Don Eustachio Montemurro, “sacerdote di guardia” nel Costato di Gesù


Ritratto fotografico di don Eustachio,
ricavato da una foto di gruppo (fonte)
Chi è?

Eustachio Montemurro nacque a Gravina in Puglia, in provincia di Bari e oggi in diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, il 1° gennaio 1857, secondo dei sei figli di Giuseppe Montemurro e di Giulia Barbarossa. A partire dall’anno accademico 1875/’76 frequentò la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Napoli. Il 23 luglio 1879 ottenne il diploma speciale per l’insegnamento della matematica e delle scienze naturali, mentre il 23 agosto 1881 si laureò. Il 15 dicembre 1881 iniziò il servizio militare col grado di sottotenente medico, ma l’interruppe il 16 aprile 1882, per le conseguenze di una caduta da cavallo.
Tornato a Gravina, esercitò la libera professione medica su una vasta clientela, nella quale prediligeva i poveri, che curava spesso gratuitamente. Il 15 luglio 1883, poco dopo il suo ritorno, fu eletto consigliere comunale. Si occupò anche della direzione e dell’insegnamento in varie scuole.
Nel 1890, assistendo gli ammalati, contrasse un’infezione tifoidea. Durante la malattia, promise alla Madonna che, se l’avesse guarito, sarebbe diventato sacerdote. Mantenne la promessa oltre dieci anni più tardi: dopo un biennio di studi teologici accelerati, fu ordinato il24 settembre 1904. Fu nominato viceparroco della chiesa di San Nicola e Santa Cecilia a Gravina e, in pari tempo, continuava a curare i malati anche dal punto di vista medico.
La sua profonda conoscenza delle condizioni del popolo e del clero gravinese lo condusse a ideare due congregazioni religiose, che avessero come scopi la formazione di buoni parroci e l’educazione delle ragazze. Nacquero quindi i Piccoli Fratelli del Santissimo Sacramento, il 21 novembre 1907, e le Figlie del Sacro Costato, il 1° maggio 1908.
Entrambi gli istituti si espansero in altre diocesi della Puglia e della Basilicata. Tuttavia, monsignor Nicola Zimarino, vescovo di Gravina, influenzato da alcune voci relative alla conduzione delle due realtà da parte di don Eustachio, prima inviò una commissione di tre canonici a visitarle, poi domandò alla Santa Sede il decreto di soppressione, emesso il 21 febbraio 1911 e attuato nella sua diocesi quattro mesi dopo.
Don Eustachio, costretto a dimettersi dalla guida dei Piccoli Fratelli e delle Figlie del Sacro Costato, fu accolto, insieme al suo amico e confratello don Saverio Valerio, a Valle di Pompei, prestando servizio nel Santuario della Beata Vergine del Rosario e nella parrocchia del SS. Salvatore. Morì il 2 gennaio 1923 a Pompei, mentre le Figlie del Sacro Costato si apprestavano a scindersi in due congregazioni distinte (le Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria SS.ma Addolorata e le Missionarie Catechiste del Sacro Cuore).
L’inchiesta diocesana per la sua causa di beatificazione e canonizzazione è stata istruita presso la diocesi di Napoli dal 21 novembre 1992 al 23 giugno 1995. La “Positio super virtutibus” è stata consegnata alla Congregazione delle Cause dei Santi il 31 ottobre 2002. I suoi resti mortali riposano dal 20 dicembre 1936 nella cappella della casa madre delle Missionarie del Sacro Costato, a Gravina in Puglia.

Cosa c’entra con me?


Nel 2010 una mia cara amica, in vacanza a Poggiorsini, in provincia di Bari, mi disse di aver conosciuto le Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria SS.ma Addolorata. Le ho domandato se avessero qualcosa sul loro fondatore, per mia cultura personale. Quando ci siamo riviste dopo le vacanze, mi diede un piccolo libro su di lui e un santino. In quel modo, dunque, ho fatto la conoscenza di don Eustachio Montemurro.
La mia prima impressione fu di ammirazione per le opere da lui realizzate, ma anche di sconforto per come, almeno inizialmente, sembravano destinate a crollare. Intanto mi ero accorta che la sua scheda biografica su santiebeati.it era da rivedere, ma o per un motivo, o per un altro, finivo col desistere.
Due anni fa, quando avevo chiesto ai padri Rogazionisti del materiale su alcune loro figure esemplari, per non fare torto al fondatore, sant’Annibale Maria Di Francia, ho chiesto anche una sua biografia più ampia rispetto a quella che avevo già. Tra le sue pagine ho ritrovato don Eustachio, apprendendo come avesse affidato al Di Francia i suoi figli e le sue figlie nello spirito e, in un secondo momento, avesse autorizzato il passaggio dei Piccoli Fratelli superstiti tra i Rogazionisti. La curiosità è riaffiorata, ma l’ho accantonata di nuovo: non mi sembrava tanto urgente rivedere il testo su don Eustachio.
Di passaggio per Pompei, ho visto un libro su di lui, più ampio di quello regalato dalla mia amica. Sapevo che la sua vita si era conclusa all’ombra del Santuario della Madonna del Rosario, in effetti. Però, ancora una volta, ho ritenuto poco necessario comprare il volume, sperando di tornare lì in altre circostanze. Non ho rimandato, invece, in un altro posto, l’acquisto di un libretto su madre Teresa Quaranta, prima superiora generale delle Suore Missionarie del Sacro Costato dopo la scissione: ho quindi osservato, da un’altra prospettiva, il travaglio del fondatore.
Nel gennaio di quest’anno, finalmente, mi sono decisa a mettere mano alla scheda biografica. Come spesso mi accade, avevo cominciato a rivederla dal punto di vista dell’ortografia e della sintassi, poi ho cominciato a integrarla con altre informazioni. In breve, del testo originario era rimasto poco o nulla.
Per un ulteriore controllo, come faccio sempre, ho contattato chi ne sapesse più di me, ovvero la Casa generalizia delle Suore Missionarie del Sacro Costato. Speravo di poter parlare con la suora che aveva realizzato la biografia che avevo, ma mi venne risposto che era morta. In compenso, avrei potuto rivolgermi alla consorella che le era succeduta nell’incarico di seguire la causa del padre fondatore. Mentre parlavo con lei, ho ricevuto un invito: la prossima volta che sarei andata a Napoli, avrei potuto passare per Casa Montemurro, ossia per la loro comunità di Pompei, che ha sede nella stessa abitazione dove vissero lui e don Valerio.
Le suore mi hanno poi mandato il libro che avevo accantonato in libreria, insieme a qualche santino; ovviamente, ho corrisposto con un’offerta per la causa di beatificazione. Per cinque mesi circa ha stazionato nella pila di libri che devo ancora leggere, finché, in procinto di partire per il matrimonio di una mia cugina dalle parti di Napoli, ho deciso di metterlo in valigia.
Passato il matrimonio, ho chiesto ai miei familiari quando volessero andare a Pompei. Fissata la data, ho telefonato a Casa Montemurro, per comunicare alle suore il nostro arrivo. Quello che i miei non sapevano era che quello stesso sabato si sarebbe svolto il grande pellegrinaggio organizzato dall’Azione Cattolica della diocesi di Napoli, per cui era previsto un notevole afflusso di fedeli. Doveva essere per quella ragione che la suora con cui avevo parlato mi aveva chiesto quante persone fossimo.
Alla fine, sabato 25 maggio, con me c’erano mia madre e una delle mie zie. Appena uscite dalla stazione, non riuscivamo a trovare la casa delle suore, così ho telefonato. Avrei dovuto guardarmi bene attorno: era proprio dietro di me.
L’accoglienza è stata ottima e anche la spiegazione dei luoghi che abbiamo visitato. Un’ala della palazzina è stata riadattata a museo: una stanza è ancora come all’epoca di don Eustachio, coi mobili del tempo e il pavimento ripristinato a com’era alle origini, senza mattonelle. In un’altra stanza, invece, sono visibili i paramenti e i libri, liturgici e di meditazione, appartenuti o scritti dal fondatore stesso.
Un cimelio, anzi, una reliquia in particolare mi ha interessata: il confessionale, trasportato lì dal Santuario, dove don Eustachio confessava nelle prime ore pomeridiane. Come allora, una grossa scritta campeggia sopra la parte riservata al confessore: “Sacerdote di guardia del pomeriggio”.
Ho commentato che mia madre, la quale intanto confermava annuendo col capo, dice spesso che i sacerdoti non sono dissimili dai dottori: a volte, quando c’è bisogno di loro, bisogna fissare un appuntamento, oppure ricorrere a qualcun altro per urgenza, come si fa col medico di guardia. Questo parallelismo non dev’essere sfuggito neanche a don Eustachio, evidentemente.
C’era però una domanda che non ho rivolto né alla suora che ci ha fatto da guida, né alla consorella che segue la causa: come mai il dottor Montemurro avesse abbracciato il sacerdozio, mentre san Giuseppe Moscati no. Lo stesso interrogativo mi aveva colta sia mentre scrivevo di quest’ultimo, sia quando ho rifatto la scheda di padre Vittorio Maria De Marino, barnabita. Peraltro, entrambi gli furono contemporanei.
Mettendoli in parallelo, ho riconosciuto l’originalità di ciascuno: Moscati capì che il sacerdozio non gli era necessario, mentre Montemurro e De Marino avevano quel desiderio, a lungo accantonato per ragioni diverse.
Il primo perché era stato inizialmente orientato dallo zio don Leopoldo a non aderire allo stato clericale e perché era innamorato, ricambiato, di Carolina Loglisci. Tuttavia, il padre di lei non vide di buon occhio la relazione, perché lui era più povero. La morte di Carolina, raccontano i biografi, contribuì a farlo riflettere sulla caducità degli affetti.
De Marino, invece, fu allievo dei Barnabiti e aveva deciso da tempo di diventare uno di loro, ma ci riuscì solo dopo che gli morirono i genitori e la sorella, da lui curati con attenzione per ventitré anni.

Il suo Vangelo

Don Eustachio aveva un solo desiderio: fare del bene a tutti il più possibile, sia da medico, che in politica, che da sacerdote. Meditando continuamente sul Vangelo di Giovanni al capitolo 19, comprese che anche Gesù aveva voluto compiere opere di bene, fino a mostrare apertamente quanto amasse gli uomini morendo in croce per loro e lasciando che venisse perforato il suo fianco.
Seguendo l’interpretazione tradizionale del Cantico dei Cantici, vedeva, nell’amato (o nel “diletto” secondo la vecchia traduzione) cercato dall’amata in quel testo biblico, Gesù come Sposo della Chiesa. Intensificando la propria meditazione, capì come attuare a propria volta quanto gli veniva posto davanti nelle prove e nelle esperienze della vita:
Cuore amorosissimo del mio Gesù, per me squarciato dalla lancia di Longino, è proprio quella tua gran ferita di amore che mi accresce la fede, la speranza e mi accende di santa carità. Ed io in essa mi rifugio, in essa mi nascondo e m’inabisso; essa sarà la mia salvezza. [...] Diletto, [...], se Tu lo vuoi, quante opere belle in testimonianza dell’amore che io ti porto Tu mi farai fare.
Così scriveva nel suo diario spirituale il 12 luglio 1905, dichiarando la propria completa disponibilità al progetto di fondazione dei Piccoli Fratelli del SS. Sacramento.

Per saperne di più

Delia Trianni, Eustachio Montemurro – Servo di Dio, Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria SS.ma Addolorata 2004, pp. 112.
Il libro che mi diede la mia amica: presenta in sintesi i dati biografici, le attestazioni della sua fama di santità e i testi delle commemorazioni pubbliche compiute in occasione della traslazione delle sue spoglie a Gravina.

Alfredo Marranzini – Delia Trianni, Eustachio Montemurro – testimone e padre, Città Nuova 2010, pp. 192, € 14,00.
Biografia storica, con attenzione al contesto in cui visse don Eustachio e alle risposte che diede in tutta la propria vita ai problemi della Chiesa e della società.

Entrambi i testi possono essere richiesti alla Casa generalizia delle Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria SS.ma Addolorata.

MODIFICA 28/02/2020
Massimiliano Taroni, Eustachio Montemurro – Servo di Dio medico, sacerdote e fondatore, Velar 2020, pp. 48, € 4,00.
Piccola biografia appena uscita, reperibile anche in libreria e online.


Su Internet

Sito delle Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria SS.ma Addolorata
Scheda sullEnciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni

Commenti

  1. Che bella figura di servo di Dio, sono andata a scuola dalle sue suore!

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    1. Ma pensa! Dalle Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria SS.ma Addolorata o dalle Missionarie Catechiste del Sacro Cuore?

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  2. Dalle Suore Missionarie del Sacro Costato :-)

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  3. Don Eustachio Montemurro, Madre Addolorata Terribile e Madre Teresa Quaranta, conoscevano e frequentavano la serva di Dio Luisa Piccarreta, è molto probabile che lei gli parlo' della Scienza del vivere nella Divina Volontà l

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