Carlo Acutis e Aldo Marcozzi: le originalità e le somiglianze tra due “adolescenti eucaristici”
Piccole biografie tra ieri e oggi |
Ormai manca un mese esatto alla data della beatificazione di Carlo Acutis. A Dio piacendo, parteciperò al pellegrinaggio organizzato dal Servizio Diocesano di Pastorale del Turismo: ho già versato l’acconto e aspetto di sapere quando procedere al saldo.
Intanto, mentre rivedevo del materiale che avevo accumulato da tempo, ho scoperto che la frase più citata e attribuita a Carlo, ossia «Tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie», non è un suo pensiero, ma viene da una fonte di tre secoli fa.
Mi è successo consultando una piccola biografia di un ragazzo grosso modo suo coetaneo, che sembrava, come lui, avviato alla gloria degli altari.
Un piccolo antefatto
Non molto tempo dopo il giorno in cui le suore Figlie di San Giuseppe di Rivalba mi regalarono la prima biografia di Carlo, nello stesso negozio feci la conoscenza di un Fratello delle Scuole Cristiane, fratel Raffaele Norti.
Un collage di foto di Aldo (non so la fonte esatta; me lo ha mandato fratel Raffaele) |
Mentre parlavo proprio di lui con la suora incaricata di servire i clienti, il Fratello mi fece presente che ne conosceva una vicenda simile, da tempo caduta, a suo dire, in un oblio ingiusto. Era quella di Aldo Marcozzi, allievo dell’Istituto Gonzaga di Milano, nato a Milano il 25 luglio 1914 e morto nella stessa città il 24 novembre 1928 per una malattia intestinale, ovvero una forma di tifo. Mi fece poi avere qualche vecchio articolo che parlava di lui e un opuscolo biografico.
Alcuni mesi fa, dopo anni che non lo sentivo, ho contattato di nuovo fratel Raffaele, anche perché sentivo di dover aggiornare la scheda di Aldo su santiebeati.it. Ho letto con interesse un suo contributo, Aldo Marcozzi: un riferimento per i giovani, pubblicato su Rivista Lasalliana 2017 (84), pp. 1-16, che mi ha mandato, e rispolverato l’altro materiale.
Tra le pagine dell’opuscolo ho trovato, sorprendentemente, la fonte di quella frase che è diventata quasi il motto di Carlo, tanto da aver dato, tra l’altro, il titolo a un romanzo in cui un ragazzo viene a contatto con la sua storia.
La fonte della frase
L’opuscolo è …conoscete Aldo Marcozzi?!, a cura del Centro Diffusione Lasalliana di Villa S. Maria al Grappa – Bassano, Padova – Arti Grafiche Losego, 1958-1959. L’autore era fratel Leone Napione, all’epoca il Postulatore Generale dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Nel testo, immagina di dialogare con qualche ragazzo che desiderasse conoscere meglio Aldo e descrive la sua vita, anticipando gli interrogativi dell’interlocutore.
Ad esempio, racconta che Aldo baciava ripetutamente, prima di andare a dormire, sia un quadro ricordo della Prima Comunione, sia una stampa definita “vero ritratto della SS. Vergine Maria”. A pagina 18 dell’opuscolo, presenta questo dialogo (che riproduco così com’è, compreso “perchè” con l’accento grave; il grassetto però è mio):
- Ma queste non sono stranezze?
- Lo Young, che piangeva perchè «gli uomini nascono originali e muoiono copie», non avrebbe detto così. E io neppure. Le direi al più originalità, ma di tal genere da garantire la spontaneità e la schiettezza della devozione di Aldo.
Ho provato a cercare “born originals”, senza virgolette: tra i primi risultati compariva «Every man is born an original, but sadly, most men die copies», attribuita al presidente americano Abraham Lincoln, ma senza una fonte precisa.
Proseguendo la ricerca, ho riscontrato che la citazione completa è da Conjectures on Original Composition (Congetture sulla composizione originale), dell’inglese Edward Young, un saggio pubblicato nel 1759.
L’autore, un pastore anglicano che fu anche poeta, critico letterario filosofo, rivendica l’originalità nella composizione rispetto al riprodurre i modelli classici. Evidenzia tre effetti dannosi nello spirito d’imitazione, ma quello che m’interessa è il secondo, indicato in grassetto:
Secondly, by a spirit of imitation we counteract nature, and thwart her design. She brings us into the world all originals. No two faces, no two minds, are just alike; but all bear nature’s evident mark of separation on them. Born originals, how comes it to pass that we die copies?
(¶36 §162-164, vedi qui)
Tento una mia traduzione; anche qui, il grassetto è mio.
In secondo luogo, tramite uno spirito d’imitazione contrastiamo la natura, e ostacoliamo il suo disegno. Essa ci porta nel mondo completamente originali. Non ci sono due volti né due menti simili; ma tutti portano l’evidente marchio di separazione della natura su di essi. Nati originali, come accade che moriamo copie?
Due percorsi molto simili, anche a scuola
In effetti, i percorsi di vita e di fede di quei due ragazzi hanno molti punti in comune.
Anzitutto, i padri di entrambi erano lavoravano in ambito finanziario: Carlo (non è un errore: suo padre si chiamava così) Marcozzi era direttore di banca, mentre Andrea Acutis è legato alla Vittoria Assicurazioni. Proprio a causa dei suoi impegni di lavoro, il suo primogenito nacque e fu battezzato a Londra.
Tutti e due, poi, sono stati allievi di scuole paritarie cattoliche molto rinomate a Milano. Aldo, quando si trasferì coi genitori in via Benedetto Marcello 91, divenne allievo semi-convittore dell’Istituto Gonzaga. Fino alla terza elementare, aveva invece studiato in una scuola statale. Non era il più intelligente della classe, ma studiava ugualmente con profitto.
Carlo, invece, dopo pochi mesi all’Istituto San Carlo di Milano, ha frequentato elementari e medie all’Istituto Niccolò Tommaseo delle Suore Marcelline, nell’omonima piazza milanese. Anche in quel caso, il trasferimento era motivato dalla maggior vicinanza della scuola a casa sua; peraltro, si affaccia di fronte alla sua chiesa parrocchiale, Santa Maria Segreta. Per le superiori fu invece iscritto al liceo classico dell’Istituto Leone XIII dei padri Gesuiti, anche se lo frequentò per un anno circa, perché si ammalò e morì.
Anche il loro rapporto con i compagni di classe è punteggiato di analogie. Quando s’intrattenevano in discorsi considerati sconvenienti, bastava che qualcuno facesse notare che c’era Marcozzi: subito si cambiava argomento. Un’altra volta si avvicinò lui stesso a un compagno, per convincerlo a usare un linguaggio meno sboccato.
Neanche Carlo era il migliore studente della sua classe, anzi: alle medie, ha testimoniato la preside del Tommaseo durante il processo diocesano, si è preso qualche nota perché disturbava in classe.
In compenso, cercava di essere d’aiuto ai compagni che non erano abili come lui in matematica. Ha anche realizzato, per almeno uno di loro, una presentazione in PowerPoint in vista dell’esame di terza media. Prendeva poi le difese di un altro compagno, disabile mentale. Più in generale, appariva cordiale e amichevole anche con quelli che non erano della sua stessa classe.
Al liceo, il suo comportamento è migliorato, mantenendo anche le doti positive che già l’avevano contraddistinto. Il professore di religione che aveva al ginnasio, inoltre, ha ricordato come fosse stato l’unico della classe a sostenere, durante un dibattito, le ragioni della Chiesa contro l’aborto. Con le compagne era rispettoso e gentile: molto spesso ricordava loro che il corpo è tempio dello Spirito Santo.
Rosario, Messa e una differenza non da poco
Gli elementi che li accomunano di più sono però il Rosario quotidiano – «appuntamento galante» con la Madonna, lo definiva Carlo – e la Messa, anche quella ogni giorno. Secondo quanto hanno attestato i professori del Gonzaga, gli altri studenti restavano profondamente impressionati dal contegno di Aldo, specie quando si accostava alla Comunione.
Purtroppo, però, lui non era altrettanto fervoroso quando andava in vacanza, in estate a Cernusco sul Naviglio. La nonna paterna, la zia paterna e altri conoscenti, nel corso del processo diocesano – quindi le loro sono testimonianze giurate – hanno attestato che Aldo, in quel periodo, non andava a Messa così di frequente. Fu essenzialmente quella la ragione che spinse a decretare la fine della sua causa durante il processo diocesano, con l’intervento prima della Sacra Congregazione dei Riti, poi di papa Pio XII in persona.
A differenza di questo caso, le testimonianze sono concordi nel dichiarare che Carlo ricevesse ogni giorno la Comunione anche in vacanza: a Centola, paese non lontano da Palinuro, cui era legato per parte materna, e ad Assisi, il luogo in cui si sentiva più felice, che custodisce le sue spoglie mortali. Cercava poi di portare alla Comunione frequente anche i suoi cugini e i compagni di gioco.
Il segno più eclatante del suo amore per il Santissimo Sacramento è la progettazione di una mostra virtuale, disponibile anche su pannelli, sui Miracoli Eucaristici: non voleva, infatti, tenere per sé quanto aveva scoperto.
Quando divenne aiuto catechista nel suo oratorio, si rese conto che tanti bambini, ma anche i loro genitori, arrivavano impreparati alla Cresima, tanto da pensare che l’Eucaristia fosse solo un simbolo. Lui invece era sicuro che si sarebbero convinti del contrario, se qualcuno avesse presentato loro casi, confermati dall’autorità ecclesiastica, in cui il Pane consacrato era diventato carne.
Anche le apparizioni mariane furono oggetto di un sito progettato da Carlo stesso. Quando ancora non si parlava di una causa per lui, alla Messa in suo suffragio trovavo dei volantini sul Rosario, sullo Scapolare e sulla Medaglia Miracolosa. Se ho ben capito, come i siti citati prima, anche quei sussidi erano stati realizzati completamente da lui, sia sul piano testuale, sia della grafica.
Una morte improvvisa, ma non improvvisata
Le circostanze quasi fulminee delle loro fini terrene sono l’ultimo e più importante raccordo, ma non tanto per questioni anagrafiche. Riferisce fratel Leone che Aldo, nei suoi scritti e a voce, aveva più volte affermato di pensare spesso alla morte.
Quando si mise a letto per la malattia da cui non si riprese più, fece chiamare il direttore spirituale dell’Istituto Gonzaga, don Egidio Bignamini (poi arcivescovo di Ancona), perché non voleva fare nemmeno un’ora di Purgatorio.
Quanto a Carlo, la lettura del Trattato del Purgatorio di santa Caterina da Genova, ossia Caterina Fieschi Adorno, lo impressionò a tal punto da iniziare a cercare tutti i modi possibili per evitare di non poter ancora vedere Dio dopo la morte.
Di nuovo, non voleva essere salvo solo lui, ma che quanta più gente possibile potesse essere immediatamente introdotta nella vita beata. In questo senso rientrano le sue ricerche sulle indulgenze e sui modi per ottenerle, ma anche i suoi approfondimenti sui Novissimi, ovvero sulle realtà della vita ultraterrena.
Alcuni giorni prima di morire, quando sembrava che avesse solo un’influenza, dichiarò che voleva offrire le sue sofferenze, oltre che per il Papa e per la Chiesa, per andare dritto in Paradiso. I suoi non compresero quell’affermazione se non quando lo videro ormai in fin di vita, determinato più che mai a mantenere quella promessa.
Anche quel «Sono destinato a morire», trovato in uno degli ultimi filmati che aveva girato, può essere riletto, se non come una profezia, come una consapevolezza della propria finitudine.
L’originalità di Carlo
Con questo, non intendo dire che Carlo non sia stato originale. Non mi è stato possibile capire se sapesse che quell’aforisma veniva da quell’autore preciso, e neppure se sapesse che Young si riferisse all’originalità letteraria, ma forse non è così importante. Lo è molto di più riconoscere che ne abbia fatto la sua regola di vita. Dopotutto, neanche «Siamo nati e non moriremo mai più» era un pensiero originale della Serva di Dio Chiara Corbella Petrillo, però è stato assunto profondamente da lei.
Alla natura teorizzata dal pensatore inglese, il ragazzo ha sostituito Dio, anche se in maniera non esplicita. In questo modo, ha trovato la propria originalità e l’ha messa in campo con tutti i mezzi a propria disposizione, a cominciare dall’interesse per l’informatica. Invece di conformarsi a quello che la società poteva chiedere a uno come lui, è andato dritto per la sua strada, convinto che Dio era dalla sua parte.
Inoltre, piuttosto che riprodurre in ogni dettaglio un prototipo di bambino o ragazzo santo, come tanti vissuti in epoche più o meno remote – basti pensare ai santi Francesco e Giacinta Marto, che per Carlo erano comunque dei punti di riferimento – ha cercato come esserlo lui tra la fine del ventesimo secolo e l’inizio del ventunesimo, badando a sé stesso e a quello che il Signore gli suggeriva tramite i fatti della vita, aiutato da alcune guide spirituali e mosso dalla sua insaziabile curiosità.
In modo sorprendente e incredibilmente rapido, è dunque diventato a sua volta uno sprone per tanti, non solo giovani, a cercare il proprio unico posto nel mondo. A chi ora conta i giorni che mancano alla solenne celebrazione di Assisi non resta che emularlo, non imitarlo, come del resto bisognerebbe fare per altri personaggi autenticamente coerenti ed esemplari.
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