Gesù Bambino cerca casa (un raccontino di Natale “dalle genti”)
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| Foto mia |
Il post
di Natale di quest’anno continua la mia tradizione di pubblicare qualcosa di
diverso dai post classici, ovvero un raccontino a tema. Qualcuno dei miei
conoscenti mi ha più volte incoraggiata ad andare avanti su questa linea, per
cui, almeno una volta l’anno, provo ad accontentarli.
L’ispirazione
mi è venuta da questo articolo riguardante la celebrazione d’inizio della Novena
di Natale secondo la tradizione delle Filippine. Di conseguenza, mentre
scrivevo, ho sviluppato il racconto in maniera diversa da come l’avevo
immaginato.
Come la protagonista di questa storia, vi auguro di ricordare a voi e a quanti amate il vero senso di queste feste, anche attraverso piccoli segni. Buon Natale!
*
* *
L’ultima
domenica di Natale, rispettando la tradizione introdotta dai suoi predecessori,
don Gilberto ha voluto continuare la benedizione dei Gesù Bambini nei presepi,
per i bambini del catechismo anzitutto. Con una novità, però:
-
Sentite,
bambini! La benedizione non è un atto magico, che rende speciale la vostra
statuina. È invece una preghiera su di voi, perché, quando guarderete
l’immagine di Gesù nel vostro presepe, vi ricordiate dell’immenso amore che ha
avuto per noi e di cui anche voi diventate portatori. Per questa ragione, oltre
al Bambinello che metterete nella capanna a Natale, le catechiste e io abbiamo
deciso di regalarvi un’altra statuina: il vostro compito sarà trovare casa
anche per questo Gesù Bambino. Siete pronti?
Le
catechiste, a quel punto, invitarono i bambini ad alzare la loro statuina al
cielo. C’erano Bambinelli di tutti i tipi: di ceramica, di plastica, fatti con
materiali di recupero, derivati da una tradizione familiare o comprati per la
prima volta. Alcuni apparivano addormentati, altri spalancavano le braccine,
altri ancora erano avvolti in fasce e avevano un gran sorriso sul volto; altri
ancora erano nel tipico (per un bambino, non tanto, in verità) atteggiamento
benedicente.
Intanto,
due chierichetti avevano portato un cestino con i Bambinelli nuovi. Mentre il
coro cantava Emmanuel tu sei, don Gilberto li asperse con l’acqua
benedetta, quindi passò in mezzo all’assemblea. Subito dopo, altri chierichetti
distribuirono le statuine ai bambini che, poco prima, avevano messo in tasca quelle
portate da casa.
*
* *
Mariella
pensò che il suo Gesù Bambino potesse essere regalato al suo papà, Maurizio,
che era sempre di corsa e diceva di non aver tempo di andare a Messa la
domenica; anche quando era a casa, escogitava sempre nuovi sistemi per
risparmiare.
Quando
la figlia tornò dalla Messa, accompagnata da Consuelo, la sua tata, la reazione
che ebbe non era quella che lei si aspettava.
-
Guarda,
papà, don Gilberto e le catechiste ci hanno regalato questo Gesù Bambino! Io
voglio regalarlo a te. Ti piace?
Maurizio
prese la statuina e la scrutò. Era uno di quei Bambinelli da pochi spiccioli,
di plastica, con l’aureola dorata e il corpicino fluorescente, dalla testa ai
piedi.
-
Ma
che cafonata! Riprenditelo, e mettilo tra i tuoi giocattoli, se proprio ci
tieni!
Gli
occhi di Mariella furono sul punto di riempirsi di lacrime, ma solo per un
momento. La bambina prese la statuina e la portò via, pensando a un piano di riserva.
Maurizio,
intanto, era tornato alla scrivania, ingombra di scontrini, di ricevute, di
opuscoli provenienti dai supermercati della zona. Prese una matita e cominciò
ad appuntarsi:
-
Dunque,
il panettone SuperCiok qui costa 6 euro e 99…
Cercando
di non farsi scoprire, Mariella era entrata nella stanza, dato che il papà
aveva lasciato la porta semiaperta. Posò il Bambino sul cumulo di volantini
promozionali e si allontanò, nascondendosi dietro la porta. Maurizio fece per
prendere un altro di quegli opuscoli:
-
Vediamo
se qui costa meno… Ma cosa?
La sua
faccia di fronte alla ricomparsa, per lui misteriosa, della statuina che aveva
disprezzato, era tra lo stupito e il disgustato. Col dorso della mano, la
spazzò via, riprendendo subito dopo a sfogliare il volantino.
Il
gesto di Maurizio aveva scaraventato il Bambinello fluorescente oltre la soglia
della stanza. Fu lì che lo trovò Consuelo, la quale era sul punto di tornare a
casa propria.
-
Ma
guarda… Il signor Maurizio non ti vuole proprio, eh? Allora vieni con me!
Così
dicendo, lo mise nella tasca del suo cappotto e, dopo aver salutato il padrone
e la figlia, uscì nel freddo della grande città.
*
* *
Casa
sua distava molto da quella di Mariella, ma aveva accettato di lavorare in quel
quartiere anche per compensare la lontananza da suo marito e dai suoi tre
bambini, rimasti nelle Filippine, mentre lei, appoggiandosi da una sorella, era
emigrata in Italia. Anche lei aveva partecipato alla Messa in cui don Gilberto
aveva distribuito i Bambinelli e, in cuor suo, aveva desiderato di averne uno,
ma si vergognava di chiederlo alla figlia del suo capo.
Mentre
viaggiava in metropolitana, sentiva come uno strano calore provenire dalla
tasca dove aveva messo il Gesù Bambino. Scacciò subito l’idea che venisse
proprio da lì e si mise a osservare la gente attorno a lei.
C’erano
ragazze ben vestite e truccate, che parlavano tra loro di dove avrebbero
trascorso le vacanze. Pigiati nel vagone della metropolitana c’erano anche
studenti fuorisede con grosse valigie, pronti a riempirle con le cibarie che
avrebbero ricevuto dalle loro anziane zie del Sud.
Molti
passeggeri scorrevano con frenesia le dita sugli schermi dei loro telefoni, su
cui comparivano video ripetitivi che intendevano distrarre dalle brutture del
mondo, articoli da inserire in carrelli virtuali e destinati a essere
consegnati prima del 25 dicembre, messaggi di vario tenore e fotografie di
luminarie e monumenti.
Sospirando,
Consuelo ricordò quello che il Vicario episcopale per le Genti Cristiane, don
Ippolito Gancia, aveva indicato, nella prima celebrazione diocesana del Simbang
Gabi, a cui lei stessa aveva partecipato:
-
Non
perdete lo spirito di questa tradizione che vi aiuta a prepararvi al Natale, ma
portatelo con voi dovunque andate: per strada, al lavoro, incontrandovi tra voi
o con le persone di cui vi prendete cura.
Era
ancora immersa nei suoi pensieri, quando una voce metallica gracchiò il nome
della sua fermata. Si alzò di botto e corse verso l’uscita, appena in tempo
prima che le porte si chiudessero dietro di lei.
*
* *
-
Allora,
com’è andata oggi?
-
Speravo
meglio: il padrone pensa solo ai soldi…
Consuelo
rispose così a Jerónima, la sorella che l’aveva accolta in casa propria,
all’interno di un palazzone di oltre dieci piani. L’appartamento era molto più
piccolo di quello di Maurizio, ma si sentiva come a casa sua; mancavano solo il
marito e i bambini.
Stava
proprio pensando a loro, quando si ricordò della statuina:
-
Guarda
un po’ qua! Non è bellissimo?
Lo
porse alla sorella, la quale si lasciò sfuggire un gridolino di meraviglia:
-
Davvero!
Anzi, adesso gli preparo una bella culla!
Jerónima
aveva da sempre la capacità di ornare la casa anche con materiali di poco
conto: anche il suo piccolo appartamento non faceva eccezione. Prese un
tovagliolo rosso di carta da un pacco che aveva appena aperto, lo piegò e
ripiegò più volte, fino a formare una stella aperta al centro. Quindi indicò
alla sorella:
-
Mettilo
lì.
Al
centro di quella stella improvvisata, Gesù Bambino sembrava brillare ancora di
più che per via del materiale di cui era fatto. Le due sorelle si sentirono
spinte a mettersi in ginocchio, quindi, guardandosi negli occhi, intonarono Ang
Pasko Ay Sumapit, ricordando tutti quei Natali in casa loro in cui
cantavano quel canto tradizionale.
Erano a
metà della seconda strofa, quando squillò il telefono di Consuelo:
-
Pronto?
Senti, hai visto per caso il Gesù Bambino che mi hanno dato in chiesa?
Con un
po’ d’imbarazzo, Consuelo rispose:
-
S…sì,
l’ho preso io. Perché, ti serve?
-
No,
non ti preoccupare: penso che stia meglio lì da te.
Mariella
riagganciò, poi andò nella sua stanza. Guardando fuori dalla finestra, pensò
che non fosse ancora tutto perduto:
-
Io
non mi arrendo: come mi ha detto la mia catechista, Gesù è venuto anche per il
mio papà!


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