Fra Cecilio Maria da Costa Serina: un luogo e un cuore accoglienti per i poveri di Milano (Corona d’Avvento dei Testimoni 2019 #3)

Chi è?

Antonio Pietro Cortinovis nacque a Nespello, frazione di Costa Serina, in provincia e diocesi di Bergamo, il 7 novembre 1885. Era il settimo e penultimo figlio di Lorenzo Cortinovis e Angela Gherardi. Trascorse l’infanzia, l’adolescenza e parte degli anni giovanili lavorando nei pascoli della sua famiglia e come boscaiolo.
Seguendo il consiglio del suo parroco, a ventitré anni entrò nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Il 29 luglio 1908, tre mesi dopo il suo arrivo al convento di Lovere, sede del noviziato, ricevette il saio e cambiò nome in fra Cecilio Maria da Costa Serina. Emise la professione religiosa il 2 agosto 1909.
Per pochi mesi fu nel convento di Albino, poi in quello di Cremona, impegnato nelle tipiche mansioni dei religiosi non sacerdoti: aiuto portinaio, sacrestano, infermiere e addetto al refettorio.
Il 29 aprile 1910 fu destinato al convento di viale Piave a Milano come addetto ai servizi comuni, sacrestano e infermiere. Nell’aprile 1914 si ammalò di meningite, ma ne uscì guarito: attribuì l’accaduto all’intercessione di padre Innocenzo da Berzo (allora Servo di Dio, beatificato nel 1961). Fu chiamato alle armi nel 1916, ma venne rimandato a Milano per ragioni di salute: poté quindi emettere la professione solenne il 2 febbraio 1918.
Nel 1921 fu nominato portinaio a tutti gli effetti, ma già da tempo sostituiva il titolare nell’aiutare i poveri che, a causa della guerra, bussavano al convento. Proseguì in quel compito, cui si era aggiunto quello di questuante di città, anche durante la seconda guerra mondiale.
Un giorno, mentre osservava le persone che erano in fila sotto la pioggia, in attesa di entrare in portineria, fra Cecilio provò compassione per loro. Poco tempo dopo conobbe il commendator Emilio Grignani, che si mise a disposizione per costruire un ambiente più accogliente a ridosso del convento.
Il 20 dicembre 1959 venne quindi inaugurata l’Opera San Francesco, dotata di cucina, salone e servizi igienici. Fra Cecilio ne fu responsabile dal 1961 al 1970, quando tornò a occuparsi solo della portineria.
Il 19 ottobre 1982, molto malato, fu trasferito all’Infermeria dei Cappuccini a Bergamo, dove, per quanto possibile, continuò a ricevere visite e a fornire consigli. Morì in quel luogo il 10 aprile 1984.
Il processo diocesano della sua causa di beatificazione e canonizzazione si svolse dal 27 settembre 1993 al 10 aprile 1995 presso la diocesi di Milano, una volta ottenuto il trasferimento dal Tribunale ecclesiastico della diocesi di Bergamo. Il 6 marzo 2018 papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto con cui fra Cecilio veniva dichiarato Venerabile.
I suoi resti mortali riposano dal 31 gennaio 1989 nella chiesa del Sacro Cuore dei Frati Cappuccini, in viale Piave 2 a Milano.


Cosa c’entra con me?

Ho ricordi molto confusi riguardo a come ho iniziato a conoscere fra Cecilio, che peraltro è morto due mesi e mezzo prima della mia nascita. Doveva essere quando ero in età da catechismo, in ogni caso.
Rammento che mio padre, dopo essere stato a Messa col resto della mia famiglia – io andavo alla celebrazione per i bambini, accompagnata da una zia – portava me e mia sorella in giro per Milano in automobile. Spesso ci fermavamo dalle parti del corso di Porta Venezia a comprare qualche rivista.
Viale Piave non è tanto lontano da lì, quindi credo proprio di essere entrata nella chiesa del Sacro Cuore una di quelle volte. Avevo preso, dagli scaffali accanto alla tomba del religioso, un libro intitolato In tenera età io ti incontrai: mi aveva attratta l’illustrazione di copertina, ma l’interno, quando iniziai a leggerlo, mi sembrò troppo complicato e lo lasciai perdere.
Moltissimi anni dopo, ormai studentessa universitaria, tornai in quella chiesa perché dovevo cambiare mezzo per raggiungere la sede dell’esame per il patentino europeo del computer. Ricordavo che fra Cecilio era sepolto là, per cui mi fermai a lungo accanto alla sua tomba. A un certo punto arrivò un giovane frate, che al vedermi con lo zaino credette che avessi saltato la scuola. Anche prima di sostenere la seconda parte dell’esame sono passata di lì.
Trascorse dell’altro tempo prima che io tornassi in quella chiesa, più di tre anni fa. Non ricordo se sia stato allora che ho preso per la prima volta l’Informativo su padre Arsenio da Trigolo, ora Beato, ma di sicuro avevo notato, sulla bacheca degli avvisi, un piccolo cartello che riguardava Carlo Acutis, all’epoca Servo di Dio.
Ricordavo di aver letto che a volte anche lui sostava lì, ma non che, come recitava l’affissione, avesse domandato di fare il volontario all’Opera San Francesco, però non aveva l’età minima richiesta. Col senno di poi, mi è venuto da pensare che sia stato lui a intercedere per la buona riuscita dell’esame informatico, anche se non gliel’avevo chiesto (se non sbaglio, era morto da poco e ancora non sapevo di lui).
Ogni volta che mi trovo da quelle parti non manco di fermarmi, anzitutto per pregare, poi per vedere se ci siano delle nuove pubblicazioni, come quelle che mi hanno aiutato a capire che fra Cecilio viveva costantemente unito a Dio qualsiasi fosse l’occupazione che lo prendeva. Il suo servizio come sacrestano gli permetteva di stare a strettissimo contatto con l’Eucaristia e di dialogare profondamente col Signore. Forse Carlo avrà preso spunto anche da lui, chissà.
Quanto al secondo grande compito da lui esercitato, per certi versi credo che l’abbia svolto anche nei miei riguardi. Avevo da poco saputo del decreto sull’eroicità delle virtù di padre Daniele da Samarate, che è sepolto nella navata opposta a quella in cui c’è la sua tomba e che fra Cecilio avrebbe voluto sostituire, dopo che morì di lebbra in Brasile. Ho quindi immaginato che i Cappuccini avessero qualcosa di aggiornato nei suoi riguardi.
Mi ero confessata da poco, ma sentivo di avere ancora qualcosa che mi rimordeva la coscienza. Sono quindi passata per la portineria per i libri, ma il frate che mi ricevette m’ispirò una fiducia tale da convincermi a chiedergli consiglio. Mi rispose che quando ci si confessa si ritorna ad avere la grazia del Battesimo, per cui non dovevo preoccuparmi di quanto non avevo riferito al confessore. Non so se sia un’affermazione teologicamente corretta, ma in quel momento mi rasserenò. Penso che anche fra Cecilio si sarebbe comportato così, se mi avesse avuta davanti, con l’immancabile domanda «Sai che il Signore ti vuole bene?», presente sulle sue immaginette e nel luogo della sua sepoltura.
Anche in un altro luogo a me caro, il Santuario di Maria Bambina, mi capitava di trovare spesso i suoi santini. Una delle suore mi raccontò di aver conosciuto il bambino che lui tiene in braccio in una di quelle foto e, se non sbaglio, di aver incontrato lui stesso.
Non credo che l’affermazione fosse implausibile, sia perché una delle sue sorelle divenne proprio Suora di Maria Bambina, sia perché compì il noviziato a Lovere, dove quelle religiose hanno la Casa madre, sia perché è accertato che, se si trovava a passare per il centro di Milano, andava a pregare in quel Santuario.
Quando è stato emesso anche per lui il decreto sulle virtù, ho prontamente aggiornato la scheda biografica su santiebeati.it. Per una maggior sicurezza, ho chiesto aiuto al vicepostulatore, a cui il testo del mio collega è piaciuto a tal punto da averlo ripreso in un piccolo opuscolo, stampato qualche tempo dopo.
Leggere le pubblicazioni che mi sono accaparrata, ora che sono più matura, mi ha fatto scoprire un lato di fra Cecilio che sfugge di fronte al suo genio caritativo. Certo, sapevo dell’Opera San Francesco, del suo aiuto ai poveri e della collaborazione col cardinal Alfredo Ildefonso Schuster, ma non della “luce” in cui fu immerso il 5 luglio 1922, su cui tornò spesso nei suoi scritti. Conoscevo la sua devozione alla Madonna, ma non che di frequente congedava i suoi poveri invitandoli a pregare tre Ave Maria. Per certi versi, peraltro, parlerei di un collegamento nella carità tra lui e fratel Ettore Boschini: entrambi religiosi non sacerdoti del proprio Ordine, innamorati della Madonna, fratelli dei poveri.
Spero poi d’imparare da lui come moderare le asprezze del mio carattere ricorrendo con frequenza ai Sacramenti, ma anche a servire con umiltà vera in tutti i compiti che mi vengono chiesti in parrocchia, non ultimo quello, quando sono disponibile, di aiutare in sacrestia per le Messe feriali.

Il suo Vangelo

Dal 1910, anno del suo arrivo in viale Piave, al 1982, quando dovette andarsene per ragioni di salute, fra Cecilio non smise di occuparsi dei poveri. Anche la nascita dell’Opera San Francesco derivò dalla sua attenzione e compassione verso di loro, unita a una confidenza talmente genuina nel Signore da fargli esclamare che quando Lui moltiplicò i pani e i pesci forse c’era bel tempo, ma non per quelle persone in attesa di elemosine.
Non era molto istruito, ma la sua saggezza veniva dalla “luce” ricevuta tempo addietro, unita all’esperienza che aveva maturato in tanti anni di ascolto e di contemplazione, tra Tabernacolo e portineria.
Tra le sue riflessioni ne ho trovata una che trovo calzante sia per questa Corona d’Avvento dei Testimoni, sia per il sessantesimo dell’Opera San Francesco, che cade proprio questo venerdì. Il libro a cui ho attinto non la menziona con riferimenti cronologici e nemmeno è possibile risalire a essi con esattezza, dato che i compiti di fra Cecilio hanno sempre avuto a che fare coi poveri. Eccola:
Tutti i poveri con i quali devo trattare mi ricordano la povertà di Gesù Cristo che non aveva luogo dove posare il capo, e la Vergine con san Giuseppe, che si ripararono nella capanna di Betlemme, perché in città non c’era posto per il Padrone del mondo.

Per saperne di più

Fedele Merelli, Fra Cecilio Cortinovis - Dall'Eucaristia alla Carità, Velar-Elledici 2010, pp. 48, € 3,50.
Sintesi della sua vita, precedente al decreto sull’eroicità delle virtù.

Claudio Resmini, Fra Cecilio – L’angelo della città, San Paolo Edizioni 2016, pp. 192, € 12,50.
Biografia a firma del suo vicepostulatore, che attinge anche ai suoi scritti e agli articoli che la stampa ha dedicato a fra Cecilio nel corso degli anni.


Fra Claudio Resmini – Gianpiero Pettiti (a cura di), Venerabile Fra Cecilio – L’angelo della città di Milano, Velar 2018, pp. 16, € 2,50.

Opuscolo biografico aggiornato al decreto sull’eroicità delle virtù.


Vera Bonaita, Fra Cecilio, Velar 2018, pp. € 5,00.
Fra Cecilio amava molto i bambini: questo racconto della sua vita è tutto dedicato a loro.

Il Rosario di fra Cecilio, Velar 2019, pp. 80, € 5,00.
Un libretto che aiuta a meditare i misteri del Rosario con meditazioni e, a volte, orazioni tratte dal Diario di fra Cecilio, ossia dalle riflessioni annotate durante gli Esercizi Spirituali.

Su Internet

Sito dell’Opera San Francesco per i Poveri
Sito degli Amici di Frate Cecilio

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