Fra Girolamo Savonarola, quasi come gli antichi profeti (Corona d’Avvento dei Testimoni 2019 #1)
Fra’ Bartolomeo, Ritratto di Girolamo Savonarola,
Museo di S.
Marco, Firenze (fonte).
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Girolamo
Maria Francesco Matteo Savonarola nacque a Ferrara il 21 settembre 1452, figlio
di Nicolò Savonarola, notaio, e di Elena Bonaccossi.
Fu avviato alla professione medica come suo nonno Michele, ma dopo aver ascoltato, nell’estate del 1474 a Faenza, un predicatore che commentava la chiamata di Abramo, cominciò a riflettere più attentamente sul proprio futuro.
Il 24 aprile 1475 lasciò la sua casa e la sua città per entrare nell’Ordine dei Predicatori, ovvero i Domenicani, nel convento di San Domenico a Bologna. Due giorni dopo ricevette l’abito religioso, mantenendo il nome di Battesimo. Nel marzo 1476 fu ammesso ai voti religiosi, mentre alla fine del 1477 fu ordinato sacerdote.
Dopo vari anni in cui si occupò della formazione dei giovani frati e della predicazione itinerante, nel 1482 fu inviato al convento di San Marco a Firenze, come “lettore”, ossia professore di Sacra Scrittura. Nel maggio 1487 fu chiamato allo Studium Generale dell’Ordine a Bologna, ma tre anni dopo, per volere di Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico, signore di Firenze, tornò definitivamente a San Marco, che tempo dopo divenne Congregazione [parte dell’Ordine, ndr] autonoma. Nella sua predicazione richiamò i fiorentini alla conversione, ipotizzando anche un nuovo sistema di governo, dopo la morte del Magnifico e la cacciata dei Medici.
L’opposizione contro di lui arrivò anche a papa Alessandro VI, di cui aveva più volte denunciato il comportamento pur senza metterne in dubbio l’autorità. Il Pontefice annullò l’autonomia della Congregazione di San Marco e, il 13 maggio 1497, gli comminò la scomunica, che fra Girolamo contestò apertamente.
L’8 aprile 1497, Domenica delle Palme, fu arrestato durante un tumulto popolare causato dai Compagnacci, ossia la fazione di giovani fiorentini contrari alla sua riforma dei costumi cittadini. Il 23 maggio 1498 fu impiccato in piazza della Signoria, insieme ai confratelli fra Domenico Buonvicini e fra Silvestro Maruffi. I corpi dei tre condannati furono bruciati insieme al patibolo e le loro ceneri sparse nel fiume Arno.
Cosa c’entra con me?
Credo che il mio primo incontro con Savonarola sia accaduto leggendo una biografia per ragazzi di san Filippo Neri: anche se non ne avevo mai sentito parlare prima, mi sorprese vedere che lo teneva in altissima considerazione, tanto – qui l’autrice del libro riferiva un dato su cui altri biografi affermano che non c’è certezza storica – da avere tracciato su un suo ritratto che aveva in casa l’aureola che si conviene ai Santi con la “S” maiuscola.
Anni dopo l’ho studiato sui banchi di scuola, ma non ricordo per nulla come il mio professore di Storia e Filosofia ne avesse parlato. Quel che è certo, sul mio manuale di Storia se ne parlava in termini non del tutto negativi.
Parecchio tempo dopo l’ho ritrovato in una piccola biografia del Beato Piergiorgio Frassati. Quella volta il mio stupore fu ancora maggiore: non capivo perché avesse scelto di professare come terziario domenicano scegliendo il nome di “fra’ Girolamo”, se colui che aveva scelto come modello fu condannato come eretico, o almeno così sapevo.
Ero non di meno perplessa una decina d’anni fa, quando ho ricevuto dal professor Paolo Risso, con cui ero in corrispondenza epistolare (dovrei scrivergli di nuovo, per Natale), un suo libro intitolato Questo giovane profeta: G. Savonarola, edito da Cantagalli e ormai fuori catalogo. Non ricordo se l’avessi letto subito o meno, ma non capivo perché l’autore definiva “martire” il suo protagonista.
Nel corso della mia collaborazione con l’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni, il webmaster mi aveva più volte incoraggiata a rimaneggiare la sua scheda biografica. A lungo ho tentennato, pensando che, se uno volesse avere informazioni su di lui, può leggere qualche studio storico più preciso come, a cercare bene, sul web se ne trovano.
Era un’altra la questione da capire: se davvero per lui fosse in corso una causa di beatificazione e canonizzazione e se fosse per la dimostrazione del martirio o l’accertamento dell’eroicità delle virtù.
Effettivamente, in Rete c’erano tracce che sembravano condurre nella prima direzione: ad esempio, le affermazioni di padre Angelo Bellon sul sito Amici Domenicani, che almeno due volte (qui e qui) lo chiama Venerabile, oppure, rispondendo al quesito di un lettore riguardo la sua scomunica, sostiene che «fin dal primo anno dalla sua morte, senza attendere il giudizio della Chiesa, fu venerato come martire con tanto di Ufficio e di Messa, cosa che tuttora si fa».
Intanto, nella Bibliotheca Sanctorum, la fondamentale enciclopedia sui Santi e i candidati agli altari, era presente una voce dedicata a lui, a firma di padre Tito Sante Centi. Precisamente, è nella Seconda Appendice, datata 2000, alle colonne 1280-1293. Pensavo di rivolgermi a lui, ma ho scoperto che era morto da parecchio.
Quando ho dovuto aggiornare la scheda del Venerabile cardinal Elia Dalla Costa, ho provato a chiedere all’Ufficio Storico della Diocesi di Firenze se sapessero aiutarmi anche per Savonarola. La risposta fu secca: non c’era nulla in corso per lui. Continuavo però a domandarmi perché altri siti dicessero il contrario, come Hagiography Circle, che riporta il numero di protocollo della causa, anche se mancavano le date precise.
Ora, quando scrivo il profilo di un personaggio tengo moltissimo a inserire le tappe della sua causa: secondo la legislazione attualmente in vigore, la data del nulla osta da parte della Santa Sede, quella della sessione di apertura dell’inchiesta (o processo) diocesana e quella della sessione finale, se c’è stata. Questo per limitarmi ai Servi di Dio e senza contare la fase romana.
Per Savonarola, almeno in Rete, non trovavo nulla di ciò o quasi. Il testo di partenza per santiebeati menzionava la data del 30 maggio 1997, poco dopo il quinto centenario della sua morte, come giorno in cui è stata «introdotta» la causa, termine che dovrebbe corrispondere, oggi, all’accettazione del supplice libello da parte del vescovo competente.
Questo articolo dell’archivio di Repubblica riporta che il cardinal Silvano Piovanelli fu il primo arcivescovo di Firenze a celebrare Messa nella Cappella dei Priori di Palazzo Vecchio, dove Savonarola trascorse l’ultima notte della sua vita. Tuttavia, precisò Piovanelli, quello non doveva essere il primo atto della causa, la cui apertura era stata chiesta dal Capitolo Generale dell’Ordine domenicano.
Un’intervista di Saverio Gaeta a don Gianfranco Rolfi, presidente della commissione storica, tratta dal numero 32 del 10 agosto 2003 di Famiglia Cristiana, menziona il «riavvio della causa», anche se, ancora a quella data, mancava il nulla osta. In assenza di quello, ne ho dedotto, non lo si poteva definire Servo di Dio.
Per avere dati ancora più aggiornati, non mi restava che rivolgermi alla Postulazione Generale dei Domenicani stessi, come ho fatto lo scorso marzo. Pensando che il Postulatore Generale fosse impegnato in questioni più urgenti, ho contattato il suo vice, che ha risolto parte dell’enigma: il 30 maggio 1997 è la data di una lettera nella quale l’allora Postulatore aveva chiesto alla diocesi di Firenze di valutare la possibilità di iniziare la causa.
Dall’Archivio Storico della Diocesi di Firenze, intanto, avevo ricevuto una risposta più completa rispetto a quanto mi era stato detto l’anno prima. La commissione storica diocesana ci fu ed ebbe conclusioni positive, ma tutto si è fermato al momento in cui la Santa Sede avrebbe dovuto concedere il nulla osta. Le stesse affermazioni mi sono state confermate anche dal delegato vescovile per le Cause dei Santi a Firenze e dal Vicepostulatore Generale domenicano.
Così, alla fine, nella scheda ho tolto ogni possibile termine che potesse suonare ambiguo relativamente all’iter verso gli altari, ma ho confermato che molte figure nel passato lo ritenevano un santo (stavolta con la minuscola). Ho poi menzionato la “Fiorita”, ossia la rievocazione storica e la cerimonia ufficiale con cui si ripete l’omaggio che alcuni fiorentini lasciarono sul punto in cui fu arso vivo e dove, quattro secoli dopo, fu posta una lapide commemorativa. Quanto alla Bibliotheca Sanctorum, suppongo che padre Centi avesse mandato il testo perché sicuro che la fase diocesana sarebbe iniziata e che i curatori, al momento di andare in stampa, non abbiano più controllato.
Credevo di non avere più nulla a che fare con lui, quando ho visto in televisione la pubblicità della serie I Medici – Nel nome della famiglia. Ho immediatamente riconosciuto Savonarola, interpretato da Francesco Montanari, e mi sono domandata come sarebbe stato rappresentato. Allo stesso tempo, sentivo che poteva essere l’occasione per fare il punto, su queste pagine, circa l’impossibilità di parlare di causa in corso.
Nei quattro episodi andati in onda questa settimana, che non hanno seguito con esattezza i dati storici, è emerso che fra Girolamo, sin dal suo primo dialogo con Lorenzo de’ Medici, è un uomo singolare. Il suo abito è leggermente diverso da quello degli altri domenicani ed è scalzo, almeno nella sua prima scena. Si scontra molte volte col Priore di San Marco, che gli rimprovera la sua scarsa capacità di stare con gli altri.
Ha una certa affinità con Clarice, moglie di Lorenzo, della quale appoggia la carità verso gli ammalati, ma anche con lo stesso Magnifico, che lo consulta per questioni filosofiche. Infine, battezza un bambino malato anche se su Firenze grava la scomunica imposta da papa Sisto IV, pur di salvargli l’anima. Dopo il salto temporale di sette anni tra la terza e la quarta puntata, torna a Firenze solo per una visita, ma finisce per essere eletto Priore.
Divagazioni televisive a parte, cercando di filtrare le interpretazioni, da quelle più inclini a considerarlo un santo autentico a quelle per cui sarebbe un precursore della Riforma protestante, ho maturato una mia idea su fra Girolamo. Aveva pienamente ragione ad affermare che la Chiesa del suo tempo dovesse essere più sobria e semplice – La semplicità della vita cristiana è il titolo di una delle sue opere – e a sentirsi investito di una chiamata divina. Aveva anche intuito le potenzialità della stampa: i suoi opuscoli venivano stampati e conoscevano una vasta diffusione.
Anche le sue ipotesi circa un governo democratico i cui membri, eletti dal popolo, dovevano comunque ricordare che Cristo è l’unico Signore della Storia, possono sembrare interessanti. Nella lettera con cui si difese dalla scomunica, poi, dichiarò di non essere contro l’autorità del Papa in quanto successore di san Pietro, ma che quel pronunciamento contro di lui era surrettizio, ossia motivato da informazioni false sul suo conto. Tuttavia, i mezzi con cui ha proceduto a concretizzare il suo progetto hanno assunto toni esasperati: basti pensare ai “bruciamenti” con cui sono andate perse tante opere d’arte perché ritenute oscene.
Il suo Vangelo
Per inserirlo a dovere nella Corona d’Avvento dei Testimoni di quest’anno, ho cercato qualche sua opera in cui avesse parlato del Natale. In effetti, nelle sue Poesie c’è una canzone su quel tema, la XIII, In nativitate Domini. Per struttura metrica, mi sembra un componimento ricalcato su qualche melodia che in origine aveva testi profani.
Ancora prima, nelle sue predicazioni ha spesso trattato i libri dei Profeti, quegli stessi che hanno preannunciato un tempo nuovo per Israele, come lui stesso, in fondo, sperava per Firenze. Nelle Prediche sopra Aggeo del 1494, periodo in cui aveva assunto, seppure non ufficialmente, il compito di guida anche civile della città, usava immagini non dissimili da quelle che troviamo appunto nei libri dei Profeti, da buon conoscitore della Sacra Scrittura.
In quella del 2 novembre 1494, la predica II, affermava:
Fu avviato alla professione medica come suo nonno Michele, ma dopo aver ascoltato, nell’estate del 1474 a Faenza, un predicatore che commentava la chiamata di Abramo, cominciò a riflettere più attentamente sul proprio futuro.
Il 24 aprile 1475 lasciò la sua casa e la sua città per entrare nell’Ordine dei Predicatori, ovvero i Domenicani, nel convento di San Domenico a Bologna. Due giorni dopo ricevette l’abito religioso, mantenendo il nome di Battesimo. Nel marzo 1476 fu ammesso ai voti religiosi, mentre alla fine del 1477 fu ordinato sacerdote.
Dopo vari anni in cui si occupò della formazione dei giovani frati e della predicazione itinerante, nel 1482 fu inviato al convento di San Marco a Firenze, come “lettore”, ossia professore di Sacra Scrittura. Nel maggio 1487 fu chiamato allo Studium Generale dell’Ordine a Bologna, ma tre anni dopo, per volere di Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico, signore di Firenze, tornò definitivamente a San Marco, che tempo dopo divenne Congregazione [parte dell’Ordine, ndr] autonoma. Nella sua predicazione richiamò i fiorentini alla conversione, ipotizzando anche un nuovo sistema di governo, dopo la morte del Magnifico e la cacciata dei Medici.
L’opposizione contro di lui arrivò anche a papa Alessandro VI, di cui aveva più volte denunciato il comportamento pur senza metterne in dubbio l’autorità. Il Pontefice annullò l’autonomia della Congregazione di San Marco e, il 13 maggio 1497, gli comminò la scomunica, che fra Girolamo contestò apertamente.
L’8 aprile 1497, Domenica delle Palme, fu arrestato durante un tumulto popolare causato dai Compagnacci, ossia la fazione di giovani fiorentini contrari alla sua riforma dei costumi cittadini. Il 23 maggio 1498 fu impiccato in piazza della Signoria, insieme ai confratelli fra Domenico Buonvicini e fra Silvestro Maruffi. I corpi dei tre condannati furono bruciati insieme al patibolo e le loro ceneri sparse nel fiume Arno.
Cosa c’entra con me?
Credo che il mio primo incontro con Savonarola sia accaduto leggendo una biografia per ragazzi di san Filippo Neri: anche se non ne avevo mai sentito parlare prima, mi sorprese vedere che lo teneva in altissima considerazione, tanto – qui l’autrice del libro riferiva un dato su cui altri biografi affermano che non c’è certezza storica – da avere tracciato su un suo ritratto che aveva in casa l’aureola che si conviene ai Santi con la “S” maiuscola.
Anni dopo l’ho studiato sui banchi di scuola, ma non ricordo per nulla come il mio professore di Storia e Filosofia ne avesse parlato. Quel che è certo, sul mio manuale di Storia se ne parlava in termini non del tutto negativi.
Parecchio tempo dopo l’ho ritrovato in una piccola biografia del Beato Piergiorgio Frassati. Quella volta il mio stupore fu ancora maggiore: non capivo perché avesse scelto di professare come terziario domenicano scegliendo il nome di “fra’ Girolamo”, se colui che aveva scelto come modello fu condannato come eretico, o almeno così sapevo.
Ero non di meno perplessa una decina d’anni fa, quando ho ricevuto dal professor Paolo Risso, con cui ero in corrispondenza epistolare (dovrei scrivergli di nuovo, per Natale), un suo libro intitolato Questo giovane profeta: G. Savonarola, edito da Cantagalli e ormai fuori catalogo. Non ricordo se l’avessi letto subito o meno, ma non capivo perché l’autore definiva “martire” il suo protagonista.
Nel corso della mia collaborazione con l’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni, il webmaster mi aveva più volte incoraggiata a rimaneggiare la sua scheda biografica. A lungo ho tentennato, pensando che, se uno volesse avere informazioni su di lui, può leggere qualche studio storico più preciso come, a cercare bene, sul web se ne trovano.
Era un’altra la questione da capire: se davvero per lui fosse in corso una causa di beatificazione e canonizzazione e se fosse per la dimostrazione del martirio o l’accertamento dell’eroicità delle virtù.
Effettivamente, in Rete c’erano tracce che sembravano condurre nella prima direzione: ad esempio, le affermazioni di padre Angelo Bellon sul sito Amici Domenicani, che almeno due volte (qui e qui) lo chiama Venerabile, oppure, rispondendo al quesito di un lettore riguardo la sua scomunica, sostiene che «fin dal primo anno dalla sua morte, senza attendere il giudizio della Chiesa, fu venerato come martire con tanto di Ufficio e di Messa, cosa che tuttora si fa».
Intanto, nella Bibliotheca Sanctorum, la fondamentale enciclopedia sui Santi e i candidati agli altari, era presente una voce dedicata a lui, a firma di padre Tito Sante Centi. Precisamente, è nella Seconda Appendice, datata 2000, alle colonne 1280-1293. Pensavo di rivolgermi a lui, ma ho scoperto che era morto da parecchio.
Quando ho dovuto aggiornare la scheda del Venerabile cardinal Elia Dalla Costa, ho provato a chiedere all’Ufficio Storico della Diocesi di Firenze se sapessero aiutarmi anche per Savonarola. La risposta fu secca: non c’era nulla in corso per lui. Continuavo però a domandarmi perché altri siti dicessero il contrario, come Hagiography Circle, che riporta il numero di protocollo della causa, anche se mancavano le date precise.
Ora, quando scrivo il profilo di un personaggio tengo moltissimo a inserire le tappe della sua causa: secondo la legislazione attualmente in vigore, la data del nulla osta da parte della Santa Sede, quella della sessione di apertura dell’inchiesta (o processo) diocesana e quella della sessione finale, se c’è stata. Questo per limitarmi ai Servi di Dio e senza contare la fase romana.
Per Savonarola, almeno in Rete, non trovavo nulla di ciò o quasi. Il testo di partenza per santiebeati menzionava la data del 30 maggio 1997, poco dopo il quinto centenario della sua morte, come giorno in cui è stata «introdotta» la causa, termine che dovrebbe corrispondere, oggi, all’accettazione del supplice libello da parte del vescovo competente.
Questo articolo dell’archivio di Repubblica riporta che il cardinal Silvano Piovanelli fu il primo arcivescovo di Firenze a celebrare Messa nella Cappella dei Priori di Palazzo Vecchio, dove Savonarola trascorse l’ultima notte della sua vita. Tuttavia, precisò Piovanelli, quello non doveva essere il primo atto della causa, la cui apertura era stata chiesta dal Capitolo Generale dell’Ordine domenicano.
Un’intervista di Saverio Gaeta a don Gianfranco Rolfi, presidente della commissione storica, tratta dal numero 32 del 10 agosto 2003 di Famiglia Cristiana, menziona il «riavvio della causa», anche se, ancora a quella data, mancava il nulla osta. In assenza di quello, ne ho dedotto, non lo si poteva definire Servo di Dio.
Per avere dati ancora più aggiornati, non mi restava che rivolgermi alla Postulazione Generale dei Domenicani stessi, come ho fatto lo scorso marzo. Pensando che il Postulatore Generale fosse impegnato in questioni più urgenti, ho contattato il suo vice, che ha risolto parte dell’enigma: il 30 maggio 1997 è la data di una lettera nella quale l’allora Postulatore aveva chiesto alla diocesi di Firenze di valutare la possibilità di iniziare la causa.
Dall’Archivio Storico della Diocesi di Firenze, intanto, avevo ricevuto una risposta più completa rispetto a quanto mi era stato detto l’anno prima. La commissione storica diocesana ci fu ed ebbe conclusioni positive, ma tutto si è fermato al momento in cui la Santa Sede avrebbe dovuto concedere il nulla osta. Le stesse affermazioni mi sono state confermate anche dal delegato vescovile per le Cause dei Santi a Firenze e dal Vicepostulatore Generale domenicano.
Così, alla fine, nella scheda ho tolto ogni possibile termine che potesse suonare ambiguo relativamente all’iter verso gli altari, ma ho confermato che molte figure nel passato lo ritenevano un santo (stavolta con la minuscola). Ho poi menzionato la “Fiorita”, ossia la rievocazione storica e la cerimonia ufficiale con cui si ripete l’omaggio che alcuni fiorentini lasciarono sul punto in cui fu arso vivo e dove, quattro secoli dopo, fu posta una lapide commemorativa. Quanto alla Bibliotheca Sanctorum, suppongo che padre Centi avesse mandato il testo perché sicuro che la fase diocesana sarebbe iniziata e che i curatori, al momento di andare in stampa, non abbiano più controllato.
Francesco Montanari nei panni di Savonarola (fonte) |
Credevo di non avere più nulla a che fare con lui, quando ho visto in televisione la pubblicità della serie I Medici – Nel nome della famiglia. Ho immediatamente riconosciuto Savonarola, interpretato da Francesco Montanari, e mi sono domandata come sarebbe stato rappresentato. Allo stesso tempo, sentivo che poteva essere l’occasione per fare il punto, su queste pagine, circa l’impossibilità di parlare di causa in corso.
Nei quattro episodi andati in onda questa settimana, che non hanno seguito con esattezza i dati storici, è emerso che fra Girolamo, sin dal suo primo dialogo con Lorenzo de’ Medici, è un uomo singolare. Il suo abito è leggermente diverso da quello degli altri domenicani ed è scalzo, almeno nella sua prima scena. Si scontra molte volte col Priore di San Marco, che gli rimprovera la sua scarsa capacità di stare con gli altri.
Ha una certa affinità con Clarice, moglie di Lorenzo, della quale appoggia la carità verso gli ammalati, ma anche con lo stesso Magnifico, che lo consulta per questioni filosofiche. Infine, battezza un bambino malato anche se su Firenze grava la scomunica imposta da papa Sisto IV, pur di salvargli l’anima. Dopo il salto temporale di sette anni tra la terza e la quarta puntata, torna a Firenze solo per una visita, ma finisce per essere eletto Priore.
Divagazioni televisive a parte, cercando di filtrare le interpretazioni, da quelle più inclini a considerarlo un santo autentico a quelle per cui sarebbe un precursore della Riforma protestante, ho maturato una mia idea su fra Girolamo. Aveva pienamente ragione ad affermare che la Chiesa del suo tempo dovesse essere più sobria e semplice – La semplicità della vita cristiana è il titolo di una delle sue opere – e a sentirsi investito di una chiamata divina. Aveva anche intuito le potenzialità della stampa: i suoi opuscoli venivano stampati e conoscevano una vasta diffusione.
Anche le sue ipotesi circa un governo democratico i cui membri, eletti dal popolo, dovevano comunque ricordare che Cristo è l’unico Signore della Storia, possono sembrare interessanti. Nella lettera con cui si difese dalla scomunica, poi, dichiarò di non essere contro l’autorità del Papa in quanto successore di san Pietro, ma che quel pronunciamento contro di lui era surrettizio, ossia motivato da informazioni false sul suo conto. Tuttavia, i mezzi con cui ha proceduto a concretizzare il suo progetto hanno assunto toni esasperati: basti pensare ai “bruciamenti” con cui sono andate perse tante opere d’arte perché ritenute oscene.
Il suo Vangelo
Per inserirlo a dovere nella Corona d’Avvento dei Testimoni di quest’anno, ho cercato qualche sua opera in cui avesse parlato del Natale. In effetti, nelle sue Poesie c’è una canzone su quel tema, la XIII, In nativitate Domini. Per struttura metrica, mi sembra un componimento ricalcato su qualche melodia che in origine aveva testi profani.
Ancora prima, nelle sue predicazioni ha spesso trattato i libri dei Profeti, quegli stessi che hanno preannunciato un tempo nuovo per Israele, come lui stesso, in fondo, sperava per Firenze. Nelle Prediche sopra Aggeo del 1494, periodo in cui aveva assunto, seppure non ufficialmente, il compito di guida anche civile della città, usava immagini non dissimili da quelle che troviamo appunto nei libri dei Profeti, da buon conoscitore della Sacra Scrittura.
In quella del 2 novembre 1494, la predica II, affermava:
O tiepidi, che avete
distrutto e guastato questo popolo con le vostre false persuasioni e non gli
avete lasciato credere la verità né fare penitenza a tempo per i loro peccati,
anzi avete persuaso questo popolo del contrario circa il loro bisogno. O tiepido,
il tuo vaso è dipinto e par bello di fuori per la pittura, ma dentro non è così
come pare di fuori; o tiepido, in questo diluvio che il Signore ha preparato
andrà il tuo vaso in fondo, e tu insieme con lui.
Lui,
invece, non è decisamente stato un tiepido.
Per saperne di più
Donald Weinstein, Savonarola – Ascesa e caduta di un profeta del Rinascimento, Il Mulino 2013, pp. 472, € 38,00.
La biografia più recente e completa, curata da uno studioso che a lungo ha studiato Firenze e il Rinascimento.
Girolamo Savonarola (a cura di Adriana Valerio), Fede e speranza di un profeta. Pagine scelte, Paoline Edizioni 1998, pp. 216, € 18,07.
Una selezione dalle sue opere, con un’introduzione sulla sua vita e spiritualità.
Girolamo Savonarola, Itinerario spirituale, Edizioni Studio Domenicano 1993, pp. 304, € 15,49.
Raccolta che contiene il testo delle opere Il disprezzo del mondo; Conforto del mio pellegrinaggio; Trattato dell’umiltà; Trattato dell’amore di Gesù Cristo; Trattato sulla preghiera; Il commento al Padre nostro; Regole brevissime e utili assai per tutti i religiosi; Lettera a un novizio; Ti amo, Signore, mia fortezza (Salmo 17); Il commento al Salmo 79.
Girolamo Savonarola, I giorni dell’Alberghettino, Libreria Editrice Fiorentina 2009, pp. 208, € 12,00.
Raccolta che contiene le meditazioni sul Miserere e sul Salmo In te, Domine, speravi e la Regola del ben vivere, scritte durante la prigionia a Palazzo Vecchio.
Per saperne di più
Donald Weinstein, Savonarola – Ascesa e caduta di un profeta del Rinascimento, Il Mulino 2013, pp. 472, € 38,00.
La biografia più recente e completa, curata da uno studioso che a lungo ha studiato Firenze e il Rinascimento.
Girolamo Savonarola (a cura di Adriana Valerio), Fede e speranza di un profeta. Pagine scelte, Paoline Edizioni 1998, pp. 216, € 18,07.
Una selezione dalle sue opere, con un’introduzione sulla sua vita e spiritualità.
Girolamo Savonarola, Itinerario spirituale, Edizioni Studio Domenicano 1993, pp. 304, € 15,49.
Raccolta che contiene il testo delle opere Il disprezzo del mondo; Conforto del mio pellegrinaggio; Trattato dell’umiltà; Trattato dell’amore di Gesù Cristo; Trattato sulla preghiera; Il commento al Padre nostro; Regole brevissime e utili assai per tutti i religiosi; Lettera a un novizio; Ti amo, Signore, mia fortezza (Salmo 17); Il commento al Salmo 79.
Girolamo Savonarola, I giorni dell’Alberghettino, Libreria Editrice Fiorentina 2009, pp. 208, € 12,00.
Raccolta che contiene le meditazioni sul Miserere e sul Salmo In te, Domine, speravi e la Regola del ben vivere, scritte durante la prigionia a Palazzo Vecchio.
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