I veggenti di Fatima – Tre immagini di Cristo col cuore di Maria (Cammini di santità 10)

La foto più famosa dei Pastorelli:
da sinistra, Lucia, Francesco e Giacinta (fonte)
Quando il direttore di Sacro Cuore VIVERE mi ha indicato che, per il numero di giugno, avrei dovuto occuparmi dei tre pastorelli di Fatima, nel centenario delle apparizioni mariane in quel luogo, mi sono domandata quale chiave di lettura potessi trovare. Penso proprio che la Madonna mi sia venuta incontro, facendomi scoprire, tra le ultime uscite librarie, Fatima – Profezia e teologia, di don Franco Manzi.
Mi sento quindi estremamente debitrice delle intuizioni teologiche di quell’autore (segnalo una sua intervista a riguardo), che ho ampiamente adoperato per l’articolo. Come dicevo, uscirà il mese prossimo, ma sento di doverlo anticipare qui oggi, per unirmi al rendimento di grazie che sale da tutta la Chiesa per il dono costituito dagli eventi e dal messaggio di Fatima.
* * *
È il 13 agosto 1917. Da alcuni mesi si è sparsa la voce che alla Cova da Iria, non molto lontano da Fatima, in Portogallo, tre pastorelli, Giacinta e Francesco Marto e Lucia Dos Santos, hanno visto la Madonna. Tuttavia, quel giorno i bambini non sono lì: sono stati prelevati con un inganno dalle loro case dal sindaco di Vila Nova de Ourém e condotti in prigione.
Nel carcere, Giacinta scoppia a piangere per la paura e rivela a Lucia: «Io vorrei almeno vedere la mamma». Francesco, che è suo fratello, la incoraggia: «Sarebbe peggio se la Madonna non tornasse più». Poi tutti e tre, seguiti dagli altri carcerati, pregano il Rosario.


Giacinta, come Gesù sofferente


Giacinta è la più piccola dei tre: all’epoca delle apparizioni ha sette anni. È dotata di un carattere buono e vivace, ma alle volte tiene il broncio, quando le cose non vanno per il verso giusto. Da quando la Madonna, e ancora prima l’Angelo della pace, si sono manifestati a lei e agli altri, compie notevoli progressi a livello spirituale. In particolare, hanno presa su di lei i ripetuti inviti della Vergine alla penitenza e alla riparazione per i peccatori.
Così, insieme agli altri, inizia a fare piccoli sacrifici: si priva della merenda, oppure rinuncia a bere, certa di farlo per amore di Gesù e per la conversione dei peccatori. Nell’ottobre 1918 si ammala, insieme a Francesco, dell’influenza detta “spagnola”: è ormai pronta a coglierla come occasione da offrire a Gesù per consolarlo. Ad esempio, una volta confida a Lucia, venuta a trovarla: «Ogni giorno sento maggiore ripugnanza per il latte e per il brodo, ma non dico niente e prendo tutto per amore di Nostro Signore e del Cuore Immacolato di Maria».
Offre anche il dolore per la morte di Francesco, a cui raccomanda: «Porta tanti saluti da parte mia a Nostro Signore e alla Madonna e di’ loro che soffro tutto quanto desidereranno per convertire i peccatori». Viene poi trasferita a Lisbona per una pleurite purulenta: il 10 febbraio le vengono asportate due costole. Muore dieci giorni dopo, da sola, come le aveva anticipato la Madonna stessa in un’altra visione, ma non ha paura: sa che lei è venuta a prenderla per portarla in cielo.


Francesco, come Gesù nascosto


Francesco, a differenza della sorella, ha un’indole più riflessiva, che le apparizioni hanno contribuito a orientare verso la contemplazione. Di fatto, solo Giacinta e Lucia possono sentire le voci dell’Angelo e della Madonna, ma lui non protesta mai né fa domande perché non gli è stato concesso questo dono.
Spesso le altre pastorelle lo sorprendono a «pensare», come dice lui: in realtà, è completamente preso dal pensiero delle realtà soprannaturali, tanto da essere rimproverato perfino durante il catechismo. Lui però tace, come anche di fronte alle accuse del suo maestro di scuola o a quelle ricevute durante gli interrogatori.
Proprio per le sue “distrazioni” gli viene impedito di ricevere la Prima Comunione, ma in un certo senso è come se l’avesse già fatta, quando l’Angelo della pace ha dato da bere a lui e a Giacinta il calice, durante la terza visione. La sua attrattiva per l’Eucaristia, anzi, per «Gesù nascosto» – un’altra sua tipica espressione – da allora cresce sempre più.
Colpito pure lui dalla “spagnola”, si dispone a offrire tutto per Gesù e per la Madonna. Quando la morte si avvicina, domanda a Lucia se l’ha mai visto fare qualche peccato e le chiede di andare da Giacinta con la stessa richiesta. Dopo aver udito le risposte, commenta che ha davvero commesso quelle colpe e si dispone a ricevere la sua prima e unica Comunione: muore il 4 aprile 1919, a undici anni non ancora compiuti.


Lucia, come Gesù obbediente


Quanto a Lucia, soffre molto per la perdita dei cugini, ma ha una consolazione grande, motivata dalla missione che la Madonna le ha affidato: diffondere la devozione al suo Cuore Immacolato e chiedere al Papa di consacrare a Lei la Russia. Guidata tramite successive apparizioni, prima da suora Dorotea, poi da Carmelitana scalza, comprende che il suo compito è difficile, ma lo compie instancabilmente, soprattutto tramite le numerose lettere al direttore spirituale, padre José Bernardo Gonçalves, ma anche ai Papi.
Sempre docile alla voce delle autorità ecclesiali, a più riprese racconta gli eventi di cui è stata compartecipe, senza mai cambiare una virgola o un’espressione, aiutata in questo da un’incredibile capacità mnemonica, anche in tarda età. L’unico punto su cui non cede è la consacrazione della Russia, che ritiene soddisfatta solo da san Giovanni Paolo II, con l’atto di consacrazione del 24 marzo 1984.
A volte è presa dai dubbi e chiede che la sua situazione sia analizzata con più cura: «Mi assalgono ora, più che mai, i timori di essermi lasciata illudere dalla mia fantasia; e che può darsi il caso ch’io parli con me stessa, quando interiormente credo di parlare con Dio. O che sia vittima di qualche illusione diabolica, e che così stia ingannando lei, Padre, e la santa Chiesa». La sua onestà, tuttavia, traspare quando lei dichiara i propri limiti di comprensione di fronte al grande messaggio di cui resta portavoce – lasciando l’interpretazione alla Chiesa – fino alla morte, avvenuta il 13 febbraio 2005, a quasi cent’anni d’età.


Il loro messaggio comune


La testimonianza complessiva dei tre veggenti di Fatima va al di là della semplice rassegnazione al dolore e alle prove piccole o grandi. Sin dalle prime apparizioni, è forte in loro il desiderio di offrire qualcosa al Signore, ma con gioia e, come direbbe l’autore della lettera agli Ebrei, con docilità.
Perfino le sofferenze fisiche che scelsero di provocarsi, come stringersi una corda alla cintura o sfregarsi le gambe con dell’ortica, erano colte da loro come occasioni per completare, nelle loro piccole persone, quanto Gesù ha sofferto a vantaggio di tutta la Chiesa, imparando ad avere i Suoi stessi sentimenti.
Il loro amore per Dio e per gli altri si è diffuso nel mondo e ha portato all’apertura dei loro processi di beatificazione. Suor Lucia è ancora Serva di Dio, mentre i suoi cugini sono stati beatificati nel 2000. Il 13 maggio scorso papa Francesco li ha canonizzati a Fatima tra la gioia incontenibile di centinaia di migliaia di persone: Francesco e Giacinta sono diventati, quindi, i più giovani santi non martiri della storia della Chiesa.


Pubblicato su «Sacro Cuore VIVERE», giugno 2017, pp. 16-17 (consultabile qui).

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