Una vita d’amore – La Beata Laura Vicuña (Cammini di santità #17)
Ritratto
tradizionale di Laura,
dipinto nel 1942 da Mario Caffaro Rore (fonte) |
Come
già dicevo, la collaborazione con Sacro
Cuore VIVERE, la rivista dell’Opera Salesiana del Sacro Cuore di Bologna e
dell’annesso santuario, ha comportato che io scrivessi anche di personaggi
appartenuti a vario titolo alla Famiglia Salesiana. Lo scorso giugno è toccato
alla Beata Laura Vicuña, di cui avevo già raccontato qui in maniera più
personale.
Per
trovare gli aspetti più significativi del suo percorso spirituale, mi è
sembrato naturale chiedere alle Figlie di Maria Ausiliatrice della mia città,
che mi hanno prestato un libro più ampio di quelli che già avevo. Come già
facevo durante la stesura, dedico l’articolo a loro, ai loro allievi e alle
ragazze che si preparano a diventare a loro volta suore nella loro
congregazione, fatto che a Laura, purtroppo, non fu concesso.
* * *
Junín de los Andes, Argentina, 22
gennaio 1904. Sono
circa le cinque di pomeriggio. Una donna, Mercedes Pino, entra di corsa nella
stanza dove una delle sue figlie, Laura, è in fin di vita per una malattia che
i medici non riescono a fermare. «Figlia mia, mi lasci così?», domanda tra le
lacrime.
La
risposta della bambina la raggela: «Mamma, io muoio! Io stessa l’ho chiesto a
Gesù. Sono quasi due anni che gli ho offerto la vita per te, per ottenere la
grazia del tuo ritorno alla fede. Mamma, prima della morte non avrò la gioia di
vederti pentita?». Mercedes cade in ginocchio ai piedi del letto e promette
alla figlia che, il giorno dopo, andrà a confessarsi. Laura chiede al sacerdote
che le ha amministrato i Sacramenti dei moribondi, don Zaccaria Genghini, di
essere testimone del giuramento. Alla fine, sollevata, esclama col suo ultimo
respiro: «Grazie, Gesù! Grazie, Maria! Ora muoio contenta!».
Piccola migrante
Laura
del Carmen Vicuña, questo il suo nome completo, nasce il 5 aprile 1891 a
Santiago del Cile. Il padre, José Domingo, ex capitano dell’esercito, sparisce
presto dalla vita della bambina. Mamma Mercedes insieme a Laura e all’altra
figlia nata l’anno successivo, Julia Amanda, si trasferisce per qualche anno a
Temuco, dove ha un piccolo negozio. Laura l’aiuta come può, servizievole e
allegra. Qui conosce un gruppo di suore Figlie di Maria Ausiliatrice che
vogliono andare in Argentina per impiantare una scuola e un collegio per le
ragazze nella città di Junín de los Andes.
Nel
1899 la sua famiglia emigra in Argentina: attraversa la catena montuosa della
Cordigliera delle Ande, accompagnata, nell’ultimo tratto, da un commerciante e
allevatore di bestiame, un certo Manuel Mora. Per qualche tempo Mercedes e le
figlie vivono nella “estancia” (fattoria) di Mariano Fosbery, capitano
dell’esercito, ma agli inizi del 1900 si stabiliscono proprio nella città di
Junín de los Andes. È allora che mamma Mercedes accetta di andare a vivere da
Manuel Mora, come donna di servizio.
Il
21 gennaio 1900, Laura e Amanda sono accompagnate dalla madre nell’istituto
delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Laura si ambienta quasi subito, a
differenza di Amanda. Sentono entrambe il distacco dalla madre, ma Laura è
incuriosita dal nuovo ambiente e dai volti sorridenti delle suore. Ha nove anni
e subito si mostra attiva e desiderosa d’imparare: in breve si dimostra una
delle allieve migliori, sia per il comportamento sia per il profitto.
«Pazzerella» per Gesù
Suor
Angela Piai, direttrice del collegio, annota a proposito di lei: «Fin dai primi
giorni al collegio, si notava in lei una capacità di giudizio superiore alla
sua età e una spiccata inclinazione alla religione. Il suo cuore innocente
trovava pace e serenità solo in Dio e nella sua devozione, per quanto si
trattasse di una bambina, era seria e sincera, senza affettazione né esagerazione».
Per Laura, gli aspetti della vita non sono separati gli uni dagli altri: «Per
me pregare o lavorare è la medesima cosa; è lo stesso pregare o giocare,
pregare o dormire», afferma. «Facendo quello che comandano, compio quello che
Dio vuole che io faccia, ed è questo che io voglio fare; questa è la mia
migliore orazione».
Insieme
alle compagne, Laura impara non solo a leggere, scrivere e far di conto, ma
anche le verità della fede e le faccende domestiche. La sua migliore amica è
Mercedes Vera, detta Merceditas: insieme condividono sogni, progetti e tante
piccole mortificazioni. Ha anche un rapporto d’amicizia speciale con Félix de
Valois Ortiz, un chierico salesiano, che compie il suo tirocinio nel collegio
maschile adiacente a quello femminile. A lui confida il motivo per cui ha
iniziato a firmare i suoi compiti di scuola come «la pazzerella di Gesù»: una
compagna, che non apprezza i suoi slanci di amore per Dio, le ha dato della
pazza. «È vero, sono la pazzerella di Gesù, ed è per questo che alcune trovano
strani certi miei modi di fare», commenta.
Con la Madonna e san Domenico Savio, per
resistere al male
Il
suo modello preferito, tra i Santi di cui legge le vite, è Domenico Savio.
Un’eco della sua ammirazione per quel giovane allievo di don Bosco si vede nei
propositi che Laura scrive la sera dopo la sua Prima Comunione, il 2 giugno
1901: «O mio Dio, voglio amarti e servirti per tutta la vita; perciò ti dono la
mia anima, il mio cuore, tutto il mio essere. Voglio morire piuttosto che
offenderti col peccato; perciò intendo mortificarmi in tutto ciò che mi
allontanerebbe da te. Propongo di fare quanto so e posso perché tu sia
conosciuto e amato, e per riparare le offese che ricevi ogni giorno dagli
uomini, specialmente dalle persone della mia famiglia. Mio Dio, dammi una vita
di amore, di mortificazione, di sacrificio».
L’8
dicembre successivo, viene ammessa nell’Associazione delle Figlie di Maria,
anche se è ancora molto piccola. Da allora, il nastro azzurro da cui pende una
medaglia di Maria Ausiliatrice diventa il suo più grande tesoro, il segno che
le ricorda costantemente di non essere da sola, ma di avere una Madre nei
cieli. Quanto a quella sulla terra, donna Mercedes, continua a vivere con
Manuel Mora, abusata e trattata come una schiava.
Nei
periodi di vacanza, anche Laura è oggetto di attenzioni indebite da parte
dell’uomo: con una fermezza che lo lascia interdetto, lo respinge
costantemente. A causa di questo, Mora non vuole pagare più la retta del
collegio per le due bambine, ma la direttrice le accoglie ugualmente e
gratuitamente.
L’offerta si compie
Ancora
di più, soffre nel vedere che la madre non riceve l’Eucaristia né il giorno
della sua Prima Comunione, né il 29 marzo 1902, quando le viene amministrata la
Cresima. Durante una lezione di catechismo, quando la suora incaricata aveva
spiegato il sacramento del Matrimonio, Laura capì che la madre era in una
situazione di peccato: rimase tanto sconvolta da cadere svenuta.
Col
tempo, capisce di dover fare qualcosa di più, oltre ai sacrifici che si è
volontariamente imposta e alle prove cui va incontro. Decide quindi di parlare
con don Augusto Crestanello, il suo confessore, e gli rivela la sua intenzione:
vuole offrire la sua vita per ottenere la conversione di sua madre. Il
sacerdote prende tempo, poi, sul finire del mese di maggio, le dà il suo
assenso. Laura corre ai piedi dell’altare della cappellina del collegio e
compie la sua offerta.
Nessuno,
all’esterno, sembra accorgersi di nulla: anzi, sembra che lei sia ancora più
attenta e fedele ai suoi compiti. Solo la salute comincia a declinare: ha
dolori al torace e una tosse che non le dà tregua. Sembra riprendersi nei mesi
estivi, che passa insieme alle suore, ma un’inondazione che danneggia il
collegio ha ripercussioni anche sul suo fisico.
Donna
Mercedes viene a prenderla e, all’inizio di novembre, lascia il Mora e si
stabilisce con le figlie in una piccola casa. Dalla metà del gennaio 1903 Laura
è costretta a letto. Si alza un’ultima volta, quando Manuel Mora minaccia sua
madre di riportare lei e le bambine nella sua residenza: fa per uscire in
strada, ma viene picchiata fino a perdere le forze. Da allora, 16 gennaio, non
si alza più. Riceve le visite delle compagne, del chierico Ortiz e del padre
spirituale. Lascia le ultime raccomandazioni alla sorella Amanda e, infine,
rivela alla madre di essersi offerta per lei. Quando muore, Laura ha tredici
anni meno tre mesi.
Il
santo Papa Giovanni Paolo II l’ha dichiarata Beata il 3 settembre 1988. Sulla
sua tomba, nella cappella del collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice a
Bahía Blanca (Argentina). è scritto: «Qui dorme nel Signore Laura Vicuña, fiore
eucaristico di Junín de los Andes. La sua vita fu un poema di purezza, di
sacrificio e di amore filiale. Imitiamola».
Commenti
Posta un commento