Delizie di Paradiso, ovvero i biscotti dei Santi (Le 5 cose più #13)
Da un'idea di Bridget Edwards (fonte) |
Oggi sono stata in una parrocchia dedicata a
san Biagio, invitata da un’amica. Oltre al tradizionale rito della benedizione
della gola con le due candele incrociate, lì si usa distribuire ai fedeli dei
biscottini a forma di pesce, i “Liscotti”. Non sono il primo caso di dolci
collegati a qualche santo di cui sono a conoscenza: alcuni sono prodotti di pasticceria,
altri sono nati dalla creatività di alcuni fedeli.
Un po’ basandomi sui miei ricordi, un po’
facendomi aiutare da Google, questa è la mia personale classifica dei cinque tipi
di biscotti (escludo zeppole e altre torte o simili) più “santi” della
tradizione italiana.
5) Biscotti di
santa Febronia
In
onore di:
santa Febronia di Nisibis (+ 305?)
Leggenda
all’origine:
non sono riuscita a ricostruirla, essendo la stessa Febronia un personaggio
dalle tinte leggendarie. La forma a cestino, invece, ha il motivo che indico
sotto.
Forma e
gusto:
la base è sempre la stessa, ma la “Mano di santa Febronia” è, appunto, a forma
di mano. Il “Cicilio” ricorda invece un cestello con delle uova sode intere,
come quelli che venivano portati in processione verso l’Eremo di Santa Febronia
a Palagonia, in contrada Coste.
Dove e
quando trovarli:
a Palagonia (CT), il 25 giugno, quando si festeggia santa Febronia, che è la
patrona di quella città. In ogni caso, qui (anche fonte per l’immagine) c’è la ricetta.
4) Biscotti di san
Martino
Fonte |
In
onore di:
san Martino di Tours (+ 397)
Leggenda
all’origine:
Martino era un soldato dell’esercito romano. Nel vedere un povero mendicante
che tremava dal freddo, tagliò in due il suo mantello e gliene diede metà.
Durante la notte, sognò Gesù che diceva ai suoi angeli di essere stato riconosciuto nel povero
proprio da Martino, che era ancora catecumeno, quindi non battezzato.
Forma e
gusto:
riproducono la figura di san Martino in groppa al suo cavallo. Sostanzialmente,
sono una base di pasta frolla decorata con glassa e caramelline. Per la sagoma,
potete ricalcare l’immagine che trovate qui (cliccate sull’immagine per
scaricarla) insieme alla ricetta.
Non vanno confusi con i biscotti di san
Martino che si mangiano in Sicilia, che non hanno la forma del santo a cavallo,
ma hanno l’aria di essere ugualmente deliziosi.
Ci sono anche dei biscotti tedeschi, i “Weckmänner”,
a forma di omino con una pipa di plastilina, che dovrebbe rimandare al
pastorale di san Martino, poi diventato vescovo.
Dove e
quando trovarli:
nelle pasticcerie di Venezia, verso l’11 novembre, giorno di san Martino.
3) Liscotti
Foto mia |
In
onore di:
san Biagio (+ 316 circa)
Leggenda
all’origine:
mentre era prigioniero per ordine del magistrato Agricolao, che credeva che i
cristiani fossero favorevoli all’imperatore d’Occidente Costantino, Biagio,
vescovo di Sebaste, venne visitato da una donna. Aveva in braccio un bambino, suo figlio,
che stava per morire perché una lisca di pesce gli si era conficcata in gola.
Biagio era esperto di medicina, ma in quella circostanza pregò il Signore e
comandò alla lisca di salire o scendere per la gola del malato. Il corpo
estraneo fu subito espulso e il bambino tornò alla vita.
Forma e
gusto:
sono dei semplicissimi pesciolini di pasta frolla, senza guarnizioni o ripieni.
Da non confondersi con i biscotti o
ciambelline di san Biagio (o “cuddureddi di San Mbrasi”, che per la loro forma
rotonda ricordano l’apertura della gola).
Dove e
quando trovarli:
nella parrocchia di San Biagio a Cassino Scanasio, quartiere di Rozzano, il 3
febbraio e la domenica successiva. Immagino che il ricavato delle offerte (non
hanno un prezzo, ma è bene lasciare qualcosina) vada per le spese della
parrocchia.
2) Falcastrotti
Fonte: profilo Facebook del Centro Pastorale Ambrosiano di Seveso |
In
onore di:
san Pietro da Verona (+ 1252)
Fatto
storico all’origine:
il 6 aprile 1252 Pietro da Balsamo, detto anche Carino, dietro mandato dell’eretico
Giacomo Leclusa, uccise il domenicano Pietro da Verona, Inquisitore generale
della Lombardia.
Forma e
gusto:
riproducono la forma del falcastro, ossia del grosso coltello con cui Carino da
Balsamo (che poi si convertì: qui il mio post su di lui) colpì sul cranio san
Pietro da Verona.
Anche questi hanno una base di pasta frolla, ma un tocco
particolare è dato dalla glassa rossa sulla lama del coltello: ricorda il
sangue del martire…
Dove e
quando trovarli:
al santuario di San Pietro Martire a Seveso, nella festa di Calendimaggio
(ossia tra il 29 aprile, data della memoria di san Pietro da Verona, e il 1°
maggio).
Nel 2016 il ricavato della vendita era andato a sostegno dei cristiani
di Aleppo, in Siria.
In
onore di:
sant’Ilario di Poitiers (+367)
Leggenda
all’origine:
mentre viaggiava verso Roma, passando per Parma, Ilario, vescovo di Poitiers, incontrò un
ciabattino. Costui notò che le calzature del vescovo erano distrutte a causa
del lungo viaggio e si offrì di ospitarlo in casa sua, il tempo di fabbricargli
un paio di stivali perché potesse proseguire. Tre giorni dopo, quando furono
pronti, lui se ne andò. Il calzolaio, al posto delle scarpe da buttare, trovò
invece due stivali d’oro.
Questa è la versione abbreviata della
leggenda, raccontata dalla sempre valida Lucia di Una penna spuntata in uno dei suoi Ma che sant’uomo!. Un’altra variante dice che il calzolaio gli
regalò subito delle scarpe nuove.
Forma e
gusto:
raffigurano uno stivaletto basso, ancora di pasta frolla. Li si trova o
interamente coperti di glassa, o con guarnizioni di cioccolato e zuccherini in
corrispondenza della suola e del collo del piede.
Il post di Lucia citato sopra riporta la ricetta
in versione classica. Una variazione più light,
invece, è qui.
Dove e
quando trovarli:
nelle pasticcerie di Parma, a ridosso del 13 gennaio, giorno in cui si ricorda
sant’Ilario.
Se volete fare una cosa doppiamente buona, potete chiederli alle Carmelitane Scalze di Parma: dal loro sito ho tratto l’immagine che ho inserito in questo paragrafo.
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