GPG Film: cinema per fede e per missione (Corona dei Testimoni # 3)
La GPG Film è il ramo cinematografico dell’Associazione Culturale GPG, fondata da Filippo Grilli e Dario Perego, educatori presso l’Oratorio San Luigi di Lissone (MB), e dal padre di Filippo, Giancarlo. Il suo scopo è comunicare i valori fondamentali della fede cattolica mediante la produzione di opere cinematografiche, che vedono la partecipazione di numerosi giovani sia davanti che dietro la cinepresa. Tutti gli utili ricavati dalla vendita dei biglietti e dei DVD dei film sostengono, di volta in volta, varie realtà solidali.
Dopo
l’esordio con Non puoi tuffarti due volte nello stesso fiume (2004) e
i primi piccoli successi locali con Se non in fotografia (2006), la GPG ha iniziato ad avere notorietà a
livello nazionale con l’opera seconda, Voglio
essere profumo (2010), seguita dal mediometraggio Dario. Una storia come tante (2011) e dal videoclip di Santa Libertà, canzone che segna il
momento centrale del secondo film.
Lo scorso 5 dicembre è stato
ufficialmente presentato l’ultimo lavoro, La
sabbia nelle tasche.
Cosa c’entrano con me?
La prima volta che ho sentito parlare della GPG è stata il 28 gennaio del 2009, quando una suora di Maria Bambina, a conoscenza del mio interesse circa Alessandro Galimberti, seminarista della mia Diocesi scomparso cinque anni addietro, mi ha riferito che alcuni giovani della sua città, Lissone, stavano per realizzare un film su di lui.
Alessandro è uno dei testimoni recenti a cui tengo di più, per cui ero
veramente felice di sapere che sarebbe presto uscito qualcosa di nuovo a
riguardo. In verità, temevo che sarebbe stata una produzione di bassa lega, con
un soggetto strappalacrime e che, come nella migliore tradizione delle miniserie agiografiche, sarebbe iniziata
con il protagonista morente che ricorda in retrospettiva la sua esistenza.
Ho quindi proceduto a cercare in
Rete qualche notizia in più, trovando una parziale consolazione: il soggetto
non avrebbe descritto con esattezza la vita del seminarista, ma l’avrebbe
filtrata attraverso cinque giovani, ciascuno con le proprie questioni irrisolte
circa la fede. In più, la sua rappresentazione sul grande schermo avrebbe avuto
un altro nome, Francesco, in modo da rendere la vicenda più universale.
Nel leggere il nome del regista,
Filippo Grilli, mi è venuto in mente che avevo già visto quel nome da qualche
parte: per la precisione, si trattava dell’autore di una testimonianza su
Alessandro, di cui era molto amico, pubblicato sul sito dell'Unità Pastorale in Lissone, poi Comunità Pastorale Santa Teresa Benedetta della Croce [aggiornamento 05/01/2024: purtroppo non è più online, nè reperibile da altre parti]. Vedere che lui aveva deciso di trasporre in
un film quanto la vita di quel giovane prossimo al sacerdozio gli avesse cambiato
la propria, ho deciso di non essere da meno, adoperando il mio talento in senso
evangelico per la scrittura.
Ho immaginato, infatti, che
all’uscita del film qualcuno avrebbe voluto sapere di più circa quel seminarista brianzolo: così, dopo aver dato fondo agli articoli che avevo trovato su di
lui, ho iniziato a stendere una bozza di un suo profilo, che volevo mandare a Santi, Beati e Testimoni, facendolo rientrare nella terza categoria, dato che per lui la causa di beatificazione non è in corso.
Mi mancavano, però, alcuni dati fondamentali circa la sua
storia di fede, che solo Filippo o i familiari di Alessandro avrebbero potuto
darmi. Non intendendo far soffrire ulteriormente i secondi, ho deciso di
contattare il produttore di Voglio essere
profumo, ma solo dopo aver informato del mio intento monsignor Ennio
Apeciti, il quale, da professore di
Storia della Chiesa in Seminario, aveva conosciuto il giovane.
Dato che il Monsignore tardava a
rispondermi, a causa dei suoi molteplici impegni, mi sono decisa a scrivere a
quelli della GrilliPeregoGrilli (al tempo,
la casa di produzione si chiamava così). Prima di iniziare la mia
corrispondenza con loro, però, avevo conosciuto l’interprete di Francesco,
Fabio Sironi, presso il Santuario della Beata Vergine di Caravaggio: entrambi,
infatti, eravamo lì per la chiusura dell’Agorà dei Giovani di Lombardia,
precisamente per accompagnare la veglia con il Gruppo Shekinah. Il mio nuovo
amico ha pazientemente ascoltato il mio racconto e mi ha rivelato alcuni
curiosi retroscena.
Nel corso di un lungo scambio
epistolar-elettronico, sia Giancarlo sia Filippo (ho scoperto solo tempo dopo
del loro legame di parentela) si sono rivelati disponibilissimi e felici di
vedere che la storia che volevano raccontare interessava già a qualcun altro.
Non solo: il 5 luglio mi sono ritrovata nella casella di posta un messaggio
inoltrato da Filippo, il cui mittente era il signor Luigi, padre di Alessandro,
che mi riferiva i dati che mi occorrevano.
Circa dieci giorni dopo, anche
grazie all’uscita su Il Segno, mensile
dell’Arcidiocesi di Milano, di un articolo su Voglio essere profumo, ho pensato che sarebbe stato bello chiedere
alle Figlie di San Paolo di pregare per la buona riuscita del film, esattamente
come il loro fondatore invitò a fare prima di lanciare l’apostolato del cinema;
dopotutto, le finalità dei Grilli collimavano con quell’apostolato specifico.
La Superiora della comunità di Milano mi ha accolta con piacere e si è detta
interessata a sapere di più sulla storia che stava a monte del film.
Col trascorrere dei mesi, Fabio mi
dava le ultime notizie circa la lavorazione, mentre io iniziavo a parlarne in
giro, sia per accrescere la conoscenza di Alessandro sia per invitare a pregare
per i suoi amici. Dopo nove mesi dal mio primo contatto, monsignor Apeciti mi
ha dato il suo benestare all’invio del profilo, che è stato pubblicato
il 20 gennaio 2010.
Non ho incontrato solo persone
interessate, ma anche altre che, riguardo al seminarista, mi hanno accusata di
anticipare il giudizio ufficiale della Chiesa su di lui. Ho confidato questa
preoccupazione a Filippo Grilli, il quale mi ha rammentato che la Chiesa non è
formata solo dalle personalità di rilievo che sono chiamate a guidarla.
Rassicurata in tal modo, ho aspettato con impazienza l’uscita del film,
continuando il mio compito di “ufficio preghiera”.
L’8 aprile 2010, finalmente, ero
seduta in una delle poltroncine del cinema Excelsior
di Lissone per l’anteprima di Voglio
essere profumo. Le mie aspettative, grazie a Dio,
sono state deluse: la scelta dei cinque personaggi, oltre a denotare una stima
per tutte le vocazioni all’interno della Chiesa, permetteva di capire un
aspetto diverso di Francesco, la cui figura è avvicinabile anche da chi non è
a conoscenza del suo alter ego nella
vita reale.
Gli unici elementi a sfavore, a mio avviso, erano la lunghezza del film, i dialoghi che a volte sembravano troppo letterari (ma c’è un motivo: la quasi totalità delle battute di Francesco erano tratte dagli scritti di Alessandro) e alcuni problemini causati dal sonoro in presa diretta. Nonostante questo, ho appoggiato in pieno l’iniziativa di Filippo e soci, tanto più che gli interi proventi dalla vendita dei biglietti e dei DVD sarebbero andati a due realtà missionarie in Costa d’Avorio e in Zambia.
Gli unici elementi a sfavore, a mio avviso, erano la lunghezza del film, i dialoghi che a volte sembravano troppo letterari (ma c’è un motivo: la quasi totalità delle battute di Francesco erano tratte dagli scritti di Alessandro) e alcuni problemini causati dal sonoro in presa diretta. Nonostante questo, ho appoggiato in pieno l’iniziativa di Filippo e soci, tanto più che gli interi proventi dalla vendita dei biglietti e dei DVD sarebbero andati a due realtà missionarie in Costa d’Avorio e in Zambia.
La conoscenza del giovane religioso paolino
Guido, inoltre, mi ha aperto una possibilità inattesa: far pubblicare anche
solo un trafiletto nientemeno che sulla rubrica dei lettori di Famiglia Cristiana. Ovviamente, prima di
procedere ho avvisato Filippo, il signor Giancarlo, don Ennio e il signor
Luigi; solo dopo aver avuto l’approvazione da parte di tutti, ho steso il mio
breve articolo e l’ho spedito a Guido.
Nel frattempo, avevo notato, negli
Ultimi Arrivi della Lista dei Siti Cattolici Italiani, la comparsa di un blog, La Luce in sala, il cui scopo era raccogliere notizie e recensioni
sul cinema che racconta la fede cattolica. Non ho messo tempo in mezzo e ho
contattato Filippo, il curatore del sito, che ha recensito Voglio essere profumo con toni entusiastici. Penso che sia stato
anche per merito della GPG e, ancor prima, della storia da essa raccontata, se
io e quel cinefilo cattolico siamo diventati dapprima corrispondenti
telematici, poi amici.
La mia foga propagandistica non si è
fermata lì: avevo già accennato di Alessandro alle Suore Apostoline, quindi la
direttrice della loro rivista di orientamento, SE VUOI, è stata ben lieta di pubblicare un mio intervento su di
lui e sul film, sempre nella rubrica dei lettori. Anche stavolta ho mandato a
chi di dovere la bozza del mio articolo e, dopo aver apportato le necessarie
correzioni, l’ho inviato. Per intercessione del Beato Giacomo Alberione, non
per merito mio, il Signore ha concesso che la GPG avesse, sia grazie a
quell’articolo sia al trafiletto, numerosissime richieste di DVD e di
proiezioni, anche da fuori Lombardia.
Il signor Giancarlo mi ha
ricompensata invitandomi, il 27 settembre 2011, alla presentazione per la
stampa del terzo lungometraggio, dall’evocativo titolo di La sabbia nelle tasche. In quella circostanza, mi sono improvvisata
corrispondente per La Luce in sala,
dato che Filippo non poteva essere presente, e ho posto alcune domande al suo
omonimo regista. Prima della conferenza stampa, avevo consegnato a Grilli senior un santino di don Alberione,
suggerendogli d’invocarlo come “produttore celeste”; per tutta risposta, l’ha
collocato nel punto del tavolo dove si sarebbe seduto suo figlio, che, nel
vederlo, ha sorriso, forse pensando che ci fosse il mio zampino.
L’attesa per l’uscita di questo
nuovo lavoro è stata per me meno spasmodica che per il precedente, ma non ero
certo poco speranzosa. Mi auguravo, infatti, di riuscire a produrre un giudizio
onesto, mentre per l’altro forse ero abbagliata dalla vicenda sottostante.
Anche stavolta ho invitato le Paoline a pregare per un esito felice, non solo
dal punto di vista economico, ma anche di impatto sulle coscienze.
Il tema trattato, stavolta, è
l’immigrazione, concretizzata nelle vicissitudini di Abdel Rahim. Nativo del
Marocco, si vede costretto dalla perdita del lavoro ad imbarcarsi su di un
gommone, per garantire una vita dignitosa alla moglie Mariem e ai loro tre figli.
Viaggiando attraverso l’Europa per raggiungere suo fratello Nasér, che vive in Italia,
incontra diffidenza e accoglienza in pari misura, portando sempre con sé la
sabbia del suo Paese, finitagli in tasca per una caduta prima della partenza.
Il racconto si dipana abilmente,
senza lungaggini eccessive. Il lavoro di montaggio ha esaltato la natura
d’azione della trama, anche se a volte i movimenti di camera, specie nelle
scene più vivaci, sembrano troppo bruschi.
La colonna sonora svolge
efficacemente il suo compito nel far capire allo spettatore dove Abdel si
trova: i melismi di una voce mediorientale accompagnano le scene ambientate in
Marocco, l’arpeggio di una chitarra classica descrive i momenti in Spagna,
mentre il suono di una fisarmonica allude alla Francia.
Quanto agli attori, nessuno è un
professionista, ma sono tutti consapevoli di avere una doppia responsabilità:
far passare del tempo in maniera proficua e lasciare un’impronta significativa.
Lo si vede soprattutto nell’interprete di Abdel, Lorenzo Pozzi, che è un po’
l’“attore feticcio” di Filippo: nel precedente film era Lorenzo, rampante
ingegnere reduce da una delusione amorosa. C’è anche spazio per qualche sorriso,
grazie alle suore francescane che accolgono lui e l’amico Samir in Spagna: sono
tratteggiate con simpatia e senza alcun disprezzo.
In ultima analisi, credo che La sabbia nelle tasche porti in sé un
messaggio universale: nessuno può affermare di conoscere veramente la persona che ha di fronte, ma può tentare di comprendere le motivazioni che l’hanno spinto, ad
esempio, a lasciare un Paese più o meno lontano.
Il loro Vangelo
All’anteprima per la stampa dello scorso 5 dicembre, non potevo fare a meno di domandare a Filippo come la GPG cerchi d’incarnare il Vangelo nelle proprie opere. Gentile come sempre, ha risposto che lo fa anzitutto creando un ambiente sano, in cui ciascuno è valorizzato per quello che è, indipendentemente dalla fede che professa (nel film, ad esempio, hanno lavorato anche comparse di religione musulmana).
Ha continuato spiegando
che, nelle ultime due produzioni, c’è un sottotesto evangelico: Voglio essere profumo concretizza il
primo precetto che compendia la Legge, «Ama il Signore tuo Dio», mentre La sabbia nelle tasche rappresenta il
secondo, «Ama il prossimo tuo come te stesso». Non a caso, il manifesto del
film cita espressamente la chiusura del grande discorso escatologico del
Vangelo di Matteo: «Ogni volta che avrete fatto queste cose a uno solo di
questi miei fratelli più piccoli, l’avrete fatto a me» (Mt 25, 40).
Per usare le precise parole del
regista,
Ai
giorni nostri c’è bisogno di testimoniare il Vangelo non con una campagna
elettorale, ma con la nostra pur fallace testimonianza.
È per questo che ho deciso d’inserire
quelli della GPG nella Corona dei Testimoni: perché il lavoro di gente come
loro appiana la strada al Signore che viene e porta ad accoglierLo nei più
bisognosi e lontani.
Su Internet
Pagina Facebook della GPG Film
[AGGIORNAMENTO 3/6/2020] Sul canale YouTube ufficiale della GPG è possibile vedere i retroscena dei film e alcuni estratti. Voglio essere profumo e La sabbia nelle tasche sono invece disponibili integralmente.
Grazie Emilia, precisa e attenta come sempre. Grazie per aver colto il nostro desiderio di voler annunciare la Buona Novella attraverso lo strumento del Cinema, con fermezza, ma in punta di piedi, con rispetto nei confronti di tutti e senza fanatismi.
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