacque a Pianura, oggi quartiere occidentale di Napoli, ma in quel tempo Comune autonomo, il 18 gennaio 1891. Era il terzo dei dieci figli di Luigi Russolillo, muratore, e di Giuseppina Simpatia, casalinga.
A 10 anni entrò nel Seminario della diocesi di Pozzuoli, dopo aver sperimentato in prima persona le difficoltà cui può andare incontro un giovane che desideri diventare prete, ma non ne ha i mezzi. Per questo motivo promise solennemente al Signore, proprio nel giorno della sua ordinazione sacerdotale, il 20 settembre 1913, che avrebbe fondato un’opera per aiutare i giovani e i ragazzi in tal senso. Sette anni dopo prese possesso della parrocchia di San Giorgio Martire nella sua Pianura, che resse per trentacinque anni.
Il 18 ottobre 1920 diede vita alla Società Divine Vocazioni (o Padri Vocazionisti) con alcuni dei ragazzi più motivati che già l’avevano seguito in una precedente esperienza di vita comunitaria. Il 2 ottobre 1921, invece, fu l’inizio delle Suore delle Divine Vocazioni (o Suore Vocazioniste), formate da alcune ragazze alle quali faceva da direttore spirituale. Ipotizzò anche un Istituto secolare femminile, sorto dopo la sua morte come Apostole Vocazioniste della Santificazione universale. Tutti e tre i rami mirano a far conoscere ai fedeli la prima e fondamentale chiamata, quella alla santità di vita, non vista come un obiettivo irraggiungibile, bensì una via attraverso la quale uniformarsi alla Santissima Trinità.
Prolifico scrittore e predicatore, morì per una forma di leucemia il 2 agosto 1955, sessant’anni fa. È stato beatificato il 7 maggio 2011 a Napoli. I suoi resti mortali riposano nella cripta della chiesa del Centro Don Giustino – Vocazionario* “Deus Charitas” a Napoli, nel quartiere di Pianura.

*Il Vocazionario è l’opera caratteristica dei Vocazionisti. Si tratta di un centro dove i giovani vengono aiutati gratuitamente a valutare la propria chiamata. Quello di Pianura è il primo, istituito dallo stesso don Giustino inizialmente nei locali della canonica di San Giorgio.

Cosa c’entra con me?

Tutto comincia nel 2007, quando, come raccontavo, ho partecipato al Convegno Giovani delle Suore di Maria Bambina e ho fatto amicizia con una ragazza, che nel giro di pochissimo mi aprì il suo cuore: voleva farsi religiosa. Una volta tornata a casa, chiese aiuto alle suore che conosceva, ma ricevette un rifiuto dopo l’altro.
Una sera dell’anno dopo, ho ricevuto una telefonata da lei: aveva deciso di partire per il Sud o per Roma. Quando le ho chiesto perché, mi ha risposto che aveva incontrato, nella sua parrocchia, un sacerdote che vi prestava servizio pastorale. Si è sfogata con lui, poi si è sentita rispondere qualcosa come: «Ma io faccio parte di una congregazione che segue proprio i casi come il tuo!». Il bello è che lei ignorava che fosse un religioso! In ogni caso, mi disse che il suo interlocutore apparteneva ai padri Vocazionisti, che avevano anche un ramo femminile, il quale però ha case solo nel Meridione o nella capitale.
Sulle prime, sono stata un po’ guardinga: ricordavo infatti il consiglio di una suora, che mi suggerì di diffidare di famiglie religiose o simili che non fossero attive minimo da cent’anni (e lei faceva parte delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, che di lì a poco avrebbero festeggiato il bicentenario dalla fondazione...). Appena ho avuto un computer connesso a Internet sottomano, ho cercato di saperne di più. Il primo risultato, o comunque uno dei primi, era una scheda di santiebeati, che qualificava come Venerabile il fondatore dei Vocazionisti. Non ricordo se lei mi avesse detto che si chiamava Giustino Russolillo o meno, per essere sincera. Da una rapida lettura, avevo riscontrato che le suore erano in piedi da circa ottant’anni: questo, unito al fatto che le virtù eroiche del fondatore erano state approvate, mi sembrava una buona garanzia.
Quando si trovava nella Casa Madre delle Vocazioniste a Pianura, sono andata a trovarla coi miei familiari, cogliendo l’occasione per visitare la tomba del Venerabile (ancora per poco, dato che il miracolo per sua intercessione era ancora sotto esame) don Giustino. In quella circostanza è avvenuto un fatto singolare: dato che, come dicevo prima, la tomba si trova nella cripta della chiesa del Vocazionario, per arrivarci bisogna scendere una piccola rampa di scale a chiocciola. Alle pareti erano appese delle stampe con i ritratti di alcuni santi, che riuscivo a riconoscere tutti, tranne quello posizionato proprio in corrispondenza delle scale; l’unica cosa sicura era che si trattava di una donna.
Mi ero sporta per cercare di osservare bene i suoi attributi iconografici, quando mi sono sentita mancare la terra da sotto i piedi: contemporaneamente, il laccio della macchina fotografica che avevo con me si era attorcigliato al corrimano. La mia amica e la novizia che era con lei si sono precipitate a vedere cosa fosse successo e sono rimaste sorprese nel vedermi con gli occhi sbarrati, ma in piedi dopo aver saltato i primi gradini. Appena mi sono calmata, sono scesa con loro due in cripta, ma la mia preghiera non fu per loro, bensì per ringraziare don Giustino dello scampato pericolo.
Dopo aver partecipato alla beatificazione del 7 giugno 2011 e aver avuto un’ulteriore esperienza in una casa filiale, la mia amica ha cambiato strada. Dal canto mio, sentivo che dovevo tornare a Pianura, ma senza dire che la conoscevo, o avrei rischiato una tremenda figuraccia.
Ci sono andata di nuovo due anni fa esatti, insieme a mia madre e a una zia. Stavolta mi sono fatta spiegare chi fosse la santa misteriosa (Caterina da Siena, nel giorno della cui festa, il 30 aprile 1920 – attualmente è il 29 – riprese la vita comune nel primitivo Vocazionario), sono stata attenta nello scendere i gradini e ho pregato davvero per tutte le vocazioni che mi sono state affidate. Per me stessa, invece, ho chiesto la grazia di capire davvero cosa significhi la vita come vocazione, come ripete costantemente il mio Arcivescovo, così che, una volta che l’avrò afferrato, io non mi volti indietro come la mia povera amica.
Da quello che ho letto e che mi è stato raccontato da lei, mi sono fatta l’idea che l’opera vocazionista è purtroppo poco conosciuta, specie qui al Nord. Solo i Padri hanno una casa dalle mie parti, dove mi sono trovata a passare in occasione del 25° di Messa di un prete che conosco. Con la mia solita faccia di tolla, ho attaccato bottone con uno dei concelebranti, che mi pareva essere un Vocazionista e ho avuto conferma delle mie supposizioni. Il giovane, indiano d’origine, mi ascoltava con gli occhi spalancati mentre gli raccontavo che per me don Giustino è un potente intercessore anche per la mia attuale situazione e, soprattutto, che condivido con lui l’aspirazione alla santità di vita.

Il suo Vangelo

Per il Beato Giustino essere santi non consiste nel vivere con gli occhi fissi al cielo in un’espressione stereotipata – la famosa “faccia da immaginetta” spesso menzionata dal Papa – o presumendo che sia qualcosa di calato dall’alto, come nei filmati di Padre Maronno, che già citavo qui. Per usare un paio di termini tipici della sua spiritualità, è una continua “ascensione”, a tratti faticosa, compiuta dall’anima, che così diventa “sposa” della Trinità ed entra nella relazione che intercorre tra le tre Persone che la compongono, pronta a incarnarla nelle piccole relazioni quotidiane.

Liricamente come nel suo stile, così lui chiedeva al Signore di potersi esercitare in quel difficile compito, in un testo inserito nel Devozionale, il manuale di preghiera dei Vocazionisti (cito dall’edizione del 2012, pp. 108-109):

Non dico che ti amo, ma  io ti adoro, o Dio creatore, o Dio salvatore, o Dio santificatore, degno per te stesso di essere infinitamente amato!

Come somiglianza e immagine della tua natura d'amore e relazione d'amore, hai fatto anche me tutta una natura di amore e relazione di amore; così sia sempre tutto in atto di amore e tutto in stato di amore per te, mio tutto!

Se anche alla mia amica non è andata come speravo, sono del parere che tanti altri giovani potranno cogliere l’invito che i Vocazionisti continuano a rivolgere a quanti incontrano e che era il saluto abituale del loro Fondatore: non «Arrivederci» o altro, ma «Fatti santo!».

Per saperne di più

Padre [Ludovico] Caputo e Marisa Patarino, Beato Giustino Maria della SS. Trinità Russolillo. Sacerdote – Parroco – Fondatore, Editions Du Signe 2011, pp. 66.
Una rapida presentazione della sua vita e dei capisaldi della sua spiritualità. Si può richiedere ai Vocazionisti o scaricare gratuitamente da qui.

Roberto Italo Zanini, Il santo parroco di Pianura. Don Giustino Russolillo, Edizioni San Paolo 2012, pp. 178, € 12,00.
Biografia più ampia, di taglio divulgativo, che rivela aspetti poco noti anche a chi lo conosce già.

Su Internet


Commenti

Post più popolari