Natuzza Evolo: la missione di salvare le anime
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NOTA PREVIA: nel corso del post parlerò di “cosiddette
emografie”, “cosiddetti dialoghi mistici” e simili: è una forma di cautela, con
la quale non intendo anticipare il giudizio ufficiale della Chiesa sull’esperienza
spirituale di Natuzza, né sui suoi frutti.
Chi è?
Fortunata Evolo nacque il 23 agosto 1924 a Paravati, frazione di Mileto, in provincia di Vibo Valentia e oggi in diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea. Era figlia di Fortunato Evolo e Maria Angela Valente, ma il padre, un mese prima della sua nascita, emigrò in Argentina, lasciando da sole lei e la moglie. Maria Angela si legò quindi ad altri uomini, dai quali ebbe in tutto sei figli, registrati ugualmente col cognome del marito.
Per mantenere la famiglia, Natuzza, com’era
soprannominata, andò a servizio dalla famiglia dell’avvocato Colloca: lì ebbe i
primi segni evidenti dei fenomeni che avrebbero caratterizzato il resto della
sua vita e che avevano marcato già il giorno della Prima Comunione (nel 1932),
ripetendosi anche in quello della Cresima (29 giugno 1940).
Avrebbe voluto consacrarsi a Dio, ma fu
orientata, anche dai medici che l’avevano in cura, a sposarsi; accettò quindi
la proposta di matrimonio di Pasquale Nicolace, falegname suo compaesano. Le
nozze furono celebrate il 14 agosto 1943, ma per procura: lo sposo, infatti,
era impegnato in guerra. Dal matrimonio nacquero cinque figli.
Negli anni successivi, Natuzza fu oggetto di
numerose visite da parte di fedeli, scienziati, curiosi che volevano osservare
da vicino i fenomeni che continuavano a capitarle. Protetta dal marito e
sostenuta dagli amici, riceveva molte persone al giorno, spesso aiutandole a
ritrovare la fede.
Si sentì ispirata, inoltre, a istituire i Cenacoli
di Preghiera, per favorire la preghiera nelle famiglie e tra i giovani: furono
costituiti organicamente il 15 settembre 1994 a Paravati. Intraprese anche la
costruzione di un complesso dedicato al Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle
Anime, destinato a comprendere una chiesa e varie strutture caritative per
malati, anziani e giovani.
Natuzza stessa andò a vivere col marito nella
casa di riposo che già era pronta, intitolata a monsignor Pasquale Colloca. Affetta
da varie malattie, le offriva per la salvezza delle anime, la pace nelle
famiglie, il ritorno a Dio di quanti erano lontani da Lui.
Ricoverata a Catanzaro per l’aggravarsi delle
sue condizioni, accettò di essere riportata a Paravati, dove morì alle 5 del
mattino del 1° novembre 2009. Le sue spoglie mortali ricevettero quasi subito
tumulazione privilegiata nella cappella dell’Associazione (poi Fondazione) Cuore
Immacolato di Maria Rifugio delle Anime.
L’inchiesta diocesana della sua causa di
beatificazione e canonizzazione è iniziata il 6 aprile 2019 nella diocesi di
Mileto-Nicotera-Tropea.
Cosa c’entra con me?
Anche questo, come per altri versi il primo post che ho dedicato a monsignor Luigi Giussani, è un post ad alto rischio: una figura complessa come quella di Natuzza ha ancora molti aspetti da analizzare e da non dare per scontati, visto che c’è in corso una causa di beatificazione.
Posso comunque affermare che, la prima volta
che me ne parlarono, lei era ancora viva. Doveva essere circa una ventina
d’anni fa, quando, ospite dei miei parenti a Portici, ho accettato di andare
con una mia cugina a visitare il presepe vivente di Pietrelcina.
Nel corso del viaggio in pullman, ho sentito
alcune signore che parlavano di come lei riuscisse a riconoscere un sacerdote
se le si presentava in abiti secolari: affermava, infatti, di vedere l’angelo
custode a sinistra del suo interlocutore, mentre per altre persone lo vedeva a
destra. Mi sembrava un fatto un po’ strano e come tale lo liquidai.
Quando morì, ho pensato subito che il giorno
di Ognissanti fosse una bella data per lasciare questo mondo. Nel frattempo avevo sicuramente seguito qualche trasmissione che presentava sue immagini e
interviste, anche se le cosiddette emografie mi facevano un po’ paura.
Quando ho sentito parlare del fatto che
aprivano la sua causa, sono rimasta un po’ perplessa: erano passati giusto
cinque anni, il tempo minimo per l’avvio di un processo diocesano. In realtà,
la data che era circolata, il 3 novembre 2014, corrispondeva alla presentazione
del Supplice Libello da parte del postulatore al vescovo di
Mileto-Nicotera-Tropea. La prima sessione dell’inchiesta diocesana si sarebbe
tenuta dopo altri cinque anni, in seguito anche a non poche traversie legate
alla sistemazione giuridico-canonica della Fondazione Cuore Immacolato di Maria
Rifugio delle Anime e ai contrasti tra i suoi vertici e le autorità diocesane.
Ho poi letto vari articoli e seguito
parecchie trasmissioni, prevalentemente a favore della sua santità, ma non
riuscivo mai a trovare la chiave giusta per presentare la sua storia nel modo
più asciutto e corretto possibile. Ho anche scritto al postulatore, col quale
avevo avuto a che fare per altre cause, così da chiedergli consiglio, ma non mi
sono mossa oltre.
In realtà, come ho più volte ammesso in post
precedenti a questo, non amo molto addentrarmi in storie dalle connotazioni
misticheggianti, con visioni, messaggi, stimmate, dialoghi ultraterreni e altro
di quel genere. Preferisco raccontare e leggere di persone che hanno calato il
Vangelo nella loro concretezza e ordinarietà, senza segni eccezionali.
Col blog e con santiebeati spesso sono
riuscita a cavarmela, ma quando il direttore della rivista Sacro Cuore
VIVERE ha iniziato a chiedermi di occuparmi di mistici e simili, non ho
potuto più dirgli di no.
Ecco quindi che mi è toccato raccontare della
Beata Edvige Carboni, di Pierina Gilli, di Bruno Cornacchiola (la ripresa
dell’articolo su quest’ultimo uscirà a settembre). Soprattutto la prima ha
rappresentato per me un punto di svolta: potevo raccontarla riferendo dei sogni
e delle stimmate, ma dovevo prima di tutto descrivere come lei avesse vissuto i
doni eccezionali in una vita apparentemente anonima.
Ho avuto analoghe indicazioni quando, in
seguito alla beatificazione di don Olinto Marella, mi sono interessata a Maria Bolognesi, anche lei Beata: dovevo parlare della sua umiltà, della sua carità,
della creatività che l’aveva resa artista e presepista, ma anche del suo
umorismo.
Così, quando mi sono ricordata che quest’anno
ricorrevano i cent’anni della nascita di Natuzza, ho pensato che fosse il
momento giusto di leggere l’unico libro che avevo comprato su di lei, più un
altro che mi era stato regalato.
Sento di avere le idee più chiare, a lettura
terminata, anzitutto perché mi sono stati chiariti alcuni punti di questa
storia: ad esempio, la reazione del marito e dei figli di fronte a quello che
accadeva alla loro moglie e madre. Per quello che so, Pasquale, nonostante a
volte s’innervosisse perché percepiva che Natuzza non c’era sempre per lui, si
poneva comunque a sua difesa e l’ha fatto fino alla morte, avvenuta due anni
prima di quella di lei.
Quanto ai figli, da piccoli non si rendevano
quasi conto di nulla, anche perché la madre faceva del suo meglio per
dissimulare i segni esteriori. Una volta cresciuti, anche loro l’hanno
sostenuta, ad esempio trascrivendo i cosiddetti colloqui mistici quasi in presa
diretta (se ho capito bene, quando lei si riprendeva integravano le parti che
non avevano potuto udire). Peraltro, una volta trascritti erano inviati al
vescovo, con la domanda se trasmetterli tutti o in parte o per niente.
Mi hanno incuriosita molto i racconti più
domestici che hanno riferito, compresi quelli delle specialità culinarie in cui
lei rallegrava la tavola della famiglia e degli ospiti, come i fiori di zucca
fritti (ma anche lì c’erano aspetti singolari: li girava in padella senza
utensili e non si scottava), o l’insistenza affinché studiassero e si formassero
culturalmente, oltre che religiosamente.
Ho provato anche a mettermi da parte di chi
cercava di spiegare sul piano scientifico tutti quei fenomeni, o fu chiamato a
dare un parere da esperto. È il caso di padre Agostino Gemelli, che rischia di
fare la parte del cattivo di turno: non ha mai esaminato direttamente le
cosiddette piaghe cristiche della donna e si è basato esclusivamente sulla
relazione del medico Francesco Naccari, inviatagli dal vescovo monsignor Paolo
Albera; da lì ha tratto la conclusione che bisognava farla sorvegliare in una
casa di cura.
In questo atteggiamento non ho visto un male,
in ogni caso: sia perché la strettissima osservazione cui la giovane Natuzza fu
sottoposta permise di appurare che non si procurava da sola le ferite, sia
perché, secondo quanto lei stessa ha affermato, cercava di portare il bene e la
consolazione anche in un ambiente doloroso come quello.
Come negli altri casi simili che ho
raccontato, ho provato a gettare uno sguardo anche ai frutti, per quello che mi
è stato dato di capire: la Fondazione, ora finalmente in comunione con la diocesi,
ma ancor prima i Cenacoli, gli appuntamenti di preghiera in quello che da oggi
è a tutti gli effetti un santuario e le conversioni (compresa quella del suo
principale biografo, che ora lavora per le Edizioni e i Periodici San Paolo).
Tutti mi paiono qualcosa di fondamentalmente positivo, ma non sta a me
giudicarli.
Allo stesso modo, mi lasciano ancora
perplessa alcune affermazioni da lei attribuite a Gesù e alla Madonna nei
dialoghi, ma non è mio compito indagare: spetterà alla Consulta Teologica, una
volta che i lavori dell’inchiesta diocesana saranno conclusi e sarà pronta la Positio
super virtutibus.
Perché venisse avviata la causa è stato
necessario anche un pronunciamento dell’allora Congregazione per la Dottrina
della Fede: è un fatto piuttosto raro per quel che concerne le cause di
beatificazione e canonizzazione, ma penso che costituisca comunque una prima
garanzia.
Al di là di questo, come lei, io riconosco
l’importanza della Comunione dei Santi, che nel suo caso si rendeva quasi
tangibile attraverso gli incontri speciali con figure poi canonizzate, ma anche
con anime bisognose di suffragi.
Il suo Vangelo
Qualcuno afferma che Natuzza sia stata un Vangelo vivente scritto col sangue, una “Bibbia dei poveri” tra secondo e terzo millennio, figlia di una cultura contadina e allo stesso tempo sapiente pur non avendo mai studiato. È un parere che fondamentalmente mi sento di condividere, per quello che ho capito di lei.
Il Vangelo, però, è qualcosa che non va
tenuto nascosto, ma comunicato e diffuso: il verbo “diffondere” ricorre
spessissimo nei cosiddetti dialoghi mistici. Dalla prima comunicazione (il 26
luglio 1940, occasione in cui cadde in uno stato di morte apparente) in cui
accettò di “dividersi i compiti” col Signore, Natuzza si è impegnata a
diffondere con la parola, con l’esempio e con la preghiera, anzitutto in
famiglia, poi tra quanti venivano da lei, le sue più grandi certezze: che Dio
c’è, che ama tutti singolarmente e follemente, che la Vergine Maria è la prima
guida a questo amore, con il suo Cuore Immacolato che è rifugio di ogni anima,
specie delle più tribolate.
Intervistata dall’antropologo Luigi Lombardi
Satriani, il quale è più volte stato osservatore dei suoi fenomeni, la donna si
è espressa così:
È una missione, è una
croce. Io l’accetto come una croce e come una missione. Se il Signore lo vuole
io sono contenta di farlo. Perché sono soddisfatta. Tanta gente viene e poi se
ne va convertita. La vedo che fa la comunione, che recita il rosario. Io sono
contenta, porto anime a Gesù.
A cent’anni dall’inizio del suo cammino su
questa terra, questa missione non è ancora conclusa: prosegue in quanti, figli
spirituali e non solo, hanno colto l’eredità di colei che chiamano “mamma”.
Per saperne di più
Luciano Regolo, Natuzza Evolo. Il miracolo di una vita, Mondadori 2023, pp. 464, € 12,00
Riedizione della prima biografia uscita nel
2010, quindi più o meno a un anno dalla morte.
Roberto Italo Zanini, Natuzza Evolo - Come
Bibbia per i semplici, San Paolo Edizioni 2023, pp. 228, € 16,00
Biografia dal taglio più spirituale, edita a
cinque anni dalla morte e ripubblicata con aggiornamenti.
Luciano Regolo, Il Gesù di Natuzza, San
Paolo Edizioni 2019, pp. 225, € 15,00
Sintesi dei lavori dello stesso autore
seguiti alla prima biografia, descrive come Natuzza considerava Gesù, anche in
base alle testimonianze di figli secondo la carne e figli spirituali.
Valerio Marinelli, Natuzza tra scienza e
fede, Effatà 2017, pp. 272, € 17,00.
La sintesi degli studi pluriennali del fisico
nucleare che più volte ha incontrato Natuzza e osservato la sua vita e i suoi
fenomeni.
Luigi M. Lombardi Satriani, Maricla Boggio, Natuzza
Evolo - Il dolore e la parola, Armando Editore 2018, pp. 320, € 27,00
Raccolta di saggi e articoli che
contribuiscono a calare Natuzza nella cultura a cui appartenne, con l’aggiunta
di un testo teatrale a lei ispirato.
Su Internet
Sito ufficiale della Fondazione Cuore
Immacolato di Maria Rifugio delle Anime
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