Madre Serafina Formai, lieta messaggera aiutata dalla Madonna del Buon Consiglio

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Chi è?

 

Letizia (al Battesimo, Rosa Clorinda Letizia) Formai nacque a Casciana Petrosa, frazione di Casola Lunigiana, in provincia di Massa Carrara, il 28 agosto 1876, primogenita di Evangelista Formai e Angela Scaletti. Poco meno che adolescente, era già catechista in parrocchia e stimata dal suo parroco, che le affidò il compito di custodire la lampada del Tabernacolo.

Iniziò a pensare alla consacrazione religiosa, vincendo le resistenze di suo padre. Il parroco la presentò a monsignor Alfonso Mistrangelo, Vescovo di Pontremoli e religioso dei Padri Scolopi, il quale l’indirizzò dalle Suore Calasanziane di Firenze, fondate poco tempo prima, nel 1889, da madre Celestina della Madre di Dio, al secolo Maria Anna Donati (beatificata nel 2009).

Letizia partì all’alba del 13 ottobre 1895 per Firenze. Dopo due anni di probandato, venne incaricata della cucina. Il 30 novembre 1897, con la vestizione religiosa, assunse il nuovo nome di suor Serafina di San Giovanni Evangelista. Durante il noviziato ebbe il compito di infermiera. Il 18 ottobre 1899, suor Serafina professò i voti perpetui e, poco dopo, venne nominata vice-maestra delle novizie e delle postulanti.

Si preoccupò costantemente della sorte degli uomini del suo tempo, offrendosi al Sacro Cuore di Gesù in riparazione dei peccati. Occasioni per soffrire non le mancarono, sia per ragioni di salute, sia per le incomprensioni con le superiore.

Rimandata in famiglia ma senza smettere l’abito religioso, si trovò davanti una situazione molto diversa da quella che aveva lasciato, a causa dell’influsso del comunismo. Per cercare di coinvolgere i compaesani, particolarmente gli uomini, promosse la costruzione di un monumento al Sacro Cuore e la fondazione di un Circolo Cattolico. Capì presto che altri paesi oltre al suo erano in situazioni simili, ma intanto continuava ad andare e tornare da casa, arrivando anche a dover smettere l’abito.

Riammessa tra le Calasanziane nel 1925, continuava a essere inquieta per la chiamata che sentiva di avere. Durante un nuovo soggiorno in famiglia, scrisse una lettera alla superiora generale, per sapere come comportarsi. La risposta le arrivò il 25 aprile 1929: era lasciata libera di agire, ma sarebbe stata comunque riaccolta in caso di fallimento.

Il 20 settembre 1931, quindi, aprì un asilo parrocchiale a Soliera Apuana. Il 4 ottobre 1932 monsignor Giovanni Sismondo, vescovo di Pontremoli, diede il proprio assenso alla fondazione delle Suore Missionarie Rurali, riconosciute come congregazione di diritto diocesano il 2 febbraio 1949.

Madre Serafina, che rinnovò i voti nella nuova congregazione e fu eletta superiora generale, trascorse gli ultimi anni cercando di ottenere l’approvazione pontificia (avvenuta dopo la sua morte), mentre la sua salute peggiorava gradualmente. Morì il 1° giugno 1954 nella casa generalizia di Pontremoli.

L’inchiesta diocesana della sua causa di beatificazione e canonizzazione si svolse dal 4 settembre 2005 al 1° giugno 2008 nella diocesi di Massa Carrara-Pontremoli. Il 12 febbraio 2019 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui madre Serafina, i cui resti mortali riposano dal 2006 nella cappella della casa generalizia, veniva dichiarata Venerabile.

 

Cosa c’entra con me?

 

Nell’estate del 2009 mi trovavo di passaggio per Cavi di Lavagna, insieme ad alcuni amici. Visitando una chiesa, trovai alcune immaginette di madre Serafina e una piccola biografia; le presi per la mia collezione, senza pensarci troppo.

Tre anni più tardi, cominciai a collaborare in pianta stabile con l’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni, il cui webmaster al tempo era seminarista nella diocesi di Massa-Carrara-Pontremoli e oggi è sacerdote. Una delle primissime schede che m’incaricò di completare fu proprio quella di madre Serafina, fornendomi anche i contatti della religiosa che avrebbe potuto aiutarmi a controllare se le informazioni che avevo scritto fossero corrette.

Mi diedi quindi alla lettura della biografia che già avevo, trovando un immediato punto di contatto con lei nel desiderio di poter contribuire, a mio modo, a riparare al male che vedevo nel mondo e attorno a me. La suora che mi era stata indicata gradì molto il mio lavoro e promise che mi avrebbe ricordata nelle sue preghiere.

Ero convinta che la causa di madre Serafina non avrebbe avuto sviluppi immediati, quindi non ci pensai quasi più. Fu quindi grande la mia sorpresa quando venni a sapere del decreto sull’eroicità delle virtù, a quasi dieci anni dal mio primo contatto con la sua vicenda.

Poco dopo, vidi che era in uscita una nuova biografia, quindi la ordinai dalla suora a cui mi ero rivolta in precedenza e che avevo ricontattato rivolgendole le mie felicitazioni per il decreto. Purtroppo l’ho lasciata a prendere polvere per quasi due anni, tanto che la suora stessa mi ha sollecitata a dedicare un post a madre Serafina.

Ho iniziato a pensare che l’occasione più propizia sarebbe stata a ridosso della memoria della Madonna del Buon Consiglio, a cui a mia volta (per le ragioni che ho indicato qui) sono molto devota. L’amore di madre Serafina per lei aveva radici che risalivano alla diffusione di quel titolo in Toscana da parte dei padri Agostiniani, custodi del santuario di Genazzano che custodisce l’immagine originale.

Proprio alla Madonna si rivolse in maniera speciale per comprendere se lasciare le Calasanziane e, quindi, avviare l’opera nuova a cui si sentiva chiamata. Cominciò una novena perché la risposta di madre Angela Palazzi, superiora delle Calasanziane dalla morte della fondatrice, si faceva attendere, promettendo che avrebbe dedicato la nascente congregazione, appunto, alla Madre del Buon Consiglio e allo Spirito Santo.

La risposta, come ho indicato nel paragrafo biografico, arrivò il giorno prima di quello in cui è commemorata la Vergine con quel titolo, o meglio, nell’anniversario della “venuta” della sua immagine da Scutari a Genazzano. Non solo: la lettera stava quasi per non arrivarle più, dato che c’era stato un incendio all’ufficio postale; il parroco e il confessore l’avevano ricevuta, mezza bruciata, dall’ufficiale di posta.

Tornando alla mia promessa, ho deciso di compierla, non prima di aver letto la nuova biografia. Sono rimasta meravigliata da quel racconto tanto diverso dall’altro che avevo già consultato, dai tentativi di raccordare l’esperienza di madre Serafina con le difficoltà della Chiesa e della società del suo tempo, ma anche da come l’autrice abbia saputo trovare, nel delinearsi della vicenda biografica, il filo rosso del suo amore per Gesù.

Ha poi destato il mio interesse la delicatezza con cui descrive i problemi che la futura fondatrice affrontò all’interno della congregazione d’origine, della quale era stata definita «la rovina». Mi pare di capire, però, che i suoi rapporti con madre Donati (una figura che mi piacerebbe approfondire, a questo punto) e madre Palazzi siano stati sostanzialmente cordiali, altrimenti non le avrebbero concesso di ritornare.

Nella creatività pastorale che lei aveva messo in campo durante le soste forzate in famiglia, poi, ho trovato un nuovo punto in comune con me e con le proposte che ho provato ad avanzare per il miglioramento della mia comunità parrocchiale, specie di quella dove sono nata e cresciuta. Credo che se ci tornassi adesso vedrei molti cambiamenti, ma sono sicura che non mancano persone che provano a far arrivare il messaggio del Vangelo, pur a distanza di anni dal mio congedo.

 

Il suo Vangelo

 

Nel nome stesso della congregazione, anche se non è stato scelto dalla Venerabile Serafina, è inserito il senso stesso della sua esperienza di fede. Per lei, ma dovrebbe esserlo per ogni fedele, raccontare a tutti che Dio esiste e che il suo amore si è rivelato nella persona di Gesù morto e risorto era l’annuncio fondamentale: chi lo porta non può che essere felice in prima persona.

Nel suo caso, era grande la felicità che provava quando vedeva i compaesani, attratti dal comunismo, tornare alla pratica religiosa, oppure quando ammirava la devozione con cui le sue “ninine” (tipico vezzeggiativo toscano per le bambine) sceglievano di condividere la sua stessa strada di dedizione religiosa, o ancora quando leggeva negli occhi dei bambini un desiderio sincero di voler imparare ad amare come faceva lei.

Oggi le Suore Missionarie del Lieto Messaggio sono diffuse anche in Africa; la suora con cui sono in contatto, per esempio, fa la spola tra la Toscana e la Repubblica Democratica del Congo. Per loro e per quanti entrano in relazione con la storia della loro fondatrice vale quanto lei indicò alle consorelle nel 1946, in pieno clima di ricostruzione postbellico, nel quale ogni religiosa doveva e poteva dare il proprio contributo:

Portate nel mondo la parola di Gesù, coltivate negli animi amore e carità perfetta nonché scambievole fratellanza al di sopra di ogni color e di ogni rancore.

 

Per saperne di più

 

Cristiana Caricato, Serafina (Clorinda Letizia) Formai – L’amante di Dio, Editrice Ave 2019, pp. 120, € 12,00.

L’ultima biografia uscita, scritta dalla vaticanista di TV 2000, che racconta di madre Serafina attingendo alle sue lettere, alla Positio super virtutibus e alle relazioni sugli inizi della congregazione.

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