La biblioteca di Testimoniando# 24: «“O tutti o nessuno!”»
Il periodo della seconda guerra mondiale ha visto molte vittime, sia tra i membri del clero diocesano e religioso, sia tra coloro che erano in varie tappe della formazione verso il sacerdozio. Per pochissimi di loro il popolo di Dio si è sentito di ricorrere alla loro intercessione e si è spinto a verificarne la santità secondo le regole del diritto canonico; molti altri, invece, correvano il rischio di essere dimenticati.
Almeno per quelli morti nel periodo in questione e nel contesto geografico dell’Emilia Romagna, grazie alla tenacia di un sacerdote e al fiuto di un autore di saggi storici, questa lacuna appare colmata.
Quando ho visto l’uscita di questo libro me lo sono procurata quasi immediatamente, per scoprire altre vicende oltre a quelle di cui mi sono occupata qui, su santiebeati o su entrambi.
È una lettura che, per certi versi, permette di associare la ricorrenza civile per noi italiani oggi e la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni: questi personaggi, infatti, sono rimasti fedeli alla chiamata e in alcuni casi, proprio per questa fedeltà, hanno dato la vita.
In sintesi
Come spiega l’autore stesso nella Prefazione, «“O tutti o nessuno!” – Storia e ritratti dei 123 sacerdoti e religiosi morti in Emilia-Romagna nella Seconda guerra mondiale» nasce anzitutto dalle sue radici emiliane, sia da parte di madre che di padre, poi dall’incontro con Silvana Montalti, di Gatteo, incontrata la scorsa estate. Nel 2017, questa donna ha sognato un sacerdote, che le diceva di chiamarsi don Elia, e di aver sentito la sua invocazione: «Aiutami! Aiutaci!». Solo quando sua madre, poco prima di morire, la portò a Pieve di Rivoschio, frazione di Sarsina in provincia di Forlì-Cesena, capì chi fosse quel sacerdote.
Lo identificò quindi in don Elia Comini, Salesiano, il cui nome è presente insieme a quelli di altri centoventidue tra sacerdoti e seminaristi, affissi alle pareti della chiesetta di Sant’Anastasia, appunto a Pieve di Rivoschio. Per la verità, non ci sono le fotografie coi volti di tutti: in alcuni casi è riprodotta la lapide della tomba, o neppure quella. La signora ha quindi incontrato Pietro Petrini, detto Pierino, responsabile della Pro Loco di Pieve di Rivoschio, che ha ereditato la ricerca compiuta da don Alberto Benedettini, tra il 1989 e il 1994, con indagini svolte personalmente, in tempi in cui Internet era ancora lontana.
Don Benedettini voleva ricordare tutti i confratelli morti durante la seconda guerra mondiale in Emilia Romagna, senza distinguere se fossero stati uccisi dai nazifascisti, da militanti nelle formazioni comuniste partigiane o se fossero stati seppelliti tra le macerie dei bombardamenti. Per questa ragione, la sua classificazione è basata sulle diocesi di provenienza e sull’appartenenza a ordini religiosi o congregazioni.
Leoni, che ha sentito parlare della chiesetta di Sant’Anastasia dopo aver incontrato la signora Montalti e il signor Petrini, ha accolto il desiderio di entrambi, ossia fare in modo che nascesse un libro dalle ricerche del sacerdote, morto nel 2015. A differenza sua, ha scelto di ordinare le vite dei personaggi secondo un criterio storico; accanto a ogni nome, però, ha indicato il numero d’ordine con cui è stato catalogato.
Abbiamo quindi quattordici cappellani militari caduti nell’esercizio del loro dovere, descritti nel capitolo I cappellani: compagni dell’uomo in guerra; quarantacinque morti durante i bombardamenti, i cannoneggiamenti o perché hanno calpestato una mina, in Morire con il proprio gregge: il clero sotto i bombardamenti; otto assassinati da fascisti e ventinove da nazisti, ai quali è dedicato il terzo capitolo, Tra le fauci della bestia nazifascista, ventisette, infine, uccisi da partigiani, nel quarto e ultimo capitolo, Martyres in odium fidei (su questo titolo torno più tardi).
Si contano esponenti del clero diocesano, ma anche Frati Minori e Frati Cappuccini (specie nel capitolo sulle vittime dei bombardamenti), il Vincenziano padre Umberto Bracchi, il Carmelitano dell’Antica Osservanza padre Mario Ruggeri e uno dei dodici Certosini vittime della strage di Farneta, dom Gabriele Costa (l’unico rappresentato nella chiesetta in quanto nativo di Massa Lombarda, in provincia di Ravenna). Quattro sono invece i seminaristi diocesani: il diacono Mauro Fornasari, Serafino Lavezzari, il suddiacono Italo Subacchi e Rolando Rivi, appena quattordicenne. A essi vanno aggiunti i Cappuccini fra Eusebio Galanti, studente di II Teologia, e fra Ermanno Donati, chierico.
Effettivamente, la ricerca di don Benedettini, confluita in questo lavoro, rende davvero giustizia a tutti i membri del clero (o in procinto di diventarlo) che hanno perso la vita durante il secondo conflitto mondiale. Concentrarsi solo su quelli eliminati da una parte politica, come anche tralasciare il servizio dei cappellani, presenza di Chiesa anche nel mezzo del dolore massimo della guerra, comportava accantonare, e quindi dimenticare, l’altra parte.
Il maggior pregio dell’opera è nella sintesi con cui presenta i dati veramente essenziali di ciascuno: nascita, famiglia, anno di ordinazione, presenza nel ministero (o ingresso in Seminario e tappe della formazione), circostanze che portarono alla morte.
Raramente l’autore usa giudizi di valore nei confronti di coloro che misero a morte le varie figure, ma ci sono punti, come quello in cui si cimenta con la vicenda di Rolando Rivi, in cui prova orrore e imbarazzo a raccontare, eppure lo fa.
L’autore
Alberto Leoni, laureato in giurisprudenza, ha iniziato a pubblicare con Ares nel 2000: col tempo si è specializzato in saggi storici che trattano argomenti poco noti, come le guerre di religione o la campagna d’Italia, oppure aspetti trascurati di periodi storici come il Risorgimento.
Consigliato a...
Appassionati di storia contemporanea, specie di quelle pagine che continuano, nonostante lo sforzo di alcuni divulgatori, a essere riservate a nicchie, forse proprio perché eccessivamente politicizzate.
Questo rischio purtroppo comporta anche il fatto che chi tiene ad alcuni dei Servi di Dio o dei Beati citati, molto spesso, viene a ricadere in categorie ristrette, quando invece essi si avviano a essere, anzi, già sono, patrimonio della Chiesa tutta.
Alcune osservazioni
Solitamente le mie recensioni qui non includono questo paragrafo, ma stavolta sento di dover correggere alcune affermazioni dell’autore, proprio perché riguardano personaggi che ho studiato e divulgato a mia volta.
A dire il vero, non apprezzo quando leggo che alcuni personaggi sono definiti “martiri” quando non sono ancora stati beatificati o almeno sono state avviate le relative cause, ovviamente per martirio in odio alla fede o in difesa della castità.
Di fatto, il già citato Rolando Rivi è uno degli otto presentati nel libro per i quali la memoria si è trasformata in preghiera, in riconoscimento di un’effettiva santità di vita e, nella maggior parte dei casi, di un reale martirio in odio alla fede; anzi, attualmente è l’unico Beato (parlavo di lui qui proprio a ridosso della beatificazione).
Leoni riferisce quasi per tutti questi che le cause sono in corso, tenendo conto anche dei recenti decreti sul martirio rispettivamente per don Luigi Lenzini (27 ottobre 2020) e per don Giovanni Fornasini (21 gennaio 2021).
Tuttavia, confonde la data in cui la Congregazione delle Cause dei Santi ha concesso di studiare la causa di don Comini passando da super virtutibus a super martyrio, 22 febbraio 2019, con quella della consegna della Positio suppletiva super martyrio, che invece è avvenuta l’8 ottobre dello stesso anno. Così riferisce l’Agenzia Info Salesiana, aggiungendo che il 25 febbraio 2020 i Consultori storici hanno espresso parere positivo circa la documentazione presentata.
Stesso percorso per padre Martino Capelli, che con lui condivise l’aiuto alla gente di Salvaro e al suo anziano arciprete, come riporta il sito istituzionale dei Padri Dehoniani: Positio suppletiva redatta dopo che, il 10 maggio 2019, la Congregazione ha concesso il passaggio all’iter per dimostrare il martirio e, 1° dicembre 2020, parere positivo dei Consultori Storici. Per i preti di Monte Sole, ovvero don Ubaldo Marchioni e don Ferdinando Casagrande, sono in fase di studio le virtù eroiche, per quel che mi è dato sapere.
Il titolo del capitolo dedicato agli uccisi da partigiani comunisti risulta quindi leggermente fuorviante: don Fornasini, infatti, è stato riconosciuto martire e pochi giorni fa è stato annunciato che il rito della beatificazione è previsto per il 26 settembre 2021, ma il contesto della sua uccisione, come quella di don Comini e padre Capelli, è legato all’azione nazista, per cui è stato collocato, come loro, nel secondo capitolo.
In ogni caso, «“O tutti o nessuno!”» è proprio una frase di don Comini (la citavo anche nel mio articolo su di lui uscito su Sacro Cuore VIVERE), pronunciata quando il cavalier Emilio Vegetti, un notabile di Salvaro, gli offrì una possibilità per salvarsi. Leoni l’ha scelta come titolo perché davvero siano ricordati tutti questi pastori o aspiranti tali, al di là delle debolezze personali e dei caratteri ora miti, ora più irruenti.
Sono egualmente esponenti di una resistenza diversa da quella comunemente intesa: la loro è una «opposizione alla violenza e alla prevaricazione di qualsiasi colore siano». Leoni lo scrive aprendo il capitolo sugli uccisi dai nazifascisti, ma vale, davvero, per tutti quelli citati nelle 192 pagine del suo testo.
Alberto Leoni, «O tutti o nessuno!» – Storia e ritratti dei 123 sacerdoti e religiosi morti in Emilia-Romagna nella Seconda guerra mondiale, Edizioni Ares 2021, pp. 192, € 15,00.
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