Don Stanislao Bartkus e Mario Bellino, difensori degli orfani nel turbine della guerra
Mario Bellino e don Stanislao Bartkus (Mario è quello a sinistra, con gli occhiali) (per gentile concessione di Giovanni Perotto) |
Chi sono?
Stanislao
Bartkus (sembrerebbe questa la versione più corretta; per anni è stato
interpretato come “Barthus”; la dicitura lituana del nome proprio è invece Stanislovas)
nacque a Upyna, in Lituania, l’11 gennaio 1907, figlio di Pietro Bartkus e
Antonia Mecaite. Arrivato in Italia negli anni della seconda guerra mondiale,
fu accolto dal canonico Santino Glorio, fondatore dell’Istituto Charitas di
Imperia, per bambini orfani, e della Congregazione di Cristo Re, composta da
sacerdoti e suore, per l’educazione degli stessi orfani.
Ordinato
sacerdote, don Stanislao fu incaricato di trasferire una ventina di orfani nel
ricovero del santuario della Madonna dell’Acquasanta a Montalto Ligure (oggi
Montalto Carpasio, in diocesi di Ventimiglia-Sanremo); il trasferimento avvenne
il 2 gennaio 1944. A guerra finita, sognava di poter rivedere i suoi familiari,
rimasti in Lituania.
Con lui
c’erano alcune suore e il chierico Mario Bellino, noto anche come “Bellini” per
una sorta di pudore. Nato il 4 marzo 1916 a Cerisola, frazione di Garessio in
provincia di Cuneo e diocesi di Mondovì, era uno degli otto figli di Giuseppe
Bellino e Paola Averamo.
Desiderava
partire missionario per l’Africa, per cui si preparò tra i Missionari della
Consolata a Torino; tuttavia, una fastidiosa artrite lo rese inadatto alla
partenza. Cercò allora maggior raccoglimento nell’abbazia benedettina di
Finalpia, ma neanche la vita monastica, con le sue levate notturne, era adatta
a lui.
A quel punto, Mario entrò nel Seminario diocesano di Alba. Nel 1942, tuttavia, si offrì di sostituire suo fratello Armando nel servizio militare, da cui, in quanto seminarista, avrebbe potuto essere esentato.
Dopo l’armistizio dell’8
settembre 1943, rientrò in famiglia, collaborando alla vita della parrocchia. A
causa della salute fragile, trascorreva quasi sempre l’estate in Liguria: don
Santino Glorio si accorse quindi di lui e gli offrì di entrare nella
Congregazione di Cristo Re.
Mancavano
pochi mesi all’ordinazione sacerdotale di Mario, quando l’esercito tedesco
cominciò a farsi sentire anche a Montalto. Don Stanislao, che conosceva la
lingua tedesca, andò inutilmente a protestare perché, il 21 giugno, dei colpi
di mortaio avevano raggiunto il santuario, anche se senza causare danni. Nei
mesi seguenti la tensione aumentava: Mario, nella lettera che scrisse il 12
agosto a sua madre, l’invitò a prepararsi al peggio, ma anche a fidarsi di Dio.
Il 17
agosto il paese di Montalto fu oggetto di saccheggio da parte di soldati
tedeschi e di altri italiani del Battaglione San Marco, i quali uccisero anche
tre contadini: Giobatta Ammirati, detto “l’orso”, un altro Gio Batta Ammirati
detto Bacò e Giorgio Brea, freddato sulla porta di casa. Altri abitanti del
paese, comprese alcune bambine, trovarono rifugio nelle cavità sottostanti la
chiesa dell’Acquasanta.
Gli
orfani e i loro educatori non potevano scappare, perché i soldati avevano
circondato la zona e si apprestavano a salire al santuario. Don Stanislao e
Mario, allora, decisero di chiuderli nella chiesa, affrontando a viso aperto i
soldati: barricarono la porta dall’interno, ma aprirono solo dopo aver
ammassato gli orfani nell’abside.
I
soldati li picchiarono nel tentativo di ricavare da loro informazioni sui
partigiani della zona, ma senza esito. Quindi li spinsero contro una grande
pianta di acacia e li fucilarono, gettando poi i cadaveri nel sentiero
sottostante.
Nonostante
il divieto imposto dai tedeschi, il 19 agosto fu celebrato il funerale del
sacerdote e del chierico, nella parrocchia di Montalto Ligure, alla presenza
degli abitanti del paese, degli orfani sopravvissuti e di altri bambini e
sacerdoti delle varie case dell’Istituto Charitas.
I due
corpi vennero seppelliti nel cimitero adiacente alla chiesa di San Giorgio a
Montalto, in un’unica fossa. Il 29 aprile 1945, due giorni dopo la Liberazione,
Armando Bellino, fratello di Mario, e suo cognato Giacomo Calleri andarono a
recuperare i resti del seminarista, traslati quindi nel cimitero di Cerisola.
Quelli di don Stanislao, nell’impossibilità di rintracciare i suoi parenti,
trovarono invece sepoltura nel cimitero di Sanremo.
Cosa c’entrano con
me?
Non credo proprio che mi sarei mai interessata a questa storia se non mi fosse stato chiesto di collaborare con i giornalisti Luigi Accattoli e Ciro Fusco nella revisione e nell’aggiornamento del libro Nuovi Martiri, uscito nel 1999 e con la riedizione in vista per il Giubileo 2025.
Inizialmente
credevo che il mio compito si limitasse a segnalare che per alcuni personaggi
la causa di beatificazione e canonizzazione era aperta, o era in corso, o era
pervenuta al riconoscimento ufficiale del martirio o delle virtù. Invece, procedendo
con la lettura, ho capito che mi conveniva effettuare qualche ricerca per
capire se ci fossero ulteriori pubblicazioni sulle varie figure, o se
corrispondevano ai criteri che mi avevano assegnato i giornalisti (dovevano
essere solo persone di nazionalità italiana perite di morte violenta collegata
all’esercizio del ministero o al loro essere cristiani).
Arrivata
al capitolo Martiri delle stragi di popolo, mi ha incuriosito leggere,
al numero 211, la scheda di Mario Bellino, indicato come «chierico barnabita»,
fucilato il 17 agosto 1944 «insieme ad altri 22 rastrellati per rappresaglia,
avendo messo in salvo gli orfani dell’Opera Cristo Re di Imperia, affidati alla
sua custodia».
Ero
interessata per due ragioni: la principale, per la mia ricerca, tuttora in
corso, di figure di seminaristi e giovani preti in fama di santità o con le
cause in corso (a essi ho dedicato due schemi della Via Crucis, scaricabili da
qui); la
seconda, perché, pur avendo una discreta conoscenza dell’Ordine dei Barnabiti,
non avevo mai sentito parlare di quella vicenda.
Avevo
quindi iniziato a cercare “Mario Bellino barnabita”, ma senza esito. Ho
spostato allora la mia ricerca sull’Opera Cristo Re di Imperia, trovando
finalmente la pista giusta. Il 10 gennaio scorso mi sono appuntata quello che
avevo trovato sul sito della diocesi di Albenga-Imperia: che l’Opera Cristo Re
era stata fondata da don Santino Glorio, perito nei bombardamenti di Imperia il
27 luglio 1944 (quindi non avrebbe potuto essere incluso nei Nuovi Martiri
del libro), e, soprattutto, che Mario Bellino ne faceva parte.
Proseguendo
le mie ricerche, ho scoperto un altro errore: Mario non era morto con ventidue
persone, ma con don Stanislao. Anche di lui il libro nell’edizione 1999 faceva
menzione, ma rapidamente, ossia senza una scheda apposita: inoltre, la data di
morte era esatta, ma lui era indicato come «sacerdote di Imperia» e censito tra
i Martiri della dignità della persona umana, precisamente tra quelli
uccisi per rappresaglia dai tedeschi o dalle milizie fasciste. Il fatto che la
data di morte coincidesse con quella di Mario mi faceva pensare che potesse
esserci un collegamento, ma non ne ero sicura.
Il 13
febbraio ho pensato di telefonare alla parrocchia di Cristo Re di Imperia, dopo
aver rintracciato il numero online. Il parroco (uno dei pochissimi superstiti
della Congregazione di Cristo Re) mi ha risposto molto gentilmente,
confermandomi quello che avevo intuito: il sacerdote e il seminarista erano
entrambi della Congregazione di Cristo Re ed erano morti insieme, non con altre
persone.
Mi ha
quindi indirizzata a Giovanni Gandolfo, dell’Istituto Storico della Resistenza
di Imperia, dal quale avrei avuto notizie più esatte. Quest’ultimo mi ha
ulteriormente rinviata a Giovanni Perotto, un insegnante molto esperto del
territorio di Montalto e zone limitrofe, e al suo libro che indico in
bibliografia.
Il
professor Perotto è stato, come gli altri che ho interpellato, felicissimo di
sapere che stavo procedendo alla correzione del volume di Accattoli. Mi ha
confermato che doveva esserci un errore nella fonte della scheda, ma anche che
circolavano versioni ancora diverse dell’accaduto: in particolare, don
Stanislao era considerato una vittima di alcuni partigiani, per ragioni
politiche.
In più,
mi ha spiegato la ragione che l’aveva spinto a cercare la verità dei fatti:
perché sua madre era una dei “bambinelli” dell’orfanotrofio, come li chiamavano
gli abitanti di Montalto. Non fu testimone oculare dell’assassinio, come invece
furono altri (guardavano dalle finestre della chiesa), ma fu consapevole di
aver perso i due educatori.
Ho
tempestivamente avvisato Accattoli e Fusco di queste nuove acquisizioni,
ottenendo l’autorizzazione a correggere la scheda del solo Mario, conclusa il
14 febbraio: ho incluso il nome di don Stanislao, indicato Mario “chierico
della Congregazione di Cristo Re di Imperia” e citato il volume di Perotto.
Avrei
potuto chiudere qui la questione, segnalando a Perotto, a Gandolfo e al parroco
di Cristo Re l’uscita di Nuovi Martiri rivisto e corretto, ma ho
iniziato a meditare se dedicare un post a questa storia, così da farla
conoscere almeno ai miei pochi lettori. Mi è anche venuta l’idea di segnalare
la vicenda ai miei contatti ad Avvenire, ma visto che da qualche mese ho
iniziato a scrivere anche lì, ho pensato di realizzare io stessa l’articolo,
non prima di aver chiesto il permesso alla redazione. Anche santiebeati meriterebbe di
avere due schede biografiche su ciascuno dei due uccisi, ora che ci penso; Mario ha già la sua pagina, ma segue ancora la versione che lo definisce chierico barnabita.
Ho
voluto tenere nascosta fino a oggi la pubblicazione dell’articolo, per fare una
sorpresa a Perotto: gli avevo solo chiesto di aggiornarmi sulle celebrazioni
per l’80°, dichiarando che avrei scritto il post e basta.
Effettivamente, rispetto ad altri episodi come quello di Sant’Anna di Stazzema, o di Marzabotto e Monte Sole, l’eccidio di Montalto Ligure è molto meno conosciuto a livello nazionale. In Liguria forse lo è un po’ di più, anche grazie a una rappresentazione teatrale, con testo scritto da Perotto, e a un cortometraggio realizzato dagli studenti dell’IIS Amoretti e Artistico di Imperia nel 2015, che avrei voluto incorporare, ma mi compare un messaggio che indica che il proprietario del video impedisce d’incorporarlo in siti esterni a YouTube: ecco quindi il link.
Il
titolo è I bimbi no!: sono le stesse parole con le quali don Stanislao cercò
di salvare i bambini. Alcuni degli aggressori avrebbero voluto sterminarli, in
base al concetto per cui i piccoli avrebbero potuto diventare, un giorno, quei
“banditi”, ovvero i partigiani, che cercavano accanitamente. Forse non è la
stessa cosa, ma mi pare un’idea affine a quel «Domani un prete di meno» con cui
fu messo a morte il seminarista Rolando Rivi, ora Beato (qui il mio post su di
lui):
tentativi d’impedire un futuro a dei ragazzi senza colpa, solo perché potevano
essere dei potenziali nemici.
Preti e
partigiani, da quel che ho capito incrociando molte storie analoghe, hanno
avuto spesso rapporti strettissimi. Di quelli tra i primi che sono stati
beatificati, è stato riconosciuto che non avevano ruoli nella Resistenza: se
accoglievano e sfamavano partigiani o sbandati, era solo per carità cristiana, anche
a costo di essere fraintesi.
Il loro Vangelo
Don Stanislao e Mario hanno avuto due percorsi di vita molto simili: entrambi hanno trovato nella Congregazione di Cristo Re lo sbocco per vocazioni più o meno travagliate. Dalle testimonianze degli ex “bambinelli” emerge come avessero assunto in pieno il ruolo di educatori, capaci anche di giocare con loro.
Era
comunque forte la nostalgia per i familiari: vale soprattutto per don
Stanislao, dato che Mario poteva ugualmente contattarli e, quando era in
vacanza dal Seminario, passava da loro e insegnava i canti religiosi.
Infine,
hanno accettato le estreme conseguenze del loro compito, proteggendo non solo
gli orfani, ma anche gli abitanti di Montalto che erano nascosti sotto la
chiesa dell’Acquasanta.
Non
sono stati rinvenuti scritti di don Stanislao, ma c’è un ricordo tenero da
parte di Aldo Maestro, anche lui tra gli orfani: per gioco, spesso lui prendeva
tre o quattro bambini e li nascondeva sotto il suo mantello. Penso proprio che
fosse un segno del suo istinto di protezione verso di loro.
Per
questa ragione, credo che avrebbe sottoscritto volentieri quanto Mario inviò a
sua madre, nella lettera del 12 agosto 1944:
Mamma qualunque cosa
accade non rattristarti. Tu lo sai meglio di me che Iddio non lascia cadere un
capello del nostro capo senza ch’Egli lo permetta. Quale tenero padre, avrà
cura di noi e non mancherà di aiutarci specie quando ci possiamo trovare in pericolo.
Infine,
una precisazione: anche se la loro storia è inclusa nel libro intitolato Nuovi
Martiri, io non etichetterò questo post come “Martiri”; se però un giorno
venisse annunciata l’apertura della loro causa di beatificazione per
l’accertamento del martirio in odio alla fede, allora potrei aggiornarlo così.
Per saperne di più
Giovanni Perotto, I bambini no! – L’eccidio del 17 agosto 1944 a Montalto Ligure, De Ferrari 2023, pp. 134, € 16,00.
Il
racconto di come l’autore è arrivato a ricostruire la verità sull’accaduto,
basandosi su testimonianze d’archivio e sul ricordo degli ex “bambinelli”
ancora in vita. Contiene anche il testo della quasi omonima narrazione teatrale
I bimbi no!, che però diverge in alcuni punti dai ricordi degli orfani.
Su Internet
Scheda dell’eccidio dell’Acquasanta nell’Atlante delle Stragi Fasciste e Naziste in Italia
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