Una famiglia di martiri e di “samaritani” - I Beati Józef e Wiktoria Ulma e i loro sette figli (Cammini di santità #52)
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L’immagine ufficiale esposta alla beatificazione (fonte: pagina Facebook della Conferenza Episcopale Polacca) |
Non per una svista ho saltato la ripubblicazione dell’articolo uscito su Sacro Cuore VIVERE nel numero di marzo, ma consapevolmente: mentre scrivevo, mi ero accorta di un anniversario significativo riguardante i personaggi di cui avevo scritto.
Così,
nel novantesimo anniversario del loro matrimonio, torno a occuparmi dei Beati
Józef e Wiktoria Ulma, martiri, e dei loro sette bambini, Beati anch’essi; il 7
luglio è anche la data della memoria liturgica dell’intera famiglia.
Ammetto
di aver scritto di corsa il primo post su di loro, per non deludere quanti, tra
i miei lettori, si aspettavano che me ne occupassi: mi è venuto così male che,
da allora, ho deciso di non scrivere post su Beati o Santi d’imminente
beatificazione o canonizzazione se non avessi, con loro, un legame consolidato
e perdurante nel tempo.
Già al tempo della beatificazione avevo suggerito al direttore di Sacro Cuore VIVERE di dedicare la mia rubrica a questa storia, ma ho trovato spazio solo a marzo di quest’anno. Stavolta penso di essermela cavata molto meglio.
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Nel
villaggio di Markowa, nel sud-est della Polonia, la vita scorre tranquilla fino
alla metà del 1942, quando anche nei dintorni viene applicata l’”Azione
Reinhard”, volta a sterminare tutti gli ebrei nel Governatorato Generale della
Polonia occupata dai nazisti. Il governatore Hans Frank, il 15 ottobre 1941,
aveva emanato un decreto che condannava a morte gli ebrei che avessero lasciato
i loro ghetti; analoga sorte toccava ai polacchi che li avessero ospitati.
Proprio
in queste circostanze, nel luglio 1942, uno degli abitanti di Markowa, Józef
Ulma, viene avvicinato da Saul Goldman, un ebreo con cui è in buoni rapporti.
Riceve da lui una richiesta: Saul ha bisogno di essere nascosto, per non fare
la fine degli altri ebrei uccisi nei dintorni in quello stesso anno.
Józef
si consulta con Wiktoria, sua moglie, come fa sempre quando deve prendere
decisioni importanti. Alla fine accetta: nasconde in casa Saul con i figli
Baruch, Mechel, Joachim e Moses, più due sorelle, Golda Grünfeld e Lea Didner;
quest’ultima porta con sé Reszla, sua figlia, ancora bambina.
I due
sposi sanno di esporsi a un grave rischio e che questo vale anche per i loro
sei figli; inoltre, Wiktoria ha in grembo una settima vita. Eppure, mossi dalla
compassione per questo loro compaesano, ascoltano la sua supplica. Anni dopo,
nella Bibbia che tenevano in casa, si scoprirà che il brano del Vangelo di Luca
con la parabola del buon samaritano è sottolineato con la matita rossa e
accompagnato da un’annotazione: la parola «Sì».
Józef, agricoltore
creativo e generoso
Józef
nasce il 2 marzo 1900 a Markowa, figlio di contadini. Frequenta solo quattro
classi di scuola elementare, integrati, dopo il servizio militare, con i corsi
alla Scuola agraria di Pilzno. È un agricoltore creativo: pur avendo un piccolo
appezzamento di terreno, riesce a farlo diventare uno dei primi vivai nel
villaggio. Progetta e realizza lui stesso le arnie per l’allevamento delle api
e coltiva con successo i bachi da seta.
È anche
molto impegnato sul piano sociale: dialoga volentieri con i membri del Partito
contadino e delle prime società di mutuo soccorso, anzi, lui stesso è per un
certo periodo a capo della Cooperativa dei produttori di latte di Markowa.
Alimenta la sua fede frequentando la parrocchia di Santa Dorotea, ma anche come
membro dell’Associazione della Santa Messa nella diocesi di Przemysl, sotto cui
ricade il suo villaggio, e della Gioventù dei Cattolici Popolari.
Sposa
Wiktoria il 7 luglio 1935: al loro matrimonio c’è l’intero villaggio, che stima
Józef per la sua disponibilità in tanti campi, compreso quello della
fotografia. È l’unico abitante, infatti, a disporre di un apparecchio
fotografico, con cui ritrae tanti momenti della vita contadina e della
famiglia, che ama con tutto sé stesso.
Col
passare del tempo, a molti appare strano che, pur essendo gli Ulma una famiglia
numerosa, acquisti grosse quantità di cibo. Altri scorgono persone estranee che
aiutano Józef nel lavoro, ma li scambiano appunto per degli aiutanti. Dal canto
suo, a chi cercava di fargli notare il pericolo imminente, il capofamiglia
replica: «Sono persone e non le caccerò via».
Wiktoria, madre
felice e premurosa
Wiktoria
ha dodici anni meno del marito: nasce infatti il 10 dicembre 1912, anche lei a
Markowa. Nella sua famiglia d’origine vige una regola: si deve sempre cercare
di aiutare chi arriva a chiedere una mano. Cresce quindi con questi
insegnamenti, diventando a sua volta sensibile ai bisogni degli altri.
Frequenta la scuola popolare con buoni voti; studia anche la lingua tedesca.
In
parrocchia fa parte di una compagnia teatrale amatoriale, nella quale un anno,
a Natale, interpreta la Madonna. Uno dei suoi fratelli, Franciszek, è amico di
Józef Ulma, il quale le chiede la mano, forse dopo averla conosciuta proprio
tramite il teatro parrocchiale.
Anche
Wiktoria diventa uno dei soggetti preferiti delle fotografie del marito: in
esse appare mentre è nei campi, durante gli impegni domestici, oppure a fianco
dei loro bambini. Spesso, parlando di loro, commenta: «I bambini sono come i
fiori: hanno bisogno di tanto amore, saggezza, attenzioni e cure adeguate».
Partorisce
tutti i figli in casa, nell’unica grande stanza comune, dietro il riparo di una
tenda. La sua cura per le faccende domestiche non è seconda a quella per
l’educazione dei figli. Nonostante la confusione e i tanti impegni, tra lei e
Józef i vicini non sentono mai nessun litigio. Le amiche in paese amano la sua
compagnia e il suo sorriso gentile.
Sei fratelli, anzi
sette
La
prima figlia, Stanisława detta Stasia, arriva il 18 luglio 1936, pochi giorni
dopo il primo anniversario di matrimonio. La seguono Barbara (Basia) il 6
ottobre 1937, Władysław (Wladzio) il 5 dicembre 1938, Franciszek (Franuś o
Franio) il 3 aprile 1940, Antoni (Antoś) il 3 aprile 1940, e Maria (Marysia),
il 16 settembre 1942.
Ancora
molto piccoli, imparano dai genitori il segno della Croce e le prime preghiere.
Mentre mamma Wiktoria si riprende dopo la nascita di Franio, papà Józef li
guida nella preghiera accanto a lei. Difficilmente i genitori si ritrovano a
rimproverarli; anche i compaesani ammirano la loro buona educazione e la
gentilezza con cui si esprimono.
Anche
loro compaiono in molte fotografie scattate da Józef. In una, dell’autunno
1943, compaiono insieme alla madre: Franio è in groppa a una pecora, mentre
Stasia, da buona sorella maggiore, tiene tra le braccia l’ultima arrivata,
Marysia. In altri scatti sono alle prese con le prime prove di scrittura,
oppure si aiutano a vicenda. Nel 1944 Wiktoria scopre di aspettare un settimo
figlio, che si prepara ad accogliere come gli altri sei.
La forza della
carità e la tenacia della preghiera
Nella
notte tra il 23 e il 24 marzo 1944, casa Ulma viene circondata: cinque gendarmi
tedeschi e tra i quattro e i sei “poliziotti blu”, membri del corpo di polizia
che collabora con gli occupanti, si dispongono attorno all’abitazione. Molto
verosimilmente è stato un loro compaesano, Wlodzimierz Leś, a denunciare la
presenza degli ebrei: tre vengono uccisi in soffitta, nel sonno, tutti gli
altri poco dopo.
I
gendarmi urlano a Józef e a Wiktoria di uscire di casa: forse lei capisce cosa
sta succedendo, perché conosce il tedesco. Prima ancora che possa replicare,
viene fucilata accanto al marito. I bambini piangono e chiamano i genitori, ma
anche loro vengono assassinati. Gli aggressori, terminato il massacro,
saccheggiano l’abitazione e i cadaveri, quindi festeggiano bevendo.
Quattro
o cinque giorni dopo, alcuni parenti e amici, rischiando a loro volta la vita,
vanno di notte a seppellire meglio i corpi. Uno di loro, Franciszek Szylar,
deponendo Wiktoria nella bara, si rende conto che, forse per il grande
spavento, il suo parto era iniziato prima che venisse uccisa: vede infatti la
testa e il petto della sua settima creatura.
Nel
1995 Józef e Wiktoria Ulma sono proclamati Giusti tra le nazioni, per aver dato
rifugio a quegli ebrei. Col passare degli anni, diventa sempre più chiaro che
solo la carità cristiana li ha portati ad agire così. Allo stesso tempo, i loro
bambini non vanno considerati vittime collaterali, ma frutto dell’educazione
cristiana e dell’amore verso il prossimo manifestati dai loro genitori.
Tutta
la famiglia viene inclusa nella causa di beatificazione e canonizzazione
intestata a Henryk Szuman e centoventun compagni, ma il 20 febbraio 2017 viene
concessa la separazione degli Ulma dagli altri Servi di Dio. Il 17 dicembre
2022 papa Francesco autorizza la promulgazione del decreto sul martirio: una
nota del Dicastero delle Cause dei Santi precisa che per la settima creatura
c’è stato un battesimo di sangue.
Nell’Angelus
del 10 settembre 2023, il Papa ricorda la beatificazione degli Ulma, avvenuta
il giorno prima a Markowa: «Questa famiglia polacca, che rappresentò un raggio
di luce nell’oscurità della seconda guerra mondiale, sia per tutti noi un
modello da imitare nello slancio del bene e nel servizio di chi è nel bisogno.
[...] E sul loro esempio, sentiamoci chiamati a opporre alla forza delle armi
quella della carità, alla retorica della violenza la tenacia della preghiera».
Originariamente
pubblicato su Sacro Cuore VIVERE numero 3 (marzo 2025), pp. 22-23
(visualizzabile qui)
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