Monsignor Carmine De Palma, prete «fino all’ultimo respiro»

Limmagine ufficiale della beatificazione
(dal sito dellarcidiocesi di Bari-Bitonto)
(il ritratto di don Carmine è della pittrice Maria Teresa Ferrari Donadei)


Chi è?

Carmine De Palma nacque a Bari, più precisamente a Bari Vecchia, il 27 gennaio 1876, terzo dei cinque figli di Vito De Palma, di professione costruttore, e di Filomena Catacchio. Rimase orfano di entrambi i genitori a cinque anni.

Ne aveva invece dieci quando entrò nel Seminario della basilica di San Nicola di Bari, non lontano da casa sua; al tempo la basilica aveva un proprio Capitolo. Per il diploma di licenza liceale, sostenne gli esami nel Regio Liceo “Cirillo” di Bari, mentre per gli studi teologici studiò nel Collegio Santa Maria di Napoli, città nella quale fu ordinato sacerdote il 17 dicembre 1898.

Non aveva mai goduto di buona salute, ma le fatiche nello studio acuirono i forti mal di testa di cui soffriva. Per riprendersi, fu ospitato nell’abbazia di Montecassino: lì scoprì la spiritualità benedettina e alimentò un amore alla preghiera, al silenzio e alla liturgia che non lo lasciò più. Quando si fu ripreso, completò gli studi teologici al Collegio Leoniano di Roma.

Rientrato a Bari, rivestì numerosi incarichi, a cui erano connesse responsabilità sempre più gravose, in seno al Capitolo della basilica di San Nicola. Affrontò le delicate questioni relative all’autonomia del clero della basilica finché, nel 1951, la Santa Sede non dispose la cessazione del Capitolo e l’arrivo dei padri Domenicani.

Don Carmine, che nel frattempo aveva ottenuto il titolo di monsignore, aveva anche pensato di diventare religioso benedettino, ma col tempo capì che il suo posto doveva essere a servizio di san Nicola e della diocesi di cui lui era patrono. Rimase comunque legato all’Ordine di San Benedetto come Oblato della Famiglia cassinese.

Sin dagli anni in cui fu in servizio a San Nicola, s’impegnò nella confessione e nella direzione spirituale di moltissimi fedeli, uomini e donne, religiosi, chierici e laici. Per la saggezza con cui dirigeva le anime, ottenne la fiducia degli arcivescovi di Bari e di altre personalità che gl’indirizzavano i fedeli più bisognosi di aiuto. Alimentò la propria vita di prete aderendo anche all’Unione Apostolica del Clero, che aveva conosciuto negli anni di studi a Roma.

Continuò il ministero della confessione fino quasi agli ultimi giorni di vita. Sempre più malato e praticamente cieco, rese l’anima a Dio nella sua abitazione di Bari il 24 agosto 1961, a ottantacinque anni e sette mesi.

È stato beatificato oggi, 15 novembre 2025, nella cattedrale di San Sabino a Bari. I suoi resti mortali sono venerati dal 10 febbraio 2003 nella chiesa abbaziale del monastero benedettino di Santa Scolastica a Bari, in largo Santa Scolastica 1, mentre la sua memoria liturgica ricorre il 29 gennaio.

 

Cosa c’entra con me?

Non conoscevo affatto monsignor De Palma prima del giorno in cui, sfogliando il catalogo di una casa editrice, non ho visto un volumetto su di lui, accompagnato dalla definizione di “Eroe del confessionale”. Mi sembrava un soggetto interessante, ma non me ne sono curata più di tanto, almeno fino al 2019, quando ho scorto quello stesso libro in un negozio di articoli religiosi a Pompei: l’ho preso essenzialmente perché non mi andava di uscire a mani vuote.

Non ricordo le impressioni di quella prima lettura, ma sicuramente avevo intuito che aveva molto da insegnare anche a me. Un dettaglio della sua vita mi segnò senza dubbio: il fatto che anche lui, come san Giustino Maria Russolillo, avesse beneficiato dei consigli del Beato Alfredo Ildefonso Schuster, che è stato arcivescovo della mia diocesi. Mi è venuto in mente che avrei dovuto approfondire la questione, ma, come spesso mi accade, ho accantonato il pensiero.

Intorno ai primi di maggio 2020, ho appreso che il Rosario per l’Italia, appuntamento ormai irrinunciabile nel corso della pandemia, sarebbe stato trasmesso mercoledì 6 dalla basilica di San Nicola a Bari. Il libretto pubblicato sul sito Chi ci separerà?, lanciato dalla Conferenza Episcopale Italiana per radunare le risorse in mancanza delle Messe col popolo, riportava estratti dagli scritti proprio di monsignor De Palma: mi è quindi venuta l’idea di dedicargli un post, da pubblicare in quell’occasione.

Allora, ho ripreso il libretto, accorgendomi che sull’urna che custodisce le sue spoglie il suo nome era latinizzato in “Carmelus”: mi era venuto da pensare che, nel Decreto sull’eroicità delle virtù, sarebbe stato riportato come “Carmelo”, non “Carmine”.

A questo punto, ho di nuovo ricordi nebulosi su come, il giorno prima del Rosario, sono finita sul sito della Postulazione Generale dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, dove ho visto, nella parte dello schermo con le ultime novità, proprio un riferimento a don Carmine.

Mi sono subito domandata se mi fossi persa qualcosa: il tempo di aprire il link e ho visto che, proprio in quel 5 maggio, papa Francesco aveva autorizzato la promulgazione del decreto sulle sue virtù eroiche. Ho quindi vissuto il Rosario del giorno dopo (era registrato) in spirito di rendimento di grazie.

Negli anni seguenti, spesso, mi è tornata alla mente la sua storia, insieme all’idea di dedicargli un profilo per l’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni, oltre a un post qui, senza dimenticare un eventuale approfondimento per i media diocesani milanesi circa il suo rapporto con Schuster.

Dalla biografia che avevo a disposizione, infatti, non capivo a quando risalisse, ovvero se precedesse la nomina cardinalizia e quella ad arcivescovo di Milano; era però scritto che lui scrivesse a don Carmine per fargli gli auguri in circostanze significative o per particolari ricorrenze. Nella pagina accanto, poi, era riportata una brevissima frase tratta dalla lettera con cui rispose al messaggio nel quale il sacerdote barese gli riferiva che non intendeva più diventare monaco: «Ti farai santo lo stesso». Anche in quel caso, mancavano elementi cronologici precisi. Dal profilo sul libretto della beatificazione, invece, emerge che si sono conosciuti a Montecassino.

La decisione di occuparmi di lui è riemersa il 28 marzo 2025, con il Decreto sul miracolo. Ero però troppo impegnata con la preparazione della prima presentazione del libro Nuovi Martiri, poi rinviata a causa della morte di papa Francesco, per mettermi seriamente a rileggere il libretto; in più, speravo in qualche altra pubblicazione più a ridosso del grande evento. Per tacere, poi, del fatto che, quando sento che vengono annunciate le date delle beatificazioni o delle canonizzazioni, ho sempre paura che possa accadere qualcosa che le rinvii: era successo in piena pandemia e si era verificato di nuovo con il decesso del Papa.

A quel punto, ho fatto ricorso ai contatti presenti sul libretto, ma ho appreso che l’autore era morto e che il sacerdote indicato come vicepostulatore non era più in carica. Quanto alle monache di Santa Scolastica, mi hanno risposto di essere semplicemente le custodi del suo corpo e che la causa era seguita dalla diocesi.

Di conseguenza, ho ripreso in mano don Carmine solo pochissimi giorni fa, nei ritagli di tempo tra un impegno e l’altro, specie riguardo la giornata di studi su san Pier Giorgio Frassati (a presto con ulteriori dettagli!). Tra l’altro, la pagina che avevo consultato è sparita: evidentemente la sua causa non è più seguita dalla Postulazione Generale dei Carmelitani Scalzi.

Ho riflettuto una volta di più su come sia importante trovare un confessore provvisto di tutte le doti che sono state ravvisate in lui: ascolto, comprensione, pazienza, serietà nell’indirizzare verso le scelte migliori ma senza sovrapporsi alla libertà del penitente, ma soprattutto capacità di trovare tempo da dedicare a questa parte del ministero. È più facile che questo avvenga in preti con meno impegni pastorali, ma non per questo chi ha tanto da fare, magari anche fuori parrocchia, se ne deve chiamare fuori; almeno, io lo farei, se fossi un sacerdote.

Ho poi riconosciuto che in almeno tre casi il suo influsso ha germogliato in storie che, come la sua, sono in cammino per essere vagliate nella loro presunta santità: quella di Teodora Fracasso, poi suor Elia di San Clemente (beatificata nel 2006; don Carmine depose durante il processo informativo diocesano), che andò da lui dopo che il suo precedente direttore spirituale aveva lasciato Bari; quella del professor Giuseppe Modugno (la sua causa è in corso), col quale don Carmine discorreva per ore, tanto da portarlo a un impegno cristiano più convinto; quella di Isabella Morfini, detta Bina, terziaria carmelitana (anche lei al momento Serva di Dio).

Tra le sante amicizie di don Carmine c’è anche quella con sant’Annibale Maria Di Francia: il fondatore dei Rogazionisti del Cuore di Gesù e delle Figlie del Divino Zelo lo chiama proprio “mio amico” in una lettera che aveva indirizzato al direttore del Corriere delle Puglie per raccontare un episodio che entrambi ebbero sotto gli occhi il 18 febbraio 1918 (la lettera al giornale è del 21 ed è riferita nel quinto volume delle Memorie biografiche di sant’Annibale): due aggressioni ad altrettanti poveri, a breve distanza l’una dall’altra, non lontano dalla stazione ferroviaria di Bari.

Nella sua storia personale, però, hanno avuto grande spazio anche le relazioni coi Santi del passato, san Nicola su tutti: non solo scrisse un Mese in onore di san Nicola, intrecciando dati leggendari con stimoli per l’azione nel tempo presente, ma realizzò e pubblicò anche un saggio d’innografia greca su di lui, frutto di una sua permanenza nell’abbazia basiliana di Grottaferrata.

Infine, mi ha sorpreso scoprire che don Carmine ha offerto le primizie del suo sacerdozio nella basilica della Madonna di Pompei, non ancora santuario: nel libretto che avevo comprato proprio lì (o meglio, come scrivevo sopra, in un negozio esterno), non era affatto indicato. Un ulteriore segno del fatto che Pompei stava già diventando luogo dove s’incontrano i santi, grazie al fondatore del santuario e delle opere di carità che gravita attorno a esso, san Bartolo Longo.

 

Ha testimoniato la speranza perché…

Monsignor De Palma ha vissuto la virtù della speranza anzitutto fidandosi di Dio, in qualsiasi posto Lui l’avesse voluto, anche in situazioni complesse come quelle in cui si trovò coinvolto da membro del Capitolo della basilica di San Nicola.

Ponendo la sua speranza solo in Dio, ha potuto indicarla anche ad altri, soprattutto a quelli che si accostavano al suo confessionale carichi di pesi morali e spirituali, di cui era pronto a farsi carico. Se anche per quei penitenti, al contrario di quelli che ho indicato sopra, non si è aperta la causa né mai lo sarà, loro hanno sicuramente ricevuto l’incoraggiamento a essere santi “della porta accanto”, come ora si dice.

 

Il suo Vangelo

La testimonianza del Beato Carmine non parla solo ai sacerdoti e non solo a quanti, nella sua diocesi d’origine, ne perpetuano il ricordo, ma a quanti si sentono confusi, non compresi, alla ricerca del proprio posto nel mondo e nella Chiesa.

I suoi consigli derivavano dalla lunga frequentazione del mondo benedettino, ma anche dei Padri della Chiesa: fu grande il dispiacere che provò quando riconobbe di non riuscire più a leggere, a causa della cecità.

Gli rimaneva però la preghiera, sempre più prolungata, sia col Rosario – essendo stato dispensato dal Breviario, lo recitava per intero, ossia con le tre corone in uso al tempo – sia nel colloquio silenzioso con Dio. Realizzava quindi quanto aveva scritto in una meditazione sulla preghiera:

È necessaria ai giusti e ai peccatori: ai giusti per non cadere in tentazione e pregustare in certo modo le dolcezze del Cielo; ai peccatori per trovare l’aiuto più potente a sollevarsi dalle spirituali miserie in cui giacciono, e forzare il cuore di Dio a dar loro lumi straordinari per uscire dalle tenebre del peccato.

Don Carmine pregò, operò e offrì – oblato vuol dire “offerto” – veramente «fino all’ultimo respiro», come riferì a una penitente che, per eccesso di zelo, aveva allontanato da lui un gruppo di bambine, dopo aver saputo che era reduce da uno dei suoi malanni. La beatificazione sancisce quindi ufficialmente ciò che molti erano sicuri di aver visto in lui.

 

Per saperne di più

Alberto D’Urso, Mons. Carmine De Palma – Eroe del confessionale, Velar-Elledici 2010, pp. 48, € 3,50.

L’unica biografia attualmente in commercio, non aggiornata alla beatificazione, uscita in occasione dell’Anno Sacerdotale.

 

Su Internet

Pagina del sito del Dicastero delle Cause dei Santi, con il profilo biografico (comprende anche il racconto del miracolo) e il decreto sull’eroicità delle virtù (dove, come immaginavo, il nome è indicato come “Carmelo”)

Sussidio in preparazione alla beatificazione, dal sito dellarcidiocesi di Bari-Bitonto

Libretto della veglia che si è celebrata ieri (contiene altri estratti dei suoi scritti)

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