Padre Paolo Manna, missionario e apostolo vissuto per dono

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Chi è?

Paolo Manna nacque ad Avellino il 16 gennaio 1872, figlio di Vincenzo Manna e Lorenza Ruggiero. Rimasto orfano di madre a due anni, venne portato a Napoli da alcuni zii, perché vi frequentasse le elementari. Sette anni dopo tornò ad Avellino, dove proseguì gli studi tecnici.

Nell’estate del 1887 conobbe un sacerdote, amico del fondatore della Società Cattolica Istruttiva (poi Società del Divin Salvatore), padre Giovanni Maria della Croce, al secolo Johann Baptist Jordan (beatificato nel 2021). Attratto dall’ideale di testimonianza e propagazione della fede che gli veniva prospettato, il 27 settembre dello stesso anno entrò nella Società: il 15 ottobre 1889 emise i voti semplici e iniziò gli studi di Filosofia all’Università Gregoriana.

Lettore accanito di riviste missionarie, sognava però di dedicarsi all’apostolato tra quei popoli che ancora non conoscevano Dio. La decisione di passare all’Istituto delle Missioni Estere di Milano gli venne dopo aver letto un numero di «Le Missioni Cattoliche», rivista dell’Istituto, confermata dai consigli di saggi sacerdoti.

Ricevuta risposta affermativa, Paolo, intanto sciolto dai voti, partì per Milano. Ottenne a fatica il consenso di suo padre, ma alle 11 del 19 settembre 1891 varcò l’ingresso del Seminario per le Missioni Estere, dove frequentò i corsi teologici. Fu ordinato sacerdote il 19 maggio 1894 nel Duomo di Milano.

Durante una breve vacanza in famiglia, fu costretto a essere ricoverato in ospedale a Napoli, a causa di disturbi circolatori: subì un intervento alle vene, che lo tenne bloccato per cinque mesi. Rientrato a Milano, gli fu affidata la traduzione della rivista «Les Missions Catholiques», in attesa di ricevere la prima destinazione.

Verso la fine del giugno 1895, padre Paolo venne assegnato alla Missione di Toungoo nella Birmania Orientale, attuale Myanmar; partì il 27 settembre 1895. Tuttavia, a più riprese, fu colpito dalla malaria e obbligato a tornare in Italia. Il 4 giugno 1907 s’imbarcò per il suo terzo e definitivo rientro.

Eletto Consigliere generale del suo Istituto, ebbe anche l’incarico di direttore de «Le Missioni Cattoliche». Consapevole di come la stampa potesse essere un veicolo efficace per raccontare la missione, migliorò quella rivista e ne diede vita ad altre: nel 1914, «Propaganda Missionaria», un giornale popolare; nel 1919 «Italia Missionaria», rivista per i giovani. Pubblicò anche libri e opuscoli, capaci di appassionare quanti li leggevano.

Il 31 ottobre 1916 fondò l’Unione Missionaria del Clero, che quarant’anni dopo entrò nelle Pontificie Opere Missionarie. Volle anche la fondazione del Seminario Meridionale «Sacro Cuore» per le Missioni Estere, inaugurato il 13 dicembre 1921 a Trentola Ducenta (provincia di Caserta e diocesi di Aversa), così da favorire le vocazioni missionarie dalle regioni del Sud Italia.

Il 20 agosto 1924, nel primo Capitolo generale dell’Istituto delle Missioni Estere di Milano, fu eletto Superiore Generale. Con il Motu proprio del 23 maggio 1926, papa Pio XI decretava l’unione tra l’Istituto e il Pontificio Seminario dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di Roma, creando quindi il Pontificio Istituto Missioni Estere (in sigla, PIME).

Nel secondo Capitolo generale chiese di non essere rieletto, per ragioni di salute. Dal 1937 al 1941 diresse il Segretariato Internazionale dell'Unione Missionaria del Clero a Roma, nel palazzo di Propaganda Fide. Nel 1943 divenne il primo Superiore regionale della Provincia religiosa dell’Italia Meridionale: nello stesso anno diede vita all’ultima rivista missionaria, Venga il tuo Regno, per le famiglie.

Malato di ipertrofia prostatica, il 15 settembre 1952 fu operato presso la Clinica dei Fatebenefratelli a Napoli, ma un embolo postoperatorio lo condusse alla morte, a ottant’anni.

Padre Paolo Manna fu beatificato dal Papa san Giovanni Paolo II il 4 novembre 2001 in piazza San Pietro a Roma; il miracolo preso in esame fu la guarigione di un confratello da un tumore al fegato.

I suoi resti mortali sono venerati dal 14 settembre 2005 nella cappella a lui dedicata presso il Seminario del Sacro Cuore, oggi sede solo di una comunità del PIME, a Trentola Ducenta (ma già il 23 gennaio 1961 erano stati traslati presso il medesimo Seminario). La sua memoria liturgica ricorre invece il 16 gennaio, giorno del suo compleanno.

 

Cosa c’entra con me?

 

Non ricordo la data esatta del mio primo contatto con padre Manna. Probabilmente è successo quando mi sono procurata un libro sulla storia del PIME, scritto a centocinquant’anni dalla sua fondazione: di certo, si parlava anche di lui.

La conoscenza più diretta è arrivata tramite un piccolo libro, che ho trovato nella mia attuale chiesa parrocchiale, quindi intorno al 2013. Non vorrei sbagliarmi, ma in quella stessa circostanza avevo trovato opuscoli e santini della Beata Eugenia Picco: anche di lei avevo sentito parlare, ma non avevo mai approfondito la sua storia.

Il primo elemento che mi colpì di padre Manna fu il fatto che non proveniva da Milano, o comunque dalla Lombardia: anzi, come me, aveva origini campane, tra Avellino e Napoli. Il secondo fu la sua reazione al rimpatrio forzato per ragioni di salute: certo, si era sentito fallire, quasi come uno dei pionieri del Seminario Lombardo per le Missioni Estere, padre Carlo Salerio (ora Venerabile), ma non si era lasciato cogliere dalla disperazione, trovando un nuovo modo per vivere la missione tramite quella che un tempo era chiamata propaganda missionaria. Il terzo fu apprendere che era il primo membro del PIME arrivato agli altari non morto da martire.

Ammetto di non essere andata molto oltre quelle curiosità e di essermi accontentata di conoscere i fatti essenziali della sua vita. Un paio d’anni fa, però, trovai in fondo a una chiesa il volume che contiene le lettere circolari da lui scritte nel decennio in cui fu superiore generale del PIME: pur non avendo il tempo di leggerlo, lo presi, pensando che prima o poi mi sarebbe stato utile.

Alcuni mesi fa, e di nuovo non ricordo come ci sono arrivata, ho scoperto che quest’anno cadevano due anniversari significativi: il centocinquantesimo della nascita e il settantesimo della morte. Potevano essere entrambe occasioni utili per scrivere di lui, ma le ho mancate entrambe. In realtà, mentre si avvicinava l’anniversario della morte, ho cominciato a consultare il volume con le circolari, per capire quale fosse la sua idea di missione e di missionario.

Alla fine mi sono messa all’opera per pubblicare questo post in tempo per l’inizio del Festival della Missione, arrivato alla sua seconda edizione, che si svolge proprio nella mia città di Milano. Pensavo che fosse un’iniziativa che lui stesso avrebbe appoggiato, se fosse stato in vita, anzi, non avrebbe sfigurato tra i relatori.

Avevo questa idea perché, da quel che avevo letto, avevo appreso che lui non lasciava intentata nessuna occasione per prospettare la dedizione missionaria per tutta la vita, secondo le Costituzioni che furono approvate dalla Santa Sede proprio sotto il suo generalato.

Le pubblicazioni missionarie da lui avviate o dirette continuano in varia forma ancora oggi, mentre il suo capolavoro, Operarii autem pauci! (scritto proprio col punto esclamativo), ha avuto lo stesso effetto prodotto, sui seminaristi pionieri, dall’incontro con un altro missionario rimpatriato, padre Taddeo Supriès, ospite alla Certosa di Pavia. Anzi, i superiori dei Seminari diocesani lo tenevano quasi sotto chiave, temendo un’emorragia di candidati verso il PIME.

Lo stesso padre Piero Gheddo, un altro membro del PIME che ha speso l’intera vita ad appassionare alla missione moltissimi, pur non avendo mai avuto una vera e propria destinazione ad gentes, racconta, nel libro-intervista autobiografico Inviato speciale ai confini della fede, che il direttore spirituale del Seminario di Moncrivello, dove studiò da ragazzo, gli concesse di leggerlo solo quando, in quarta ginnasio, lo vide realmente motivato a considerare la chiamata missionaria.

A oggi, padre Manna è una figura davvero da riscoprire. Anche per questa ragione il PIME gli ha dedicato uno dei brevi video della serie Il Tappeto Volante, sul proprio canale YouTube. In esso il suo stile missionario riceve due paragoni davvero singolari: col professor Keating, protagonista del film L’attimo fuggente, e ancor prima con… i Barbapapà, personaggi mutaforma di libri illustrati e cartoni animati!


 

Il suo Vangelo

 

Il Beato Paolo Manna, come molte altre figure, ha in sé caratteri innovativi e altri più conservatori, anche se quest’ultimo termine può suonare infelice. Molte delle sue intuizioni si sono realizzate, anche in campo ecumenico, mentre altre non hanno visto ancora la loro concretizzazione. Ai missionari e ai lettori della stampa missionaria offriva però gli strumenti per una vita esigente, non mediocre, inscindibile dagli elementi fondamentali della fede.

In tempi in cui la missione veniva vista come esclusiva degli Istituti e delle congregazioni a essa specificamente dedicati, lui prospettava invece l’unità dell’intera Chiesa per diffondere davvero il Vangelo in tutto il mondo. Sono concetti che hanno trovato poi ufficialità nel decreto Ad gentes del Concilio Vaticano II e nell’enciclica Redemptoris missio, dove viene peraltro citato un passo della sua opera Le nostre «chiese» e la propagazione del Vangelo.

Allo stesso tempo, come pilastri per una vita davvero santa, necessaria al missionario per essere autentico, proponeva quelli che lui stesso viveva: meditazione e preghiera, adorazione e celebrazione dell’Eucaristia, devozione alla Madonna (nella lettera del 15 settembre 1926 affermava che il missionario poteva sgranare il Rosario lungo i viaggi, quasi che le Ave Maria fossero semi che a loro tempo avrebbero dato frutto), fedeltà alla Chiesa.

Scrive infatti nella lettera circolare del 30 aprile 1926:

Siamo Apostoli! Gli Apostoli non avevano dietro le spalle nessun altro interesse da servire, ma servivano solo ed unicamente Gesù Cristo. Siamo Apostoli, e spaziamo lontano su orizzonti divini, lavoriamo generosamente, disinteressatamente solo per le anime, solo per la Chiesa, solo per il Cielo!

Come Gesù che ha dato tutto se stesso per la salvezza di tutti gli uomini, secondo padre Manna, il missionario non doveva fare altrimenti. Anche le manifestazioni di propaganda non dovevano avere altro scopo se non condurre gli spettatori a offrire se stessi. In fin dei conti, è lo stesso spirito che ha condotto a promuovere il Festival della Missione, il cui motto è Vivere per dono.

 

Per saperne di più

 

Benito Picascia, Lo sguardo al futuro – Beato Paolo Manna: testimone e maestro di missionaria spiritualità, Aracne 2017, pp. 124, € 11,00.

L’unica biografia attualmente in commercio.

Altre pubblicazioni, come Virtù apostoliche, il volume che contiene le sue lettere circolari, sono consultabili presso la biblioteca del Centro PIME di Milano.

 

Su Internet

 

Articolo di padre Giuseppe Buono sul sito istituzionale del PIME

Pagina su di lui del sito del Dicastero delle Cause dei Santi (riporta il profilo biografico e l’omelia della beatificazione)

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