Come chiamare i Santi

Il riepilogone dei Testimoni che ho trattato quest'anno
(non tutti sono Santi riconosciuti, preciso)

Ogni tanto, quando non ho altro da fare, un pensiero mi coglie: quale sia il modo più corretto di chiamare i Santi in lingua italiana. Il Martirologio Romano, nella sua ultima edizione italiana del 2004, costituisce il criterio a cui conformarsi, ma nella prassi non è seguito proprio alla lettera.
Non tutti lo sanno, ma il Martirologio è un libro liturgico esattamente come il Messale, il Lezionario, l’Evangeliario o il Benedizionale. Dove altrimenti indicato, commemora i Beati e i Santi nel giorno della loro morte, anzi, della nascita al Cielo.

 

Tutto in italiano… oppure no?

 

La linea generale del Martirologio è tradurre sempre il nome di Battesimo in italiano. Ci sono personaggi per i quali il nome italiano completo è ormai storico: Vincenzo “De’ Paoli” anziché Vincenzo “Depaul”, Francesco “di Sales” anziché “de Sales”; la “s” finale sarebbe muta se si pronuncia alla francese anche se si usa il “di”. Tuttavia, per Tommaso Moro, ovvero sir Thomas More, il nome è tradotto, ma il cognome no.

Per i religiosi, invece, sono resi in italiano sia il nome di Battesimo, sia quello di religione.

Ad esempio, al 5 ottobre abbiamo:

A Cracovia in Polonia, santa Maria Faustina (Elena) Kowalska, vergine delle Suore della Beata Maria Vergine della Misericordia, che si adoperò molto per manifestare il mistero della divina misericordia.

Il suo nome di Battesimo però era “Helena” con l’ “H” iniziale.

Su santiebeati seguo quanto il Martirologio indica, ma vale per i personaggi compresi nell’edizione 2004 e, comunque, solo per il titolo. Nel corpo del testo ritengo più giusto, per rispettare l’identità nazionale del personaggio in questione, scriverne il nome nella lingua di appartenenza.

Il sito del Dicastero delle Cause dei Santi, invece, usa un criterio diverso: nel titolo della pagina del singolo personaggio tende a indicare il nome nella lingua originale, sebbene il Bollettino della Sala Stampa vaticana traduca in italiano tutto.

Prendendo ad esempio la pagina delle canonizzazioni del 16 ottobre 2016 si legge, accanto a “José Sanchez del Río”, “Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero”, anche se quest’ultimo si chiamava proprio “José Gabriel del Rosario” anche al Battesimo (credo che sia una svista; del resto, il sito è ancora in fase di miglioramento).

 

Nomi e cognomi

 

Nel caso dei religiosi stranieri, traduco in italiano il nome di religione e tendo a mettere tra parentesi anche il cognome, accanto al nome al secolo, basandomi su come il Bollettino della Sala Stampa riporta i nuovi Decreti. Ovviamente, vale anche per quelli che sono di nazionalità italiana.

Per esempio, nel Bollettino del 14 maggio 2019 e nella sezione Notizie del sito del Dicastero era indicata la promulgazione del Decreto relativo al miracolo «attribuito all’intercessione della Venerabile Serva di Dio Lucia dell’Immacolata (al secolo Maria Ripamonti), Suora professa dell’Istituto delle Ancelle della Carità».

Nel titolo della sua scheda biografica di santiebeati l’ho citata così, ma penso che, in una ipotetica nuova edizione del Martirologio, andrà scritto «Lucia dell’Immacolata (Maria) Ripamonti», perché per esempio il Martirologio indica, al 20 gennaio:

A Casoria vicino a Napoli, beata Maria Cristina dell’Immacolata (Adelaide) Brando, vergine, che dedicò la sua vita alla formazione cristiana dei fanciulli e attraverso la Congregazione delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramento da lei fondata promosse fortemente l’adorazione della santa Eucaristia. [canonizzata nel 2015, ndr]

Comunemente è però conosciuta come “Maria Cristina (il nome proprio di religione) Brando (il cognome al secolo)”; il nome corretto della congregazione è “Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato”.

Mi viene però in mente che il Martirologio commemora al 30 marzo:

A Napoli, beato Ludovico (Arcangelo) Palmentieri da Casoria, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, che, spinto da ardore di carità verso i poveri di Cristo, istituì le due Congregazioni dei Fratelli della Carità e delle Suore Francescane di Santa Elisabetta.

Nessuno però lo conosce col cognome al secolo, ma col nome e il cognome da religioso; peraltro, è stato canonizzato nel 2014.

Ci sono poi i casi di omonimia: il Martirologio del 2001 conta ben cinque Beate col nome religioso di “Maria di Gesù”, cui si aggiunge, dal 2013 ma ormai canonizzata, una sesta (se non ho contato male, ce ne sono in realtà altre due non incluse nel Martirologio, beatificate rispettivamente nel 2013 e nel 2016). In quel caso, il cognome aiuta a identificarle più facilmente: Maria di Gesù Santocanale, che è appunto fresca di canonizzazione, Maria di Gesù Deluil-Martiny e così via.

Scrivendo il post su quest’ultima, infatti, ho lasciato il cognome anche nel titolo, ma nel corpo del testo l’ho chiamata solo col nome nuovo (tanto più che si chiamava Marie già al secolo).

 

Battezzati orientali

 

Nel caso dei personaggi i cui nomi cristiani vengono traslitterati da lingue come il coreano o il giapponese, metto il nome di Battesimo direttamente in italiano, perché il Martirologio fa così, traducendo dal latino. Al 16 settembre, per esempio, è indicato:

Presso Sai-Nam-Hte in Corea, passione di sant’Andrea Kim Taegŏn, sacerdote e martire, che, dopo due anni trascorsi nell’operoso esercizio del ministero sacerdotale, subì per decapitazione un glorioso martirio, la cui memoria si celebra il 20 settembre.

 

Un paio di dubbi e la loro soluzione

 

Tra i più recentemente canonizzati o in via di canonizzazione, mi erano sorti un paio di dubbi, a cominciare dal cardinal Newman, dichiarato Santo nel 2016: mi domandavo se, da allora in poi, bisognasse chiamarlo «John Henry» o «Giovanni Enrico».

Quando poi ho saputo del riconoscimento del miracolo per la canonizzazione di Charles de Foucauld, ho notato che il Bollettino della Sala Stampa lo chiamava «Carlo de Foucauld, detto Carlo di Gesù». In effetti, il secondo è un appellativo che si diede lui, non un nome da religioso in senso stretto; se invece avesse mantenuto quello da monaco trappista, ossia fratel Maria Alberico, sarebbe stato diverso. Sul libretto della canonizzazione, invece, è indicato col nome nella lingua originaria e senza l’altro appellativo.

Una soluzione può essere offerta basandosi sul caso di san Josemaría Escrivá de Balaguer. Canonizzato nel 2002, è quindi stato inserito nell’ultima edizione del Martirologio al 26 giugno, giorno della sua nascita al Cielo:

A Roma, san Giuseppe Maria Escrivá de Balaguer, sacerdote, fondatore dell’Opus Dei e della Società sacerdotale della Santa Croce.

Comunemente, però, viene indicato col nome proprio nella lingua natia.

Di conseguenza, credo che valga questo principio: nel linguaggio comune, anche se «san John Henry Newman» o «san Charles de Foucauld» può suonare male, si può usare questa formulazione. Invece nei calendari, nell’uso liturgico (Messa e Ufficio propri, ma anche nelle Litanie dei Santi) e nelle intitolazioni delle chiese, il nome proprio credo che vada italianizzato, per uniformità con gli altri.

Sempre per l’uso liturgico, i personaggi che sono stati religiosi e hanno avuto titoli come «padre»«madre»«suor», o che sono stati sacerdoti diocesani, quindi «don», non vanno assolutamente chiamati con quel titolo, tra il «Beato» o il «San». Una chiesa, quindi, non viene intitolata a San padre Pio o a Santa madre Teresa di Calcutta, ma a San Pio o a Santa Teresa di Calcutta.

 

Bernadette, un caso a parte

 

Un caso a parte riguarda Bernadette Soubirous, canonizzata nel 1933. “Marie-Bernarde” era proprio il suo nome di Battesimo, anche se tutti la chiamavano col diminutivo. Questo portò a pensare che, entrando tra le Suore della Carità di Nevers, avesse aggiunto “Maria” in onore della Madonna, ma la realtà era diversa. La resa italiana è “Bernardetta”, con due “R”.

Il Martirologio Romano, al 16 aprile, riporta:

A Nevers sempre in Francia, santa Maria Bernarda Soubirous, vergine, che, nata nella cittadina di Lourdes da famiglia poverissima, ancora fanciulla sperimentò la presenza della beata Maria Vergine Immacolata e, in seguito, preso l’abito religioso, condusse una vita di umiltà e nascondimento.

Tuttavia, all’11 febbraio, non la chiama così:

Beata Maria Vergine di Lourdes, che, a quattro anni dalla proclamazione dell’Immacolata Concezione della beata Vergine, l’umile fanciulla santa Maria Bernardetta Soubirous più volte aveva visto nella grotta di Massabielle tra i monti Pirenei sulla riva del Gave presso la cittadina di Lourdes, dove innumerevoli folle di fedeli accorrono con devozione.

Quanto all’uso liturgico, qui a Milano c’è una chiesa di cui è copatrona, ma l’intitolazione è “Santa Bernardetta e San Giovanni Bono”. Anche la chiesa a lei intitolata nel complesso dei Santuari di Lourdes è col nome al diminutivo, almeno nell’uso comune.

 

Gianna o Giovanna?

 

Piuttosto simile è il caso di santa Gianna Beretta Molla. Al Battesimo si chiamava Giovanna Francesca (in effetti, era nata il 4 ottobre 1922 e i suoi genitori erano Terziari francescani), quindi il Martirologio la ricorda così:

A Magenta in Lombardia, santa Giovanna Beretta Molla, madre di famiglia, che, portando un figlio in grembo, morì anteponendo amorevolmente la libertà e la salute del nascituro alla propria stessa vita.

Nelle Litanie dei Santi del Rito del Matrimonio del 2008, che nel Rito Ambrosiano sono obbligatorie, non facoltative come nel Rito Romano (le abbiamo dalla culla alla tomba, letteralmente), come anche nelle Litanie dei Santi cantate in Duomo durante le celebrazioni delle Ordinazioni diaconali e sacerdotali, oppure per le consacrazioni nell’Ordo Virginum o le professioni religiose, è invece “Gianna, come nell’uso più comune.

A lungo, invece, in quel sistema che permetteva di realizzare il libretto delle nozze scaricando una macro di Word, compariva come “Giovanna”: puntualmente, anche seguendo le indicazioni che mi erano state fornite dal Servizio di Pastorale Liturgica, mi ritrovavo a correggerlo, quando ho iniziato ad aiutare alcuni sposi dal 2010 in poi per il loro libretto. Adesso, nella versione personalizzabile direttamente online, è indicata “Gianna”, ma anche “Tommaso Moro”.

 

Per i re e i personaggi pubblici

 

La recente scomparsa della regina Elisabetta II, alla quale è succeduto il figlio Carlo III, mi ha ripresentato il problema. Un illuminante articolo de Il Post si esprime così:

Con la morte della regina Elisabetta II nel Regno Unito è diventato re suo figlio Carlo, col nome di Carlo III. Naturalmente Carlo non si chiama Carlo, ma Charles: così come Elisabetta si chiamava Elizabeth. Ma in Italia i loro nomi sono probabilmente gli ultimi ad avere conservato una antica consuetudine – risalente a quando le lingue straniere erano più estranee e le culture straniere meno accessibili – di traduzione dei nomi propri dei personaggi famosi (più visibile ancora nei nomi propri delle città straniere, per esempio: Londra, Parigi, eccetera). Ci sono molti esempi storici che non riguardano solo i reali e non solo i nomi propri, spesso resi eterni dalle targhe lapidee sui nomi delle vie delle città italiane: Abramo Lincoln, Tommaso Moro [che nel Martirologio invece, come ho scritto sopra, è Tommaso More, ndMe], Beniamino Franklin, Giorgio Washington, Calvino, Giovanna D’Arco, Copernico, Leone Tolstoj, Martin Lutero, Maria Stuarda, Giuseppe Stalin, e tanti altri (esistono anche occorrenze di “Guglielmo Shakespeare”).

Da quando la globalizzazione anche culturale ha reso più permeabili le singole culture e aumentato la circolazione delle informazioni e delle lingue, è diventato più familiare l’uso dei nomi originali nelle lingue rispettive, e anche quello dei rappresentanti delle famiglie reali: gli eredi della regina Elisabetta e del principe Carlo (che ha avuto due mogli i cui nomi non è stato necessario italianizzare, Diana e Camilla) sono noti anche da noi coi loro nomi di William e Harry, così come le loro mogli Kate e Meghan.

Ciò nonostante, in ragione del fatto che il principe Charles è sempre stato chiamato Carlo in Italia per i motivi suddetti, i mezzi di informazione italiani – e anche il Post – lo chiameranno ora re Carlo III.

Allora secondo questo principio, cioè com’è più noto, dovrebbe essere “san Charles de Foucauld” anche nell’uso liturgico; così però si perderebbe l’uniformità ad esempio con “san Giovanni Maria Vianney”.

 

Concludendo

 

Credo però che, quando i Santi e i Beati dal 2004 in poi entreranno nel Martirologio, andranno menzionati secondo lo stesso criterio degli altri. Ci vorrebbe poi un attento lavoro di revisione, per evitare le incongruenze che ho indicato sopra, oltre che, ovviamente, per qualificare come Santi i Beati canonizzati nel frattempo e inserire i nuovi Beati.

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