Io c’ero #51: a Torino, per parlare degli “amici in Cielo” di san Pier Giorgio Frassati

 


Chiedo scusa a quanti si aspettavano che pubblicassi subito dopo il mio ritorno da Torino il racconto della mia partecipazione alla giornata di studi storici Pier Giorgio Frassati tra storia e memoria, organizzata dalla Fondazione Carlo Donat-Cattin con il patrocinio del Dipartimento di Studi storici dell’Università degli Studi di Torino e dell’Isacem – Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI, svolta al Polo del Novecento di Torino sabato 15 novembre.

Il giorno dopo, infatti, ero ancora stordita e ho faticato a rimettere insieme i pezzi della mia memoria, mentre da lunedì 17 novembre in poi sono stata impegnata su una questione che avevo lasciato in arretrato, a cui si è aggiunta l’idea di scrivere per Avvenire un articolo sulla Venerabile Filomena di Santa Coloma, della quale ho parlato anche qui sul blog. Inoltre, il filmato integrale della conferenza, che ho incorporato a fine post, mi è stato mandato solo ieri.

Inoltre, sono stata indecisa se riferire o meno di questa partecipazione: sia perché temevo di vantarmi troppo di un intervento che, di fatto, è stato molto breve, sia perché pensavo di non avere troppo da dire. Come vedrete, invece, è successo l’esatto contrario!

 

L’antefatto remoto 

Quando avevo iniziato a pensare all’articolo uscito su Avvenire online il 12 giugno 2024 e sul giornale cartaceo il giorno dopo, il cui argomento erano i personaggi che hanno trovato in Frassati uno stimolo per la loro personale santificazione e, in un secondo momento, sono stati candidati agli altari (solo per ragioni di spazio ho dovuto escludere quelli che non hanno le cause in corso), mi sono rivolta a Roberto Falciola, presidente diocesano dell’Azione Cattolica di Torino e vicepostulatore della causa di Pier Giorgio, con cui ero già in contatto. Con la sua approvazione pensavo fosse finito tutto, ma mi sbagliavo.

Il 23 dicembre 2024, durante uno scambio di e-mail per un’altra ragione, Roberto aggiungeva che mi avrebbe chiamata nei giorni seguenti. Ho lasciato passare le feste di Natale e tutto gennaio, ma il 20 febbraio 2025 ho pensato di chiamarlo per capire cosa volesse domandarmi.

In sostanza, la ragione era che stava organizzando appunto il convegno, che si sarebbe tenuto in autunno, e che voleva che io tenessi una comunicazione proprio sui personaggi di cui avevo parlato sul giornale. Senza neanche rifletterci troppo, gli ho risposto di sì.

 

L’antefatto prossimo 

Come raccontavo in questa parte della cronaca dei giorni precedenti e successivi alla canonizzazione, ho incontrato personalmente Roberto al convegno organizzato alla Lumsa dall’Azione Cattolica Italiana, sabato 6 settembre. Come gli ho riferito, mi è servito anche come preparazione a quel che mi avrebbe attesa il 15 novembre, data che mi aveva nel frattempo comunicato.

Appena tornata a Milano, ho iniziato a pensare a come strutturare il mio intervento. Sapevo che doveva durare dieci minuti, non uno di più, e che però avrei dovuto ampliare il racconto per ciascuno dei candidati da esaminare.

Ero relativamente tranquilla, perché avevo preparato una bozza più lunga dell’articolo: tuttavia, un giorno, appena ho inserito la chiavetta su cui avevo salvato quasi interamente il mio archivio di post, articoli e profili biografici, mi è comparso un messaggio che mi chiedeva di formattarla.

Naturalmente non l’ho fatto, ma ho cercato qualche programma online che mi permettesse di recuperare il contenuto, riuscendoci, purtroppo, solo in parte, e comunque senza recuperare l’articolo in forma lunga, né le fonti a cui mi ero appoggiata. Potevo solo far ricorso alla mia memoria, oltre alla versione già pubblicata.

 

Risalire alle fonti 

Ricordavo di essere partita, per capire quali figure esaminare, dal motore di ricerca interno di santiebeati.it, ma pensavo che, essendo l’incontro di novembre di livello accademico, citare quei profili non mi conveniva: dovevo invece, se possibile, rintracciare effettivi documenti che dimostrassero il legame di quelle persone con san Pier Giorgio.

Tra gli articoli che ricordavo di aver esaminato dopo la prima scrematura attraverso santiebeati, ce n’era uno che faceva proprio al caso mio. L’autore, Paolo Risso, col quale peraltro sono stata a lungo in corrispondenza epistolare (dovrei rifarmi viva con lui), parlava proprio di quattro di essi: il Venerabile Giuseppe Lazzati, il Servo di Dio Dino Zambra, il Beato Alberto Marvelli e il Venerabile Mariano da Torino. Insorgevano due problemi: non solo l’articolo era riportato sul blog Pier Giorgio Frassati Brasil, quindi era in portoghese brasiliano, ma non risultava più online.

Ho risolto parzialmente la seconda questione ricavando il post da Web Archive, ma rimaneva la questione linguistica. Avevo davanti a me due strade: o ricontattare Risso e chiedergli l’originale di quell’articolo, o andare a cercare gli scritti dei personaggi trattati, in italiano, come in origine.

 

Con Lazzati tutto facile 

Per Lazzati ero piuttosto agevolata: pochi giorni prima della canonizzazione, infatti, Luciano Caimi, presidente dell’Associazione Città dell’Uomo, che lo stesso Lazzati aveva fondato, aveva pubblicato sul Portale della diocesi di Milano un articolo che riferiva l’effettivo legame tra i due, basato non sulla conoscenza diretta, ma sulla lettura della primissima biografia. L’articolo di Risso citava, inoltre, una lettera che Lazzati scrisse a Paolo VI per sollecitare la conclusione della causa, che di fatto era stata ripresa proprio in quegli anni: l’avevo trovata già per l’articolo di giugno, sul sito della causa del “Professore”, come lo chiamano vecchi amici e devoti.

Trovandomi nella biblioteca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano per altre ricerche, mi sono messa a consultare il numero 21 del Dossier Lazzati, la collana di studi che l’Azione Cattolica e l’Istituto Secolare Cristo Re (anch’esso fondato da Lazzati) pubblicano per far conoscere vari aspetti della sua vita e della sua fede.

Da lì ho capito che lui è andato oltre l’ammirazione giovanile perché ha avuto sottomano i documenti che ampliavano la conoscenza di Pier Giorgio, approfondendo altri aspetti che la prima biografia aveva taciuto o sottovalutato; senza contare il fatto che, a differenza della maggior parte dei personaggi della mia lista, è morto in età avanzata.

 

Tanta fatica per Zambra, un po’ meno per padre Mariano

Con Dino Zambra è stato molto più difficile: non esistono in commercio pubblicazioni su di lui. O meglio, erano uscite più di venticinque anni fa una nuova edizione del Diario e una delle Lettere, reperibili ormai solo nel circuito dell’usato. Dal momento che mi servivano con una certa urgenza, ho provato a contattare l’Azione Cattolica di Chieti-Vasto, senza nessun esito.

Lunedì 10 novembre ho avuto l’idea di ricorrere all’Archivio Storico Arcidiocesano, trovando risposta rapidamente grazie all’archivista Lucia Palazzi. Le ho segnato le date del Diario che mi occorrevano e lei mi ha spedito via WhatsApp le pagine relative. Conto di tornare prima o poi su Dino, perché mi ha appassionata tantissimo.

Quanto a padre Mariano, ho raccontato nel post su di lui le piste che ho seguito per capire da dove venissero le citazioni, complicandomi la vita quando invece bastava rivolgermi ai Cappuccini milanesi e alla loro fornitissima biblioteca in via Kramer a Milano.

 

La partenza e la prima sessione della giornata 

Riconosco che il racconto dei precedenti è più lungo di quello della giornata di studi in sé, ma adesso entro nel vivo.

Mi sono alzata alle 5 del mattino di sabato, per prepararmi bene e poi arrivare alla Stazione Centrale per tempo. Il viaggio in sé è stato brevissimo, appena un’ora, con l’alta velocità; anche il tragitto da Torino Porta Nuova al Polo del Novecento era piuttosto breve. Appena arrivata lì, ho incontrato alcuni degli altri relatori, coi quali sono salita nella sala del convegno.

Veramente, come ha annunciato nella sua introduzione il giornalista Francesco Antonioli, che ha moderato la seconda parte, sento di aver partecipato a un evento che ha collocato san Pier Giorgio nella storia della sua città e dell’associazionismo cattolico del suo tempo. 

La relazione di Bartolo Gariglio mi è servita per capire l’ambiente in cui il giovane ha assunto consapevolmente la fede a cui era stato educato in famiglia, ma senza troppa convinzione: l’episcopato dei cardinali Agostino Richelmy e Giuseppe Gamba (il quale accorse al suo capezzale, ma gli fu impedito di entrare), la vivacità delle associazioni laicali, il servizio di ordini e congregazioni religiose.

Mauro Forno ha invece gettato nuova luce su Alfredo Frassati, padre di Pier Giorgio e Luciana, auspicando nuove acquisizioni dall’esame di archivi come quello familiare, conservato nella Villa Ametis di Pollone. Marta Margotti ha avuto poi il compito di analizzare la militanza cattolica di Pier Giorgio, particolarmente in riferimento alla sua adesione al Partito Popolare Italiano, nel quale, come anche nelle associazioni di cui è stato membro, non ha mai assunto ruoli direttivi. A Roberto Falciola è toccato invece il racconto di un’esperienza che proprio non conoscevo: la colonia montana intitolata a Pier Giorgio, grazie alla quale si sono svolti anche i primi pellegrinaggi alla tomba, che al tempo era nel cimitero di Pollone.

Lo stesso Roberto, nell’intervallo tra la prima e la seconda sessione della giornata, mi ha accompagnata nella cabina di regia, perché avevo intenzione di proiettare delle diapositive, così da far associare ai nomi che menzionavo le date di nascita e di morte, ma soprattutto i volti. Ho lasciato la chiavetta su cui avevo caricato il file a un giovane tecnico, che l’ha subito copiato sul desktop del computer.

 

La seconda sessione 

Gli interventi della seconda sessione dovevano essere più rapidi: Carlotta Benedetti ha descritto gli archivi disponibili per ricostruire la storia di Pier Giorgio, a partire da quello già citato da Forno. Alberto Guasco ha relazionato sugli anni di Pier Giorgio all’Istituto Sociale di Torino, o meglio, su come l’Istituto ha vissuto l’interpretazione della sua memoria. 

Dopo di lui, Alessandro Serra ha descritto, con accenti quasi da libro giallo, le contese circa la ricostruzione dell’agiografia di Pier Giorgio. Prima di me, invece, Valeria Mosca ha parlato dell’archivio di padre Enrico di Rovasenda, al secolo Baldovino, che contiene altri documenti su di lui.

Man mano che ascoltavo gli altri relatori, mi cresceva dentro una domanda: allora tutti o quasi i personaggi di cui avrei parlato hanno avuto una conoscenza distorta o parziale di Pier Giorgio? Arrivata a quel punto, però, non potevo gettare alle ortiche tutta la fatica che ho descritto prima.

 

Tocca a me 

Un ultimo ripasso prima di parlare (foto ricevuta da Luca Rolandi)

Poco dopo le 12.20, è toccato a me. Appena ho iniziato ho incespicato, ma man mano ho guadagnato sicurezza, cercando di non parlare troppo velocemente come invece faccio di solito. Mi è parso di aver suscitato la curiosità del pubblico, che ho sentito mormorare appena il tecnico, come gli avevo riferito in cabina regia, è passato dalla diapositiva col volto del giovane Paolo Roasenda a quella con la rassicurante barba cappuccina di padre Mariano: evidentemente, molti non sapevano che erano la stessa persona, o comunque lo ricordavano da frate per i suoi programmi televisivi.

Ero ormai a buon punto, quando Francesco Antonioli, come aveva fatto con chi aveva parlato prima di me, mi ha messo sotto gli occhi un foglio con scritto: «Mancano cinque minuti». Appena l’ho letto, ho iniziato ad accelerare, ma in realtà mi mancavano solo tre personaggi, più le citazioni finali. Nell’istante in cui ho letto l’ultima citazione, dall’intervento che padre Mariano ha pronunciato alla radio italiana il 4 luglio 1965 (a quarant’anni esatti dal transito di san Pier Giorgio), ho assunto un ritmo e un tono di voce più calmi, sicura che ormai avevo finito.

Il mio era il penultimo intervento, a cui ha fatto seguito quello di Luca Rolandi, nel quale è stato indagato il riscontro sui media alla beatificazione di Pier Giorgio, nel 1990. Mi ha colpito apprendere che a un evento simile, che doveva essere già di portata nazionale, Avvenire aveva dedicato un articolo di taglio basso, ovvero nella seconda metà della pagina. Mi sono trovata d’accordo con lui nel pensare che gli storici di domani dovranno faticare molto di più di quanto è successo a me per il mio intervento, se si tratterà di riferire gli echi mediatici della canonizzazione dello scorso 7 settembre.

 

I riscontri a caldo 

Appena ho lasciato il tavolo dei relatori, sono stata raggiunta da Maria Pia Donat Cattin, presidente della Fondazione Carlo Donat Cattin: ha dichiarato che il mio racconto le ha suscitato molto interesse, soprattutto riguardo personaggi praticamente misconosciuti. Anche un giovane di cui non ricordo il nome (se mi leggi, ti chiedo scusa!) mi è venuto vicino per farmi i complimenti: gli ho dato il mio biglietto da visita, così avrebbe scoperto ancora altre storie.

Nel frattempo mi aveva raggiunta fratel Marco Barozzi, col quale avevo appuntamento per visitare, nel pomeriggio, i luoghi del Venerabile Silvio Dissegna (non preoccupatevi: rimando il racconto a un prossimo post!).

Prima di andare con lui, ho ringraziato Roberto, per il quale avevo preparato, sin dal nostro incontro a Roma, un piccolo pensiero: una decina di Rosario fabbricata da me con le Lacrime di Giobbe e, attaccata alla catena, una medaglia di san Pier Giorgio. Adesso capite a cosa mi riferivo quando, nel post dedicato appunto alle Lacrime di Giobbe, accompagnavo la foto di quella decina con la didascalia: «Mi dispiace, ma questa è prenotata!»?

 

E la chiavetta? 

Se mi avete seguita fino a questo punto, vi sarete resi conto che avevo lasciato nelle mani del tecnico la chiavetta con la presentazione. In realtà si trattava del mio lettore MP3 (sì, sono ancora così antica da averne uno), su cui avevo caricato anche altri documenti importanti, oltre alla musica che preferisco e ai canti che devo imparare.

Nel bel mezzo del mio mini-pellegrinaggio pomeridiano, mi sono accorta di non averla con me. Ho subito telefonato al Polo del Novecento per capire a che ora chiudesse: sono riuscita a tornare a Torino alle 17.30, prima della chiusura. Tuttavia, appena un’addetta mi ha accompagnata in cabina regia, mi sono accorta che la chiavetta non c’era.

Siamo tornate al pian terreno, per cercare di contattare il tecnico, ma né lei né i colleghi avevano il suo numero, né sapevano dove trovarlo. In quel punto sono quasi esplosa, ma raccomandarmi ripetutamente a san Pier Giorgio mi ha aiutato a mantenere la calma e a ricordare che forse Roberto mi avrebbe aiutata. Così è stato: aveva provato a telefonarmi, ma avevo inserito la modalità aereo per risparmiare batteria, quindi ha tenuto lui la chiavetta.

Dato che mancava un’oretta al mio treno, ho chiesto ai miei accompagnatori di portarmi alla sede dell’Azione Cattolica di Torino, dove Roberto mi aspettava. Mi sono profusa in ringraziamenti accoratissimi, sia perché aveva recuperato quel dispositivo, sia perché aveva contribuito a rendermi felice, concedendomi di mettere in comune con altre persone le scoperte che avevo appreso.

 

Ancora una parola... 

Dimenticavo di raccontare che, poco dopo la fine della giornata di studi, mentre mi trovavo a pranzo con fratel Marco e le due persone dalle quali sono poi stata accompagnata sui luoghi di Silvio Dissegna, mi è arrivato un messaggio da un prete passato negli scorsi anni per la mia parrocchia: voleva farmi sapere che, grazie al suo arrivo in una nuova comunità, ha un conoscente in comune con me.

Gli ho risposto che ne ero felice: aggiungevo che mi trovavo a Torino per il convegno e che, di lì a poco, l’avrei ricordato davanti all’urna di san Giovanni Bosco nella basilica di Maria Ausiliatrice. Il don ha replicato che contava sulle mie preghiere e che era felice delle mie conquiste.

Mi ha colpito molto questo termine: avrebbe potuto parlare di “traguardi” o “successi”. Senza saperlo, invece, ha colto in pieno il percorso che mi ha condotta fin lì e di cui ho cercato, forse con troppe lungaggini, di dare conto in questo post.


Finalmente ecco il video: il mio intervento inizia al minuto 2:53:04 e termina al minuto 3:08:00.


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