Immagine dell’amore di Cristo crocifisso – La Beata Edvige Carboni (Cammini di santità #37)

Particolare di una foto di famiglia
in cui Edvige è ritratta in età giovanile
(fonte)


Non conoscevo affatto la Beata Edvige Carboni prima di leggere la notizia del decreto sul miracolo. Me ne sono interessata a ridosso della beatificazione, dedicandole un profilo per La Croce Quotidiano, ma nulla di più.

In effetti, come spesso ho indicato, preferisco non occuparmi di Testimoni che sono stati oggetto di fenomeni singolari, come stimmate o altro: è come se mi sentissi distratta dal nucleo della loro testimonianza, che deve prescindere da questi segni.

Per questa ragione, quando il direttore di Sacro Cuore VIVERE mi aveva suggerito di occuparmi di lei, in un successivo numero della rivista, ho tergiversato, finché lui non mi ha annunciato sia che la mia collaborazione non sarebbe finita ancora, sia che il mio articolo sul primo numero del 2022 avrebbe avuto come protagonista proprio lei.

Ho quindi fatto ricorso al Comitato Edvige Carboni di Pozzomaggiore, nella persona del suo presidente: da lui ho ricevuto indicazioni, consigli e chiarimenti davvero utili. Ho letto il Diario di Edvige, recentemente ripubblicato e disponibile anche nel circuito delle librerie fisiche e online, così da distillare gli aspetti del suo modo di credere che potessero interessare di più i lettori della rivista.

In particolare, sapevo di dover dedicare un paragrafo alla sua appartenenza ai Salesiani Cooperatori, ossia quei laici che, mantenendo il proprio stato di vita, si associano alla missione dei Salesiani in ogni parte del mondo. Un legame che, come vedrete, si esplicava anche su un piano non necessariamente terreno.

Quanto agli aspetti che più mi hanno colpita, sono stati principalmente il legame con i familiari e l’impegno che ha messo per assicurare ai suoi fratelli un lavoro e per vivere lei stessa dignitosamente, pur essendo in pratica una casalinga. Anche lo spirito d’intercessione per i problemi del suo tempo mi ha portata a riflettere, tanto che ho indicato un suo appello alla fratellanza umana che non stonerebbe, fatte salve le espressioni tipiche del suo tempo, con quelli così presenti oggi nel Magistero pontificio.

Ho atteso a ripubblicare l’articolo finora, per una duplice ragione: oggi cadono i settant’anni esatti del suo transito e ricorre anche il giorno della sua memoria liturgica.

 

* * *

 

È il 1925. Monsignor Francesco D’Errico, vescovo di Alghero, riceve una denuncia da alcune Terziarie francescane di Pozzomaggiore, in provincia di Sassari: una certa Edvige Carboni, loro compaesana, porta su di sé delle ferite che sembrano simili a quelle di Gesù in Croce, ma che, a loro parere, sono frutto di un’impostura.

Il vescovo, che ha incontrato quella donna tempo prima durante una visita pastorale, ha stima di lei per la sua laboriosità, ma soprattutto per il riserbo con cui tiene celati quei segni così singolari.

La manda a chiamare: di nuovo rimane colpito dal suo contegno raccolto e serio. Con totale serenità, Edvige dichiara di avere la coscienza tranquilla di fronte a Dio, sia che venga condannata, sia che venga assolta. Il vescovo, a quel punto, ordina a un suo delegato d’interrogare la gente del paese, raccogliendo prove a favore e contro di lei. L’esito è positivo: tutte le accuse vengono smontate.

 

Immersa in Dio sin da piccola

 

Edvige è la seconda dei sei figli di Giambattista Carboni, falegname, e Maria Domenica Pinna. Viene battezzata il 4 maggio 1880 nella chiesa parrocchiale del suo paese, dedicata a San Giorgio Martire, essendo nata nella notte tra il 2 e il 3. La madre, però, le ripete spesso che il giorno giusto della sua nascita è il secondo, nel quale, al tempo, si festeggiava l’Invenzione (ossia il ritrovamento) della Croce.

La bambina viene subito indirizzata dai genitori a una vita di fede: tutte le sere è portata in chiesa dalla madre per la visita al Santissimo Sacramento. A partire dai cinque anni, in quella sua preghiera silenziosa, comincia a ripetere una frase di cui intuisce appena il significato: «Mio Gesù, fo voto di castità perpetua; vi consacro la mia verginità». Nello stesso periodo comincia ad avere un compagno di giochi molto particolare: Gesù Bambino, raffigurato in una copia della Madonna Sistina di Raffaello custodita da sua nonna. Inizia a frequentare la scuola a sette anni, ma deve fermarsi alla quarta elementare: in casa c’è molto bisogno di lei, visto che la madre non gode di buona salute. Edvige s’impegna in mille modi, per aiutare i fratelli minori e i nonni.

Undicenne, riceve la Prima Comunione, curandosi poco dell’avere indosso un vestito color cannella, invece del tradizionale bianco, che sua madre non ha potuto cucirle. Interiormente, è pronta alla domanda che proprio allora comincia a sentirsi rivolgere dal Signore: «Mi vuoi bene?».

 

Chiamata a servire i familiari e a vivere la Passione

 

La sua prima risposta consiste nell’accantonare il desiderio di consacrarsi a Dio, per obbedienza al confessore, il quale le consiglia di continuare a servire in casa sua. Uno dopo l’altro, le muoiono molti parenti, non ultima la madre, nel 1910: prima di spirare, si fa promettere da lei che baderà in particolare alla sorella Paolina.

Grazie alla sua abilità nei lavori di ricamo, Edvige riesce a guadagnare il denaro necessario affinché lei possa studiare e diplomarsi maestra. Provvede anche a un altro fratello, Galdino, ottenendogli un impiego nelle Ferrovie dello Stato.

Il 14 luglio 1911, mentre medita di fronte a un’immagine del Crocifisso dono di don Luigi Carta, il suo parroco, Edvige sente una nuova domanda in cuore: «Vuoi soffrire?». Di nuovo risponde: «Sì, Signore, per tuo amore voglio soffrire tanto tanto». Raggi luminosi escono dalle piaghe del Crocifisso e la colpiscono nelle parti corrispondenti del suo corpo. Le ferite, da allora, rimangono aperte e sanguinanti (quelle alle mani, da un certo punto, diventano invisibili), ma non le impediscono di svolgere i servizi domestici.

In paese comincia a diffondersi molta curiosità attorno a lei, per via di quello e di altri fenomeni, come le estasi e le levitazioni che le avvengono anche quando prega in chiesa. Per via delle accuse d’impostura, viene sospesa per tre anni dal Terz’Ordine Francescano, di cui fa parte dall’ottobre 1906, e non è più maestra delle novizie.

La situazione sembra insostenibile, ma Edvige prega, sopporta e domanda conforto al Signore. In particolare, offre quel che le accade per il parroco e il viceparroco, tra i quali è presente un dissidio per questioni personali, che crea scandalo tra i fedeli.

 

Salesiana Cooperatrice, di nome e di fatto

 

Nel 1929 lascia Pozzomaggiore per non farvi più ritorno: insieme al padre, accompagna Paolina nei suoi numerosi trasferimenti per motivi di lavoro, finché non si stabilisce ad Albano Laziale. Lì Giambattista Carboni, suo papà, muore pregando e benedicendo le due figlie, che l’anno successivo, aiutate da Galdino, trovano casa a Roma, nel quartiere Tuscolano e nel territorio della parrocchia di Maria Ausiliatrice.

Edvige conosce già i Salesiani perché uno di essi, don Aurelio Pischedda, è suo cugino di secondo grado. Il suo legame con loro è cementato dall’adesione alla Pia Unione dei Cooperatori Salesiani, oggi Salesiani Cooperatori: il diploma che lo certifica, firmato dall’allora Rettor Maggiore don Pietro Ricaldone, è datato 25 settembre 1941.

A modo suo, condivide la cura salesiana per l’educazione dei bambini e dei ragazzi. Lo dimostra un passo del Diario che ha iniziato a scrivere per ordine del suo direttore spirituale, del dicembre 1941: «Mentre pregavo vidi la Vergine Ausiliatrice seduta in trono; vicino ci aveva dei bambini e bambine. La Vergine ne chiamava altri che stavano a giocare. Quelli si avvicinarono. La Vergine li prese per mano e li accarezzò, dicendo a loro: “Poveretti, siete orfani!”. “No, rispondevano questi ultimi venuti, non siamo orfani; abbiamo babbo e mamma!”. “Sì, ripeté la Vergine, siete orfani perché i vostri genitori poco o niente si curano di voi, a darvi una educazione cristiana, e così, abbandonati a voi stessi, siete più che orfani; perché gli orfani veri sono da compatire, ma voi siete più orfani degli orfani. Io alla vostra mamma e babbo vorrei punire, ma ho compassione di voi innocenti”. lo quei bambini li conosco. Quanto è buona la Vergine!».

Nel Diario registra anche venti occasioni in cui afferma di vedere san Giovanni Bosco, il quale l’incoraggia, l’esorta a pregare e le mostra il bene che i Salesiani compiono in mezzo ai giovani. Anche san Domenico Savio le appare: lo considera un «fratellino» suo e di Paolina, per le grazie che sente di ricevere da lui.

 

Un cuore infiammato d’amore

 

Negli anni della seconda guerra mondiale, la vita delle sorelle Carboni si fa ancora più difficile. Edvige moltiplica le preghiere e i suffragi per le anime del Purgatorio, ma vive anche la carità sul piano materiale: visita i malati e gli anziani, privandosi per loro anche del proprio poco cibo, o degli stessi abiti che indossa.

Spesso supplica il Signore perché il conflitto termini, con espressioni come quelle registrate, nel Diario, nel dicembre 1941: «Gesù buono, calma cotesto flagello! Ricordati che per il genere umano hai sparso il tuo Sangue Preziosissimo! Ed ora ci vuoi abbandonare in questo modo? fa che, presto, tutti ci possiamo abbracciare da veri fratelli! Fammela questa grazia!».

La conclusione del conflitto la lascia provata anche nel fisico: soffre di cuore a causa di una nefrite. Si sottopone alle cure prescritte, ma sente, allo stesso tempo, di dover preparare Paolina ad affrontare la sua perdita.

Negli ultimi anni viene seguita da padre Ignazio Parmeggiani, Passionista. In una lettera gli confida l’ardore che la possiede: «Padre mio, non ne posso più. Gesù mi sta bruciando il cuore. Non ne posso più: vedrà, se mi brucia del tutto piangerà davvero, perché non mi vedrà più».

Domenica 17 febbraio 1952, appena tornata con Paolina da una predica del Gesuita padre Riccardo Lombardi, Edvige si sente male. Il medico d’urgenza le diagnostica un infarto, ma non lo supera: muore alle 20.30, dopo aver ricevuto l’Unzione degli Infermi.

I Passionisti, affiancati dalla parrocchia di San Giorgio a Pozzomaggiore, hanno seguito le varie fasi della causa per riconoscere la santità di Edvige. Il 15 giugno 2019, nell’Ippodromo comunale di Pozzomaggiore, è stata celebrata la sua beatificazione, presieduta dal cardinal Giovanni Angelo Becciu come delegato del Santo Padre.

Nella lettera scritta per l’occasione, monsignor Mauro Maria Morfino, vescovo di Alghero-Bosa e Salesiano, l’ha definita così: «Abbiamo una di noi che ci viene presentata come Beata, una persona che ha saputo incarnare in sé gli stili di vita di Gesù in modo talmente grande e visibile che il Signore stesso le ha donato i segni della sua Passione e la Chiesa la propone come testimone credibile verso la vita eterna. Tutto in lei si è attivato perché i sentimenti di Cristo diventassero veramente la sua vita».

 

Originariamente pubblicato su Sacro Cuore VIVERE, gennaio 2022, pp. 22-23 (visualizzabile qui)

 

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Concludo il post riprendendo il cortometraggio Il Miracolo, pubblicato il 24 aprile 2021, che fa conoscere la storia di Edvige a partire dal miracolo preso in esame per la sua beatificazione.


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