Giovanni Gallo, quando la vita si misura nell’amore

 

Il diacono Giovanni durante la prima omelia dopo lordinazione (fonte)

Chi è?

Giovanni Gallo (il nome completo era Giovanni Battista) nacque a Carmagnola, in provincia e diocesi di Torino, il 13 marzo 1942, ultimo dei cinque figli di una coppia di contadini, Caterina e Domenico.

A undici anni entrò nel Seminario Minore della diocesi di Torino, a Giaveno: era uno studente vivace e brillante. Passò quindi al Seminario Maggiore, a Rivoli, ma ne uscì nel 1964.

Inizialmente lavorò come educatore a Intra (Verbania) presso “Famiglia Studenti”, quindi al Convitto Civico di Savigliano. Dall’autunno 1965 Giovanni fu impiegato nella filiale di Caselle della Cassa di Risparmio di Torino. Nel frattempo, a Carmagnola, più precisamente a Borgo Salsasio, aveva conosciuto Amalia Panetto: si sposarono l’11 aprile 1966 ed ebbero tre figli, Stefania, Valerio e Ileana.

Insieme alla moglie si rese disponibile per la pastorale familiare, in particolare accompagnando i fidanzati della zona di Carmagnola al Sacramento del Matrimonio, a partire dal 1975; s’iscrisse poi alla facoltà di Pedagogia con indirizzo psicologico dell’Università di Torino.

Riprese gli studi teologici, lasciando l’università: dal 1984 frequentò l’Istituto di Scienze Religiose, per ottenere l’abilitazione all’Insegnamento della Religione Cattolica; nel settembre 1987 divenne docente al liceo classico Baldessano di Carmagnola. Appena ebbe maturato la pensione minima, presentò le dimissioni in banca, per concentrarsi sull’insegnamento.

Il suo parroco, don Michele Sanino, gli riferì di crederlo adatto al diaconato permanente. Giovanni pregò, si consultò, interpellò la moglie e i figli e, alla fine, diede il suo assenso. Il 25 giugno 1988 fu ordinato diacono dal cardinal Anastasio Ballestrero (per il quale è in corso la causa di beatificazione e canonizzazione), arcivescovo di Torino; poco dopo, ebbe l’incarico pastorale nella parrocchia di Salsasio, dove si era sposato.

Inoltre diresse, insieme al salesiano don Giorgio Chatrian, il Corso diocesano per operatori pastorali: dal 1987 al 1990 a Lombriasco e a Savigliano dal 1991 al 1994. Nel 1990 discusse la tesi in Scienze Religiose sul tema “Liturgia come Catechesi nel rito del matrimonio”.

Nello stesso periodo iniziò ad avere problemi di mobilità all’anca e alle gambe: il 19 luglio 1991 gli fu diagnosticato un carcinoma tiroideo con metastasi ossea. Giovanni continuò il suo ministero, ma poco tempo prima di morire confidò alla moglie che sognava di aprire una comunità per giovani in ricerca, da educare alla carità verso i poveri e gli anziani. Morì il 15 luglio 1995, nella sua casa di Carmagnola.

 

Cosa c’entra con me?

Ultimamente si sente parlare tanto di “serendipità”, ossia quando si sta cercando qualcosa e si trova qualcos’altro. Accade spesso anche a me di trovare qualche storia interessante mentre sto svolgendo ricerche su altri argomenti: con Giovanni Gallo è andata proprio così.

Non conoscevo la sua storia prima di settimana scorsa, quando, per curiosità, sono andata sul sito delle Edizioni Leggimi, dove avevo trovato tempo fa altre pubblicazioni interessanti. Incuriosita dal titolo di uno dei nuovi libri, ho voluto saperne subito di più. Il collega Daniele Bolognini gli ha già dedicato una scheda sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni, scoprendo che proprio oggi, nella sede della Comunità a lui intitolata, ci sarebbe stata la presentazione di quel testo che raccoglie le testimonianze dei familiari, degli studenti e dei sacerdoti (compresi due vescovi) suoi amici, più la sua prima omelia da diacono e alcune poesie.

Dopo aver ricevuto dall’editore una copia, così da sperare di parlarne per Avvenire (per ora la recensione non ha trovato spazio; invece il collega Daniele Bolognini gli ha dedicato un profilo sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni), mi sono messa a leggere per capire se tra me e Giovanni potesse esserci qualche elemento affine. Ritengo che ce ne sia solo uno, ovvero l’amore per la musica: cantando e suonando, lui allietava le serate in famiglia, spesso dedicando qualche brano all’amata moglie, o anche le lezioni a scuola.

Proprio le pagine che riguardavano l’esperienza di Giovanni come insegnante di Religione mi hanno ricordato quello che ho vissuto come studentessa, soprattutto alle superiori, quando, per tutta la seconda liceo classico, mi sono ritrovata a essere l’unica ad avvalersi dell’Insegnamento della Religione Cattolica (per la terza liceo sono invece stata accorpata a un’altra classe). In quelle lezioni ho capito molto meglio la fede a cui ero stata educata e le sue implicazioni nel passato e nel presente della Chiesa.

Penso che sia accaduto così anche agli allievi di Giovanni, secondo le testimonianze presenti nel libro. Una di essi, Paola Canelli, era fra coloro che non si avvalevano e che, nonostante questo, lui salutava davvero con cordialità quando uscivano dall’aula. Un giorno, però, ha colto l’invito a restare in classe per ascoltare e, così facendo, si è lasciata incontrare da ciò che il professore viveva e insegnava. Non solo: lo ha voluto come padrino di Battesimo e di Cresima, come mostra una delle foto nel libro, che ritrae il vescovo monsignor Pier Giorgio Micchiardi, al tempo ausiliare della diocesi di Torino ed ex compagno di studi in Seminario Maggiore di Giovanni, il quale è alla sinistra della figlioccia e si appoggia a due stampelle verdi.

Anche le pagine più familiari mi hanno condotta a riflettere su come gli esempi dei nostri genitori vengono compresi solo col tempo e, di certo, non quando ci si ritrova a scontrarsi con loro. L’unico figlio maschio di Giovanni, Valerio, lo sottolinea con una punta di rammarico, ma allo stesso tempo oggi si sente sicuro d’incarnare quello che suo padre ha rappresentato in famiglia, a scuola e negli impegni ecclesiali.

Nella prima omelia da diacono ho invece ravvisato la passione ecclesiale di Giovanni, la sola ragione che, pur tra parecchie resistenze, l’aveva condotto ad accettare la proposta del suo parroco. In quel testo afferma con chiarezza di vedere, nel diaconato permanente, una cerniera tra i presbiteri e il popolo di Dio, come di fatto insegna il Concilio Vaticano II: per questa ragione, non si considerava né un prete dimezzato, né un laico con poteri speciali, ma «in prestito d’uso» (parole sue, sempre nell’omelia) alla parrocchia da cui era stato inviato dall’arcivescovo.

Sempre nell’omelia, lui raccomanda l’unità ecclesiale, proponendo l’esempio in negativo del vescovo Lefebvre, e incoraggia ad amare il Papa, che al tempo era san Giovanni Paolo II, senza pretendere di sapere di più di lui. Fatte le debite proporzioni, sono raccomandazioni valide ancora oggi.

Infine, ricorda che lo specifico del diacono è andare incontro alle situazioni più delicate ed esorta all’aiuto in famiglia, con l’esempio concreto del rapporto coi suoceri. Quanto a lui, viveva questa consegna già a scuola e nella preparazione delle coppie al matrimonio cristiano, ma con l’ordinazione sapeva di dover agire ancora più direttamente come rappresentante di una Chiesa chiamata ad accorgersi di quanti soffrono e a camminare con loro.

Il libro non racconta molto del presente della Comunità Giovanni Gallo, ma ho intuito che essa costituisce la realizzazione di una confidenza rivolta alla moglie. Lui pensava a un luogo che aiutasse le ragazze e i ragazzi a decidersi per la vita, ma che, allo stesso tempo, si aprisse all’accoglienza degli anziani e di coloro che non hanno un luogo dove trascorrere la notte. Dopo trent’anni, la Comunità ha preso gradualmente forma: ospita madri in difficoltà, bambini in attesa di sistemazione e anche gli anziani, a partire dal gennaio 2006. Dal 2010 ha sede nell’ex casa parrocchiale di Salsasio, in vicolo Asilo 10.

 

Ha testimoniato la speranza perché...

Giovanni è un Testimone in cui la speranza risplende anzitutto nel compito educativo, che sentiva molto più congeniale rispetto al lavoro in banca. Gli studenti che parlano di lui nel libro riconoscono che ha contribuito alla loro maturazione a tutto tondo e affermano che era un adulto su cui loro sapevano di fidarsi, anzi, uno che faceva pensare che sarebbe stato bello diventare come lui.

D’accordo con la moglie, ha offerto la speranza cristiana accompagnando tante coppie in un altro tipo di formazione, quello al Matrimonio cristiano, ma anche restando disponibile alle famiglie che affrontavano crisi piccole e grandi.

Infine, quando il carcinoma osseo ha iniziato a compromettere la sua capacità di camminare e muoversi, non ha ceduto all’inevitabile dolore e nemmeno alle barriere architettoniche (il liceo Baldessano era situato al secondo piano di un ex convento privo di ascensori). Nei corridoi si sentiva da lontano il ticchettio delle sue stampelle, o si percepiva il suo arrivo in sedia a rotelle, strumento da cui gli studenti dovevano sollevarlo per fargli scendere le scale e che, per certi versi, era diventato un’altra cattedra.

 

Il suo Vangelo

L’annuncio fondamentale che viene dalla storia di Giovanni è ben espresso da una frase notissima di sant’Agostino, tratta dai Discorsi, che lui ripeteva frequentemente ai suoi studenti: «La misura dell’amore è amare senza misura». Ha cercato continuamente di renderla concreta: prima credendo di dover diventare prete, poi formando una famiglia con Amalia, quindi attraverso l’opera educativa e, infine, quando è sopraggiunta la malattia.

Da quel che ho capito, il suo ricordo in diocesi è ancora molto vivo, altrimenti non si spiegherebbe come, a trent’anni dalla morte, le celebrazioni non siano mancate, anzi, oggi vedranno la partecipazione dell’attuale arcivescovo, il cardinal Roberto Repole.

Anche il ministero diaconale è stato interpretato da lui nel modo più genuino possibile, al di là delle forme esteriori. Lo diceva già ai fedeli riuniti nella chiesa di San Francesco d’Assisi, nella prima omelia, il 26 giugno 1988:

…questa funzione, che io sento proprio mia, la sento nel cuore, la vivo, la partecipo. Anche se nessun cristiano deve essere parte succube, parte remissiva, parte passiva. No, no, impregniamo pure tutti tranquillamente, però ricordiamoci che il punto di arrivo è Cristo.

La missione di Giovanni continua nella Comunità Famiglia, ma anche in quanti hanno visto in lui un riflesso della carità di Cristo.

 

Per saperne di più

Domenico Agasso (a cura di), Cammina, canta, spera – Giovanni Gallo, Edizioni Leggimi 2025, pp. 88, € 10,00.

La pubblicazione più recente su di lui, con i ricordi di chi l’ha conosciuto e alcuni scritti. Si può acquistare contattando l’editore.


Su Internet

Sito ufficiale della Comunità Famiglia Giovanni Gallo 

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