José Gregorio Hernández Cisneros, medico buono e santo con l’aiuto di Dio
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| Ritratto fotografico del 1917, realizzato durante il suo periodo di studi a New York (fotografia di pubblico dominio) |
Chi è?
José Gregorio Hernández Cisneros nacque a Isnotú, un piccolo paese nello stato di Trujillo in Venezuela, il 26 ottobre 1864, primogenito dei sei figli di Benigno María Hernández Manzaneda e Josefa Antonia Cisneros Mansilla. Crebbe nel suo villaggio, dove i suoi gestivano un piccolo emporio che fungeva anche da farmacia.
Dietro
suggerimento del suo maestro di scuola, Pedro Celestino Sánchez, fu inviato a
studiare a Caracas: partì a tredici anni, dopo la morte della madre. Si laureò
prima in Filosofia nel 1882, poi, seguendo le esortazioni del padre, intraprese
gli studi in Medicina: conseguì la laurea il 29 giugno 1888, con una tesi in
cui studiava la febbre tifoide a Caracas.
Iniziò
l’attività medica nel suo paese, ma tornò a Caracas, dove ottenne una borsa di
studio per proseguire gli studi a Parigi. Seguì poi altri corsi di
specializzazione a Berlino, Madrid e New York. Nel 1891 tornò in Venezuela,
insegnando Istologia, Fisiologia sperimentale e Batteriologia all’Università
Centrale del Venezuela; aprì anche il Laboratorio di Fisiologia Sperimentale di
Caracas. Il 14 settembre 1909 ottenne anche la cattedra in Anatomia patologica
pratica e fu tra i fondatori dell’Accademia Nazionale di Medicina.
Mentre
stava studiando in Francia, suo padre morì: avvertendo il peso della
responsabilità della famiglia, José Gregorio raddoppiò le ore di lavoro. Forse
fu anche per questa ragione che, pur essendo attratto dalle donne, decise di
non sposarsi.
Dal 7
dicembre 1899 era Terziario francescano, ma da tempo si domandava se non fosse
chiamato alla vita contemplativa. Aiutato dal suo direttore spirituale, partì
per l’Italia, alla volta della Certosa di Farneta, in diocesi di Lucca.
Entrò
il 16 luglio 1908 e, dopo un periodo di prova, fu ammesso nella comunità, col
nome di fra Marcello. La sua permanenza terminò il 21 aprile 1909, per una
serie di fattori: la scarsa conoscenza del latino, ma soprattutto l’incapacità
di resistere ai lavori fisici e al rigido tenore di vita certosino.
Nello
stesso 1909 fu ammesso nel Seminario di Caracas, ma rimase solo tre settimane:
i suoi studenti, infatti, supplicarono monsignor Juan Bautista Castro,
arcivescovo di Caracas, di farlo tornare a insegnare.
Nel
1913, quasi cinquantenne, partì per Roma, per
affrontare gli studi teologici al Pontificio Collegio Pio
Latinoamericano, ma nel febbraio 1914 ebbe un attacco di pleurite. In seguito
ad alcuni accertamenti, dovette rientrare in patria, o nel successivo inverno
avrebbe avuto una ricaduta.
José
Gregorio tornò quindi all’attività accademica, ma anche alle visite a domicilio
a molti pazienti, soprattutto poveri. Ai rimedi medici abbinava consigli
spirituali, ma anche doni e offerte in denaro. Nel corso dell’epidemia
d’influenza spagnola del 1918 prodigò le sue cure ai cittadini di Caracas.
Consapevole
di quanto stava accadendo nel mondo a causa della prima guerra mondiale,
confidò a un amico di voler offrire la sua vita per la pace nel mondo. Il 29
giugno 1919, mentre portava alcuni farmaci appena comprati a un’anziana
paziente*, fu investito da un’automobile: morì invocando la Vergine Maria.
Aveva cinquantaquattro anni.
Fu
beatificato il 30 aprile 2021 nella cappella di San Giovanni Battista de La
Salle del Collegio La Salle La Colina a Caracas, sotto il pontificato di papa
Francesco, e canonizzato il 19 ottobre 2025 in piazza San Pietro a Roma da papa
Leone XIV. I suoi resti mortali sono venerati nella chiesa della Madonna della
Candelora a Caracas, mentre la sua memoria liturgica ricorre il 26 ottobre, giorno
del suo compleanno.
* La nota biografica sul libretto della canonizzazione afferma che il paziente per il quale aveva comprato i farmaci era un bambino, ma la biografia che ho consultato cita questo articolo, in cui invece è scritto che si trattava di una donna anziana.
Cosa c’entra con
me?
Da quando collaboro con il sito Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni, ovvero santiebeati.it, mi capita spesso di dover aggiornare e correggere testi già pubblicati da altri, principalmente perché il personaggio di cui tratta la pagina ha visto un avanzamento (o, più raramente, una regressione) nel suo percorso verso gli altari. Con José Gregorio Hernández è successo proprio così.
Non
sapevo affatto della sua storia prima di leggere, sul sito dell’allora
Congregazione delle Cause dei Santi, una Nota datata 11 gennaio 2020, in cui
veniva deplorata la fuga di notizie circa l’esito della Consulta medica in
relazione a un presunto miracolo attribuito alla sua intercessione. Mi era
parso anzitutto un segno di rigore: ricordavo che per altre cause, di maggior
rilievo internazionale, anni addietro, proprio quel passaggio era stato
evidenziato.
Quel
documento ha costituito una lezione per me: fino a quel momento, se mi accadeva
di venire a conoscenza di un’inchiesta sul miracolo relativo a qualche Beato di
cui correggevo la scheda biografica, procedevo a integrarla nel testo,
indipendentemente da quello che avrebbe potuto essere l’esito. Da allora in
poi, se sento parlare di presunti miracoli, o se qualcuno mi anticipa i passi
di qualche causa, li tengo per me finché il Bollettino della Sala Stampa non li
presenta ufficialmente.
In quel
caso, ho subito controllato se santiebeati avesse un profilo su di lui:
effettivamente c’era, ma andava molto migliorato. Mi sono data da fare solo
quando è stato promulgato il decreto e quando le circostanze del miracolo sono
state rese pubbliche.
Già
dalla prima lettura del profilo, ho intuito che la storia di José Gregorio era
piena di svolte interessanti e che il paragone con san Giuseppe Moscati,
attuato dall’autore del precedente testo, reggeva fino a un certo punto: per
quel che so di quest’ultimo (qui il racconto del mio legame con lui), infatti,
non mi risulta che avesse mai pensato al sacerdozio o alla vocazione religiosa,
neanche dopo che era diventato un affermato medico e docente, come invece era
avvenuto al collega venezuelano.
Di
certo, Moscati aveva fatto «abiura degli impuri affetti terreni», come scrisse
in un testo non datato; comunemente viene inteso come un impegno a restare
celibe, senz’altra spiegazione. Hernández, invece, con tutta probabilità ha
scelto di non sposarsi per poter essere più libero di sostenere anzitutto i
suoi familiari, poi i suoi pazienti.
Mentre
ampliavo il testo, mi sono accorta che quello precedente saltava del tutto
l’esperienza che José Gregorio aveva vissuto alla Certosa di Farneta: con una
nota di colore, ho indicato che dovette tagliarsi i baffi.
Più
seriamente, conoscevo di nome quella località perché fu luogo di una rappresaglia
da parte dell’esercito nazista, nel corso della quale dodici monaci vennero
catturati e uccisi tra il 1° e il 2 settembre 1944 (li ho poi ritrovati
lavorando a Nuovi Martiri di Luigi Accattoli e Ciro Fusco).
Spesso
mi ripeto che la Storia non si fa con i “se”, nemmeno quella dei Santi, ma in
questo caso mi sono trovata a domandarmi se José Gregorio, anzi, fra Marcello,
fosse vissuto fino a quell’anno e se sarebbe scampato alla strage o meno. Tra
l’altro, uno dei dodici monaci uccisi era suo conterraneo: si tratta del
novizio fra Bernardo Montes de Oca, al secolo Salvador, già vescovo di Valencia
in Venezuela (solo per lui la causa è in corso, per interessamento della
diocesi in questione).
Le
informazioni che avevo rintracciato sul web ispanofono erano ormai sufficienti
per ampliare la scheda biografica, ma ho dovuto aggiornarla ulteriormente
quando, seguendo la diretta della beatificazione, ho appurato che il delegato
papale non era quello di cui avevo letto il nome pochi giorni prima, ossia non
il cardinal Pietro Parolin, già Nunzio apostolico in Venezuela, ma monsignor
Aldo Giordano, il nunzio in carica (sarebbe morto per coronavirus pochi mesi
dopo).
Al di
là di quell’articolo, ho pensato che sarebbe stato interessante approfondire la
sua vicenda, se non altro per immaginare quale posto avrebbe potuto occupare in
un’immaginaria “clinica celeste” composta da Santi e candidati agli altari che
hanno esercitato l’arte medica sia da laici, sia dopo aver scelto la
consacrazione o il ministero sacerdotale.
Avevo
visto che, a ridosso della beatificazione, era uscito un testo su di lui in
italiano, ma la mia libreria di fiducia non riusciva a procurarmelo in tempo,
quindi avevo lasciato perdere. Quando l’ho rivisto sugli scaffali, ho pensato
di prenderlo, ma poi ho lasciato perdere.
Di lì a
poco, ho visto che al Meeting di Rimini di quell’anno era stata presentata una
mostra su di lui: anche il relativo catalogo mi allettava, ma ho accantonato
l’idea di comprare anche quello. Poco dopo, papa Francesco ha presentato José
Gregorio nella rassegna di Testimoni appassionati all’annuncio del Vangelo,
nell’Udienza Generale del 13 settembre 2023.
Il 28
febbraio 2024, nel corso di uno dei miei ultimi viaggi a Roma in relazione alla
lavorazione di Nuovi Martiri, ho visitato la chiesa di Santa Maria ai
Monti. Lì, oltre ad accorgermi che c’era la tomba del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta ed
erano custodite normalmente (erano sotto ricognizione canonica, al momento) le spoglie
di san Benedetto Giuseppe Labre, ho visto, su di un altare laterale, proprio un ritratto di
José Gregorio, accanto all’immagine della Madonna di Coromoto, patrona del
Venezuela.
I
cattolici venezuelani residenti a Roma sono legatissimi a quella chiesa: era il
titolo cardinalizio del cardinal Jorge Liberato Urosa Savino, loro compatriota.
Inoltre, proprio lì era stata celebrata la Messa di ringraziamento per la
beatificazione del loro medico “santo” (virgolette ancora d’obbligo al momento)
da monsignor Edgar Peña Parra, anche lui venezuelano.
Pochi
mesi dopo, nel corso del convegno di studio su martirio e offerta della vita
organizzato dal Dicastero delle Cause dei Santi, mi sono imbattuta proprio
nella postulatrice di José Gregorio e di molte altre cause: ne ho approfittato
per chiederle come mai fosse stata emessa quella Nota e se facessi bene a
tenerla da conto per il mio quasi-lavoro di agiografa contemporanea.
In
sostanza, la stampa aveva considerato la notizia dell’esito positivo della
Consulta Medica come un’approvazione pressoché definitiva, quando invece, come
recitava il testo del comunicato, nessun passaggio, in nessuna causa, va mai
dato per scontato; facevo quindi bene a operare come avevo deciso.
La
notizia della canonizzazione con dispensa dal miracolo, pochi mesi dopo, mi ha
lasciata esterrefatta: ero felicissima oltre misura per Bartolo Longo, per il
quale papa Francesco aveva disposto lo stesso e nella medesima tornata di
decreti, ma per José Gregorio la meraviglia era enorme perché, dal giorno della
beatificazione, ossia il 30 aprile 2021, al 24 febbraio 2025, data dell’annuncio,
erano passati meno di quattro anni.
In ogni
caso, l’ho riferita nel primo post della rubrica Testimoniando in breve,
nella quale mi ripromettevo di tornare su quella storia, se avessi avuto gli
strumenti per approfondirla e per entrare ancora di più in comunione con essa.
Uno di questi è stato un libro di pubblicazione tanto fresca che, per
procurarmelo, sono andata direttamente alla sede della casa editrice.
L’ho letto tra un viaggio in tram e l’altro, nel giro di tre giorni, così da cercare di arrivare per tempo al giorno della prima memoria liturgica dopo la canonizzazione, peraltro avvenuta sette giorni fa, e aggiornare ulteriormente il testo per santiebeati.
Non solo mi è servito per
inserire il suo protagonista tra i Santi passati per Milano – fu lì che gli
venne diagnosticata la tubercolosi a causa della quale interruppe gli studi a
Roma – ma soprattutto per capire che, dietro al camice del medico santo
(stavolta senza virgolette) e agli stereotipi che rischiano d’ingabbiarlo nella
bidimensionalità di uno di quei suoi santini diffusissimi nel suo Paese, c’era
molto di più.
José
Gregorio, infatti, era un uomo del suo tempo, che amava la cultura, i viaggi
(non solo per ragioni di studio), l’arte (era pittore dilettante), faceva spese
a volte esagerate e partecipava alle feste da ballo. Nelle sue lettere indica
di essere stato interessato ad alcune donne, ma non è mai arrivato nemmeno a
fidanzarsi. Era fedele alla sua vita di preghiera, ma se assisteva a una
predica particolarmente noiosa lo faceva notare.
Era per
certi versi cittadino del mondo: questo aiuta a spiegare anche il suo desiderio
di offrirsi per la pace, perché gli effetti della guerra, nel suo Paese, non
erano molto avvertiti. Peraltro, il giorno del Trattato di Versailles, considerato
la fine della prima guerra mondiale, era quello precedente al suo incidente
mortale.
Infine,
non credo di aver letto prima che anche lui avesse prodotto degli scritti
spirituali destinati alla pubblicazione. Penso ad esempio a quello in cui cercò
di dimostrare che santa Teresa d’Àvila non era affetta da nevrosi isterica, o a
quello in cui, forse con un po’ di nostalgia, racconta la preghiera del
Mattutino in monastero.
Ha testimoniato la
speranza perché…
La virtù della speranza risplende in José Gregorio perché, in ogni occasione in cui i suoi progetti lavorativi e vocazionali andavano a monte, continuava a pensare che Dio era con lui e non si sentiva abbandonato. Nelle sue letture andava in cerca di altri strumenti che l’aiutassero a sperare e che contribuissero anche al miglioramento spirituale dei suoi alunni: per loro scrisse, tra l’altro, un piccolo compendio di filosofia.
Innegabilmente,
poi, trasmetteva speranza ai suoi pazienti, non solo tramite le cure mediche,
ma instaurando con loro un rapporto di fiducia che poteva anche precludere a un
ritorno alla fede, tanto più sorprendente, per i tempi, visto che era favorito
da un laico (seppur membro di un terz’ordine) come lui.
Il suo Vangelo
Il motivo per cui José Gregorio è stato elevato al massimo onore degli altari risiede nell’onore che la gente umile gli aveva tributato, già dal momento dei funerali e da quel grido, «Il dottor Hernández è nostro», con cui si era opposta al trasporto del feretro sul carro funebre.
Come
per ogni santità genuina, quindi, la voce del popolo è stata vagliata dalle autorità
ecclesiastiche, con un discernimento diventato più intenso dall’apertura della
causa e passato anche per la verifica del legame tra il candidato agli altari e
la Santeria, quella forma di stregoneria ancora diffusa e a cui lo stesso medico
aveva accennato nelle sue lettere, ma in tono preoccupato per la sua persistenza
nei più piccoli villaggi venezuelani.
In lui,
però, non c’erano solo generosità e attenzione al malato, ma carità cristiana e
determinazione a vedere in esso il Signore, fuori da ogni retorica. La
preghiera, la Messa, la lettura di libri spirituali, il rifarsi agli esempi dei
Santi (a cominciare dal suo patrono san Giuseppe) alimentavano la spinta a
uscire e a correre dove ci fosse bisogno di lui, fino a quell’incidente che ha
troncato di netto la sua vita, ma che le ha spalancato l’eternità.
Solo grazie a questo, nella sua esperienza, si è letto quanto accennava nella lettera del 27 maggio 1914, destinata al nipote Inocente Carvallo. José Gregorio aveva un grande affetto per tutti i suoi familiari, ma questo in particolare gli era caro per le sue buone qualità.
In quella missiva l’esortava appunto a rendere grazie a Dio per le doti che gli aveva elargito, confermando
quell’invito con una massima ormai entrata tra le sue frasi più famose (la cito
secondo la formulazione riportata nel testo dell’Udienza Generale del 13 settembre
2024, ma è stata menzionata anche da monsignor Peña Parra nell’omelia del 2 maggio 2021 a Santa Maria ai Monti):
Se nel mondo ci sono
buoni e cattivi, i cattivi ci sono perché loro stessi son diventati cattivi: ma
i buoni sono tali con l’aiuto di Dio.
Da
settimana scorsa, c’è la sicurezza che lui è un mezzo sicuro che fa discendere
dal Cielo questo stesso aiuto: che continui a dispensarlo non solo alla gente
del suo Paese, ancora preda di conflitti, ma anche ai devoti che si sono
interessati a lui dopo la canonizzazione.
Per saperne di più
Pino
Esposito, Il Medico José Gregorio Hernández Cisneros. “Buon samaritano per
le strade di Caracas”, Lateran University Press 2021, pp. 152, € 15,00.
Un
profilo con i fatti salienti della sua vita, risalente alla beatificazione.
Carlos Izzo, Leonardo Marius, Il medico del popolo - Vita e opera di José Gregorio Hernández, Itaca 2023, pp. 112, € 12,00.
Il
catalogo della mostra promossa in occasione del Meeting di Comunione e
Liberazione del 2023 e ancora disponibile per l’allestimento.
Manuela Tulli, José Gregorio Hernández - Il primo santo del Venezuela, Ares Edizioni 2025, pp. 144, € 14,00.
La più recente biografia in italiano, aggiornata alla canonizzazione.
Su Internet
Sito ufficiale lanciato per la canonizzazione e promosso dalla diocesi di Caracas
Pagina su di lui del sito del Dicastero delle Cause dei Santi, con il profilo
biografico (aggiornato alla canonizzazione), l’omelia per la canonizzazione,
quella per la beatificazione e il decreto sul miracolo.


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