Terra Santa 2014 #10: a Betlemme, dove il Verbo si fa ancora carne (quarta parte)
Dopo la disavventura per via dei
lacrimogeni di cui raccontavo ieri, è venuta una giornata molto più rilassante,
dedicata alle spese in ricordini e ai festeggiamenti con la gente della
parrocchia che ci ospitava.
Venerdì
15 agosto
Di
nuovo coi piccoli
Piccolo vocabolario arabo-italiano (a dire il vero, la foto è di tre giorni prima) |
Come scrivevo la scorsa settimana,
al momento di scegliere in quali attività impegnarmi al mattino, per quella
giornata avrei voluto dedicarmi alla cucina, per aiutare nella preparazione di
ingenti quantità di pizza da servire alla festa prevista per la sera. Purtroppo
i posti erano già tutti occupati, per cui ho dovuto nuovamente iscrivermi tra
gli animatori che stavano coi bambini.
Sono riuscita a ricordarmi, a
distanza di giorni, i nomi di alcuni di loro: George, iscritto a una scuola di
calcio; Lourdes, i cui occhi hanno lasciato stupiti parecchi miei compagni;
Renate (se si scrive così), nata senza l’udito da un orecchio perché, nel
momento in cui veniva partorita, ci fu un attacco aereo. Rendermi conto di
quella sua difficoltà ha avuto lo stesso effetto della visita all’ospedale
pediatrico: dovevo mettere in campo i mezzi a mia disposizione perché nessun
bambino come lei dovesse più soffrire in quel modo.
I
ricordini che volevo
Dopo il pranzo, preparato come
sempre dagli addetti alla cucina, era stato stabilito che avremmo avuto un po’
di tempo libero per comprare ricordini da portare a casa. Ciascuno di noi aveva
un elenco di gente a cui regalare qualcosa, anzi, qualcuno se l’era
effettivamente scritto su un pezzo di carta. Io avevo attuato un’altra
strategia: quasi in ogni luogo che avevo visitato in precedenza, avevo
acquistato almeno un paio di cartoline e/o segnalibri, così da decidere, una
volta arrivata a casa, a chi regalarli. Sicuramente, pensavo ai miei amici
della nuova parrocchia, ma non dovevo nemmeno dimenticare i miei parenti a
Napoli.
Come oggetti da prendere per me, ne
volevo soltanto due: una boccetta di olio di nardo e una perlina di legno d’ulivo.
Per il primo articolo ci avevo già pensato a Gerusalemme, mentre il secondo
necessita una spiegazione.
Alcuni anni fa, infatti, avevo
partecipato al Dies Academicus
organizzato dalla Biblioteca Ambrosiana per la classe di studi greci e latini,
che aveva come tema sant’Ambrogio e i barbari. Di lì a poco avrei dovuto
laurearmi proprio con una tesi su un’opera letteraria del patrono della mia
città, quindi avevo deciso di parteciparvi. Nel corso dei lavori, avevo
familiarizzato – e ti pareva, direte voi lettori – con don David, un giovane
sacerdote di nazionalità cecoslovacca; anche lui stava per concludere i suoi
studi romani con un elaborato sul nostro Santo.
Quando ci siamo salutati, gli ho
regalato un Rosario dei miei, che lui ha scambiato con quello che portava in
tasca: era in legno d’ulivo e veniva dal Monte Carmelo, precisamente dal
piccolo santuario di Muhraqa. Al momento di usarlo per pregare, mi sono accorta
che aveva qualcosa di strano: pur essendo integro (ma un po’ usato sì, cosa che
mi ha fatto molto piacere), gli mancava un grano tra la terza e la quarta
decina. Dopo aver deciso di partire, mi è venuta un’idea: a costo di girare
tutti i negozietti di articoli in legno, avrei trovato almeno una perlina per
rifare la mia corona come si deve.
Tra l’altro, volevo anche cercare di
riparare il rosario che avevo ottenuto, anche lì in cambio di uno di quelli
fatti da me, in cambio da suor Beatrice, a Nazaret, ma la cosa mi sembrava un
po’ difficile.
Alla
ricerca della perlina perduta
Mi sono unita a un gruppetto in
partenza e, con loro, sono andata in un negozio che ci era stato suggerito da
Elena, tenuto da un certo Giovanni. Era un tipo un po’ burbero, però, al vedere
tutta quella gente affollare il suo luogo di lavoro, deserto fino a poco prima,
si è prestato volentieri a darci spiegazioni. Supponendo che avrei trovato la
perlina più che in un posto simile, in una fabbrica come quelle scorte mentre
andavo alla Grotta del Latte, ho optato per un articolo diverso: una stella
cometa, sempre di legno, che mi piacerebbe mettere sul mio presepio al posto di
quella che uso di solito.
Lasciato Giovanni, ci siamo messi in
marcia lungo la strada che dalla Basilica della Natività portava alla Grotta
già menzionata. In piazza della Mangiatoia c’era un negozio via l’altro e i
prezzi mi sembravano grosso modo simili tra di loro. Contagiata dai miei
compagni, ho finito per acquistare un altro flaconcino di nardo, anche se mi
sembrava diverso dalla confezione che avevo già preso, sia per colore, sia per
il profumo che mi pareva molto più carico. Sono giunta alla conclusione che il
primo era olio e basta, mentre l’altro era più un’essenza per il corpo. In ogni
caso, il significato non variava: il dono completo di sé per far capire agli
altri che Gesù ci è vicino, a costo di farsi prendere in giro da chi ci sta
attorno.
Arrivata in via della Grotta del
Latte, ho iniziato a muovermi per conto mio; dopotutto, perdersi non era molto
difficile, o così credevo. Una volta uscita da un negozio a mani vuote e dopo
essermi guardata attorno, ho notato che non c’era più nessuno dei miei
compagni. Ho cercato di mantenere la calma e di ragionare: se avessi proceduto
in avanti, forse li avrei rintracciati.
Alla fine sono riuscita a sistemarle! |
Camminando in salita, a un certo
punto ho trovato la fabbrica che avevo intravisto il giorno prima. Appena
entrata, sono stata letteralmente investita dall’odore di segatura e di legna
tagliata, poi ho cercato qualche commesso che mi potesse aiutare. Quello che,
se ho ben capito, era il titolare, dopo aver capito la mia richiesta mi ha
concesso di prendere da un cesto la perlina che desideravo. A seguito di un
rapido confronto con quelle della mia corona, ho trovato quella giusta, anzi,
quelle, dato che lui mi ha concesso di prenderne altre; per non esagerare, ne
ho tirate su tre.
Per non fare esclusivamente la
figura della scroccona, gli ho fatto qualche domanda sull’andamento degli
affari. Mi ha risposto, con tono molto rammaricato, che un tempo aveva molti
più operai, ma a causa della guerra ne ha persi tre, che non possono più venire
al lavoro a causa del muro di separazione.
Uscita dalla fabbrica-negozio, ho
ripreso la strada in discesa. Come speravo, ho incrociato altri miei compagni,
non gli stessi con cui ero partita (tanto li avrei ritrovati una volta giunta
al nostro alloggio). Sono riuscita anche a rimediare qualcosa con cui sistemare
l’altro rosario, scoprendo una sostanziale differenza: il legno d’ulivo, oltre
ad avere un profumo tutto suo e a distinguersi per il colore, fa un rumore
diverso rispetto al legno “cinese” (così lo chiamavano i negozianti).
Alla fine, ritrovata la mia comitiva
iniziale, ho ripreso la via per la parrocchia greco-cattolica, dove di lì a
poco avremmo partecipato alla Divina Liturgia nella solennità dell’Assunzione
di Maria Vergine al cielo.
Prima
la mistica e poi… la mastica
La chiesa, che era la stessa dove celebravamo le nostre liturgie, era veramente stracolma. Dato che il rito si è svolto prevalentemente in lingua araba, ci erano stati forniti dei sussidi appositi; tuttavia, mi sono persa più volte, recuperando solo perché ogni tanto mi sembrava di udire parole in greco. Don – anzi, abuna – Bortolo ha concelebrato insieme al padre di Charlie e al fratello di lui, in funzione di diacono. A suscitare la nostra simpatia, inoltre, erano dei bambini che svolgevano compiti assimilabili a quelli dei nostri chierichetti.
Finita la celebrazione, ci siamo
portati nella piazzetta di fronte alla chiesa, la stessa dove al mattino
facevamo giocare i bambini, per mostrare ai loro genitori e agli altri
partecipanti alla festa le canzoncine e i balletti imparati insieme. Nel
frattempo, gli addetti in cucina avevano cominciato a sfornare le prime pizze:
non erano proprio uguali a quelle italiane, ma avevano un sapore tutto
speciale.
Terminati i giochi, mi sono diretta
verso alcune suore, che avevano lo stesso abito di sorella Rose, la religiosa
che avevo incontrato a Gerusalemme. Si trattava di un’altra comunità di Piccole
Sorelle di Gesù, che hanno bottega anche loro sulla strada verso la Grotta.
Purtroppo, quel pomeriggio erano chiuse, così non ho potuto acquistare uno dei Bambinelli
di terracotta tanto decantati da Elena. Ho colto quindi l’occasione per
intervistarle, ma penso che pubblicherò il risultato del nostro dialogo all’inizio
dell’Avvento ambrosiano.
Quando tutta la gente della
parrocchia se n’è andata, è venuto anche per noi il momento di assaggiare le
pizze. Margherita, vegetariana (con labneh,
cetrioli e zucchine), coi wurstel… ce n’era quasi per tutti i gusti!
Come il mio viaggio, anche questa
cronaca sta per volgere alla conclusione. La prossima puntata dovrebbe essere l’ultima,
ma ho in serbo una sorpresa per chiudere in bellezza!
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