Floribert Bwana Chui, concreto sognatore della pace

L’immagine ufficiale della beatificazione, 

Nuovo sole su Goma

opera di Stefano di Stasio

Fonte: blog di Andrea Riccardi



Chi è?


Floribert Bwana Chui bin Kositi nacque il 13 giugno 1981 a Goma, al confine tra la Repubblica Democratica del Congo e il Rwanda. Era il primo dei tre figli, tutti maschi, di Deogratias Kositi Bazambala e Gértrude Kamara Ntawiha, i quali si separarono quando lui aveva quattro anni (nacquero poi altri figli dalle altre unioni, quindi in tutto furono undici), ma non gli fecero mancare nulla, né sul piano dell’affetto, né dei beni materiali.

A undici anni, il 26 maggio 1990, ricevette il Battesimo e la Prima Comunione nella chiesa dello Spirito Santo a Goma; nello stesso luogo, il 19 maggio, gli fu impartita la Cresima. Nella stessa parrocchia, Floribert fu ministrante, lettore e membro del coro.

Fu uno studente brillante sia da ragazzo, sia durante la scuola secondaria, prima a Bukavu, all’Istituto Alfajiri, poi all’Istituto “Maman Sangara” di Goma, nella sezione Commerciale e Amministrativa; si diplomò nell’anno scolastico 1999-2000. Frequentò la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Goma (UNIGOM), iniziando in pari tempo a interessarsi di politica e a soccorrere le persone indigenti.

Nel 2001, si tenne un Congresso della Comunità di Sant’Egidio a Mbare (attuale Butare in Rwanda), a cui parteciparono alcuni giovani che, a loro volta, coinvolsero Valentin Ruzinge, amico di Floribert. Con loro formò un piccolo nucleo di comunità locale, nella parrocchia dello Spirito Santo, secondo i tre principi fondamentali della Comunità: preghiera, parola e poveri. In particolare seguì, come educatore volontario, la Scuola della Pace nell'orfanotrofio diocesano Baraza la watoto, a Goma.

Conseguita la laurea nel dicembre 2005, Floribert, insieme all’amico Dominique Ruzinge, fu ammesso a uno stage presso l’Office Congolais de Contrôle (OCC); terminato lo stage, entrambi vennero assunti. Floribert fu impiegato negli uffici della Direzione Generale a Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo, ma aveva nostalgia dei suoi cari. Ottenuto il trasferimento, tornò a impegnarsi ancora più convintamente in parrocchia e nella Comunità di Sant’Egidio. 

Il suo incarico, a partire dal 2007, fu di Commissario delle Avarie presso la dogana di Goma: doveva quindi occuparsi del controllo qualitativo delle merci importate, esportate e in circolo a livello locale. L’amministrazione pubblica congolese, però, era caratterizzata da episodi di corruzione, che raggiunsero anche Floribert: dopo che aveva fatto distruggere grossi quantitativi di alimentari avariati, che quindi avrebbero danneggiato la salute della popolazione, fu minacciato e avvicinato da alcuni funzionari, col tentativo di corromperlo, ma non cedette, per non mettere a rischio la vita della sua gente.

Il 7 luglio 2007, poco dopo il suo ventiseiesimo compleanno, fu vanamente atteso negli impegni che aveva per quella giornata: intorno alle 12.30 fu rapito da persone rimaste sconosciute. Dopo due giorni di ricerche, fu ritrovato cadavere davanti all’Université Libre des Pays des Grands Lacs di Goma: aveva addosso gli stessi vestiti del giorno in cui era stato rapito, ma aveva anche segni di torture e percosse.

In seguito alla perdurante fama di martirio che aveva accompagnato Floribert, fu istruita l’inchiesta diocesana nella diocesi di Goma dal 22 novembre 2016 al 9 dicembre 2018. Il 25 novembre 2024 papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto sul martirio.

La Messa con il rito della beatificazione è stata celebrata domenica 15 giugno 2025 nella basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, perché da sei mesi, nel Kivu, è tornata la guerra. La memoria liturgica del Beato Floribert ricorre l’8 luglio, giorno della sua nascita al Cielo (l’autopsia aveva stabilito che era morto tra il 7 e l’8).


Cosa c’entra con me?


Prima della beatificazione, la storia di Floribert mi era nota perlomeno di nome. Sapevo che era uscita una sua biografia, ma non me ne ero interessata, perché mi domandavo quale ragione ci fosse per definirlo “martire” se la Chiesa, su di lui, non aveva ancora espresso il proprio giudizio ufficiale.

Nel 2022, visitando la chiesa di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, nel corso del pellegrinaggio a cui mi ero unita per partecipare alle canonizzazioni di quell’anno, non mi ero soffermata più di tanto nella cappella dov’è conservata la sua Bibbia, osservando insieme le memorie e le reliquie di altri personaggi di cui avevo già approfondito la conoscenza.

Due anni più tardi, sono tornata a San Bartolomeo per incontrare, insieme agli autori del libro Nuovi Martiri, a cui stavo collaborando, monsignor Adriano Cevolotto, vescovo di Piacenza-Bobbio, che proprio in quella chiesa avrebbe consegnato una reliquia (una stola, per la precisione) di don Giuseppe Beotti, beatificato pochi mesi prima e anche lui incluso nello stesso volume.

Il memoriale dei Nuovi Martiri del XX e XXI secolo era stato nel frattempo rimesso a nuovo: alcune memorie erano rimaste nella chiesa, ma la maggior parte era stata riallestita nei sotterranei. I pellegrini piacentini erano stati invitati a visitarlo, ma io ero impegnata a seguire gli autori mentre cercavano di agganciare il vescovo, quindi mi sono persa la visita guidata.

Quando la situazione si è fatta calma, sono scesa nel sotterraneo (anche lì c’è una reliquia di Floribert, ovvero il suo tesserino di riconoscimento). Immediatamente, ho avvertito di non essere del tutto da sola: centinaia di storie erano lì ad aspettarmi e, soprattutto, m’invitavano a non essere così rigida nel considerare martiri unicamente quelli col relativo decreto approvato dal Dicastero delle Cause dei Santi.

Quando invece è toccato a Floribert il riconoscimento del martirio in odio alla fede, meno di un mese dopo che il suo caso era stato trattato dal salesiano don Aimable Musoni nel corso del convegno di studio su martirio e offerta della vita all’Augustinianum di Roma, non mi sono stupita troppo: ho invece pensato che fosse il momento giusto perché la Comunità di Sant’Egidio, che tanto si è spesa perché non venisse dimenticato il sacrificio di tanti cristiani, vedesse il riconoscimento di quello che, per usare una terminologia antica ma non troppo, di fatto era il suo protomartire.

Quando la data della beatificazione si è fatta più vicina, anzi, non mi pare sia stata minimamente toccata dall’incertezza dovuta alla morte di papa Francesco, non ho ritenuto necessario apportare grossi aggiornamenti al suo profilo sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni, perché mi sembrava già a posto. Per questa ragione, non mi ero nemmeno procurata la biografia uscita per l’occasione.

Il giorno dopo la beatificazione, ovvero lo scorso 16 giugno, sono stata collegata in diretta con il programma Verso gli altari di Padre Pio TV. Quando il conduttore mi ha chiesto se mi fossi occupata, qui sul blog, dell’ormai Beato Floribert, ho faticato a non far trapelare il mio dispiacere per aver deluso lui e gli altri lettori (nel video si vede benissimo), ma ho promesso che me ne sarei interessata anche grazie ai miei conoscenti nella Comunità di Sant’Egidio qui a Milano. Da loro ho ricevuto l’invito ad attingere ai materiali presenti sul sito istituzionale, mentre la biografia era appena stata pubblicata; la data della prima memoria liturgica dopo la beatificazione poteva essere decisamente propizia per parlarne.

Ho seguito quindi i consigli dei miei conoscenti, così da cercare di capire se tra me e Floribert potessero esserci punti di contatto. Purtroppo credo che ce ne sia solo uno, ovvero il fatto che anche lui, come me, esprimeva la fede col canto: in particolare, implorava Dio perché per la sua patria e per l’Africa tutta venisse un tempo di pace, anzi, di risurrezione.

Inoltre, anche a me è accaduto di seguire, come volontaria, i doposcuola parrocchiali, anche se la Scuola della Pace di Sant’Egidio non è definibile solo come un sostegno post-scolastico; sinceramente, riconosco che non sono mai stata molto paziente, come invece dev’essere stato lui.

Più in generale, riprendendo gli appunti del convegno, ho appurato che il suo martirio può essere contestualizzato in un ambito socioculturale nel quale essere cristiani costituiva un modello di vita alternativo. Qualcosa di simile mi era parso di vedere a proposito della Beata Maria Clementina Anuarite Nengapeta, Suora della Sacra Famiglia di Wamba (qui il mio post su di lei), citata da papa Francesco nello stesso discorso allo stadio di Kinshasa in cui, poco dopo, ha menzionato anche lui: già oggetto di persecuzione da parte dei ribelli Simba, si rifiutò di essere presa in moglie, con tutto quel che ne conseguiva, da parte di uno dei colonnelli ribelli. Nel suo caso, quindi, la verginità consacrata costituiva qualcosa d’incomprensibile e, di conseguenza, da eliminare.

Tornando a Floribert, don Carmelo Pellegrino, interpellato da Raffaele Iaria per l’agenzia Si, ha sottolineato come le vicende martiriali siano variegate, ma hanno tra gli elementi in comune l’avversione del persecutore contro la fede cristiana o le virtù a essa collegate; nel suo caso, quindi, è stata colpita la sua tenacia nel non cedere all’ingiustizia. La ragione di questa scelta è basata sulle conseguenze a cui sarebbe andata incontro la gente che avrebbe consumato quel cibo avariato: malattie, per non dire morte.


Ha testimoniato la speranza perché…


La beatificazione di Floribert risulta particolarmente attuale nel contesto del Giubileo 2025 perché il tema della speranza ha costantemente caratterizzato la sua vicenda umana. La vita in parrocchia l’aveva educato a essere attento a chi poteva aver bisogno di lui: accettare di seguire la proposta della Comunità di Sant’Egidio appariva quindi una naturale conseguenza.

La sua speranza si è manifestata in molte occasioni: nell’aiuto offerto agli sfollati dopo l’eruzione del vulcano Nyiragongo, nel 2002 (lui stesso perse la propria casa e si trasferì nello stesso quartiere dove, con gli amici di Sant’Egidio, andava ad ascoltare i poveri), ma soprattutto nell’impegno educativo nella Scuola della Pace, a partire dal 2004. Nei ragazzi di strada non vedeva tanto fautori di disordine, come indicava il nome dispregiativo di maibobo che la gente aveva affibbiato loro, ma germi di un futuro promettente per il loro stesso Paese.


Il suo Vangelo


Il Beato Floribert, come ogni Testimone, ancor più se martire in odio alla fede, non è circoscrivibile all’azione che ha condotto a toglierlo di mezzo, e non è nemmeno stato “bravo cinque minuti”, come ama ripetere padre Giovanni Alberti a proposito di santa Maria Goretti. Con tutta la sua vita ha puntato ad andare fuori dalla mediocrità, a distinguersi dalla massa, a non agire come farebbero tutti.

Una volta iniziata l’attività lavorativa, capì di essere chiamato a tradurre ancora più direttamente il Vangelo che da sempre seguiva e che, nello stile della Comunità di Sant’Egidio, gli sembrava ancora più palese e concreto. Con il suo comportamento voleva favorire il grande sogno che Dio gli aveva messo in cuore, espresso in queste parole, riprese da papa Leone XIV nella sua udienza dopo la beatificazione e tratte dalla Positio super martyrio:

Il Signore prepara un mondo nuovo, dove la guerra non ci sarà più, gli odi saranno cancellati, la violenza non si affaccerà più come un ladro nella notte … i bambini cresceranno in pace. Sì, è un grande sogno. Non viviamo, allora, per ciò che non vale. Viviamo piuttosto per questo grande sogno!

Sogno e concretezza, quindi, si compenetrano nella sua esperienza e in chi, nella Comunità di Sant’Egidio e non solo, sa di dover cambiare il mondo a partire da sé stesso.


Per saperne di più


Francesco De Palma, Il Vangelo della gratuità - Floribert Bwana Chui giovane martire africano per XXI secolo, San Paolo Edizioni 2025, pp. 144, € 10,00.

La biografia uscita per la beatificazione, a firma del postulatore (nonché amico di Floribert in gioventù), che rivede e riprende i contenuti del libro Il prezzo di due mani pulite, uscito nel 2014 per Paoline.


Su Internet


Pagina del sito del Dicastero delle Cause dei Santi su di lui 

Sezione del sito istituzionale della Comunità di Sant’Egidio su di lui

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