Io c’ero #7: infiltrata speciale alla Missione Vocazionale
Ormai penso sia noto ai miei lettori più
fedeli, soprattutto da quando ne ho svelato le reali motivazioni, che sento un
legame speciale col Seminario della mia Diocesi e con chi vi abita, tanto da
essere stata definita “collezionista di preti” e “ultras del Seminario”. Non potevo, quindi, farmi sfuggire
l’occasione di prender parte, per quanto possibile, alla Missione Vocazionale
di quest’anno, tornata dopo tanti anni nella mia città, Milano.
Uno spiegone (che
non guasta mai)
Per i non ambrosiani, spiego che la Missione
Vocazionale è organizzata dal Seminario per fare in modo che i fedeli
riconoscano la necessità di stare vicini ai probabili futuri sacerdoti, ma
anche perché loro stessi (o meglio, quelli che frequentano il Quadriennio
teologico), incontrando varie comunità e realtà ecclesiali, possano maturare
nuove intuizioni per la propria vita. Dal 1999 ad oggi sono state toccate
parecchie zone della mia Diocesi: per limitarmi agli ultimi sei anni, ha
avuto come mete Erba, Pioltello, Bollate e Garbagnate, Melegnano e Vizzolo
Predabissi, Cesano Maderno e, lo scorso anno, Arcore. Essendo Milano molto più
vasta di questi paesi, l’azione è stata circoscritta al Decanato Città Studi,
nella periferia est della città.
Io abito ormai da due anni nel quartiere di
Gratosoglio, che invece sta a sud rispetto al centro, ma mi sentivo ugualmente
interpellata a partecipare. Certo, non potevo accogliere in casa mia nessuno e
neppure partecipare alle Messe con testimonianze da parte dei seminaristi,
figurarsi all’incontro per i 18/19enni e i giovani. Ciò nonostante, mi sono
imbarcata per un viaggio di un’oretta o poco meno per arrivare, ieri sera, alla
Basilica dei SS. Nereo e Achilleo, sul cui piazzale si sarebbe svolto un
concerto dei ParRock, il gruppo musicale di cui avevo già scritto.
Un’accoglienza
luminosa
Appena scesa dall’autobus, sono stata
raggiunta dalle note di un brano musicale. Mi sono allarmata subito, mettendomi
a correre: ero certa, per aver consultato il programma, che l’esibizione
sarebbe iniziata alle 21, ma ci volevano ancora venti minuti. Appena varcato il
cancello d’ingresso alla Basilica, mi sono tranquillizzata: erano solo le
prove!
Uno dei seminaristi fissa un braccialetto luminoso a un piccolo amico (foto mia) |
Mentre frugavo nella borsetta per trovare
il mio portamonete, ho visto arrivare una faccia nota: il nuovo Rettore, don
Michele. Anche lui mi aveva presente per avermi più volte incrociata nei
corridoi della Curia, dove mi recavo per commissioni parrocchiali. Gli ho
rivolto le mie congratulazioni, poi, per evitare fraintendimenti, gli ho
spiegato cosa mi avesse spinta ad attraversare la città pur di essere presente
almeno a quel momento. Già che c’ero, mi sono un po’ confidata con lui,
ricevendo il consiglio di continuare a voler bene ai suoi nuovi allievi.
Man mano che cominciava ad arrivare gente,
continuavo a notare facce già viste: ragazzi che seguo da più tempo, lettori di queste
pagine, il mio vecchio don del nuovo oratorio e un giovane prete con cui avevo
familiarizzato tre giorni dopo la sua ordinazione, residente proprio in quella
parrocchia. Ho domandato come stesse procedendo la Missione, ricevendo risposte
decisamente positive.
Non c’erano solo portatori (sani, spero) di
colletto, ma anche – anzi, erano la maggior parte – le famiglie ospitanti
presso le quali gli studenti del Quadriennio alloggeranno fino a domani e
moltissimi ragazzini. Vedere come molti dei “missionari” dimostrassero una certa familiarità con
loro, sia adulti sia giovanissimi, mi ha fatto sorgere una lieve invidia, a cui
è subentrato un pensiero più sereno: chi si prepara a diventare prete, sempre
se riconoscerà che quella è la strada su cui Dio lo vuole, deve imparare a
voler bene a tutti. Come mi diceva un attimo prima don Michele, sta alla
libertà di ciascuno come indirizzare rettamente la propria necessità di amare.
ParRock versione 3.0
Circa verso le 21, come da programma, è
iniziato il concerto vero e proprio. I più giovani sono stati invitati ad
avvicinarsi a non più di quattro metri dal palco, mentre per gli anziani erano
state predisposte alcune sedie. Mi sono quindi seduta per terra, mentre stava
per prendere posto il complesso che, per la circostanza, si presentava
rinnovato nel suo organico. Per una regola non scritta, infatti, una volta che
i membri si avvicinano all’ordinazione sacerdotale devono cedere il posto a
qualche compagno delle classi indietro.
Confermati Emmanuel Santoro alla batteria e Matteo Ferraretto alla chitarra, i membri ritirati sono stati sostituiti per il corrente anno pastorale come segue (tra parentesi la classe di studio): cantanti, Alessandro Bernasconi (III Teologia) e Michele Zoani (V); bassista, Giovanni Verza (IV). Membri di supporto per la scelta dei video proiettati sugli schermi accanto al palco, Davide Cardinale (III) e Daniele Battaglion (V).
Confermati Emmanuel Santoro alla batteria e Matteo Ferraretto alla chitarra, i membri ritirati sono stati sostituiti per il corrente anno pastorale come segue (tra parentesi la classe di studio): cantanti, Alessandro Bernasconi (III Teologia) e Michele Zoani (V); bassista, Giovanni Verza (IV). Membri di supporto per la scelta dei video proiettati sugli schermi accanto al palco, Davide Cardinale (III) e Daniele Battaglion (V).
A dirla tutta, nei giorni precedenti sono
stata preoccupatissima per le condizioni metereologiche: se ci fosse stato
maltempo, infatti, avrebbero suonato all’interno della basilica. Avevo paura che,
in tal caso, i miei amici si sarebbero attirati le ire di coloro i quali
preferirebbero che in chiesa suonasse solo l’organo e si eseguissero unicamente
composizioni pensate per la preghiera e la liturgia; per traslato, avrei
sentito quel rimprovero rivolto anche a me. Grazie a Dio, ieri il cielo era
quasi sgombro dalle nuvole: fossi stata nei due nuovi
cantanti, avrei citato il “discorso alla luna” di san Giovanni XXIII.
Per me era la quarta volta che sentivo dal
vivo il gruppo, dopo alcune esibizioni dello scorso anno. Non sono molto
ferrata sotto il profilo tecnico-musicale e mi lascio troppo trascinare dalle
emozioni, ma posso ammettere che mi hanno convinta davvero. Le canzoni, non
tutte tratte da un repertorio religioso reinterpretato per chitarra, basso e
batteria, erano collegate le une alle altre da un monologo scritto e
interpretato da Francesco Agostani (di III), ispirato dal brano di Vangelo da
cui la Missione aveva tratto il proprio versetto-guida, ovvero l’incontro di
Gesù con Zaccheo.
I racconti di altri tre giovani seminaristi, che seguivano le parti di monologo, mi hanno ricordato come non debba
interessarmi il modo in cui mi guardano gli altri, ma la profondità dello
sguardo del Signore sulla mia esistenza, che spinge a cambiare vita. Insomma,
come ha sintetizzato il Rettore, Lui vuole fermarsi a casa mia, ma solo io
posso aprire la porta.
Non so se i ragazzini ai quali mi sono
mescolata abbiano afferrato un minimo di quanto ho compreso io oppure se, in
modo molto più semplice, si siano goduti un paio d’ore di musica.
La Missione procede secondo un programma molto denso, che comprenderà, domani, un dibattito sul rapporto tra laurea,
lavoro e vocazione. Quasi quasi mi era venuta voglia di confondermi tra gli
universitari, particolarmente invitati a questo incontro, ma ho deciso di
lasciar perdere. Tra le regole che mi sono imposta per far sì che né io, né i
miei amici in Seminario siamo danneggiati dalla reciproca frequentazione ne ho fissata una, secondo cui mi è lecito andare a salutarli al massimo una volta
al mese, salvo imprevisti, e mai durante Avvento e Quaresima: di conseguenza,
per ottobre mi deve bastare la serata di ieri. Pregare per la buona riuscita
dei loro incontri, tuttavia, non mi viene impedito; per sapere come andranno mi
accontenterò di leggere il numero di novembre di La Fiaccola.
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