Squarci di testimonianze #2: il cuore di don Fabrizio De Michino



Gregorio Marinaro, Vi darò un cuore nuovo, 2006 (fonte)

Proprio mentre mi apprestavo a pubblicare il lungamente meditato post sul seminarista Alessandro Galimberti ed ero da poco tornata dalle mie vacanze napoletane, ho appreso tramite due miei amici di Facebook (il primo in bacheca, il secondo con un messaggio privato), a cui poi se n’è aggiunto un terzo, un’ulteriore storia di sofferenza, sacerdozio e gioia.
Si tratta di don Fabrizio De Michino, trentuno anni, sacerdote da cinque. Originario del quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio (particolare curioso: mio padre viene proprio da lì), era stato destinato come vicario parrocchiale nel confinante rione di Ponticelli, presso l’antica Basilica della Madonna della Neve. Si occupava anche di curare la formazione dei candidati al sacerdozio dell’Arcidiocesi di Napoli, precisamente di quelli più prossimi all’ordinazione diaconale e sacerdotale. Il tumore che l’aveva aggredito, una rara forma prodottasi all’interno del cuore e diffusa poi al fegato e alla milza, ha posto fine alla sua esistenza terrena tre giorni fa, il 1° gennaio.
Leggendo la lettera che aveva indirizzato a papa Francesco poco prima di morire, mi sono tornate alla mente tante di quelle vicende analoghe, di cui sono venuta a conoscenza nelle maniere più disparate e di cui scriverò molto quest’anno. Come nel caso di Alessandro, mi sono domandata come possa aver vissuto un sacerdote, anzi, un credente diventato sacerdote, che scriveva in questo modo. Probabilmente, con lo spirito fiducioso e un pochino ironico che abita nella gente della sua terra, quello stesso che, come dichiara nella lettera, gli aveva portato a far davvero suo quel passo del profeta Ezechiele: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno Spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36, 26).
Non so come fosse il cuore sacerdotale di don Fabrizio. Forse i suoi stessi parrocchiani, che ora lo piangono, non lavranno pienamente compreso, oppure i seminaristi che l’avevano come educatore avranno trascurato i suoi consigli. Spero sinceramente che, come viene chiesto in ogni Messa e come lui stesso implorava quando celebrava, il Signore non guardi ai suoi peccati, ma alla sua fede, espressione di quella di un popolo intero.
Tra un mesetto proverò a scrivere a Ponticelli e al Seminario di Napoli, così da chiedere il permesso di scrivere un articolo più corposo e un profilo per santiebeati o, almeno, per avere una sua immagine-ricordo, che terrò insieme a quelle di tutti i sacerdoti, vivi e defunti, per cui nessuno potrà mai togliermi il compito di pregare, anche se non è normale per una giovane quasi trentenne come me.

Postilla per i miei lettori abituali: salvo cambiamenti di programma, il prossimo post sarà molto più leggero, oppure tratterò di gente viva e, in ogni caso, non di sacerdoti o seminaristi.

EDIT 29/01/2014: proprio stamattina, nello spazio della trasmissione di TV 2000 Nel cuore dei giorni precedente alludienza generale del Papa, sono stati ospiti il parroco della Basilica della Madonna della Neve di Ponticelli, don Ciro Cocozza, e padre Aniello Di Luca, per parlare di don Fabrizio. Ripropongo qui il filmato, per chi capitasse da queste parti in cerca dinformazioni.

 

Commenti

  1. Uhm, non so.
    Certo, come si suol dire, è buona cosa variare la "dieta" ;) però personalmente, al di là delle discutibili osservazioni sulla tua attenzione a persone che sono "solo" testimoni e non santi nè beati, a me non pare affatto strano che ci si possa appassionare così a queste vite - che si abbiano 30 o 60 o 90 anni, per dirla spiccia, perché sarà banale ma è assolutamente vero che l'età non c'entra: altrimenti i santi sarebbero per definizione roba da vecchie bacucche, da beghine che si dividono tra rosario e uncinetto... ah, oops, giustappunto materie tue XD XD XD

    Scherzi e pignoleria a parte, è giusto che tu presti un occhio di particolare riguardo a come presenti i testimoni, ma per quel che vale il mio parere è che tu l'abbia sempre fatto senza alcuna partigianeria, senza sbilanciarti e con grande tatto, anche se non asetticamente.
    E queste righe (in particolare su don Fabrizio e ancor di più su Alessandro) a me, senz'altro, han fatto bene. Ed hanno appena iniziato a farmene, proprio perché non si tratta di leggere un raccontino edificante e stop.
    Io piuttosto, sì, ho bisogno di approfondire ma con calma, ancor più che cautela, perché i due dati che più colpiscono (la giovane età e la morte per malattia) vanno a toccare certe corde legate a mio fratello (che a differenza loro non è diventato sacerdote, ma... vabbeh, ti faccio un po' ridere: negli ultimi anni prima di entrare in una struttura sanitaria aveva deciso, era convinto nel suo delirio di essere un vescovo. Hai presente la comodità di avere addirittura un vescovo in casa? ;) )

    Intanto un saluto.
    E grazie per questo tuo impegno.
    dc

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    1. Ma no, sono io che devo ringraziare te! Tra tante critiche, le quali - va detto - hanno avuto il merito di farmi correggere il tiro, considerazioni come le tue sono un vero balsamo per me.
      Ma ti rendi conto che questo articolo ha appena superato le 500 visualizzazioni nel giro di due settimane? Spero solo che chiunque passi di qui abbia ricevuto lo stesso beneficio tuo, altrimenti non avrò fatto bene il mio compito.

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    2. A chi passasse di qua in cerca di maggiori informazioni, suggerisco di cercare su Facebook la fanpage (ufficiale, se ho ben capito) intitolata proprio "Don Fabrizio De Michino". Figuratevi che l'ho appena scoperta anch'io!

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