Le Lacrime di Giobbe, il Rosario dei santi

 

La mia scorta di Lacrime di Giobbe fino a qualche tempo fa


Come ho raccontato altre volte, quando ho un po’ di tempo libero mi metto a confezionare corone del Rosario. Prediligo quelle di cordoncino, con i nodi al posto dei grani, ma riesco a realizzare anche quelle di corda e perline.

Ho anche iniziato a montare quelle con il fil di ferro già tagliato nei cosiddetti “spilli”, ovvero i fili che da una parte hanno l’occhiello e dall’altra no, così da essere infilati nelle perline tramite il procedimento dell’ “incatenatura”: è molto più faticoso e mette alla prova la mia pazienza.

Non uso solo perline di legno o di plastica: qualche tempo fa, infatti, mi sono cimentata con quei prodotti della natura che sembrano nati apposta per essere usati per segnare i passi della preghiera e che, più estesamente, sono usati in gioielleria da millenni.

Parlo di essi oggi, nel giorno in cui si ricorda la Beata Vergine del Rosario, ma non per dare indicazioni su come coltivarli, bensì per raccontare come essi siano un ulteriore segno che mi lega ad almeno tre Santi e, per interposta persona, a una Serva di Dio.

 

Il mio primissimo contatto

Ho iniziato a realizzare rosari nel 2007, per fare un regalo a un giovane prete che avevo conosciuto durante le mie vacanze napoletane, poi ci ho davvero preso la mano.

Quando ho raccontato quest’idea ad alcune suore che conoscevo, mi avevano accennato a una pianta, i cui semini, che per la forma perlopiù oblunga somigliano alle lacrime, venivano adoperate per corone e coroncine. Non avevo ancora idea di dove trovarli, quindi mi sono specializzata, come scrivevo prima, nei rosari di cordoncino.

 

Gli interventi televisivi di Elvio D’Andrea (e figlio)

Alcuni anni dopo, ho seguito la trasmissione Bel tempo si spera: in una puntata fu ospite un signore abruzzese, Elvio D’Andrea, che raccontava di come avesse creato, nel giardino di casa sua, una vera e propria piantagione di Lacrime di Giobbe (sono dette anche “lacrime della Madonna” o “lacrime di san Giuseppe”), pianta della famiglia Poacee, un tempo dette Graminacee.

Tutto era iniziato quando un frate cappuccino suo amico, di ritorno dalla Terra Santa, gli aveva regalato delle piante di questo tipo: lui sapeva già lavorare i rosari, dopo aver imparato l’arte da don Pietro, un sacerdote conosciuto a Tremonti.

Lo ha raccontato in almeno tre occasioni, ma io ricordo benissimo il servizio in esterna (ho scoperto ora che era il secondo) in cui mostrò a Giacomo Avanzi, attuale conduttore di Di buon mattino, come raccogliere e selezionare i semini. Il fatto che avessero attecchito in un clima ben più rigido di quello della Terra Santa gli sembrava qualcosa di prodigioso.


Elvio ha colto l’occasione, è proprio il caso di dirlo: ha iniziato a realizzarli e a regalarli, tanto da rimanere quasi a secco. Un nuovo indirizzo a questa sua attività è arrivato quando ha conosciuto di persona la Serva di Dio Natuzza Evolo e le ha regalato l’ultima decina di Rosario che gli rimaneva a disposizione: lei ha risposto che doveva farne altri, così da contribuire alla costruzione del santuario del Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, da lei tanto desiderato (qui il racconto del mio legame con lei).

Purtroppo, il 23 maggio 2018, Elvio è morto: ne sono stata informata insieme agli altri telespettatori in un’altra trasmissione su TV 2000. Poco tempo dopo, sempre nel programma mattutino dell’emittente, è arrivato ospite suo figlio Emanuele, il quale si è impegnato a portare avanti l’apostolato paterno.


 

Un aiuto dalle Figlie dell’Oratorio

Ecco il prodotto della mia fatica!

Qualche anno dopo, ho partecipato a un ritiro organizzato dalle suore Figlie dell’Oratorio, sicuramente dopo la canonizzazione di san Vincenzo Grossi, il loro fondatore (parlavo di lui qui). Non ricordo come né perché, ma ho riferito alle suore di Villa Immacolata a Castelveccana, la sede del ritiro, che spesso regalo i Rosari fatti da me. Una di loro ha esclamato che, nel giardino della villa, si trovavano proprio delle piante di Lacrime di Giobbe: mi ha regalato un bel sacchetto di semi. 

Ho trascorso un’intera estate a sistemarli, dato che alcuni erano ancora da pulire (il buco naturale è collegato al resto della pianta da uno stelo), e a provare a montare quelli meno rovinati. Il risultato è la corona della foto qui sopra: davvero, come si legge qua e là, con l’uso i semi diventano più lucidi.

 

Un’altra corona, presa in parrocchia

Anche questa è bellina!

Normalmente, le corone con le Lacrime di Giobbe sono vendute nei negozi di articoli religiosi e in alcuni santuari o luoghi di preghiera; ad esempio, mi risulta che anche a Medjugorje si trovino. Tuttavia, il prezzo non è sempre abbordabilissimo, aggirandosi tra i 6 e i 9 euro o anche di più: ecco perché speravo di averne una e, magari, di farla con le mie mani.

Poco dopo esserci riuscita, ho visitato un banchetto-vendita nella mia parrocchia: tra gli articoli a disposizione c’era anche una corona simile, in cui le Lacrime di Giobbe erano alternate a perline dorate e unite con del filo di nylon. Appena ho chiesto quanto costasse, sono rimasta sbalordita: aveva un prezzo molto più basso di quelli che avevo visto in giro, per cui l’ho comprata.

 

In una foto famosa di papa Wojtyła

 

Fonte

Nel frattempo, mi ero ricordata che c’era una foto in cui san Giovanni Paolo II recita il Rosario tenendo in mano proprio una corona con le Lacrime di Giobbe come grani. Non ho idea di quale sia la circostanza in cui sia stata scattata: forse qualche lettore più esperto di cose vaticane mi può aiutare.

Cercando con Google Lens ho trovato una busta con annullo filatelico in ricordo dell’indizione dell’Anno del Rosario, avvenuta il 16 ottobre 2022: ne deduco che quello scatto sia sicuramente precedente. Esiste un’altra foto, meno famosa, in cui il Papa ha in mano una corona simile, non so se sia la stessa. Anche nel suo ultimo Viaggio apostolico a Lourdes ha pregato davanti alla Basilica del Rosario con una corona di Lacrime di Giobbe.

Neppure ho idea di dove sia finita quella corona di preciso (o quelle, se erano più di una): forse è custodita in qualche santuario, come reliquia del Santo papa polacco.

 

I regali di Pier Giorgio Frassati

Mi dispiace, ma questa è prenotata!

Quando è diventata sempre più certa la canonizzazione di Pier Giorgio Frassati, ho iniziato a leggere il libro Mio fratello Pier Giorgio – La fede, uno di quei volumi in cui sua sorella Luciana ha fatto confluire le centinaia di testimonianze raccolte per dimostrare, una volta per tutte, la santità di suo fratello.

Una di queste prove è costituita dal suo attaccamento alla preghiera, particolarmente al Rosario. Sono moltissimi i ricordi di amici e sacerdoti che riferiscono di averlo visto pregare senza ostentazione, ma con determinazione, per strada o sul tram, sovente con una corona più tipica di una madre badessa che di un giovane universitario.

Nel giardino di Villa Ametis, la proprietà della famiglia di sua madre, san Pier Giorgio coltivava personalmente la pianta delle Lacrime di Giobbe. Quando i semi erano pronti, li portava ad alcune Suore Francescane Angeline, le quali procedevano a farne corone; passava poi a prenderle e le regalava agli amici. Molti di essi le hanno conservate e usate a loro volta, sebbene, per loro stessa ammissione, non si sentissero di pregare per il loro amico defunto, ma con lui.

Ho appena scoperto che le Suore Serve del Verbo Eterno, nel loro convento di Irondale in Alabama, confezionano e vendono rosari e braccialetti con le Lacrime di Giobbe, a cui legano una medaglia di san Pier Giorgio: in questo modo, continuano la sua tradizione. In una delle ultime decine che ho realizzato, quella della foto in apertura di paragrafo, ho pensato di fare lo stesso, unendo una medaglia presa nel mio ultimo viaggio a Roma.

 

Piacevano anche a madre Teresa

Fonte

Infine, proprio un mesetto fa, mi sono ricordata che in molte foto e in numerosi filmati, santa Teresa di Calcutta ha con sé un rosario di Lacrime di Giobbe: qui è spiegato che lei lo usava in segno di semplicità e sobrietà. Non solo: quella corona fa praticamente parte dell’abito delle Missionarie della Carità, anche perché, come in Terra Santa, il clima indiano favorisce la coltivazione di quei semini. Anche lei usava regalare le corone fatte così: ipotizzo allora che quella di san Giovanni Paolo II che menzionavo prima fosse un suo dono.

Nel mio rosario fatto a mano di cui dicevo sopra, ho scelto di usare come crocifisso la Croce dell’Unità, anch’essa cara a madre Teresa, per ricordarmi di chiedere al Signore di suggerirmi come aiutare i sacerdoti senza essere mai loro d’ostacolo. Lei invece vedeva in quell’immagine un richiamo a stare accanto a Gesù morente e a riconoscerlo nei più poveri tra i poveri. Ma questa, come si dice, è un’altra storia…

 

Belli, ma dove si trovano?

Come dicevo sopra, i rosari con le Lacrime di Giobbe sono disponibili sia nei negozi fisici, sia online. Essendo un prodotto artigianale, vengono spesso realizzati da monasteri o fraternità religiose: su Avvenire avevo letto, ad esempio, che li produce la Fraternità Totus Tuus ad Aci Catena (qui i contatti). Quelli della “ditta” D’Andrea, invece, credo che siano disponibili contattando la Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, a Paravati.

Quanto a quelli fatti da me, ho praticamente finito la scorta di materiale; ribadisco che la decina frassatiana di cui sopra è prenotata per un mio conoscente. Inoltre, il mio contatto tra le Figlie dell’Oratorio mi ha riferito che Villa Immacolata non è più di proprietà del suo istituto; di conseguenza, non sa nemmeno dirmi se la pianta è ancora lì.

Semmai un giorno riuscissi a procurarmi altri semini, sicuramente tornerò a unirli in quella catena che ci lega a Dio, secondo le parole della Supplica alla Beata Vergine del Rosario composta dall’ancora per poco (speriamo) Beato Bartolo Longo.

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