Canti travisati (Le 5 cose più # 2)
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Per
il secondo appuntamento con la sezione “scema” di questo blog ho pensato di
rifarmi a una rubrica radiofonica, quella delle Canzoni travisate, che spopola su una famosa radio nazionale. In
parecchie occasioni, infatti, mi è accaduto di sentire o mi è stato raccontato
di canti religiosi o liturgici storpiati nel testo, per i più disparati motivi:
ignoranza linguistica, errori di stampa o semplici fraintendimenti fonetici.
Per ridurmi a cinque pezzi, come dalle regole che mi sono stabilita, escludo a
priori Canta il merlo sul frumento
per Tantum ergo Sacramentum e non mi
limito a brani in lingua latina. Spero che almeno un ghigno venga anche a voi!
5) E
Padre mio ti chiamerò (Paolo Paci – Duilio Preti)
(accordi
a pag. 7 di questo documento PDF)
Sul
libretto dei canti della mia parrocchia, questo brano è riportato come E Padre mio CHI chiamerò, esclusivamente
nel titolo e non nell’indice generale. Suona quasi come un interrogativo: chi
chiamare “Padre” con la maiuscola, se non Dio?
4) T’adoriam,
Ostia divina (Giuseppe Caruana – monsignor Carmelo Psaila)
Le
prime volte che l’ho sentito cantare, già in età della ragione, mi era parso di
udire che la seconda strofa facesse Tu
che porti la dolcezza. Quando poi ho avuto sottomano un libro dei canti che
riportava il testo, ho visto che recitava, invece, Tu dei forti la dolcezza, in contrasto con il successivo Tu dei deboli il vigor. Anche la mia
travisata aveva il suo senso, in fondo.
Facendo le mie ricerchine per dare la corretta
attribuzione, ho scoperto che l’autore del testo, monsignor Psaila, noto come
“Dun Karm”, ha firmato anche l’inno nazionale maltese. Nel 2013 questo canto ha compiuto cent’anni, come racconta quest’articolo del Malta Independent che ne descrive la
genesi compositiva. Non
potrà importarvi granché, ma a me andava di farlo sapere, ecco tutto.
3) Salve
Regina (canto gregoriano, melodia popolare)
Mi
sono accorta tempo fa che mia madre, quando cantava quest’antifona mariana al
termine del Rosario, pronunciava Esules
fili di Eden, al posto di Exules
filii Evae. Va detto che ci era andata vicino, dato che Eva abitava, prima
della caduta, nell’Eden. Da quando ho provato a correggerla, però, sembra aver
migliorato.
2) Jesus
Christ, you are my life (Marco Frisina)
Questo famosissimo brano della GMG del 2000 è entrato, grazie ai giovani partecipanti, nel
repertorio di numerose parrocchie. Il brutto è quando viene adoperato, come
ogni canto del resto, fuori da un contesto che non gli compete, come ad esempio
una processione eucaristica.
Una
mia amica, che si trovava in un paese dalle parti di Salerno, ha udito le
vecchiette del posto cantare, proprio durante una processione col Santissimo,
una loro personalissima versione del ritornello in inglese: per loro faceva Gizz’, craj, iurananai, alleluia alleluia.
Craj, in molti dialetti del sud, vuol
dire “domani”, dal latino cras. Ma
usare la versione italiana, Cristo vive
in mezzo a noi, pareva brutto?
1) Ti ringrazio, o mio Signore (musica di don Cesáreo Gabaráin)
Per concludere, ecco
uno dei pezzi che non sfigurerebbe in un’ipotetica classifica dei 10 canti più
“da panca”, ossia tanto conosciuti che perfino le panche delle chiese
potrebbero intonarli. Il punto è: con quale versione del testo?
Una delle strofe,
infatti, ha due varianti significative:
Quando
il cielo si vela
(o si tinge) d’azzurro,
io ti
penso
(o ti cerco), e tu vieni a me (o e tu sei
con me).
Non
lasciarmi cadere
(o vagare) nel buio,
nelle
tenebre che la vita mi dà.
Proprio la terza riga
ha creato qualche imbarazzo ai miei parrocchiani, abituati a cantare “cadere”,
quando sul libretto dei canti rinnovato era stato mutato con “vagare”, forse
perché l’idea di un Dio che lasci cadere i fedeli è decisamente lontana dal
messaggio evangelico. Insomma, alla gente capitava di sentire, i primi tempi: Non lasciarmi ca… gare nel buio!
Indagando
sulle varianti, ho trovato anche, in un post sulla pagina Facebook lontanodalmiopaese,
questa che riporto pari pari: NON LASCIARMI VAGARE NEL BUIO,NEI PROBLEMI CHE LA
VITA MI DA. Decisamente più prosastico!
Ancora
più terra terra, la variante che mi ha riferito il fidanzato di una mia amica:
sul libretto dei canti della loro parrocchia, è riportata come Non lasciarmi lottare da solo.
Considerazioni
Persone
più esperte di me hanno espresso il loro parere sulla necessità di fornire un
repertorio il più possibile unitario, sia a livello diocesano sia nazionale.
Nei fatti, invece, i libretti dei canti sono l’esatta concretizzazione del
vecchio adagio per cui “ogni sacrestia ha la sua liturgia”.
Penso
proprio che, se fossi un parroco, richiederei almeno che i testi vengano
uniformati in base a versioni attendibili e ufficiali, tratte dai repertori in
vigore o anche da quelli di associazioni e movimenti, non copincollate da
chissà quale sito parrocchiale.
Una
volta che il testo è esatto, bisogna essere consapevoli di ciò che si canta:
cuore, mente e intenzione devono essere il più possibile d’accordo, anche se la
melodia può sembrare troppo vecchio stile o eccessivamente moderna, o se i
termini adoperati paiono stucchevoli o necessitano di una spiegazione più
approfondita. Se poi capitasse ugualmente di sbagliarsi, producendo travisazioni
simili a quelle elencate sopra, pazienza.
Mi
sono limitata a cinque brani, ma ho come l’impressione che ne troverò altri,
prima o poi.
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