Dante Alighieri, pellegrino e cantore dell’eterna Luce

Giotto e scuola, ritratto di Dante, 
cappella della Maddalena, Museo del Bargello,
Firenze (fonte)


Chi è?

 

Durante (di cui Dante è forma accorciata e familiare), figlio di Alighiero di Bellincione di Alighiero e di Bella, nacque a Firenze nel 1265, tra il mese di maggio e quello di giugno. Apparteneva a una famiglia della piccola nobiltà cittadina, ormai decaduta.

Probabilmente studiò grammatica e filosofia dai francescani della basilica di Santa Croce, mentre intorno al 1287 si trovava a Bologna per approfondire gli studi di retorica. Iniziò a comporre poesie verso i diciott’anni, associandosi a quel gruppo di giovani poeti che, in contrapposizione con il modo di poetare dei predecessori, ma anche dei verseggiatori popolari, aveva instaurato un nuovo stile, poi detto “dolce stil novo”.

Il suo primo sonetto databile è in onore di Beatrice, sotto la quale la critica ormai riconosce unanimemente la persona storica di Bice di Folco Portinari, sposata a Simone de’ Bardi e morta l’8 giugno 1290. Per ricordarla, Dante mise insieme alcuni componimenti, collegandoli col racconto del suo amore per lei, nella Vita nuova. Si dedicò anche alla filosofia, senza interrompere le rime d’amore. Verso il 1285 sposò Gemma di Manetto Donati, cugina di Corso e di Forese (quest’ultimo fu poeta e rivale di Dante), dalla quale ebbe di sicuro tre figli.

Per partecipare alla vita politica di Firenze nel partito dei Guelfi bianchi, s’iscrisse all’Arte liberale dei Medici e Speziali, forse per via dei suoi interessi filosofici. Ebbe vari compiti, ma tenne il più importante dal 15 giugno al 15 agosto 1300: fu infatti tra i Priori, ovvero la massima magistratura del Comune di Firenze, i quali cercavano di difendere l’autonomia della città dalle mire di papa Bonifacio VIII.

Nel 1301, mentre quest’ultimo lo tratteneva presso di sé in un’ambasceria a Roma, i Guelfi Neri s’impadronirono di Firenze, iniziando una persecuzione politica contro la parte a loro avversa. Dante fu quindi condannato a due anni di esilio e al pagamento di una pesante multa, oltre all’interdizione dai pubblici uffici. Nel corso del suo esilio compose il De vulgari eloquentia e il Convivio, opere più impegnative, come anche la Monarchia, nella quale concentrò il proprio pensiero politico.

Soprattutto, intorno al 1306, cominciò a porre le basi della Commedia, poema in tre cantiche nel quale immagina di viaggiare attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, guidato prima dal poeta latino Virgilio, poi dall’amata Beatrice e, infine, da san Bernardo di Chiaravalle.

Negli ultimi anni della sua vita si dedicò interamente a concludere la Commedia, ospite di Guido Novello da Polenta, signore di Ravenna. Morì in quella città nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. La sua tomba si trova in un’apposita cappella situata presso la basilica di San Francesco a Ravenna.

 

Cosa c’entra con me?

 

Il mio primissimo contatto con l’opera di Dante è arrivato quando avevo più o meno sei anni, tramite una puntata de I Cavalieri dello Zodiaco: in quello che gli appassionati di questa serie animata giapponese conoscono come il “doppiaggio storico” erano infatti presenti molti echi letterari, quasi a rimarcare l’epicità già presente nella narrazione originale (allo stesso doppiaggio mi rifaccio riportando i nomi dei personaggi).

Insomma, nella puntata 30 il protagonista Pegasus rispondeva alla nemica Tisifone dichiarando: «Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole», come a dire che doveva rispettare il volere della dea Atena e proteggere la sua attuale incarnazione a costo della propria stessa vita. Mia sorella, che proprio in quel periodo stava iniziando a studiare l’Inferno, mi riferì che era una citazione tratta da lì.

Incuriosita da quel racconto, iniziai a sfogliare la sua copia della Divina Commedia, più o meno come mi era capitato di fare con la sua Eneide. Tuttavia, a differenza di quella, non mi attrasse per nulla, perché era del tutto priva d’illustrazioni. Non aveva neppure un apparato di note, perché non si trattava di un’edizione scolastica.

Un paio d’anni dopo, ormai in terza elementare, la mia maestra d’Italiano iniziò a far conoscere a me e compagni i principali poeti italiani, ai quali avrebbe dedicato lezioni speciali, che dovevamo riprendere su di un apposito quaderno ad anelli. Cominciò proprio da Dante, facendoci imparare a memoria i versi 82-99 del Canto III dell’Inferno, che tra l’altro contenevano la prima occorrenza di quella frase sentita nel cartone animato.

In attesa di poter studiare più compiutamente l’opera dantesca, apprezzai moltissimo la parodia a fumetti realizzata da Marcello Toninelli per Il Giornalino, tanto da procurarmi la prima edizione monografica e integrale (dato che il fumetto era pubblicato sul settimanale per ragazzi della San Paolo, l’autore aveva cambiato a monte alcune strisce e omesso i dettagli anatomici dei dannati), qualche anno dopo.

Alle medie cominciai a capire che Dante aveva scritto altro a parte il grande poema e, soprattutto, trovai particolarmente interessanti le pagine della Vita Nova riguardanti i suoi incontri con Beatrice e come lei l’avesse ispirato.

Al liceo, finalmente, affrontai la Commedia, anche se in modo piuttosto discontinuo, a causa dei cambi di cattedra. Non ereditai il volume di mia sorella, ma presi un’edizione nuova, tranne forse per l’Inferno. Ricordo però che, sul frontespizio del primo volume, disegnai Dante e Virgilio copiando lo stile di Marcello.

Mi dispiacque parecchio non affrontare bene il Purgatorio, mentre apprezzai la scelta, dovuta anche a motivazioni di programma, di far affrontare autonomamente a ciascuno studente uno dei Canti finali del Paradiso, anche grazie agli strumenti tecnologici. In più, nell’elaborato finale da portare alla maturità, scelsi il tema della Profezia: per Letteratura Italiana fu naturale scegliere il Canto XVII, dove l’antenato Cacciaguida anticipa a Dante il suo esilio.

Studiando Lettere all’università, dovetti di nuovo confrontarmi con le tre cantiche, ma al termine di una lezione avvenne un fatto insolito. Il professore, che di suo non era molto simpatico e, con la sua barba nera e gli occhi foschi, sembrava uno dei diavoli torturatori dei dannati, aveva commentato non ricordo più che brano.

Appena ebbe lasciato l’aula alla fine della lezione, alcuni studenti salirono letteralmente alla cattedra e invitarono i colleghi che lo desiderassero a restare, per ascoltare un’interpretazione alternativa del medesimo passo. Già li conoscevo: erano membri di Gioventù Studentesca, grazie ai cui gruppi di studio avevo passato brillantemente gli esami di Lingua e Letteratura Latina.

Non avendo sottomano gli appunti, anche di quell’intervento, non saprei dire di più. Suppongo però che il professore avesse avuto vedute anticlericali, mentre quei giovani, sulla scorta degli insegnamenti di don Luigi Giussani e, ora che lo conosco, mi viene da pensare che forse si appoggiavano anche su quelli di Franco Nembrini, avessero invece difeso l’interpretazione credente di quei versi.

Con il coro della mia parrocchia di nascita, poco prima che cambiassi casa, imparai Vergine Madre, ossia la preghiera che apre il Canto XXXIII del Paradiso, messa in musica senza parafrasi da monsignor Marco Frisina per l’omonimo album; così ho finito per sapere a memoria anche quei versi. Ho poi ascoltato con molto interesse le serate di Roberto Benigni e del già citato Nembrini, ma non ricordo granché.

Ammetto che la mia cultura dantesca si ferma più o meno lì, per cui ho colto con molto favore l’idea di assegnare al 25 marzo di ogni anno il nome di DanteDì e di promuovere la conoscenza della sua vita e delle sue opere.

Invece pochi mesi fa, visitando la Biblioteca e Pinacoteca Ambrosiana, ho potuto dare una sbirciata al Giardino degli Spiriti Magni, ossia quel cortile in cui monsignor Giovanni Galbiati, Prefetto dell’Ambrosiana dal 1924 al 1951, volle che venissero onorati con delle statue alcuni grandi uomini del passato, ovviamente incluso Dante e riprendendo l’idea per la quale, nel Canto IV dell’Inferno, immagina che nel Limbo si trovino poeti e sapienti dell’antichità, i quali non possono andare oltre quella zona solo perché sono nati prima dell’incarnazione di Gesù.

L’idea di parlare di lui qui mi è venuta proprio allora, ma ha avuto una spinta notevole quando ho letto l’intervista in cui il cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (e già Prefetto dell’Ambrosiana), anticipava che proprio oggi papa Francesco avrebbe fatto uscire una Lettera Apostolica in occasione del settecentesimo anniversario della morte del Sommo Poeta.

In fin dei conti, su queste pagine non faccio diversamente da lui, che pose in Paradiso figure di cui difficilmente la Chiesa dimostrerà mai l’effettiva santità, ma anche altre che i credenti venerano come Santi. Di fatto, un’altra idea che mi era venuta era comporre le Litanie dei Santi della Divina Commedia, ma mi richiedeva troppo tempo.

 

Il suo Vangelo

 

Al suo poema massimo, alcuni interpreti danno la qualifica di nuova rivelazione, se non di ultimo libro della Bibbia. Di sicuro, l’autore si sentiva investito di una missione profetica, che scuotesse i potenti del tempo e la Chiesa, ravvicinabile sotto certi aspetti all’azione, quasi un secolo dopo, di fra Girolamo Savonarola.

Come fa notare papa Francesco nella Lettera Apostolica Candor lucis aeternae (non ho scritto male nel titolo del post), Dante non è solo un politico o un poeta, ma un testimone che comunica anche all’uomo di oggi la propria continua ascesa verso la perfezione, nella quale non mancano le cadute, ma è sostenuta dalla certezza della presenza di Dio. Aggiungo che questa presenza si rende visibile anche tramite la bellezza delle creature: basti pensare a Beatrice, «venuta di cielo in terra a miracol mostrare», così definita nel sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare.

La citazione di Convivio IV, XII, 14-15 contenuta nella medesima Lettera mi pare sintetizzare con efficacia l’aspirazione di Dante, e di ogni uomo, di ritornare a Dio e vederLo così come Egli è:

«Lo sommo desiderio di ciascuna cosa, e prima da la natura dato, è lo ritornare al suo principio. E però che Dio è principio de le nostre anime […], essa anima massimamente desidera di tornare a quello. E sì come peregrino che va per una via per la quale mai non fue, che ogni casa che da lungi vede crede che sia all’albergo, e non trovando ciò essere, dirizza la credenza a l’altra, e così di casa in casa, tanto che a l’albergo viene; così l’anima nostra, incontanente che nel nuovo e mai non fatto cammino di questa vita entra, dirizza gli occhi al termine del suo sommo bene, e però, qualunque cosa vede che paia in sé avere alcuno bene, crede che sia esso».

«Cammino di questa vita»: quasi le stesse parole con cui, tempo dopo, aprirà la Commedia che ora noi chiamiamo Divina.

 

Per saperne di più

 

Giorgio Inglese, Vita di Dante – Una biografia possibile, Carocci 2018, pp. 190, € 15,00.

Una ricostruzione della sua vita basata sui dati autobiografici disseminati nelle sue opere.

 

Franco Nembrini, In cammino con Dante, Garzanti Libri 2017, pp. 280, € 16,00.

Uno dei più noti divulgatori danteschi in ambito cattolico e non solo (ora che ci penso, forse i miei compagni di Gioventù Studentesca si rifacevano alle sue interpretazioni) ha presentato la Commedia nella trasmissione Nel mezzo del cammin su TV 2000: da quell’esperienza nasce questo libro.

 

Carlo Ghidelli, Pregare con la Divina Commedia, Cittadella 2012, pp. 48, € 2,00.

Secondo il vescovo emerito di Ortona-Lanciano, Dante è anche un maestro di preghiera: qui spiega perché.

 

Samuele Pinna, Il desiderio di vedere Dio - Amore e misericordia in Dante, If Press 2021, pp. 317, € 25,00.

Una rilettura teologica di alcuni canti della Commedia, per raccontare ciò che muove il personaggio-Dante nel suo viaggio ultraterreno.

 

Marco Santagata, Le donne di Dante, Il Mulino 2021, pp. 412, € 38,00.

La sua vita può essere raccontata anche tramite i legami che ebbe con le donne del suo tempo e con coloro delle quali sentì parlare: così fa uno dei dantisti contemporanei, recentemente scomparso.

 

Su Internet

 

Sito della Società Dante Alighieri

 

Nel cammino di nostra vita – Sotto-rubrica della sezione Cultura del sito Vino Nuovo, a cura di Maurizio Signorile

 

Dantemania – Sito del percorso dal settecentocinquantesimo anniversario della nascita al settecentesimo della morte

 

Viva Dante – Sito del Comitato per le Celebrazioni Dantesche di Ravenna


 

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