Maggiorino Vigolungo: un ragazzo-apostolo dai grandi ideali

Chi è?

Ritratto fotografico di Maggiorino (fonte)
Maggiorino Vigolungo (al Battesimo, Maggiore Secondo) nacque a Benevello, in provincia di Cuneo e diocesi di Alba, il 6 maggio 1904. Era il terzo figlio di Francesco Vigolungo e Secondina Caldelara, contadini. Vivace d’intelligenza e di carattere, dopo la Prima Comunione, avvenuta nel 1910, divenne chierichetto nella sua parrocchia, intitolata a San Pietro in Vincoli. In quella veste conobbe don Giacomo Alberione (beatificato nel 2003), venuto ad aiutare il parroco di Benevello: subito si affidò alla sua direzione spirituale.
Don Alberione aveva fondato, il 20 agosto 1914, la Scuola Tipografica Piccolo Operaio, che in seguito si sviluppò nella Pia Società San Paolo. Maggiorino vi entrò il 15 ottobre 1916, scoprendo dopo qualche tempo l’ideale per cui quella realtà era stata fondata: diffondere e comunicare il Vangelo attraverso il mezzo della stampa.
Il ragazzo s’impegnò al massimo delle sue forze nelle attività di studio e nel lavoro in tipografia. Con la guida di don Alberione e di don Timoteo Giaccardo (beatificato nel 1989), capì come moderare gli slanci del suo carattere e come intensificare il proprio amore verso Gesù e la Madonna.
Nella primavera del 1918, Maggiorino dovette tornare a casa, perché molto malato: alla pleurite si aggiunse poi una forma di meningite. Disposto a compiere la volontà di Dio, sia che comportasse la morte, sia la guarigione, ricevette l’ultima visita del suo direttore e padre spirituale. Morì il 27 luglio 1918, in casa sua: aveva quattordici anni, due mesi e ventitré giorni.
Don Alberione, profondamente convinto dell’esemplarità di quel suo allievo, promosse l’avvio della sua causa di beatificazione. Il decreto con cui Maggiorino è stato dichiarato Venerabile è datato 28 marzo 1988. I suoi resti mortali riposano dal 2 maggio 1963 nel Tempio di San Paolo ad Alba.

Cosa c’entra con me?

Penso che la primissima volta in assoluto in cui abbia sentito parlare di Maggiorino sia stato tramite le pagine del settimanale per ragazzi Il Giornalino. Credo fosse un numero in cui si ricordava un anniversario speciale della rivista, ma non so di quale annata. Il suo nome mi sembrava davvero singolare, ma non sono andata più in là di quell’articolo.
Intorno al 2009 mi sono procurata il libro In braccio a Gesù, di Paolo Risso, uno di quei testi che raccolgono profili di bambini e ragazzi ritenuti esemplari dall’autore in questione, se non già a livello ufficiale. C’erano anche delle pagine dedicate a Maggiorino, che costituirono per me una piacevole sorpresa.
Come ho già raccontato, nel mio cammino di riscoperta dei Testimoni hanno avuto un grande spazio parecchi prodotti, libri e riviste, delle Edizioni San Paolo e Paoline. Avevo poi ripreso ad approfondire la storia del Beato Giacomo Alberione e di altri personaggi variamente collegati alla Famiglia Paolina da lui fondata, concretizzazione del suo sogno di «fare qualcosa per gli uomini del nuovo secolo».
Ignoravo quasi, però, che tra di essi ci fosse anche qualcuno di così giovane, degno corrispettivo – è un parallelismo che lo stesso don Alberione aveva spesso presentato – di quel che san Domenico Savio è per la Famiglia Salesiana. Non ero invece stupita del fatto che il Primo Maestro, come lo chiamano i Paolini e le Paoline, avesse intuito il potenziale di santità di quell’adolescente: tutto sommato, penso che fosse una sorta di scopritore di talenti evangelici, come anche nel caso della Venerabile Tecla Merlo, la prima delle Figlie di San Paolo.
Tempo dopo, leggendo un post del blog Una penna spuntata, mi tornò alla memoria uno degli episodi narrati in un libro che conteneva, appunto, alcuni aneddoti relativi alla vita di don Alberione. Precisamente, era quello in cui veniva raccontata la sua grande devozione a san Giuseppe, che invocava specialmente quando doveva acquistare un terreno per una nuova casa.
Prima di commentare quell’articolo, ho domandato all’allora superiora delle Figlie di San Paolo a Milano di mettermi in contatto con la loro storiografa, nonché curatrice di quel libro, suor Mercedes, residente a Roma. Lei mi confermò quanto avevo letto e aggiunse altri particolari, autorizzandomi a pubblicare il commento. Già che ero in contatto con lei, le domandai di poter avere qualche santino sia di fratel Andrea Borello, un Discepolo del Divin Maestro (ossia un religioso paolino non sacerdote), attualmente Venerabile anche lui, sia di Maggiorino.
Da allora non mi sono più occupata di lui, o quasi. Mi dispiaceva pensare che la Famiglia Paolina avesse così tanti esempi virtuosi, ma che nessuno di essi potesse progredire verso gli altari, compresi il fondatore (che è uno dei personaggi che, se fossi Papa, canonizzerei) e don Giaccardo. Quello di Maggiorino, però, era un ricordo sempre più sfumato.
Lo scorso sabato 27 luglio, scorrendo la bacheca di Facebook di un sacerdote paolino che conosco, ho notato che aveva condiviso parecchi post della pagina istituzionale della Società San Paolo, tutti relativi a Maggiorino e all’anniversario della sua morte. Mi sono sentita immediatamente spinta a dedicargli uno spazio anche qui, non prima, però, di aver ripassato i lineamenti principali della sua vita, così da capire in cosa sento di assomigliargli e che cosa, invece, devo ancora imparare da lui.
Ho attinto direttamente alla biografia che don Alberione scrisse, più volte rimaneggiata e ripubblicata, come fonte primaria. Da lì ho riconosciuto come Maggiorino fosse sinceramente e tenacemente impegnato a migliorarsi a poco a poco: «Progredire un tantino ogni giorno», secondo un’espressione che gli era rimasta impressa dopo una meditazione su sant’Andrea Avellino, il quale aveva assunto quello stesso programma di vita. In quel modo, poté evitare di diventare il “brigante” in cui le sue maestre temevano che si sarebbe potuto trasformare, una volta cresciuto.
Ho apprezzato anche l’onestà di fondo dell’autore: da una parte descrive come il ragazzo fosse concentrato nella preghiera e serio nell’impegno di apprendista tipografo, nonché di futuro religioso sacerdote dedito alla diffusione della stampa cattolica. Dall’altra non nasconde come gli eccessi di zelo nel perseguire il suo ideale gl’impedissero di prendere le cose per il verso giusto.
Inoltre, parlando di sé in terza persona (era lui il Direttore della Scuola Tipografica), manifesta la sua attenzione affinché il suo giovane allievo abbandonasse le tentazioni che lo prendevano quando è convinto di aver commesso qualche peccato che a lui pare grave, rasserenandolo e spingendolo a continuare il suo cammino. Infine, pur essendo personalmente convinto che il ragazzo avesse la “stoffa del santo” (per riprendere il parallelismo con Domenico Savio), sul finire della biografia invita il lettore a recitare un Requiem per lui: oggi, invece, non capita quasi più nei libri sui testimoni in fama di santità, giovani e meno giovani.
Anche a me, spesso, avviene di essere preda degli scrupoli e di non essere sicura di fare felice il Signore con quello che compio. Il mio direttore spirituale, invece, mi sollecita altrettanto spesso ad accantonare quelle angosce e a badare a me stessa, con inviti alla calma e alla serenità simili a quelli che consolavano Maggiorino.

Il suo Vangelo

Lo stile evangelico di Maggiorino me lo fa sembrare simile al ragazzo di cui parlava il Vangelo di domenica scorsa, per il Rito Romano. Non aveva particolari mezzi o qualità, ma ha voluto metterli totalmente a servizio dell’ideale prospettato da don Alberione, ossia la diffusione del messaggio di Gesù tramite i mezzi di comunicazione. Ai suoi tempi, gli stessi del laico milanese Angelo Mascherpa, si parlava solo della stampa, anzi, della Buona Stampa con le maiuscole.
Come lui e gli altri formatori gl’insegnavano, però, quell’apostolato non doveva essere improvvisato. In una lettera (o piuttosto un tema in forma epistolare?) destinata ai suoi amici, datata 1° gennaio 1918 – diciott’anni prima esatti, in don Alberione, ancora seminarista, era sorta la “prima idea” della sua opera – esprime quali dovessero essere, a suo parere, le capacità necessarie:
Ma per fare davvero l’apostolo della Buona Stampa, bisogna ancora impiegare bene le facoltà e cioè: la vostra intelligenza deve servire a trovare maniere efficaci per diffondere sempre di più la buona stampa; la voce squillante serva a gridar forte su e giù per le vie: “La Buona Stampa!”, e la no­stra robustezza si usi nelle fatiche che richiede la diffusione della Buona Stampa.
Oggi i mezzi si sono moltiplicati e non sempre, spiace ammetterlo, anche in ambito cattolico, vengono adoperati con la competenza, la cura e l’attenzione che meritano. I consigli di questo giovanissimo apostolo possono valere ugualmente e m’impegno a farli miei, per prima.

Per saperne di più

Giacomo Alberione, Maggiorino Vigolungo – Aspirante all'Apostolato Buona Stampa, San Paolo Edizioni 2008, pp. 144, € 15,00.
La fonte principale su Maggiorino è la biografia scritta appena un anno dopo la sua morte, riproposta con le aggiunte dell’edizione del 1934.
È possibile consultarla anche online, sul sito dedicato all’Opera Omnia del Beato Giacomo Alberione, in cui sono disponibili anche le versioni in formato .doc e .pdf.

Carlo Recalcati, Maggiorino Vigolungo – Un giovane apostolo della comunicazione, Velar 2018, pp. 48, € 4,00.
Un’altra piccola biografia, più recente.

Su Internet

Sezione del sito istituzionale della Società San Paolo dedicata al centenario della morte di Maggiorino
Sezione dedicata a lui di un sito curato dalle Annunziatine, consacrate secolari appartenenti alla Famiglia Paolina
Sezione su Maggiorino del sito sui Testimoni della Famiglia Paolina

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