Faustino Pérez-Manglano Magro, la meraviglia della vocazione

Faustino a Parigi nel 1962 (fonte)
Chi è?

Faustino Pérez-Manglano Magro nacque a Valencia, in Spagna, il 4 agosto 1946, primogenito dei quattro figli di Faustino Pérez-Manglano Vidal, medico ginecologo, e María de la Encarnación Magro Alonso. Nell’infanzia maturò un carattere allegro, solare, vivace, generoso: era il trascinatore dei suoi fratelli e dei cugini, che andava a trovare d’estate ad Alicante, il paese dei nonni materni.

A sei anni fu iscritto al Collegio (da intendersi come “istituto scolastico”, dato che Faustino tornava a casa dopo le lezioni) di Nostra Signora del Pilar a Valencia, retto dai religiosi della Società di Maria, ovvero i padri e fratelli Marianisti, su proposta di suo padre. 

Pur non ottenendo sempre buoni voti, anzi, venendo spesso rimproverato per la sua condotta, Faustino cercava di fare del proprio meglio. Nel 1956 promise alla Beata Vergine Maria di pregare la corona del Rosario ogni giorno.

Nel 1957 cominciò le scuole medie nel nuovo edificio del collegio. Allo studio accompagnava la lettura di romanzi, qualche film al cineforum scolastico e la passione per il calcio. 

Nell’ottobre 1959, alunno di terza media, al termine degli Esercizi Spirituali vissuti ad Alacuás, vicino Valencia, decise di intensificare la propria preghiera personale, di accostarsi con frequenza ai Sacramenti e, come il protagonista di uno dei suoi romanzi preferiti, di scrivere un diario.

Nell’ottobre 1960 cominciò a partecipare alla Congregazione di Maria Immacolata, un gruppo di pastorale giovanile in cui i ragazzi erano educati alla preghiera e alla carità. Il 22 ottobre 1960, durante un altro corso di Esercizi ad Alacuás, mentre parlava con padre José María Salaverri Aranegui, cappellano e direttore spirituale del Collegio, si sentì interpellare da lui riguardo la scelta della carriera da intraprendere, ma rispose di sentirsi disorientato. Il sacerdote, allora, gli prospettò d’interrogarsi sulla vocazione religiosa. 

Lo stesso giorno, durante la cena, Faustino comprese di sentirsi chiamato a diventare marianista; tre giorni dopo, tornò dal cappellano e gli comunicò la sua scelta, che poco dopo fu intuita e appoggiata anche da sua madre.

All’inizio dell’anno scolastico 1960-1961 promise alla Madonna di non fumare mai più e iniziò a visitare famiglie povere dei quartieri della Malvarrosa e di Vera-Carrasca.

Tuttavia, il 29 novembre 1960, durante la notte, Faustino cominciò ad avere febbre e dolori diffusi. Gli esami a cui fu sottoposto diagnosticarono un linfogranuloma, ovvero il morbo di Hodgkin, un tumore del sistema linfatico. Il ragazzo dovette rimanere a casa per molto tempo, ma fece di tutto per continuare a studiare e non perdere l’anno.

Non rinnegò la scelta della vocazione, intensificando la sua relazione di amicizia con Gesù e manifestando, nel suo diario, il desiderio di diventare sacerdote marianista e di partire missionario per l’America del Sud. Allo stesso tempo, era attento ai problemi di quanti incontrava, specialmente di un ragazzo povero che viveva in una soffitta.

Negli Esercizi Spirituali del Collegio, dal 23 al 27 gennaio 1962, s’impose il proposito di raggiungere la santità e decise di donare ai poveri tutti i suoi piccoli risparmi. Un anno dopo, durante gli Esercizi Spirituali del mese di gennaio, ribadì il proposito di essere santo.

Poco dopo, il 23 gennaio 1963, non riuscì più ad alzarsi dal letto. Il 9 febbraio seguente ricevette l’Unzione degli Infermi e rinnovò la promessa come congregante di Maria Immacolata. Consapevole di non poter diventare religioso, si dispose ad accettarlo, ma gli venne concesso dall’Amministrazione Generale Marianista, data la sua condizione, di essere ammesso al noviziato, affinché potesse professare i voti in articulo mortis.

Faustino morì alle 23.30 del 3 marzo 1963, il giorno prima della data fissata per emettere i voti privati come religioso marianista; aveva sedici anni e sei mesi. Morì tra le braccia di sua madre, che poco prima aveva chiamato per essere girato nel letto.

L’inchiesta diocesana della sua causa di beatificazione e canonizzazione si svolse a Valencia dal 17 ottobre 1986 al 14 dicembre 1990. Papa Benedetto XVI autorizzò la promulgazione il decreto sull’eroicità delle sue virtù il 14 gennaio 2011.

I resti mortali di Faustino riposano nella cappella del Collegio di Nostra Signora del Pilar a Valencia, in Avenida de Blasco Ibáñez 35.

 

Cosa c’entra con me?

 

Non riesco affatto a ricordare come né quando sia avvenuto il mio primo incontro con Faustino. Forse è avvenuto quando ho scorto il suo ritratto, realizzato a partire da una delle sue fotografie, su qualche pagina web relativa ai bambini e ai ragazzi in fama di santità. Non mi venne, comunque, il desiderio di conoscerlo meglio, almeno in quel momento.

Neppure credo di essere stata colpita dalla notizia del decreto sulle virtù, perché al tempo mi accontentavo anch’io di sentire i nomi dei candidati agli altari più famosi e poco altro (nell’elenco dei decreti del 14 gennaio 2011 c’era quello sul miracolo per la beatificazione di Giovanni Paolo II, per esempio).

Nemmeno ho un ricordo preciso del perché avessi deciso di procurarmi la biografia scritta dal sacerdote che fu direttore spirituale nel Collegio marianista di Valencia. In fin dei conti, il profilo su santiebeati.it era tendenzialmente buono.

Probabilmente dev’essere accaduto a ridosso della beatificazione di madre Maria della Concezione, al secolo Adèle de Batz de Trenquelléon, cofondatrice delle Figlie di Maria Immacolata, ovvero delle Suore Marianiste, insieme a padre Guillaume-Joseph Chaminade, attualmente Beato anche lui, che un anno dopo fondò il ramo maschile.

Sta di fatto, quindi, che ho ordinato il volumetto in libreria. Sono sicura di aver deciso così perché temevo che l’ultima edizione italiana, risalente al 2012, sarebbe finita presto fuori catalogo (a oggi è ancora disponibile).

L’elemento che più mi ha colpito di lui è stato l’entusiasmo con cui affrontava ogni fatto della vita. In effetti, negli stralci del diario che il biografo riporta, ricorre molto spesso l’aggettivo “meraviglioso”: per lui è meravigliosa la Creazione, la Madonna con la sua bontà, ma anche ricevere la Comunione anche quando era costretto a letto, o lo stesso Gesù, «il nostro migliore amico», come lo definisce il 23 ottobre 1960, il giorno dopo quello in cui aveva iniziato a intuire la propria vocazione.

Anche pensare alla stessa vocazione è per lui meraviglioso, come annota a venti mesi – lo precisa lui stesso – da quella prima idea. Lo sono anche le esperienze che compie a Lourdes, dove va pellegrino dal 29 giugno al 3 luglio 1961 e la rassegnazione dei malati, dai quali Faustino è profondamente ammirato.

Variazione di “meraviglioso” è “fenomenale”: definisce così suo padre e sua madre (specie, per quanto riguarda quest’ultima, un giorno in cui la vede generosa con la loro domestica), il suo libro di meditazione prediletto, Il mio ideale: Gesù, Figlio di Maria, del padre marianista Émile Neubert (editrice Aldecoa, Madrid, 1941) e, di nuovo, la Madonna, la sua vocazione e l’atteggiamento dei malati a Lourdes che pregano non per essere guariti, ma intercedevano per coloro che hanno accanto.

In seconda battuta, mi ha stupito parecchio leggere che, accanto ai propositi, agli impegni per migliorare, alle confidenze col direttore spirituale, spesso Faustino annotava i risultati delle partite di calcio, sia del Valencia CF, sia della Nazionale spagnola, sia delle partitelle con i compagni di scuola.

C’è un punto preciso, quello del 17 agosto 1960, in cui, con totale sincerità, afferma di aver parlato con Gesù per dieci minuti sia dell’incontro Saragozza-Valencia, sia delle missioni (mancava poco alla Giornata Missionaria Mondiale, vissuta nel Collegio del Pilar con particolare intensità). Avrei ritrovato una confidenza analoga solo qualche anno dopo, negli appunti lasciati da Claudio Contarin, giovane vicentino.

Anche nel caso di Faustino, come per molti altri bambini, ragazzi e giovani Testimoni, l’esperienza della malattia non può e non deve essere considerata quella che caratterizza in modo principale la sua vita di fede (però ho ugualmente messo letichetta Sofferenza e malattia). È sicuro, però, stando a quel che racconta il suo biografo, che nei giorni della prima malattia, obbligato al riposo a casa, s’impegnò ancora di più nello studio, anzi, imparò a studiare davvero.

Anche il Rosario, che aveva deciso di pregare quotidianamente, pur non riuscendoci sempre – lo segnalava con puntualità al direttore spirituale – divenne la miglior compagnia delle sue lunghe giornate. Essere malato, quindi, ha contribuito a purificare la sua fede, il modo di viverla, e anche la sua sempre più “meravigliosa” vocazione.

Ho poi riscontrato un aspetto che non viene sottolineato molto da quanti conoscono e invocano Faustino: i suoi legami nella Comunione dei Santi, specie con personaggi effettivamente candidati agli altari. Essendo allievo dei Marianisti, aveva ben presente il padre fondatore: nel corso del Camping Europa del 1962, inoltre, visitò la sua tomba, al tempo a Bordeaux.

Leggendo le ultime pagine della sua vita, ho scoperto, con gran sorpresa, che Faustino aveva letto e meditato Cammino, di monsignor Josemaría Escrivá de Balaguer, il Santo fondatore dell’Opus Dei, che all’epoca era ancora vivo (sarebbe morto nel 1975; l’edizione che Faustino aveva letto era la diciottesima, del 1960). Aveva chiesto alla madre di tenere sempre a portata di mano, sul suo comodino, un foglio su cui aveva trascritto, in quest’ordine, i punti 169, 144, 208, 229, 690, 758, 660; sono tutti relativi a come vivere il dolore e trovare la felicità nella Croce.

Sul retro dello stesso foglio, in modo ormai non troppo sorprendente da parte sua, aveva scritto la formazione della partita che non sarebbe riuscito ad andare a vedere allo stadio, né aveva le forze di vedere in televisione. Era l’altro rammarico che, insieme a quello, molto più imponente, per la vocazione che sembrava non concretizzarsi, aveva confidato al direttore spirituale, venuto a trovarlo tre giorni prima della sua morte.

Faustino aveva un altro alleato per vivere da cristiano la malattia: Rafael Arnáiz Barón, fratello oblato trappista, morto nel 1938 per una grave forma di diabete mellito, canonizzato nel 2009. Altrettanto a portata di mano, negli ultimi mesi, aveva un santino sul quale era riportata una sua lunga meditazione, indirizzata a un amico militare, in cui l’invitava a seguire Gesù anche se malato.

Peraltro, dopo il nome dell’autore, Faustino aveva apposto la propria firma, come a dire che si riconosceva pienamente in quelle parole. Se ci fosse una nuova edizione della sua biografia, riporterei queste citazioni secondo la traduzione ufficiale italiana, sia di Cammino, sia degli scritti di san Rafael Arnáiz.

A sua volta, Faustino continua a essere un esempio per moltissimi fedeli, specie giovani. In Cile esiste il Movimento Faustino, quasi a compiere il suo desiderio di essere missionario in America del Sud.

Altre scuole dei Marianisti, compreso il suo Collegio del Pilar, hanno gruppi giovanili intitolati a lui. Di uno faceva parte Héloïse Charruau, una ragazza di Bordeaux che gli si affezionò ancora di più quando lei stessa si ammalò, per poi morirne, del morbo di Hodgkin.

Quanto agli aspetti che me lo rendono più affine, credo di ricondurli essenzialmente al fatto che anch’io scrivo un diario, a partire dal 1999 se non mi sbaglio: il primo quaderno mi fu donato dall’educatrice del gruppo adolescenti parrocchiale di cui facevo parte, quando lei passò la mano a un’altra ragazza.

In secondo luogo, anch’io cerco di ritagliarmi tempi di ritiro nel corso dell’anno, soprattutto tre giorni di Esercizi Spirituali. In quelli che ho vissuto finora ho sentito anch’io, come Faustino, che forse Dio mi parla.

Ci sono però persone che hanno un legame più forte del mio con lui: Vera Bonaita, maestra elementare e scrittrice di piccole biografie di ragazzi e giovani, e suor Franca Zonta, fino allo scorso anno superiora generale delle Suore Marianiste. In questa trasmissione di Radiopace, del programma Echi dell’anima, andata in onda il 1° giugno 2022, raccontano più diffusamente la sua storia e la sua spiritualità, collegandola anche al carisma marianista.

Il suo Vangelo

 

Avevo pensato di parlare di Faustino il giorno esatto del sessantesimo anniversario della sua morte, ma mi sono resa conto che cadeva in Quaresima, periodo nel quale, qui sul blog e sulle relative pagine social, m’impegno a non pubblicare nulla, tranne che a san Giuseppe e all’Annunciazione.

Mentre cercavo di capire se i siti istituzionali dei Marianisti avessero qualcosa di dedicato a lui, ho scoperto che l’Annunciazione è la festa patronale della Famiglia Marianista, nella quale, se ho capito bene, ciascun religioso, religiosa o laico fa memoria della propria vocazione.

Per Faustino, come ritengo di aver ormai capito, il dono della vocazione è stato la meraviglia più grande che gli potesse capitare. Saggiamente, il suo direttore spirituale lo ha accompagnato a capire se l’intuizione che gli aveva suggerito potesse svilupparsi.

A giudicare dal suo diario, è stato così: dapprima voleva essere religioso marianista, senza precisare se sacerdote o fratello, pur ammirando molto fratel Ignacio Otaño, che seguiva la Congregazione di Maria Immacolata, e fratel Javier Ascacíbar, il suo insegnante di Chimica.

Il 18 ottobre 1961, in una preghiera alla Madonna, dichiarò poi di voler essere sacerdote per poter tenere tra le mani il Corpo e il Sangue di Gesù, «la realtà più grandiosa che esista» (un’altra delle sue affermazioni entusiastiche). Nell’uno o nell’altro caso, aveva capito quale fosse il nocciolo della chiamata alla vita consacrata, in particolare a quella che sentiva già essere la sua famiglia religiosa.

Lo precisa in una riflessione scritta durante i suoi terzi Esercizi Spirituali ad Alacuás, il 25 gennaio 1962 (la riporto secondo la traduzione dell’ultima edizione della biografia Forse Dio mi parla):

Io credo che la mia vocazione è quella di amare Dio e di servirlo meglio che posso con tutte le mie forze, disposto anche a morire per Lui se è necessario. Non è forse morto Lui al posto nostro, a motivo dei nostri peccati? Come non corrispondere a un amore così grande con altrettanto amore, sia pure umano, ma grandissimo? Inoltre, non ci ha detto il Signore di amarci tutti come fratelli? È per questo che mi piace la vita religiosa.

Faustino aveva capito questo contemplando la Croce, fin da piccolissimo: sia così anche per noi, nell’imminenza della Pasqua.


Per saperne di più

 

José María Salaverri, Faustino – Forse Dio mi parla, Elledici 2012, pp. 92, € 8,00.

Uscita per la prima volta in italiano per Piemme nel 1986, è la biografia di Faustino scritta dal sacerdote marianista che fu direttore spirituale del collegio di Nostra Signora del Pilar a Valencia (è morto nel 2018).

Vera Bonaita, Faustino Perez, Velar 2022, pp. 32, € 5,00.

Il racconto illustrato della vita di Faustino, scritto in prima persona, per bambini dai sei anni in su.


Su Internet

Sito non ufficiale a cura di un devoto, in cinque lingue (italiano escluso), ma la sezione spagnola è più ricca.

Pagina Facebook ufficiale (aggiornata però al 2017, anno in cui i Marianisti lanciarono una campagna social per vivere la Quaresima insieme a Faustino).


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