Suor Filomena di Santa Coloma, un cuore di bambina unito ad ogni costo al Sacro Cuore (Corona d’Avvento dei Testimoni 2025 #2)

Statua di suor Filomena
realizzata da suo fratello Félix Ferrer
jr
(fonte)
Chi è?
Filomena Ferrer nacque a Mora d’Ebro, nella comunità autonoma della Catalogna in Spagna, il 3 aprile 1841, seconda dei dieci figli (cinque dei quali morti prematuramente) di Félix Ferrer e Josefa Galcerán. A causa del lavoro del padre, che era uno scultore, la famiglia intera dovette traslocare più volte. Filomena viveva questa situazione senza troppi problemi, dotata di un carattere allegro e pronta a stringere nuove amicizie. Aveva però una salute cagionevole, che le causava molti disagi, sopportati con pazienza.
A
sedici anni rivelò ai genitori che, da almeno tre anni, stava pensando di farsi
religiosa. Pur essendo credenti, le manifestarono una decisa opposizione:
soprattutto la madre si mostrò tanto contraria da obbligare Filomena a svolgere
tutti i lavori domestici, come se fosse una serva. La ragazza continuava però a
sentirsi orientata alla vita religiosa ed era aiutata in questo dal parroco di
Maldá, la città dove nel frattempo si era trasferita, don José Esqué, che era
anche il suo direttore spirituale.
Nel
1859 affrontò un nuovo trasloco a Pla de Cabra: anche lì si confidò al parroco,
don Domingo Folch. Fu lui a convincere i genitori che la vocazione era genuina,
e a indirizzare Filomena nel monastero dell’Immacolata Concezione a Valls,
delle monache Minime: lei vi entrò il 29 gennaio 1860, dopo aver preso lezioni
di canto, così da godere di una riduzione sulla dote al tempo necessaria.
Professò i voti l’anno seguente, diventando suor Filomena di Santa Coloma.
In
comunità svolse molti incarichi, da quello di cantora a quelli d’infermiera e
di cuoca. Con il suo comportamento, risultava un richiamo vivente alla Regola
originaria delle Minime, voluta dallo stesso fondatore, san Francesco di Paola.
Sempre
più spesso, però, si manifestavano in lei fenomeni singolari, come estasi e
intuizioni profonde. Inoltre, suor Filomena si sentiva incaricata dal Sacro
Cuore di Gesù a diventare un’apostola del suo Amore e a trovare altre anime che
si facessero apostole come lei. L’unico a conoscenza di tutto questo era il
padre spirituale delle monache, padre Narciso Dalmau, religioso dei padri
Minimi.
Tra i
messaggi che ricevette dal Sacro Cuore, suor Filomena ebbe quello di far
costruire un monastero contemplativo a Mora d’Ebro, la sua città natale, che
seguisse la Regola delle Minime e avesse lo scopo specifico di riparare i
peccati commessi contro il Sacro Cuore.
Suor
Filomena si ammalò gravemente e cercò di sopportare tutto come aveva fatto per
il resto della vita; morì il 13 agosto 1868, ventisettenne. Il 18 novembre 1883
fu posta la prima pietra per il monastero di Mora d’Ebro, inaugurato il 5
ottobre 1894. L’annesso Tempio espiatorio del Sacro Cuore, invece, fu
inaugurato il 5 giugno 1925.
Suor
Filomena, i cui resti mortali riposano nella chiesa del monastero
dell’Immacolata Concezione a Valls, ai piedi della statua del Sacro Cuore, fu
dichiarata Venerabile il 7 settembre 1989 dal Papa san Giovanni Paolo II.
Cosa c’entra con
me?
Ho sempre avuto incontri fruttuosi e interessanti alle due edizioni (su quattro) dei convegni di studio del Dicastero delle Cause dei Santi a cui ho partecipato. Lo scorso anno, mentre parlavo con la Postulatrice generale delle Figlie di San Camillo (dovrei trovare il tempo di parlare dei suoi fondatori, prima o poi), ho scorto un volto noto: quello di un religioso dei Minimi che avevo spesso visto guidare il Rosario su TV 2000 dalla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte.
Con la
mia consueta faccia tosta, mi sono presentata a lui, ricevendo un buon
apprezzamento per la mia collaborazione all’Enciclopedia dei Santi, Beati e
Testimoni. Tuttavia, il religioso, da poco nominato a sua volta Postulatore
generale, ha commentato che su quel sito c’erano pochissimi profili di
candidati del suo Ordine e si rendeva disponibile ad aiutarmi, semmai avessi
voluto occuparmene.
Ricordavo
vagamente di aver realizzato qualcosa sulle nove monache Minime del convento di Barcellona e su Lucrecia García Solanas, sorella di una di loro, tutte
beatificate come martiri nel 2013, e conoscevo di fama il Venerabile Pio Dellepiane, quindi gli ho chiesto se ci fossero altri candidati: a quel punto,
mi ha accennato di suor Filomena, che fino a quel momento mi era totalmente
sconosciuta. Gli ho quindi lasciato il mio biglietto da visita, contando di
essere ricontattata per ricevere il materiale che poteva servirmi.
Nei
mesi seguenti non ho ricevuto nulla, ma ho pensato di non dargli troppo
fastidio. Quando sono tornata a Roma ad aprile, precisamente il 29, sono
passata per Sant’Andrea delle Fratte, ma mi sono limitata a riferire al
confratello che aveva appena celebrato la Messa di portargli i miei saluti.
Sul
finire dello scorso mese di ottobre, ho scorto tra le novità librarie del sito Libreria
del Santo un testo che mi ricordava qualcosa, ma che, sul momento, mi colpì
per il sottotitolo, che definiva la protagonista “confidente del Sacro Cuore”.
Pensando che avrei potuto recensirlo per Avvenire, mi sono segnata il
titolo, mentre cominciavo a pensare all’occasione migliore per presentarlo.
Meno di
un mese dopo, nell’imminenza della Giornata di preghiera per la vita
contemplativa, ho proposto alla redazione di affidarmi un articolo sulle monache
Clarisse di Camerino, dove sono stata due mesi fa per la professione temporanea
di una mia conoscente; su come questo abbia favorito la nascita del legame con
loro e con santa Camilla Battista da Varano tornerò, a Dio piacendo, tra
qualche mese. Mi fu risposto che ci avrebbe pensato un’altra collaboratrice
(ecco come) ma,
se avevo altre idee per la stessa circostanza, erano ben accette.
Ecco quindi che mi è tornato alla mente il caso di suor Filomena, ricollegando l’incontro col postulatore e il libro appena uscito, ma non con una semplice recensione: avrei potuto, invece, intervistare l’autrice di quel volumetto, contattandola al telefono, visto che era una religiosa del monastero di Gesù Maria a Paola. Ottenuto il benestare dal giornale, mi sono messa all’opera.
Prima
di telefonare, ho consultato il sito del monastero di Paola, rimanendo stupita
del materiale disponibile, dei racconti, delle attestazioni di grazie e,
soprattutto, del legame tra quel monastero e quello di Mora, che iniziava a
spiegare la ragione della nascita del libro.
Quando
ho telefonato, il 19 novembre, non mi ha risposto subito la monaca che cercavo,
ma un’altra sorella, la quale mi ha passato la Madre correttrice, vale a dire
la superiora del monastero. Quest’ultima mi ha invitato a venire di persona al
monastero: sarei andata di corsa, non fosse che avevo poco tempo e,
soprattutto, che telefonavo da Milano. Dopo che ci siamo chiarite, mi ha dato
il suo assenso all’intervista, chiedendomi però di richiamare nel pomeriggio.
Intanto,
pur essendomi già documentata, ho pensato che mi avrebbe fatto comodo avere
sottomano il testo: grazie all’Ufficio Stampa dell’editrice Cantagalli, che già
mi aveva aiutato per il libro su san Rafael Arnáiz Barón, l’ho avuto in tempi
strettissimi (ringrazio nuovamente per la generosità).
Dopo le
due di pomeriggio, quindi, ho ritelefonato al monastero. Dalle parole scambiate
con suor Maria Francesca, l’autrice, ho percepito una passione fortissima, la
stessa che avevo intuito dalle prime pagine del libro.
Nel
corso della telefonata, mi ha incoraggiato a parlare di suor Filomena qui a
ridosso dell’Immacolata: accennò che nel corso della lettura avrei scoperto perché.
La mia intenzione era presentarla a giugno, mese del Sacro Cuore, però avevo
letto, tra i fioretti riportati sul sito del monastero paolano, quello in cui, ad
appena tre anni, lei credeva che la madre stesse preparando il corredino non
per il figlio che stava aspettando, ma per Gesù Bambino medesimo; tanto è
bastato per collocarla nell’edizione 2025 della mia Corona dei Testimoni.
La
ragione dell’incoraggiamento di suor Maria Francesca veniva dal fatto che un
giorno Filomena chiese al direttore spirituale quale fosse il titolo mariano
che prediligeva: lui rispose quello dell’Immacolata, peraltro in un periodo in
cui quello non era ancora un dogma e a quasi cinque anni dalle apparizioni di
Lourdes. Inoltre, per una combinazione provvidenziale, anche il monastero di
Valls era intitolato all’Immacolata: ecco quindi perché ho pensato a pubblicare
il post la domenica più vicina all’8 dicembre.
Mi sono
sentita ancora più motivata a inserirlo in questa rassegna perché ci sono altri
episodi che indicano il profondo affetto che Filomena, ormai suora, nutriva per
il Bambinello: quello della statuina che scompariva, ma che tutte le monache
sapevano che l’aveva portata nella sua cella, e quello in cui una sua
connovizia, suor Teodora della Croce, nascose per scherzo la stessa immagine in
un ramo di lauro che dava sulla finestra della sua cella, ma lei la ritrovò
seguendo l’ispirazione che aveva avuto mentre pregava in coro.
Il suo
rapporto con le immagini, sia di Gesù Bambino sia di Gesù Crocifisso, a
qualcuno potrebbe sembrare la compensazione di una maternità e di una
sponsalità che si era negata entrando in monastero (ma esistono altri casi simili),
ma può essere spiegato come il suo modo di sentirlo materialmente vicino: penso
che sia favorito anche dal mestiere del padre, ereditato da uno dei figli, pure
lui di nome Félix.
Arrivata
alla parte più specificamente dedicata al racconto delle esperienze mistiche mi
ha procurato la stessa domanda che mi accompagna ogni volta che accosto vicende
simili e a cui, forse, avrei trovato risposta negli interventi dell’ultimo
Convegno di studi del Dicastero delle Cause dei Santi: come fa questa gente a
essere sicura di parlare proprio con Gesù?
Nel suo
caso, suor Filomena ne era certa per tanti segnali a cui non avrebbe potuto
dare altra spiegazione, compreso il desiderio, che era sicura non fosse una
fissazione personale, di un monastero nella Catalogna anticlericale del tempo.
Anche a lei è venuto il dubbio di essersi ingannata, ma lo risolse rendendosi
sempre più conto che quanto vedeva e sentiva non poteva essere frutto della sua
immaginazione.
Nell’intervista, però, suor Maria Francesca mi aveva esortata a far emergere, come lei stessa sperava di aver fatto, gli aspetti più facilmente imitabili della consorella: il perdono, l’obbedienza, la confidenza filiale.
A essi aggiungo il senso della
Comunione dei Santi, che le rendeva vicino e incontrabile al di là del tempo e
dello spazio san Francesco di Paola medesimo (in una visione, le spiegò come
pregare bene la Liturgia delle Ore), la conduceva a pregare per il Papa del suo
tempo, il Beato Pio IX, e che l’ha resa affine a una suora calabrese come lui e
a lui devotissima, la Beata Elena Aiello (anche di lei mi piacerebbe parlare):
recentemente, scrive suor Maria Francesca in una nota a piè di pagina, è stato
accertato che quest’ultima conservava un’immaginetta con reliquia di suor
Filomena, peraltro in un libro sul Sacro Cuore.
L’articolo
è uscito a pagina 16 di Avvenire del 21 novembre, non sul sito. Alle
monache di Paola e al Postulatore generale, col quale loro stesse mi hanno
rimessa in contatto, ho promesso anche la scheda per santiebeati, ma al
momento non ci ho ancora messo mano.
Ha testimoniato la
speranza perché…
Anche nel caso di suor Filomena, speranza fa rima con perseveranza nel compimento della vocazione: lei, infatti, è stata messa alla prova dalla sua stessa madre, poi dalla correttrice e dalla maestra delle novizie.
Sono
tutti trattamenti che oggi sarebbero impensabili e provocherebbero all’istante,
per quelli accaduti in monastero, una visita canonica. Vanno comunque compresi
secondo la pedagogia del tempo e, soprattutto, esaminati prendendo in
considerazione la reazione che lei aveva avuto, costantemente improntata
all’ubbidienza e all’accettazione perfino di colpe di cui era innocente.
Ho
ravvisato in lei la speranza anche nell’adempimento del monastero nella sua
città: sarebbe stato la prova evidente che il Sacro Cuore sceglieva ciò che era
piccolo per manifestarsi. Esistono ancora oggi sia il monastero, sia il Tempio
espiatorio: come mi ha spiegato suor Maria Francesca, la comunità monastica ha
una comunione materiale e spirituale con le consorelle di Paola, tanto da
condividere la stessa Madre correttrice.
Il suo Vangelo
L’essenziale della testimonianza di suor Filomena dimostra che lei ha avuto, per quel che le testimonianze e le biografie antiche dicono di lei, un cuore di bambina, ma non in senso negativo, benché qualche consorella lo intendesse così. Il suo modo di credere era totalmente fiducioso in chi la guidava: il padre spirituale quando era nel mondo, quello di quando era ormai monaca, ma anche la madre correttrice e la maestra delle novizie.
Esprimeva
questa fiducia impegnandosi a praticare la Regola indicata da san Francesco di
Paola, di per sé molto severa (l’aspetto più eclatante è il vitto quaresimale,
ossia l’impedimento a mangiare carne e derivati, formaggi inclusi), invitando
anche le consorelle a fare lo stesso. In questo sentiva di seguire le
indicazioni che riceveva tramite i segni soprannaturali che però, come mi ha
riferito la sua consorella-biografa, hanno contribuito a far avere di lei dei
preconcetti errati, tanto da farla ritenere improponibile come esempio.
In
tempi in cui l’interesse per le figure mistiche cresce, ma anche l’attenzione a
guardarle nel complesso della loro esistenza, suor Filomena emerge invece come
attuale. Oltre che per questo, lo è per il desiderio di essere apostola lei
stessa, ma anche procuratrice di apostoli che onorassero pienamente il Sacro
Cuore attraverso la riparazione che, nella sua ottica, ha un’impostazione
penitenziale (che non va rinnegata), ma che oggi, tramite la Dilexit nos
di papa Francesco e la ricreazione della Rete Mondiale di Preghiera del Papa,
ha avuto una nuova connotazione sociale.
Suor
Filomena è quindi imitabile per l’incoraggiamento vivente che costituiva più
che per i suoi slanci mistici o eccessi di zelo. Ad esempio, il 1° maggio 1867,
scrisse a una giovane novizia in crisi, per la quale era stata invitata a
pregare da parte di padre Raimondo Ballester, confessore straordinario delle
Minime di Valls:
Coraggio, poiché,
sorella mia, combattendo e vincendo ci è promessa la corona della gloria. Che
felicità la nostra di poter gustare il dolce frutto della santa Croce! Perché
vale di più gustarlo che contemplarlo... Animo, animo, sorella mia molto amata,
che il Regno dei Cieli patisce violenza, e coloro che agiscono così lo
afferreranno.
Ammetto
che non è una citazione molto “natalizia” e forse un po’ dura, ma rientra
perfettamente nel suo intento di santificarsi a ogni costo (come lasciò scritto
col suo stesso sangue in un foglietto ritrovato, dopo la morte, nel suo libro
della Liturgia delle Ore) e di coinvolgere gli altri nel suo ardore per il
Cuore di Gesù.
Per saperne di più
Maria Francesca De Matteis, Ti presento Filomena - La Minima confidente del Cuore di Gesù, Cantagalli Edizioni 2025, pp. 304, € 25,00.
La
biografia appena uscita, basata sulla Positio, sulle biografie
preesistenti e su altri documenti contemporanei a suor Filomena, che mette
anche in relazione le sue esperienze con quelle di altri santi e sante mistici.
Su Internet
Come suor Filomena, sottosezione dedicata a lei del sito del convento di Gesù Maria a Paola (non ha un link diretto, ma ci si arriva dalla sezione Su di noi
Sezione su di lei del sito della Federazione delle Monache Minime di Spagna (il link rimanda alla sintesi biografica, ma nella stessa pagina ci sono collegamenti ad altri capitoli)
Per contattare le monache in relazione alla storia di suor Filomena e a eventuali grazie ricevute per sua intercessione è attivo l’indirizzo apposito filomena.ferrer@minimepaola.it.

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