Nina Lolli, un’anima “piccolina” e umile
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Chi è?
Domenica Crocifissa Lolli nacque il 14 dicembre 1911 a San Donaci (con l’accento sulla “o”), in provincia di Brindisi e attualmente in diocesi di Brindisi-Ostuni, figlia di Salvatore Lolli e Vincenza De Mitri. Rimase orfana di madre a dieci anni, ma fu accompagnata nella crescita personale e spirituale dal padre e dai sette fratelli tra maschi e femmine che al tempo vivevano in famiglia.
Non
ebbe una grande istruzione, ma imparò i lavori necessari per farsi una famiglia
propria: in particolare, si specializzò nel ricamo, per prepararsi il corredo
nuziale. Frequentava la parrocchia del suo paese, intitolata a Santa Maria
Assunta, e si sentiva affascinata dalla storia e dalla spiritualità di san
Francesco d’Assisi.
A
vent’anni, Nina, come la chiamavano familiari e parenti, si ammalò
improvvisamente. Portata all’ospedale di Francavilla Fontana, le fu riscontrata
una peritonite tanto grave che i medici riferirono ai familiari di riportarla a
casa perché vi morisse. Contrariamente alle aspettative, però, si riprese,
anche se ebbe strascichi della peritonite fino in età avanzata.
Quell’esperienza
la rese particolarmente sensibile al mistero della sofferenza, ma la condusse
anche a meditare seriamente sulla propria scelta di vita. Nel 1932, mentre
pregava sulla tomba di san Pompilio Maria Pirrotti a Campi Salentina, si sentì
interiormente spinta a dire il proprio sì al Signore. Accantonò quindi i
progetti matrimoniali e diresse la sua abilità come ricamatrice nella
preparazione di arredi per chiese e santuari.
Il 18
agosto 1932 entrò ufficialmente nell’Ordine Francescano Secolare, o, come si
diceva ai suoi tempi, nel Terz’Ordine Francescano. Volle indossare in pubblico
l’abito da terziaria con il cordone, ma padre Cristoforo Carbonara, cappuccino,
suo padre spirituale, le indicò di portarlo sotto gli abiti comuni e di vivere
la consacrazione a Dio in forma privata: lei obbedì. Il 28 dicembre 1935 emise
la professione della Regola del Terz’Ordine.
Nel
1948, trentasettenne, fu chiamata a guidare la fraternità del Terz’Ordine
Francescano di San Donaci. Col suo esempio, contribuì a far entrare in quel
ramo francescano altre donne come lei e a farsi aiutare nel sostegno a molte
vedove e agli orfani di guerra. Mantenne l’incarico fino al 28 gennaio 1962,
quando fu eletta come membro del nuovo discretorio provinciale, ossia il
consiglio dei terziari.
Non
aveva entrate proprie, ma visse col fratello Carmelo, maresciallo dei Carabinieri,
fino alla morte di lui, avvenuta il 6 agosto 1987. Quanto riceveva in denaro
veniva da lei inviato soprattutto al santuario della Beata Vergine del Rosario
di Pompei, che visitava di frequente.
La
porta di casa sua era sempre aperta a chiunque volesse venire a visitarla per
pregare con lei, per chiederle un consiglio, o semplicemente per godere della
sua compagnia. Ormai era nota come “zia Nina” o, più comunemente, “mamma Nina”.
Nel
giugno 2001, sentendo che le sue condizioni di salute andavano peggiorando,
dettò il suo testamento spirituale all’amica Antonia Pennetta, che l’accudiva
ogni giorno. Morì all’alba del 27 settembre 2006, nel suo letto, attorno al
quale si formò una veglia spontanea di preghiera. Fu sepolta nel cimitero
cittadino di San Donaci.
L’inchiesta
diocesana della sua causa di beatificazione e canonizzazione, per verificare
l’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane, si svolse nella diocesi di
Brindisi-Ostuni dal 28 dicembre 2018 al 30 aprile 2022; gli atti dell’inchiesta
furono consegnati alla Congregazione delle Cause dei Santi il 22 luglio 2022.
Cosa c’entra con
me?
Credo che il mio primo contatto con la storia di mamma Nina (so che dovrei chiamarla col nome completo, per rispetto alla sua dignità di figlia di Dio ricevuta col Battesimo, ma agisco così per brevità) sia avvenuto attraverso le pagine della biografia che mi aveva permesso di fare la conoscenza di monsignor Francesco Saverio Toppi, ora Venerabile (qui il post che gli avevo dedicato).
Mi
sarei forse fermata lì, ma lo scorso 14 maggio, nella mia ultima visita al
santuario di Pompei, sono rimasta colpita dalla dolcezza dell’immagine sulla
copertina di un libro presente nella vetrina della parte della sala ricordi
dedicata, appunto, alla parte libraria e all’editoria per bambini e ragazzi: in
essa, Nina ha tra le braccia Gesù Bambino e si sorridono a vicenda. Ho
fotografato la copertina come promemoria, dato che avevo già speso tanti soldi,
e quasi non ci ho pensato più.
Il 20
ottobre, quindi un paio di mesi fa, mi sono messa a consultare quali fossero,
sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni, le pagine in cui era
menzionato Bartolo Longo, per cambiare la sua qualifica da Beato a Santo,
all’indomani della sua canonizzazione. Mentre selezionavo e copiavo i testi,
sono arrivata a quello su di lei: subito mi sono ricordata del libro per
ragazzi visto a Pompei.
Mentre
leggevo il testo, in cui Bartolo Longo era menzionato solo perché fondatore del
santuario e non per una relazione personale e diretta con Nina, è sorto in me
il desiderio di conoscerla meglio. Ho visto che esisteva un sito ufficiale e
non ho tardato a usarne i contatti.
La ragione che mi portava a volerla approfondire chiariva anche il perché, su quel libro per ragazzi, avesse tra le braccia Gesù Bambino: per via dell’affetto che aveva per una sua immagine specifica, il Gesù Piccolino custodito da Nicolina Gaglione, sorella di Giacomo, un Venerabile che fa parte della lista, sempre più lunga, di storie che vorrei condividere qui sul blog.
Questo fatto la
rendeva perfetta per la fine della mia Corona d’Avvento dei Testimoni, ma la notizia del decreto sulle virtù eroiche, promulgato giovedì 11 novembre, di padre Berardo Atonna, un altro innamorato di Gesù Bambino, mi sembrava più attuale. Scorrendo però il materiale su mamma Nina, mi sono accorta che oggi ricorre il novantesimo anniversario della sua professione come terziaria francescana e ho spostato la programmazione.
Lo
stesso profilo che stavo aggiornando menzionava un’altra immagine a cui mamma
Nina era affezionatissima: quella della Madonna in fasce, la Maria Bambina
venerata nella mia Milano e molto cara anche a me. Volevo quindi capire perché sentisse così
vicine a lei queste due raffigurazioni dell’infanzia di Gesù e della creatura
che sarebbe poi diventata sua Madre.
Al 19
novembre scorso, non avevo ancora ricevuto nessuna risposta alla mia e-mail. Di
conseguenza, dato che mancavano due settimane all’inizio della Corona d’Avvento
dei Testimoni 2025, ho nuovamente telefonato al numero presente sul sito
dell’associazione Amici di Mamma Nina, ma risultava ancora inesistente.
Ho
quindi battuto un’altra pista, telefonando direttamente alla parrocchia di
Santa Maria Assunta a San Donaci: lì mi hanno indicato d’inoltrare la mia
e-mail all’indirizzo della loro segreteria. Sei ore dopo, ha risposto il
parroco (del quale avevo sbagliato nome), che ha subito inoltrato il messaggio
alla presidente dell’associazione.
Il 24
novembre mi ha scritto proprio lei, dichiarando anzitutto che alla mail del
sito non le risultava nulla di mio. Via WhatsApp, invece, mi ha raccontato come
mai mamma Nina era legata anche alla Maria Bambina di Milano, oltre che al Gesù
Piccolino di Capodrise e al Gesù Bambino della basilica romana dell’Aracoeli,
un altro dei luoghi dove ha donato i suoi ricami.
In
sostanza, aveva ordinato alle Suore di Maria Bambina una statua di quelle che
ancora oggi sono disponibili, su richiesta, all’Ufficio Santa Bambina del
santuario situato in via Santa Sofia 13, così da donarla alla parrocchia di
Santa Maria Assunta. Il suo desiderio, ossia che l’immagine arrivasse prima del
Natale del 2000, fu esaudito pochi istanti dopo che l’allora parroco, venuto a
trovarla, le chiese quando fosse prevista la consegna.
Il
materiale che la presidente degli Amici di Mamma Nina mi ha spedito mi è
arrivato giovedì 11 dicembre. Non ho perso tempo nel consultarlo, ma alla fine ho
potuto produrre il post solo ora. In realtà, mi era venuta l’idea di spostarlo
al 27 settembre 2006, per il ventesimo anniversario della morte, ma mi
dispiaceva venire meno alla parola che avevo dato.
La
lettura mi ha confermato nell’impressione che avevo avuto leggendo le note
biografiche presenti sul sito ufficiale: mamma Nina sapeva incoraggiare
chiunque incontrava a fidarsi di Dio. Lei stessa alimentava la propria fiducia
attraverso l’affetto devoto, ma non sentimentale, verso le immagini di cui ho
scritto prima, ma anche visitando luoghi precisi come il santuario di Pompei.
Verrebbe
quindi da pensare che aver visto il libro su di lei proprio lì sia stata una di
quelle «eleganti combinazioni della Provvidenza» tanto spesso sottolineate dal
Venerabile Francesco Saverio Toppi, che, al pari del confratello cappuccino san
Pio da Pietrelcina e di un altro esponente del francescanesimo dei suoi tempi,
il Venerabile Giuseppe Michele Ghezzi, fa parte dei “santi viventi” entrati in
relazione con lei.
Toppi,
al tempo arcivescovo prelato di Pompei, ha più volte incontrato mamma Nina,
stimandola e ringraziandola per quanto faceva e per le offerte che raccoglieva
a sostegno delle opere di carità del santuario fondato da san Bartolo Longo; ha
poi ricambiato la visita andando a casa sua nell’ottobre 2003.
Proprio
san Bartolo è raffigurato in uno dei ricami che lei aveva donato al santuario
pompeiano intorno al 1973: su di un cuscino di seta bianca, ricamato a punto
raso, poi usato per reggere il Messale durante le celebrazioni dell’arcivescovo,
c’è lui con il Rosario in mano (ripreso da uno dei suoi ritratti), ma la corona
si prolunga fino a finire tra le mani di due bambine, una delle quali dall’aspetto
africano.
Quando don
Antonio Arpaia, segretario di monsignor Aurelio Signora, predecessore di
monsignor Toppi, le domandò perché avesse scelto quelle due figure, poste una a
destra, una a sinistra del cuscino, Nina commentò che rappresentavano le
orfanelle accolte nelle strutture del santuario, ma anche che presto, proprio
lì, ci sarebbero state anche suore di colore. In effetti, in tempi più vicini a
noi, a Pompei hanno iniziato a vedersi in prevalenza religiose indonesiane o
comunque asiatiche.
Dalle
numerose fotografie presenti nei libri che ho ricevuto ho poi riconosciuto che,
oltre ad appartenere all’Ordine Francescano Secolare, mamma Nina doveva
sentirsi un po’ salesiana: non spiegherei altrimenti la presenza di un ritratto
di san Giovanni Bosco nella casa in cui viveva e, accanto al suo letto, tra
tante immagini (ho riconosciuto il Gesù Bambino dell’Aracoeli, mentre la
presidente dell’associazione mi ha aiutato a identificare, in un’altra foto,
Nicolina Gaglione), quella della Venerabile Margherita Occhiena, ovvero la
madre di don Bosco medesimo.
Vincenzo
Lorenzo, uno dei testimoni che hanno rilasciato le loro dichiarazioni per uno
dei libri voluti dall’associazione, ha raccontato che da piccolo credeva che
fosse Nina medesima, tanto la somiglianza esteriore era palese. Ha poi
riconosciuto che, mentre mamma Margherita è stata madre di un sacerdote secondo
la carne, l’altra ha vissuto la maternità spirituale nei confronti di preti che
aveva generato nella carne.
Mi
viene da aggiungere che la madre di don Bosco ha anche allargato la propria
maternità ai ragazzi del primo Oratorio e, in seguito, ai primissimi membri
della Società Salesiana. Nina, invece, non ha avuto figli suoi, ma accoglieva
con gioia la visita di tanti bambini, figli o addirittura nipoti di persone che
spesso le avevano affidato le loro ansie perché non riuscivano a diventare
genitori.
Nel video seguente, presente sul canale YouTube di fra Giancarlo Greco, c’è un documento molto particolare: mamma Nina, filmata sul suo letto in uno degli ultimi giorni di vita, mentre ripete una delle sue preghiere preferite.
Ha testimoniato la speranza perché…
Un’altra combinazione provvidenziale mi permette di parlare di mamma Nina a pochi giorni dalla chiusura del Giubileo ordinario che ha avuto la speranza come tema portante.
Da quel
che ho capito di lei, ha diffuso la speranza davvero a piene mani,
essenzialmente a tre categorie di persone: le madri che speravano di avere
figli, quelle che erano già in attesa e i giovani, uomini e donne, che volevano
essere aiutati nella scelta di vita.
Anche
la sua capacità di entrare in dialogo con i nascituri, che manifestò più volte,
è da leggere in questo senso: in essi vedeva la speranza che una nuova vita
porta con sé, indipendentemente da ciò che può accadere in futuro.
Il suo Vangelo
Indipendentemente dai doni eccezionali che conoscenti e devoti hanno ravvisato in lei, la Serva di Dio Domenica Crocifissa Lolli ha lasciato il segno per essersi aperta al volere divino conducendo, agli occhi del mondo, un’esistenza apparentemente anonima e insigificante, in un piccolo paese.
Ci è
riuscita anche attraverso la sua abilità nel ricamo artistico, maturata per
crearsi un corredo, come tutte le ragazze del suo tempo, ma poi messa a
servizio della Chiesa e condotta anche a costo di danneggiarsi la vista,
nonostante le raccomandazioni di suo fratello Carmelo.
Soprattutto,
è stata ricordata e lo è ancora oggi per la sua capacità di farsi piccola – lo
stesso fatto di essere più nota col diminutivo lo dimostra – come Gesù stesso
si era fatto piccolo, anzi, Piccolino, di amare la piccolezza nella sobrietà di
vita e nella costante presenza, accanto al suo letto, dei bambini che in lei
vedevano una figura quasi misteriosa ma attraente.
In una
delle brevi frasi, quasi proverbiali, che spesso pronunciava parlando con i
suoi amici, mamma Nina ha dichiarato:
Come i peccati non si
commettono in piazza, così un’anima di Dio, se fa una cosa buona, cammina nel
suo nascondimento.
Anche
nel suo caso, però, le opere buone hanno contribuito a metterla in luce e a
fare in modo che tanti, per mezzo suo, lodassero il Padre celeste.
Per saperne di più
Massimiliano Noviello, La Serva di Dio Domenica Crocifissa «Nina» Lolli – Terziaria francescana, Velar 2019, pp. 48, € 4,00.
Sintetica
presentazione della sua vita a opera del postulatore della sua causa.
Francesco Perrone, Nina Lolli – "La poverella di Dio", Tau Editrice 2023, pp. 40, € 15,00.
La
storia di mamma Nina, con illustrazioni di Valerio Chiola, raccontata ai
bambini che tanto amava, ma anche a quelli che sono stati bambini.
Gianfranco Maria Greco (a cura di), Nina Lolli – donna di fede, accolta, vissuta e testimoniata, Torgraf 2012.
Un
libro di testimonianze da parte di chi ha conosciuto di persona mamma Nina.
Rosario Meditato con la Serva di Dio Nina Lolli, Terziaria francescana, Tipografia Centrale snc – Manduria 2022, pp. 84.
Mamma Nina
si considerava lo “sgabello” della Madonna di Pompei e recitava ogni giorno il
Rosario intero: questo sussidio aiuta a pregare come faceva lei.
I primi
due testi sono disponibili nel circuito librario e sui siti di vendita di
libri, mentre gli altri due sono richiedibili esclusivamente all’Associazione
Amici di Mamma Nina, presso cui sono comunque disponibili la biografia e il
libro illustrato.
Su Internet
Sito ufficiale dell’associazione Amici di Mamma Nina


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