Marco Gallo, alla ricerca di “Colui che è vivo”



Arcabas, La Mort, chiesa di Saint-Hugues-de-Chartreuse, 1986
(fonte).
Chi è?


Marco Gallo era un giovane nativo di Casarza Ligure (GE), aderente a Comunione e Liberazione come tutta la sua famiglia. Viveva a Monza e studiava presso il Liceo scientifico “Don Gnocchi” di Carate Brianza (MB). La mattina del 5 novembre 2011, mentre si stava dirigendo a scuola in motorino, rimase vittima di un incidente stradale a Sovico, investito da un’automobile.


Cosa c’entra con me?

Mercoledì 16 novembre 2011. La Basilica di Sant’Ambrogio a Milano è gremita di giovani che stanno per concludere gli Esercizi Spirituali Serali del tempo di Avvento. Aspettano soprattutto l’intervento del cardinal Angelo Scola, da poco diventato Arcivescovo della Diocesi Ambrosiana.
Oltre a toccare alcuni dei temi a lui più cari, quali l’amore e il suo vero senso e significato, ad un certo punto (al minuto 30:12 del video che segue questo paragrafo), Scola legge ai presenti alcuni stralci di una lettera di un ragazzo, Marco, pubblicata su di un giornale.

Anch’io ero presente a quella serata. Nel momento in cui l’Arcivescovo ha menzionato quella lettera, ho notato che la mia vicina di posto ha scambiato uno sguardo con una ragazza di fronte a sé. Subito dopo, l’ho vista estrarre il suo Blackberry e mandare ad una certa Francesca Gallo un messaggio, che aveva come testo qualcosa come: “Sono a Sant’Ambrogio e l’Arcivescovo sta parlando di tuo fratello”.
Il modo in cui era stata presentata la testimonianza di quel ragazzo ha presto messo in moto la mia curiosità. Alcuni giorni dopo, mi sono messa a cercare con Google le parole “Marco Gallo” e “lettera”: uno dei primi risultati era una pagina del sito del settimanale Tempi. Insomma, la missiva di Marco era stata indirizzata a quella rivista e, poco dopo il suo incidente, venne scelta come editoriale per il numero 45/2011: ecco perché e dove il cardinal Scola l’aveva letta!
In seguito, ho proseguito le ricerche, imbattendomi in un articolo di Marina Corradi: la giornalista vi descrive le sensazioni provate dai familiari del ragazzo, abbattuti ma allo stesso tempo confortati dalla “compagnia” di cui fanno parte e dai consigli di don Julián Carrón, attuale successore di monsignor Luigi Giussani.
Le altre pagine web mi hanno permesso di capire un po’ di più la sua personalità vulcanica, che esprimeva praticando l’atletica leggera, precisamente corsa di velocità e salto ad ostacoli, nella società Atletica Monza e, ancora prima, nell’Atletica Lecco. Un altro elemento che mi ha colpita di lui era la facilità con cui metteva nero su bianco le sue impressioni e le sue scoperte spirituali: ad esempio, affiggeva al frigorifero di casa con delle calamite alcuni piccoli messaggi, che ora i suoi custodiscono con cura.
Non faccio parte di CL, però sento che la ricerca di questo giovane e la passione con cui viveva, stando a quello che ho letto, siano qualcosa che travalica le etichette che spesso noi uomini ci attribuiamo: lui ha cercato il Signore per tutta la vita, con l'aiuto di tante altre persone, e non è cosa da poco. 

Il suo Vangelo 

Il senso ultimo della testimonianza di Marco può essere riassunto nella frase del Vangelo (Lc 24, 5) che lui scrisse sul muro poco distante dalla spalliera del suo letto (l'Arcivescovo, invece, disse che era su di un biglietto): «Perché cercate fra i morti colui che è vivo?». 
Serviva a lui per capire dove cercare Gesù, ma anche il suo amico Giovanni, perito in un incidente molto simile a quello che poi gli sarebbe occorso. Quell’espressione, ora, continua a ricordarlo ai suoi cari, ai suoi amici e a tutti quelli che s’imbattono nella sua vicenda, che ho provato a sintetizzare in queste righe.

Commenti

  1. A due anni dalla scomparsa di Marco e dalla sua menzione agli Esercizi Serali, la sua lettera è stata ripresa, come tutto l'intervento sopra menzionato, nel volumetto "In cerca di felicità", a firma del cardinal Scola, recentemente edito dalla cooperativa In Dialogo.

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