Don Giovanni Bosco, maestro con un cuore di padre
Chi è?
Giovanni Bosco nacque a Castelnuovo d’Asti
(oggi Castelnuovo Don Bosco) il 16 agosto 1815, da Francesco Bosco e Margherita
Occhiena, la sua seconda moglie. Dopo la Prima Comunione, per sottrarsi alle
angherie del fratellastro Antonio, andò a lavorare presso la cascina Moglia.
Avvertita la vocazione al sacerdozio, studiò dapprima privatamente, lavorando
per pagarsi gli studi, poi, dal 25 ottobre 1825, presso il Seminario di Chieri.
Venne ordinato prete il 5 giugno 1841 e subito dopo passò al Convitto
Ecclesiastico di Torino, per studiare Teologia morale.
L’8 dicembre 1841, nella sacrestia della
chiesa di San Francesco d’Assisi a Torino, incontrò un giovane muratore,
Bartolomeo Garelli, che il sacrestano aveva rimproverato perché non sapeva
servire Messa. Fu il primo dei numerosissimi giovani che presero ad affollare
la sede, mutata più volte, di quello che divenne l’oratorio.
Nel 1854 fondò la Congregazione dei
Salesiani e, nel 1872, insieme a Maria Domenica Mazzarello, le suore Figlie di
Maria Ausiliatrice. Morì a Torino il 31 gennaio 1888. Beatificato da papa Pio
XI il 2 giugno 1929, venne canonizzato il 1° aprile 1934.
Cosa c’entra con me?
Non ricordo con esattezza il momento in cui
ho sentito parlare per la prima volta di don Bosco. Forse è stato quando ho
visto che una scuola elementare pubblica di Portici, dove trascorro le vacanze,
era dedicata a lui, ma non sapevo affatto che si trattava di un santo.
Ho iniziato a conoscerlo di sicuro tramite
uno dei libri della collana Fiori di
Cielo, come altri personaggi di cui ho scritto qui. L’aspetto che mi aveva
interessata maggiormente era la sua vicinanza ai bambini e ai ragazzi, con
tutta probabilità perché ero in quell’età.
Il momento preciso in cui ho capito
l’importanza e l’imponenza della sua figura, però, è stato nel 2004, quando ho
assistito a una rappresentazione del musical
In maniche di camicia, presso il
Teatro San Babila di Milano; per la precisione, era nell’ambito di una rassegna
teatrale sui migliori spettacoli musicali realizzati dalle compagnie amatoriali
parrocchiali ed era messo in scena dai giovani di un oratorio di Gallarate*. Lo
strumento del teatro nel teatro mi ha permesso di capire che la chiamata che
raggiunse il piccolo Giovanni tramite il celeberrimo sogno dei nove anni poteva
essere anche mia, se mi fossi impegnata ad ascoltare con attenzione quanto il
Signore mi andava dicendo. In particolare, mi aveva colpito il personaggio di
“Lei” che [INIZIO SPOILER] altri non è che la Madonna [FINE SPOILER], tanto da
immaginare, nel caso che quello spettacolo fosse stato rappresentato nella mia
parrocchia, di rivestire proprio quel ruolo. Purtroppo, nonostante i miei
sforzi, quel copione non venne considerato neppure negli anni a venire.
Delusioni teatrali a parte, quello
spettacolo ebbe l’effetto di farmi interessare maggiormente alla figura
protagonista. Sapevo che a Milano c’erano parecchie tracce della presenza
salesiana, ma conoscevo sì e no le Figlie di Maria Ausiliatrice che operavano
nel mio Decanato di provenienza. Proprio il 31 gennaio di almeno quattro anni
fa, se ricordo bene, sono andata nella loro scuola per assistere a un altro
spettacolo (ebbene sì: i testi teatrali su di lui si sprecano, ma non tutti
sono di facile reperibilità!), Don Bosco
S. P. A. – Società Per Amare. Da lì mi sono portata dietro l’idea che il
fondatore della Famiglia Salesiana fosse un vero scopritore di talenti nel
senso evangelico del termine: ha aiutato tantissimi a dissotterrare le loro
migliori qualità, tanto da spingerne alcuni sulla via della vita cristiana
perfetta, vale a dire la santità: per citarne alcuni, san Domenico Savio, che
non ha quasi bisogno di presentazioni, o il Beato Michele Rua, al quale promise
che avrebbe fatto tutto a metà con lui, tanto che divenne il suo primo
successore.
Nemmeno le sue suore sono esenti da questo
“vizio di famiglia”. Nei miei primi anni universitari, gironzolando per la
libreria Ancora in via Larga, avevo
adocchiato alcune pubblicazioni su di una ragazzina, Laura Vicuña, ma avevo
finito col prendere solo un suo santino. La sera in cui sono passata dalle Figlie
di Maria Ausiliatrice, una di loro mi ha passato un opuscoletto contenente le
relazioni di grazie attribuite ad alcune loro figure esemplari, tra le quali
c’era la stessa Laura, che fu loro allieva e attualmente è Beata. Avrei
qualcosina da dire anche su di lei, ma dato che quest’articolo è dedicato a don
Bosco, rimando a un’altra occasione.
Col tempo, ho imparato a conoscere altre
figure esemplari della Famiglia Salesiana, compresi almeno due personaggi
appartenenti alla mia categoria preferita, quella dei giovani sacerdoti. Tra
l’altro, anche il mio caro Alessandro Galimberti
è un po’ “salesiano”, dato che ha frequentato le superiori presso il loro Istituto
di Sesto San Giovanni.
Nel 2009 mi sono decisa a visitare la
chiesa retta dai Salesiani a Milano, Sant’Agostino, e a fare un giretto nella
libreria Elledici lì vicino (purtroppo, ho da poco saputo che è in via di chiusura),
che però era chiusa per inventario. Fu quella l’occasione in cui ho incontrato
il seminarista Alessandro Reggiani, di cui ho già raccontato in un post che,
chissà per quale motivo, è da sempre uno dei più letti.
Le mie visite a Sant’Agostino si sono
ripetute col tempo, in particolare quando volevo affidare all’intercessione del
Venerabile Attilio Giordani
gli educatori del mio oratorio. Ogni volta che ci andavo, mi chiedevo quando si
sarebbe presentata l’occasione di andare a Torino e di vedere coi miei occhi almeno alcuni luoghi salesiani.
Quel momento venne nel 2010, quando, in
occasione dell’Ostensione della Sacra Sindone, la Diocesi di Milano organizzò,
per il 6 maggio, un pellegrinaggio diocesano cui si unì anche la mia
parrocchia. Del nostro gruppo faceva parte anche una nutrita rappresentanza di
suore di Maria Bambina, alcune delle quali mi conoscevano già. Durante il
viaggio, ho fatto amicizia con un’altra di loro, di origini indiane, che era
più emozionata di me e mi ha aiutato a capire come questi viaggi della fede
debbano essere anzitutto occasioni di grazia.
Dal posto dov’ero seduta potevo ammirare da
vicinissimo la magnifica pala d’altare della Basilica e osservare l’altare
sotto il quale riposano i resti mortali di don Bosco. Finalmente, era venuto il
momento di affidargli il mio don dell’oratorio, che gli è particolarmente
devoto, e tutti quelli che, da lui aiutati, cercavano di essere uomini
completi, un po’ come avveniva a Valdocco quasi duecento anni fa.
Ero così rapita dal canto e dalle bellezze
religiose che avevo di fronte, da dimenticarmi che avevo con me la paletta che
segnalava il numero corrispondente al mio pullman. Appena me ne sono accorta,
sono corsa giù dal matroneo, arrivando giusto in tempo per la partenza verso il
Duomo di Torino.
A parte i ricordi personali, sento di avere
molto in comune con san Giovanni Bosco. Più che l’esperienza educativa, che mi
è stata preclusa a causa del mio carattere tendente al nervosismo, me lo sento
affine per l’opera di diffusione della stampa cattolica. Basti pensare alle Letture cattoliche, gli opuscoli da lui
predisposti in un’epoca dove ben altri poteri volevano dominare le masse.
Questo suo aspetto lo aveva fatto votare, a pari merito col Beato Giacomo
Alberione, come ideale patrono di Internet, in un sondaggio di dieci anni fa
(chissà, se venisse riproposto oggi, chi vincerebbe?).
Un altro aspetto che mi fa ricorrere alla
sua intercessione è l’interesse per le figure di santità (confermata o
presunta) giovanile. A parte il già citato Domenico Savio, lui tratteggiò le
biografie di altri ragazzi nei quali gli parve brillare in maniera speciale la
Grazia divina: Michele Magone e Francesco Besucco, ma anche il suo primo amico e compagno di
studi, il seminarista Luigi Comollo, e l’adolescente francese Louis Collé,
figlio di due nobili che sostennero economicamente la nascente Congregazione
salesiana. I miei profilini sono ben altra cosa rispetto alle sue opere, ma
cerco di essere animata dal suo medesimo intento.
Spulciando tra i libri della biblioteca di alcune suore che conosco, ho scovato almeno due storie di ragazzi che da lui hanno appreso come cercare di farsi santi: Tarcisio Candotti, che entrò tra i Salesiani ma morì nel 1941 a Betlemme, dove stava compiendo la sua formazione, e Umberto Urbani, un vivace ragazzino romano scomparso nel 1955, quand’era ancora Aspirante Salesiano. Di recente, poi, mi sono occupata del Salesiano Coadiutore Mario Di Giovanni, la cui fine tragica (agli occhi del mondo, almeno) mi ha fatto ricordare, per certi versi, quella di suor Maria Laura Mainetti.
Spulciando tra i libri della biblioteca di alcune suore che conosco, ho scovato almeno due storie di ragazzi che da lui hanno appreso come cercare di farsi santi: Tarcisio Candotti, che entrò tra i Salesiani ma morì nel 1941 a Betlemme, dove stava compiendo la sua formazione, e Umberto Urbani, un vivace ragazzino romano scomparso nel 1955, quand’era ancora Aspirante Salesiano. Di recente, poi, mi sono occupata del Salesiano Coadiutore Mario Di Giovanni, la cui fine tragica (agli occhi del mondo, almeno) mi ha fatto ricordare, per certi versi, quella di suor Maria Laura Mainetti.
Il suo Vangelo
Non si può parlare di san Giovanni Bosco,
tuttavia, senza prescindere dal suo carattere di educatore e non,
semplicisticamente, di filantropo, come purtroppo indica la tabella viaria
della strada milanese a lui dedicata presso uno degli oratori ambrosiani più
antichi, visitato da lui stesso, quello di San Luigi.
La nota barzelletta secondo la quale uno
dei misteri della Chiesa sia quanti soldi possiedono i Salesiani è motivata dal
fatto che, per accogliere il maggior numero persone di ragazzi, ci vogliono
strutture adatte a fornire loro il meglio possibile. Ma l’educazione non si
basa sulle strutture: lo sapeva benissimo, lui che accolse i suoi primi discoli
sotto una semplice tettoia. Ne era consapevole fino al punto di affermare:
«Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore e che solo Dio ne è padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l’arte e non ce ne mette in mano le chiavi» (Memorie Biografiche di san G. Bosco, XVI, 447) citato qui.
Così, mentre la mia Diocesi sta accogliendo l’urna contenente parte delle sue spoglie nell’ambito della peregrinazione che
si concluderà l’anno prossimo, bicentenario della sua nascita, penso agli
educatori laici, religiosi e sacerdoti che si spendono davvero senza riserve,
ma anche a quelli che, approfittando della loro autorità, danneggiano in vario
modo i “piccoli” che Gesù da sempre predilige. Lo sguardo paterno di don Bosco li
corregga e li accompagni in quel campo che spetta loro e che a lui fu prospettato
a nove anni, in quel sogno che davvero gli segnò la vita.
* Il copione e le musiche di In maniche di
camicia sono attualmente fuori catalogo. Per recuperarli, potreste rivolgervi
ad esempio all’oratorio di Gallarate,
oppure all’Oratorio Centro Giovanile “Don Bosco” di Marano di Napoli.
Per saperne di più
Teresio Bosco, Don Bosco la
magnifica storia, Elledici 2008,
pp. 304, € 6,90.
Uno dei maggiori esperti e divulgatori di
storia salesiana ripresenta, in un volume adatto a tutti, la vita del suo
Fondatore.
Aldo Giraudo, Scrivo a voi giovani – Appunti di
spiritualità salesiana, Elledici 2005,
pp. 48, € 2,50.
Un breve opuscoletto nel quale è don Bosco
stesso, nella finzione narrativa, a raccontarsi ai giovani, aiutandoli a
rileggere la loro vita alla luce della propria.
Cristina
Siccardi, Don Bosco mistico – Una vita
tra cielo e terra, Fontana di Siloe 2013, pp. 408, € 24,50.
Un poderoso volume utile a chi volesse
andare oltre le consuete narrazioni, osservando il suo rapporto con le realtà
soprannaturali.
Fondazione
Oratori Milanesi (a cura di), Da mihi
animas – Educatori alla scuola di don Bosco, In Dialogo
2014, pp. 48, €
4,00
Un testo dedicato in particolare agli
educatori degli oratori, prodotto in Diocesi di Milano nell’ambito della
Settimana dell’Educazione e in vista del passaggio dell’urna.
Su Internet
Sito dedicato alle opere edite di don Bosco, a cura dell’Ispettoria Salesiana del Nord Est.
donboscoland
Sito del Bollettino Salesiano, fondato dal Santo stesso e, a tutt’oggi, uno
dei periodici cattolici più longevi e diffusi.
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